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Politica

Sette candidati alle Europee sotto processo

La lista degli “impresentabili” rappresenta un duro colpo per gli interessati, ma non comporta l’obbligo di dimissioni. La valutazione etica viene lasciata agli elettori e ai diretti interessati, che spesso decidono di non ritirarsi. La vicenda continuerà a suscitare dibattiti, specialmente in vista delle prossime elezioni.

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    Un recente selfie che ritrae Giorgia Meloni e Giuseppe Milazzo, eurodeputato uscente, ha suscitato polemiche. Solo 20 ore dopo lo scatto, Milazzo è stato inserito nella lista degli “impresentabili” dalla commissione antimafia. Facile che Giorgia Meloni non ne sapesse nulla visto che è abituata a incontrare centinaia di persone ogni giorno. Ma è l’unico parlamentare europeo in carica a figurare in questo elenco, che include sette candidati ritenuti non conformi al codice di autoregolamentazione.

    Milazzo, palermitano, è sotto processo per tentata concussione insieme all’assessore regionale siciliano Marco Falcone, esponente di Forza Italia. Il caso riguarda le pressioni esercitate per far nominare il cognato di Milazzo, Giuseppe Piazza, nella segreteria dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Palermo. La prossima udienza è fissata per il 26 settembre.

    Altri guai per Milazzo

    Milazzo, eurodeputato di Fratelli d’Italia, ha nel suo staff a Bruxelles Carmelo Frisenna, ex assessore comunale condannato per mafia. Anche se questo particolare non ha influenzato la dichiarazione di “impresentabilità” di Milazzo, la presidenza della commissione antimafia ha deciso di approfondire la questione.

    Altri “Impresentabili”

    Nella lista degli “impresentabili” figura anche Antonio Mazzeo, presidente del consiglio regionale della Toscana, sotto processo per bancarotta fraudolenta. Gli altri nomi inclusi sono: D’Agostino (Forza Italia-Noi Moderati), Falcone (FI-NM), Gambino (FdI), Greco (Stati Uniti d’Europa), Grillo (FI-NM) e Milazzo (FdI). Tutti hanno processi in corso, violando così il codice di autoregolamentazione.

    Reazioni e polemiche

    L’elenco è stato reso noto da Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare antimafia. La lista dei candidati è stata inviata il 7 maggio alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, che ha esaminato 817 nominativi, ridotti poi a nove. La divulgazione della lista ha scatenato polemiche. Diversi rappresentanti del Pd e del centrodestra hanno difeso Mazzeo, coinvolto per il suo passato nel Cda del quotidiano “L’Unità”. Anche il viceministro Edmondo Cirielli di FdI ha criticato il codice di autodisciplina dei partiti, definendolo “contrario alla Costituzione” per difendere Alberico Gambino, ex sindaco di Pagani.

      Politica

      Artisti contro Trump: chi ha vietato l’uso delle proprie canzoni nella campagna elettorale del tycoon

      Trump, in corsa per diventare il 47esimo presidente degli Stati Uniti, ha incontrato la resistenza di numerosi artisti che non vogliono vedere la loro musica associata alla sua candidatura. Nel frattempo, Kamala Harris ottiene l’appoggio di Taylor Swift.

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        Le elezioni per il 47° presidente degli Stati Uniti si avvicinano a grandi passi, con Donald Trump in corsa per il Partito Repubblicano e Kamala Harris come rappresentante dei Democratici. Entrambi i candidati stanno intensificando i loro sforzi per guadagnare consensi, facendo leva su dibattiti, social media e il sostegno delle celebrità. Taylor Swift, ad esempio, ha dichiarato apertamente il suo sostegno a Harris. Tuttavia, sul fronte musicale, Trump si è trovato spesso in contrasto con diversi artisti che hanno vietato l’uso delle loro canzoni durante la sua campagna elettorale.

        La denuncia di Neil Young e altri artisti contrari

        Oltre ai numerosi artisti già noti per essersi opposti all’uso della loro musica, tra cui The Rolling Stones, Rihanna, Adele, Queen ed Elton John, anche Neil Young ha intrapreso azioni legali contro Trump, chiedendogli 150 mila dollari di risarcimento. Young ha presentato una denuncia in cui si legge: «Questa denuncia non intende mancare di rispetto ai diritti e alle opinioni di cittadini americani, liberi di scegliere il loro candidato preferito. Tuttavia, il querelante in buona coscienza non può tollerare che la sua musica sia usata come tema per una campagna di ignoranza e odio, che mira a dividere e che non riflette i valori dell’America».

        Jack White e la reazione a “Seven Nation Army”

        Anche Jack White, leader dei White Stripes, ha espresso il suo disappunto, vietando a Trump di utilizzare le sue canzoni. Dopo aver visto un video postato sui social in cui Trump saliva su un aereo con in sottofondo Seven Nation Army, White ha reagito duramente sui social media, scrivendo: «Non pensateci nemmeno di usare la mia musica, fascisti. C’è in arrivo una denuncia dai miei avvocati per questo».

        ABBA, Aerosmith e Rolling Stones in lotta con Trump

        Il gruppo svedese ABBA ha diffidato Trump dopo l’uso non autorizzato delle loro hit Dancing Queen, Money, Money, Money e The Winner Takes It All durante un comizio. Anche gli Aerosmith sono da tempo in contrasto con Trump. Dal 2015, Steven Tyler ha ripetutamente chiesto di non utilizzare i loro brani a scopo politico, e in un post su X ha scritto: «La nostra musica è per le cause delle persone, non per le campagne politiche».

        Infine, i Rolling Stones potrebbero portare Trump in tribunale per l’uso non autorizzato delle loro canzoni, nonostante i vari ammonimenti. La band inglese, come molti altri, non vuole essere associata alla propaganda del magnate.

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          Politica

          Genny Delon facce ride! Maria Rosaria Boccia al contrattacco, “I magistrati leggeranno le chat integrali e si faranno quattro risate”

          Mentre Sangiuliano tenta di difendersi, la Boccia non si tira indietro e rilancia: “Sono io la vittima in tutta questa storia”. Convinta della sua innocenza, si affida alle chat integrali sequestrate, sicura che i magistrati “si faranno quattro risate”.

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            La telenovela Gennaro Sangiuliano – Maria Rosaria Boccia si arricchisce di un nuovo, esilarante capitolo. Questa volta è Maria Rosaria, l’influencer e imprenditrice già finita sulle prime pagine, a prendere il microfono e fare la sua versione dei fatti. In un’intervista a Luca Telese per Il Centro, ripresa dall’Ansa, la Boccia è andata dritta al punto: lei, e solo lei, è la vittima in tutta questa faccenda. E non ha nessun dubbio a riguardo.

            “I magistrati leggeranno le chat e si faranno quattro risate”

            Con l’entusiasmo di chi si sente in una soap opera di prima serata, Maria Rosaria ha chiarito come l’intera questione potrebbe risolversi in una grande risata collettiva, almeno per i magistrati. “Gli ottimi magistrati che giudicheranno adesso hanno in mano le prove che confermano per filo e per segno la mia versione,” ha dichiarato con sicurezza. E le prove, secondo lei, arrivano proprio dalle chat che l’ex ministro ha pensato bene di fornire per denunciare la donna. “Lì ci sono le nostre chat, i messaggi che lui mi ha inviato e che lui ha usato per la sua denuncia, non io,” ha spiegato con aria quasi divertita, aggiungendo che quando i magistrati leggeranno tutto “in integrale”, probabilmente rideranno come se avessero appena letto il copione di una commedia degli equivoci.

            “Sono io la vittima!”

            In effetti, per la Boccia è chiaro come il sole: “Se c’è una vittima, in questa storia sono io!” Ha raccontato con convinzione che il sequestro dei dispositivi digitali – una mossa degna di un colpo di scena hollywoodiano – metterà in chiaro le cose. “Penso che consultando i dialoghi integrali, quelli da cui il ministro si dichiara minacciato, si metteranno a ridere”. Perché sì, in questa sceneggiatura da manuale, i messaggi della chat sembrano più adatti a una sit-com che a una denuncia penale.

            Il presunto attacco alla Meloni? “Perché mai dovrei farlo?”

            Come ogni buon dramma che si rispetti, anche qui ci sono voci che girano e accuse improbabili. Alcuni la sospettano di voler colpire la Premier italiana, Giorgia Meloni. “Colpire Meloni? Mai! Perché dovrei?”, ha risposto la Boccia con una certa meraviglia, come se le avessero chiesto di scalare l’Everest in infradito.

            E quando arriva il capitolo finale dell’intervista, le chiedono se abbia paura della denuncia. Maria Rosaria sorride e risponde con la stessa leggerezza con cui potrebbe decidere il suo prossimo post su Instagram: “Nessuna paura. Per tutti i motivi che le ho detto no: zero timori e fiducia piena negli ottimi magistrati inquirenti”.

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              Politica

              Hollywood non compra più le Tesla. Il sostegno a Trump crea guai a Elon Musk

              Con il sostegno a Donald Trump, Elon Musk rischia di ostacolare le vendite della Tesla presa di mira dallo star system di Hollywood.

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                Sostenere Donald Trump non è un buon affare se vendi auto elettriche come la Tesla, uno status symbol della California ambientalista, impegnata e democratica. Dati ed esperti di marketing avvertono che è finita la luna di miele tra la Tesla di Elon Musk e il suo bacino di acquirenti più naturale: Hollywood.

                Il cinema americano ha voltato le spalle a Tesla?

                Sostenere Donald Trump quindi sembra che non sia stata una mossa vincente per Elon Musk, dato che le auto elettriche sono lo status symbol della California progressista e ambientalista. Gli ultimi dati mostrano un calo delle vendite del 25% nell’ultimo trimestre in California, dove Tesla è stata superata da concorrenti come Audi, BMW e Mercedes.

                Se vai destra ti tirano le Tesla…

                Il distacco è iniziato quando Musk, un tempo icona della Silicon Valley, ha abbracciato posizioni di destra. Utilizzando la sua piattaforma X ha iniziato a diffondere teorie cospirazioniste e messaggi controversi, creando sdegno tra le star di Hollywood e i democratici. A Los Angeles, infatti, dove la corsa alla Casa Bianca di Kamala Harris è sostenuta con milioni di dollari, i parcheggi degli Studios erano pieni di Tesla di ogni tipo. Ora, però, la loro presenza si sta diradando.

                Ma non è a Hollywood che si decidono le presidenziali..

                La rottura tra Musk e la comunità hollywoodiana potrebbe avere effetti anche a livello nazionale e mondiale, data l’influenza che le star esercitano sui consumatori. Se il trend proseguirà, Tesla rischia di perdere ulteriori quote di mercato tra i suoi acquirenti più affezionati. Ma non è certo negli Studio di Los Angeles che si decidono le sorti delle presidenziali. Hollywood è solo un angolo un po’ snob di un continente che resta selvaggio…

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