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Cronaca

Mette il vecchio cuore in valigia e prende l’aereo. L’avranno bloccata?

Jessica Manning, 30 anni, è stata fermata all’aeroporto dalle forze dell’ordine per aver messo nel bagaglio il suo vecchio cuore. L’intento era quello di portare l’organo, sostituito nel suo corpo con il cuore di un donatore, nella nuova casa in Australia; la polizia però ha avuto molto da ridire.

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Jessica Manning con il suo cuore trapiantato

    No non si tratta di una storia d’amore. Di quelle strappa lacrime. O forse sì…Quel cuore che Jessica Manning, 30 anni, ha messo in valigia era proprio il suo. Cioè quello vecchio, quello che le era stato trapiantato quando di anni ne aveva 22 ed era afflitta da diversi difetti cardiaci ed epatici. Jessica, infatti, nata con insufficienze cardiache, ha dovuto subire un trapianto di cuore e fegato giovanissima, dopo numerosi interventi iniziati anni prima. Nonostante le previsioni di vita di soli 2 anni post-trapianto, Jessica alla fine ce l’ha fatta e vive una vita regolare. Oggi, infatti, gode di buona salute e racconta la sua incredibile storia sui social.

    Dalla Nuova Zelanda all’Australia

    Prima del trapianto, Jessica aveva deciso di lasciare il suo vecchio cuore ai medici per poter effettuare alcune ricerche scientifiche. Quando non era più necessario, i medici glielo hanno restituito e lei ha scelto di conservarlo in una soluzione di formaldeide e riporre la busta in un armadio. La vita prosegue e un giorno Jessica decide di trasferirsi dalla Nuova Zelanda in Australia dove ha comprato una casa. Detto fatto.

    Tutta colpa del trasloco

    Tra le numerose incombenze per trasferirsi in un altro Paese e un’altra casa ci sono da preparare pacchi e valigie. Jessica ci mette dentro tutte le cose che le serviranno per la sua nuova vita in mezzo ai canguri. Tira fuori scarpe, capi di abbigliamento dagli armadi tra cui anche quella busta ormai forse dimenticata con dentro il suo vecchio cuore. E tra un maglione e una camicia a fiori, nelle valigie ci infila anche la busta con l’organo. Parte tranquilla. All’aeroporto neo zelandese nessuno si accorge di nulla. Ma arrivati in Australia…

    Scusi ma che cos’è questa cosa signorina?

    La polizia aeroportuale non voleva crederci. Qualcuno di sente persino male. Stentano a crederci. Ma Jessica tranquilla cerca di spiegare, come riporta in un suo post su TikTok. “Sono rimasta lì per circa un’ora cercando di convincere i funzionari che non c’era alcun pericolo né per loro né per la popolazione australiana“. Al termine di alcune consultazioni con la direzione centrale i poliziotti confermano che l’organo non rappresentava un pericolo e hanno permesso a Jessica di portarlo a casa. Grazie alla formaldeide il vecchio cuore di Jessica non richiede freezer, non emette odori sgradevoli e non è destinato a decomporsi. Jessica sta pensando di riporlo nel suo guardaroba, ma potrebbe diventare anche un soprammobile davvero originale da piazzare in bella vista su una mensola in salotto. Altro che Andy Wharol

      Politica

      Artisti contro Trump: chi ha vietato l’uso delle proprie canzoni nella campagna elettorale del tycoon

      Trump, in corsa per diventare il 47esimo presidente degli Stati Uniti, ha incontrato la resistenza di numerosi artisti che non vogliono vedere la loro musica associata alla sua candidatura. Nel frattempo, Kamala Harris ottiene l’appoggio di Taylor Swift.

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        Le elezioni per il 47° presidente degli Stati Uniti si avvicinano a grandi passi, con Donald Trump in corsa per il Partito Repubblicano e Kamala Harris come rappresentante dei Democratici. Entrambi i candidati stanno intensificando i loro sforzi per guadagnare consensi, facendo leva su dibattiti, social media e il sostegno delle celebrità. Taylor Swift, ad esempio, ha dichiarato apertamente il suo sostegno a Harris. Tuttavia, sul fronte musicale, Trump si è trovato spesso in contrasto con diversi artisti che hanno vietato l’uso delle loro canzoni durante la sua campagna elettorale.

        La denuncia di Neil Young e altri artisti contrari

        Oltre ai numerosi artisti già noti per essersi opposti all’uso della loro musica, tra cui The Rolling Stones, Rihanna, Adele, Queen ed Elton John, anche Neil Young ha intrapreso azioni legali contro Trump, chiedendogli 150 mila dollari di risarcimento. Young ha presentato una denuncia in cui si legge: «Questa denuncia non intende mancare di rispetto ai diritti e alle opinioni di cittadini americani, liberi di scegliere il loro candidato preferito. Tuttavia, il querelante in buona coscienza non può tollerare che la sua musica sia usata come tema per una campagna di ignoranza e odio, che mira a dividere e che non riflette i valori dell’America».

        Jack White e la reazione a “Seven Nation Army”

        Anche Jack White, leader dei White Stripes, ha espresso il suo disappunto, vietando a Trump di utilizzare le sue canzoni. Dopo aver visto un video postato sui social in cui Trump saliva su un aereo con in sottofondo Seven Nation Army, White ha reagito duramente sui social media, scrivendo: «Non pensateci nemmeno di usare la mia musica, fascisti. C’è in arrivo una denuncia dai miei avvocati per questo».

        ABBA, Aerosmith e Rolling Stones in lotta con Trump

        Il gruppo svedese ABBA ha diffidato Trump dopo l’uso non autorizzato delle loro hit Dancing Queen, Money, Money, Money e The Winner Takes It All durante un comizio. Anche gli Aerosmith sono da tempo in contrasto con Trump. Dal 2015, Steven Tyler ha ripetutamente chiesto di non utilizzare i loro brani a scopo politico, e in un post su X ha scritto: «La nostra musica è per le cause delle persone, non per le campagne politiche».

        Infine, i Rolling Stones potrebbero portare Trump in tribunale per l’uso non autorizzato delle loro canzoni, nonostante i vari ammonimenti. La band inglese, come molti altri, non vuole essere associata alla propaganda del magnate.

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          Cronaca

          Affondamento del Bayesian: nuove ipotesi emergono con una foto. I portelloni erano chiusi?

          Le indagini della guardia costiera e della procura di Termini Imerese si concentrano ora sul chiarire ogni dettaglio dell’accaduto, in un naufragio che ha lasciato dietro di sé molte domande ancora senza risposta

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            A 45 giorni dall’affondamento del veliero Bayesian, che ha causato la morte di sette persone nelle acque di Porticello, Palermo, nuovi dettagli emergono dall’inchiesta. La principale ipotesi investigativa parla di una catena di errori umani e di una tempesta che ha colpito la nave in modo drammatico, con raffiche di vento che hanno superato i 100 km/h, inclinando pericolosamente il veliero fino a farlo inabissare.

            Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la nave di 56 metri e 750 tonnellate sarebbe stata esposta al vento perpendicolarmente, rendendola estremamente vulnerabile all’effetto “vela” provocato dagli alberi alti. “Aveva l’intero lato sinistro esposto alle raffiche e alle onde,” ha dichiarato un investigatore coinvolto nell’inchiesta. Il punto critico sembra essere stata la mancata accensione tempestiva dei motori per contrastare la tempesta e portare la prua della nave contro il vento, una manovra fondamentale in queste circostanze.

            Durante quei fatidici minuti, l’acqua ha cominciato a riversarsi all’interno del Bayesian attraverso la zona living, travolgendo gli occupanti della nave. Le sette vittime, tra cui membri dell’equipaggio e ospiti, sono state travolte dall’acqua che ha invaso il ponte inferiore attraverso le scale. Solo alcuni membri dell’equipaggio e ospiti, allertati dal peggioramento repentino delle condizioni meteo, erano riusciti a rendersi conto del pericolo incombente.

            La foto che cambia le carte in tavola

            Finora, una delle ipotesi più accreditate era che il veliero fosse affondato perché i portelloni di poppa o quelli del vano tender fossero stati lasciati aperti, permettendo all’acqua di entrare. Tuttavia, una foto scattata dagli ospiti di un altro veliero, il Sir Robert BP, potrebbe ribaltare questa teoria. La foto, pubblicata dal quotidiano tedesco Der Spiegel, mostra il Bayesian da poppa circa un quarto d’ora prima dell’affondamento. L’immagine, sebbene sgranata e scattata nell’oscurità, sembra suggerire che i portelli di poppa fossero effettivamente chiusi, smentendo così la ricostruzione che circolava nei primi giorni.

            La foto non è comunque decisiva: l’oscurità e la qualità non permettono di escludere del tutto che i portelloni fossero chiusi correttamente o meno. Questo nuovo elemento, però, potrebbe spostare l’attenzione degli inquirenti su altre possibili cause dell’affondamento, come errori nelle manovre o nel coordinamento dell’equipaggio.

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              Cronaca Nera

              La scomparsa della piccola Maddie McCann: il compagno di cella del pedofilo Brueckner fa una confessione scioccante

              Un racconto agghiacciante che potrebbe dare una svolta al mistero della bambina inglese scomparsa. Il testimone chiave, compagno di cella di Brueckner, rivela dettagli inediti e inquietanti: «Mi ha detto che cercava soldi, ma ha trovato lei». Intanto, l’uomo, attualmente detenuto per altri reati sessuali, rischia di essere liberato a breve se non verrà condannato nel processo in corso.

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                Un testimone chiave potrebbe riaccendere le speranze di fare chiarezza sul destino della piccola Maddie McCann. Laurentiu Codin, compagno di cella di Christian Brueckner, ha dichiarato che il principale sospettato avrebbe confessato di aver rapito una bambina da un appartamento in Algarve. Un racconto dettagliato, quello di Codin, che getta nuova luce sulla vicenda ancora avvolta dal mistero.

                Il racconto della confessione:
                Secondo quanto riportato dal Daily Mail, durante un’udienza in Germania, Codin ha rivelato che Brueckner gli avrebbe confidato di aver rapito una bambina durante un furto con scasso. L’ex pugile, attualmente detenuto per altri reati sessuali, avrebbe raccontato di essere entrato in un’abitazione nella zona di Algarve, alla ricerca di denaro. Invece dei soldi, però, si sarebbe trovato di fronte a una bambina. “L’ho presa e sono scappato,” avrebbe detto Brueckner, descrivendo la scena con dettagli agghiaccianti. Il sospetto parla anche di una persona che era con lui durante l’accaduto, presumibilmente la sua compagna di allora.

                I tabulati telefonici:
                I tabulati telefonici confermano che la sera del 3 maggio 2007, data della scomparsa di Maddie McCann, Brueckner si trovava nei pressi dell’Ocean Club di Praia da Luz, il complesso turistico dove la famiglia McCann stava trascorrendo le vacanze. Lì, dal loro appartamento, Maddie scomparve mentre i genitori erano a cena a pochi metri di distanza. Brueckner descrisse in diverse deposizioni un luogo nelle vicinanze, un’area intorno al bacino dell’Arade, come un “piccolo paradiso” dove era solito appartarsi. È la stessa area che recentemente è stata oggetto di nuove ricerche.

                Chi è Christian Brueckner:
                Brueckner è attualmente in carcere in Germania, dove sta scontando una pena di sette anni per lo stupro di una turista americana di 72 anni, avvenuto nel 2005 sempre in Algarve. È sotto processo per ulteriori accuse di violenza sessuale, tra cui lo stupro di un’adolescente e l’aggressione sessuale a una ragazza tedesca nel 2017. I suoi crimini risalgono a un lungo periodo, dal 2000 al 2017, e includono reati gravi come l’esibizione indecente e l’aggressione. Se non verrà condannato nei processi in corso, Brueckner potrebbe essere rilasciato a breve.

                La speranza nei nuovi esami:
                Le nuove informazioni emerse dalle dichiarazioni del compagno di cella di Brueckner potrebbero dare un’importante svolta al caso di Maddie McCann. La polizia e i familiari della piccola sperano che queste rivelazioni possano portare finalmente alla verità, dopo anni di incertezze e teorie contrastanti.

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