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Cronaca Nera

Mistero nel ritiro della Svizzera: rubati tre computer dei match analyst

Il furto è avvenuto nell’hotel del ritiro della squadra a Dusseldorf. Le indagini sono in corso grazie alle immagini delle telecamere di sicurezza. La Svizzera affronterà l’Italia negli ottavi di finale.

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    Giallo nel quartier generale della nazionale svizzera in vista di Euro 2024. Tre computer utilizzati dagli assistenti del commissario tecnico Murat Yakin sono stati rubati all’interno dell’hotel dell’aeroporto di Dusseldorf, dove la squadra alloggia. Lo staff elvetico ha prontamente sporto denuncia alla polizia tedesca.

    Il portavoce della federazione svizzera, Adrian Arnold, ha cercato di rassicurare riguardo al contenuto dei dispositivi rubati. “Sui tre computer non erano salvati dati che utilizziamo per questo torneo. Se si è trattato di un sabotaggio alla nostra nazionale, allora è andato male,” ha dichiarato Arnold.

    Le indagini della polizia sono già in corso e si spera di risolvere il caso in breve tempo grazie all’ausilio delle immagini delle telecamere di sicurezza dell’albergo. Queste riprese potrebbero infatti fornire informazioni cruciali per risalire all’identità dei ladri e al momento esatto del furto. Resta da capire se l’intento dei malviventi fosse effettivamente quello di danneggiare la nazionale svizzera, impedendole di mantenere la sua efficacia tattica sul campo.

    Questo incidente arriva in un momento cruciale per la Svizzera, che dovrà affrontare l’Italia negli ottavi di finale di Euro 2024. Il match è programmato per sabato 29 giugno alle 18 a Berlino. La notizia del furto potrebbe influenzare la preparazione della squadra, ma lo staff tecnico e i giocatori sono determinati a mantenere la concentrazione sull’importante incontro.

    La comunità sportiva attende con ansia ulteriori sviluppi su questo mistero, sperando che i responsabili vengano presto individuati

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      Cronaca Nera

      Giada Zanola gettata dal cavalcavia: la drammatica scoperta sul corpo

      Gli esami rivelano nuove inquietanti verità sul caso di Giada Zanola, la donna di 34 anni gettata dal cavalcavia dal compagno Andrea Favaro. La scoperta di sedativi nel suo corpo potrebbe far emergere l’ipotesi di premeditazione.

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        Gli esami sul corpo di Giada Zanola, gettata dal cavalcavia dell’autostrada A4 a Vigonza, hanno rivelato la presenza di farmaci sedativi. La scoperta di benzodiazepine nel suo corpo suggerisce che Giada possa essere stata narcotizzata prima di essere gettata dal ponte. Questo elemento rafforza l’ipotesi della premeditazione dell’omicidio da parte del compagno Andrea Favaro, che è stato arrestato.

        Nuovi dettagli emergono sul caso

        Le boccettine trovate nella casa della coppia contenevano lo stesso farmaco rinvenuto nel sangue di Giada. Questi farmaci, non prescritti a Giada ma a Favaro, indicano una preparazione premeditata del gesto. La posizione di Favaro si complica ulteriormente: “Giada si è allontanata a piedi verso il cavalcavia. Io l’ho seguita con l’auto e l’ho fatta salire per riportarla a casa”, ha dichiarato, aggiungendo che i suoi ricordi sono “annebbiati”.

        L’ultima lite e il tragico epilogo

        Favaro ha ammesso una lite avvenuta prima dell’episodio: “Giada continuava a dire che mi avrebbe tolto il bambino e non me lo avrebbe più fatto vedere. A quel punto ricordo che siamo scesi dall’auto, ma qui i ricordi si annebbiano”. Le autorità stanno ora cercando di ricostruire con precisione gli eventi che hanno portato alla tragedia, cercando di comprendere se vi sia stata premeditazione nel gesto di Favaro.

        La premeditazione e i sedativi

        La presenza di benzodiazepine nel corpo di Giada, un farmaco sedativo, è un dettaglio che rafforza l’ipotesi della premeditazione. Questi medicinali erano stati prescritti a Favaro, suggerendo che egli potrebbe averli somministrati a Giada per renderla inoffensiva prima di gettarla dal cavalcavia. La scoperta di queste sostanze nel corpo della vittima sarà un elemento cruciale che potrebbe determinare il corso del processo e la condanna di Favaro.

        L’ipotesi di premeditazione

        L’ipotesi che Giada possa essere stata narcotizzata prima di essere gettata dal cavalcavia è supportata dal ritrovamento delle boccettine di sedativi. Questo dettaglio suggerisce che Favaro potrebbe aver pianificato l’omicidio, cercando di evitare che Giada potesse opporsi o difendersi. La presenza di questi farmaci nel corpo della vittima sarà un elemento cruciale nell’indagine e nel processo.

        Il processo e le prove

        Le prove raccolte finora, inclusi i farmaci sedativi e le dichiarazioni di Favaro, saranno fondamentali per stabilire la verità sull’omicidio di Giada Zanola. Il processo dovrà determinare se Favaro ha premeditato l’omicidio e se ha narcotizzato Giada prima di compiere il gesto. L’accusa di omicidio premeditato potrebbe portare a una condanna molto severa per Favaro.

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          Cronaca Nera

          Siamo entrati nella villetta della strage di Altavilla

          Sacro e profano: la casa di Giovanni Barreca riflette un’inquietante fusione tra delirio religioso e spensieratezza adolescenziale. Sui muri della cameretta della figlia, immagini di cartoni animati convivono con salmi biblici, rivelando un ambiente carico di contraddizioni e angosce

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            Entrare nella villetta degli orrori di Altavilla Milicia è come fare un viaggio in un mondo di contraddizioni e deliri. Le pareti della camera della primogenita di Giovanni Barreca, teatro di una terribile tragedia familiare, raccontano una storia di inquietante fusione tra sacro e profano.

            La camera della figlia: un mondo di contrasti

            Appena si varca la soglia della camera della figlia maggiore di Giovanni Barreca, si è colpiti dalla stridente mescolanza di elementi sacri e profani. Su una parete, un disegno di Minou, la gattina del cartone animato “Gli Aristogatti”, sembra voler mitigare l’oscurità delle scritte circostanti. Sotto l’immagine, è inciso il Salmo 23 della Bibbia, il salmo di Davide: “Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza”.

            Accanto all’orologio, che scandisce “il tempo di Dio”, sono disposti ordinatamente i pennelli per il trucco, simboli di una normalità adolescenziale che stride con l’orrore che si è consumato in quella stanza.

            Dettagli inquietanti: ogni angolo racconta una storia

            Le immagini della villetta degli orrori, analizzate dai consulenti delle procure, offrono uno sguardo agghiacciante su ciò che è avvenuto all’interno di quelle mura. Le foto e i video, contenuti in un hard disk da 8 terabyte, rivelano i dettagli macabri delle torture e degli omicidi di Antonella Salamone e dei suoi figli Kevin ed Emanuel.

            I salmi e le preghiere

            Sui muri sono scritti salmi e preghiere, che la figlia maggiore ha inciso prima che il rito di purificazione dal demonio si trasformasse in una strage. “Per tutte le cose c’è un tempo fissato da Dio. Per tutto c’è il Suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo”, ha scritto la giovane accanto all’orologio. Queste scritte, apparentemente innocue, nascondono il preludio di un incubo.

            La stanza degli orrori

            La stanza della ragazza è un microcosmo di contraddizioni. Gli oggetti di uso quotidiano, come i pennelli per il trucco, si mescolano con simboli religiosi e scritte che riflettono un delirio mistico. L’atmosfera è carica di tensione, con ogni angolo della stanza che sembra voler raccontare una storia di sofferenza e follia.

            I luoghi del delitto

            Nelle migliaia di documenti messi a disposizione delle difese, emergono dettagli raccapriccianti. La perizia del medico legale ha accertato che la prima a morire è stata Antonella Salamone, il cui corpo è stato gettato in una buca nel giardino e bruciato con benzina. La figlia ha descritto il macabro rituale: “…cose tipo piattini ed io ho preso quelli… Questi oggetti sono stati bruciati là sopra insieme al corpo di mamma. Il fuoco è durato tante ore ma non saprei quanto perché io dopo quel giorno non sono più salita…”.

            Le confessioni e i dettagli delle torture

            La figlia di Giovanni Barreca, durante i due interrogatori, ha confermato le torture inflitte alla madre e ai fratelli. “Sì, confermo le torture di cui ho prima parlato, ma io non so di fatto come è morta mia madre, se per infarto o per i calci che gli ha dato mio fratello. Forse è morta quando sia io che mio fratello gli davamo calci”. Queste confessioni hanno contribuito a chiarire le responsabilità degli indagati, descrivendo momenti di paura e angoscia.

            Le immagini: un tassello fondamentale

            Le immagini e i video della villetta sono solo un tassello della tragica vicenda. Esse offrono uno sguardo dettagliato sui luoghi del delitto e sulle dinamiche delle torture. Gli investigatori hanno analizzato ogni dettaglio, ricostruendo la sequenza degli eventi che ha portato alla morte di Antonella Salamone e dei suoi figli.

            Il delirio mistico di Giovanni Barreca

            Giovanni Barreca, durante i colloqui con il suo legale Giancarlo Barracato, ha descritto un “delirio mistico florido”. I consulenti psichiatrici hanno concluso che Barreca soffre di gravi disturbi mentali, una condizione che sarà oggetto di incidente probatorio per cristallizzare le sue condizioni mentali.

            La responsabilità dei coniugi diabolici

            Secondo i giudici inquirenti i due palermitaniSabrina Fina e Massimo Carandente, avrebbero impartito ordini e sarebbero stati autori materiali delle torture. La figlia di Barreca ha confermato: “Lei si occupava della mamma”. La brutalità delle loro azioni è stata descritta nei dettagli durante gli interrogatori, dipingendo un quadro di orrore e follia.

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              Il procuratore Nicola Gratteri: “Trovato grazie alle intercettazioni”

              La brillante operazione del procuratore Gratteri contro il clan Contini svela orologi di lusso e contanti per milioni di euro

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                Il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha annunciato una scoperta sorprendente grazie alle intercettazioni telefoniche. Durante una conferenza stampa, Gratteri ha illustrato il sequestro di un tesoro nascosto del clan Contini: 48 orologi di lusso, alcuni pezzi unici dal valore inestimabile, e contanti per oltre 4 milioni di euro. La scoperta è avvenuta in un bunker, trovato durante una perquisizione in una residenza. Il procuratore ha criticato l’efficacia del regime carcerario 41bis, poiché i capi del clan riuscivano ancora a impartire ordini dal carcere.

                Il ruolo delle intercettazioni e le reazioni delle autorità Le intercettazioni telefoniche, spesso discusse, si sono rivelate fondamentali per l’operazione. Gratteri ha elogiato la collaborazione tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza. Giovanni Leuci, capo della Squadra Mobile di Napoli, ha sottolineato l’organizzazione del clan nonostante il regime 41bis. Il colonnello Paolo Consiglio ha evidenziato come il tesoro sia frutto di schemi di frode e riciclaggio attraverso società di facciata.

                Una scoperta straordinaria Il tesoro, oltre agli orologi e ai contanti, comprendeva oggetti d’oro, come un accendino con le iniziali del boss. La perizia ha confermato la rarità degli orologi, molti dei quali pezzi unici. Gratteri ha dichiarato che l’operazione è la prova dell’importanza delle intercettazioni nel combattere la criminalità organizzata.

                Questa scoperta rappresenta un duro colpo al clan Contini e mette in luce le sfide nel mantenere l’efficacia del regime 41bis. Le autorità continueranno a vigilare e a lavorare per smantellare le organizzazioni criminali e i loro complessi schemi di riciclaggio e frode.

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