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Cronaca

In Ucraina svelati i primi insediamenti umani in Europa risalenti a 1,4 milioni di anni fa

La scopetta del sito di Korolevo in Ucraina amplia le conoscenze sulla presenza umana in Europa, e sottolinea l’importanza di metodi innovativi nella ricerca archeologica.

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    I primi insediamenti umani in Europa potrebbe risalire a circa 1,4 milioni di anni fa, secondo la scoperta di un team di ricercatori della Repubblica Ceca. Gli scienziati dell’Accademia Ceca delle Scienze, guidati da Roman Garba, hanno pubblicato un articolo sulla rivista Nature, dove annunciano i risultati del loro studio su manufatti rinvenuti in un sito archeologico in Ucraina. Questi ritrovamenti forniscono importanti informazioni sull’arrivo dei primi esseri umani in Europa e sulle loro migrazioni.

    Antica presenza umana in Europa

    Le teorie più accreditate finora suggerivano che i nostri antenati avessero raggiunto l’Europa tra uno e due milioni di anni fa. Tuttavia, la datazione precisa è sempre stata complicata a causa della scarsità di siti archeologici ben conservati di quel periodo. Nel sito di Korolevo, situato nell’Ucraina occidentale, sono stati scoperti strumenti e oggetti risalenti al Paleolitico. Questi ritrovamenti hanno permesso agli scienziati di utilizzare un metodo innovativo per ricostruire la storia degli artefatti. Un metodo basato sul decadimento dei nuclidi cosmogenici, che ha reso possibile esaminare i sedimenti in cui sono stati sepolti gli strumenti di pietra.

    Tracciata la migrazione dei primi ominidi

    Gli autori dello studio hanno anche valutato l’idoneità degli habitat negli ultimi due milioni di anni. I risultati suggeriscono che i primi ominidi potrebbero aver approfittato dei periodi interglaciali più caldi per colonizzare regioni a latitudini più elevate, come Korolevo. Questo sito, geograficamente significativo, si trova tra il Caucaso e l’Europa e potrebbe rappresentare una tappa importante nella migrazione degli ominidi.

    Che valore ha questa scoperta

    La datazione delle prime occupazioni da parte degli ominidi in queste aree è cruciale sia dal punto di vista temporale che spaziale. La scoperta supporta l’ipotesi, già sostenuta da diversi esperti, secondo cui l’Europa fu colonizzata da est a ovest. Questo studio fornisce nuove prove a favore di questa teoria, contribuendo a una migliore comprensione della preistoria europea.

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      Storie vere

      Una lettera d’amore datata 1943 rinvenuta al supermercato: è caccia all’autrice

      Valentina, laureata in Antropologia culturale, ha rinvenuto una missiva d’amore in un carrello, recandosi a fare la spesa. Ha chiesto informazioni sulla lettera ai dipendenti della struttura ma nessuno ne sapeva niente. Ha poi postato un appello anche sui social, ma nessuno finora ha risposto. “Mi piacerebbe ritrovare il proprietario e restituirgli questo bellissimo ricordo. Sicuramente è caduta dalla tasca o dal portafogli di qualcuno che teneva molto a questa lettera, per portarla sempre con sé”.

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        Potrebbe essere l’inizio di un film… ed invece è successo davvero, precisamente all’esterno di un supermercato di Ostia, presso il quale una donna ha ritrovato quel foglietto di carta in un carrello. Inizialmente deve aver pensato ad una lista della spesa… ma dandogli un’occhiata più attenta non ha creduto ai suoi occhi. Si trattava di un’accorata lettera d’amore scritta a mano, datata 20 febbraio 1943. Una lettera scritta a Modena.

        L’ha trovata un’antropologa mentre si recava a fare compere

        La mittente dello scritto è Luciana, il destinatario si chiama Tito. Che fossero semplici amici oppure fidanzati, poco importa. La cosa importante è un’altra: quelle righe sono pregne di desiderio irrefrenabile di libertà, che in quegli anni si respirava in naturale reazione alla guerra. A rinvenire questa lettera, come raccontato dal quotidiano La Repubblica, è stata la 36denne Valentina, un’antropologa appena entrata nel supermercato insieme alla figlia.

        Una relazione a distanza

        “Caro Tito – comincia così la lettera – scusa la carta poco elegante ma in questo momento non ne ho altra sottomano. Avendo tu scritto che verrai a trovarmi fra qualche giorno non pensavo che intendessi poco meno di un mese. Come ti va la vita – scrive ancora Luciana – Che ne dici dell’inverno di Modena e di tutta questa neve? Io sto tutto il giorno in casa vicino alla stufa e a studiare naturalmente”. Poi la scrivente cambia discorso e parla della sua famiglia e della sua voglia di speranza: “Finalmente mio padre da sette giorni è con noi, puoi immaginare la mia gioia e sarà completa quando anche Alberto sarà qui. Ma per ora non viviamo che di speranza”.

        Padre e figlio probabilmente sul fronte russo

        La lettera entra nel vivo, parlando del padre tornato a casa mentre Alberto (probabilmente il fratello) ancora no. È presumibile pensare che entrambi fossero sul fronte russo: a febbraio ‘43 i soldati italiani erano in ritirata, e alcuni avevano già fatto ritorno in Italia.

        L’ha scritta una studentessa da Modena

        Si tratta di una lettera scritta a mano in data 20 febbraio 1943 da Luciana, una studentessa di Modena, il destinatario è Tito, forse il fidanzato o comunque un amico molto stretto. Un foglio unico, scritto sul fronte e sul retro con calligrafia molto curata e fitta. Valentina – che l’ha rinvenuta – e la figlia la leggono tutta d’un fiato fra gli scaffali del supermercato.

        Alla fine del testo Luciana conclude dicendosi d’accordo all’arrivo di Tito da lei a Modena. È l’annuncio di una nuova vita in tempo di piena guerra mondiale. Erano gli ultimi mesi del regime di Mussolini: a luglio sarebbe stato sfiduciato e imprigionato.

        Riprendendo il concetto espresso all’inizio… sarebbe bello che – come in un film – si potesse conoscere il destino che ha successivamente segnato le esistenze di Luciana e Tito. Che vita avranno condotto, quale sarà stato il loro futuro nell’Italia del dopoguerra e della ricostruzione. A noi piace pensarli insieme, con lo sguardo – come cantava Pierangelo Bertoli – “dritto e aperto nel futuro”…

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          Cronaca

          Emis Killa nei guai per l’inchiesta Doppia Curva, a due settimane dal suo Sanremo

          Nelle ultime ore il rapper Emis Killa è finito ufficialmente nel registro degli indagati all’interno dell’inchiesta “Doppia Curva” della direzione distrettule antimafia, sulla presenza di criminalità organizzata nelle curve ultrà di Milan e Inter. In dubbio la sua partecipazione a Sanremo alla quale, secondo le ultime indiscrezioni, potrebbe rinunciare.

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            Indagato per associazione per delinquere nell’inchiesta Doppia Curva inerente agli ultrà di Milan e Inter, sotto provvedimento di daspo per 3 anni dallo stadio per il suo presunto coinvolgimento. Un Emis Killa sicurmente provato si appresterebbe a salire, tra due settimane, sul palco dell’Ariston di Sanremo.

            Perquisito lo scorso settembre

            Con un ruolo inizialmente da “attore non protagonista”, era stato perquisito il 30 settembre mentre lo Sco e la Squadra mobile di Milano catturavano e portavano in carcere il direttivo della Curva Sud Milano rossonera e la Curva Nord nerazzurra.

            Sequestrati a casa sua denaro, coltelli e tirapugni

            Individuato dai pm della Dda tra circa sessanta personaggi legati alle curve milanesi, nella villa a Bernareggio di Emilio Rudolf Giambelli (questo il suo vero nome) erano stati sequestrati quarantamila euro in contanti, sette coltelli, tre tirapugni, un taser e uno sfollagente telescopico. La sua figura veniva anche identificata dai video degli impianti di sorveglianza per l’episodio dell’aggressione a uno steward del Meazza dell’11 aprile 2024, all’ingresso per il match di Europa Leauge di Milan-Roma.

            Aleggia l’ipotesi del ritiro, Carlo Conti per ora non commenta

            Secondo alcune voci il cantante starebbe seriamente valutando di non prendere parte alla kermesse sanremese. Una scelta ancora in via di definizione, sulla quale nemmeno Carlo Conti, direttore artistico della kermesse, si è ancora espresso.

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              Italia

              “Un dono di Dio”: così definisce la sua relazione con una fedele il Parroco dimissionario

              Per tutti gli ischitani è ormai il “parroco innamorato”. Don Antonio Scala sta vivendo una relazione con una parrocchiana sposata e, per coerenza, si è dimesso dalla sua carica.

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                Raggiunto al telefono dal programma Storie Italiane su Rai1, don Antonio Scala spiega le sue motivazioni. Il sacerdote nei giorni scorsi si è dimesso da tutte le sue cariche ecclesiastiche a Ischia a causa di una relazione con una parrocchiana sposata.

                Un amore vissuto come un regalo divino

                “Non rimpiango quello che ho fatto, è stato un dono di Dio”. Sono queste le sue precise parole, dopo essere finito sulle pagine di cronaca cittadina per essersi innamorato di una sua parrocchiana.

                Si sono conosciuti in chiesa

                Lui 58 anni, lei 35 e sposata, si sarebbero conosciuti proprio in chiesa. Passando da un rapporto di amicizia all’amore provato da entrambi, in maniera così forte, profonda, prepotente… quasi da spingerli ad ufficializzare la loro unione. Con tutte le conseguenze del caso. Da un lato, infatti, l’autosospensione dalle sue funzioni sacerdotali, dall’altro separazione dal marito per vivere questa storia in maniera libera e piena.

                Per entrambi impossibile resistere al sentimento

                “Il futuro non lo conosco – ha detto il sacerdote – ma spero di continuare con questa donna perché ci vogliamo bene. Per me è stato qualcosa di molto forte, altrimenti ci saremmo allontanati come dopo una passeggiata. Tu vai a casa tua, io ritorno a casa mia e nascondiamo tutto. Ma non ci siamo riusciti”.

                Una scelta dalla quale il prete non vuole tornare indietro

                “Possiamo ingannare gli uomini – ha concluso il prete – ma Dio alla fine vede tutto e sa tutto. Ho pensato di andare dal vescovo e dirgli ‘ho fatto questo’ e di prendermi la responsabilità, ci vuole un po’ di tempo per tutti. Voglio bene alla comunità, porto tutti nel cuore, spero che non si allontanino dalla Chiesa. Ma questa è la mia vita, una mia scelta che non c’entra con loro. Non ritorno, ormai ho chiuso e non mi sento più di fare il prete. Non basterebbe una confessione, ci vuole una conversione”.

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