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Disastro Biden, i dem cercano di convincerlo al passo indietro…

Crescono le preoccupazioni sull’idoneità mentale del presidente americano. Un sondaggio rivela che il 72% degli elettori registrati non ritiene Biden in grado di continuare a servire come presidente. Anche tra i democratici aumentano i dubbi.

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    La salute mentale e cognitiva del presidente Joe Biden è sotto il mirino della maggioranza degli elettori americani. Un recente sondaggio di Cbs News/YouGov ha rivelato che il 72% degli elettori registrati ritiene che Biden non abbia la capacità mentale e cognitiva necessaria per servire efficacemente come presidente. Questo dato segna un aumento significativo rispetto al 65% registrato nella precedente rilevazione.

    Particolarmente preoccupante per la campagna di Biden è il fatto che tra coloro che esprimono questi dubbi, vi è una significativa percentuale di democratici. Infatti, il 45% dei democratici registrati ritiene che il presidente dovrebbe farsi da parte e lasciare spazio a un altro candidato. Questa cifra evidenzia un crescente malcontento interno al partito democratico riguardo alla leadership di Biden.

    Il sondaggio ha anche messo in luce le percezioni degli elettori riguardo a Donald Trump. Il 49% degli intervistati ha espresso dubbi simili sulla salute mentale e cognitiva dell’ex presidente. Anche se questa percentuale è alta, rimane inferiore rispetto a quella di Biden, suggerendo una maggiore preoccupazione tra gli elettori riguardo alla capacità di Biden di gestire il suo ruolo.

    Questi risultati arrivano in un momento cruciale per Biden, che è impegnato in una corsa elettorale per la rielezione. Le preoccupazioni riguardanti la sua salute mentale potrebbero influenzare significativamente le sue possibilità di successo. La campagna di Biden dovrà affrontare queste preoccupazioni direttamente e convincere gli elettori della sua capacità di guidare il paese per altri quattro anni.

    In sintesi, il sondaggio Cbs News/YouGov rappresenta un campanello d’allarme per la campagna di Biden. Con il 72% degli elettori registrati che esprime dubbi sulla sua salute mentale e cognitiva, e una crescente percentuale di democratici che auspica un cambio di leadership, il presidente dovrà lavorare duramente per recuperare la fiducia dell’elettorato e dimostrare la sua idoneità per il ruolo.

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      Kamala Harris nella tana del leone: scontro acceso su Fox News, la tv pro Trump

      Nell’intervista a Fox News, Kamala Harris ha cercato di fare breccia negli elettori repubblicani, ma l’incontro è diventato subito incandescente. Tra interruzioni e affermazioni pungenti, la vicepresidente si è detta pronta a portare idee fresche alla Casa Bianca, voltando pagina rispetto all’era Biden e l’era Trump.

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        Kamala Harris si è trovata faccia a faccia con il giornalista veterano di Fox News, Bret Baier, in una delle interviste più combattive della sua campagna elettorale. Fox News, da sempre vicina a Donald Trump, non è certo il terreno più amichevole per un’esponente democratica, ma Harris ha deciso di giocare d’attacco. L’attuale vicepresidente, che ha dichiarato di voler voltare pagina rispetto all’era Biden, ha cercato di conquistare un pubblico tradizionalmente ostile, quello degli elettori repubblicani, cercando di mostrare una visione di leadership personale e indipendente.

        Nonostante i tentativi, il dialogo si è trasformato presto in un botta e risposta incandescente. Harris ha più volte chiesto al giornalista di lasciarla terminare, in quello che è sembrato un déjà vu delle sue strategie nei dibattiti al Congresso. “Deve lasciarmi finire”, ha affermato all’inizio dell’intervista, cercando di rispondere a domande pungenti su immigrazione e altre questioni calde.

        Un momento particolarmente teso è stato quando Baier ha incalzato Harris sui suoi precedenti commenti a favore dell’uso dei fondi pubblici per il supporto di genere ai detenuti transgender. Ma Harris non ha arretrato di un millimetro, ribadendo con fermezza le sue posizioni progressiste.

        La discussione è poi virata su Trump, con Harris che ha colto l’occasione per lanciare un monito agli elettori americani. “Le persone sono stufe di qualcuno che si professa leader, ma che passa il suo tempo a fare rimostranze personali e sminuire gli altri. Trump non è stabile”, ha dichiarato con tono perentorio.

        In conclusione, mentre Harris ha cercato di dimostrarsi combattiva, consapevole del contesto in cui si trovava, Baier ha continuato a insistere su questioni scottanti per il pubblico conservatore, compresi i crimini commessi da immigrati clandestini.

        Sia Harris che Fox News hanno ottenuto quello che cercavano: da una parte, una vicepresidente decisa a farsi valere anche tra i leoni della stampa conservatrice, dall’altra una rete capace di mettere in difficoltà uno degli avversari più temibili di Trump.

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          Scoperto a Jebel Irhoud il volto del più antico Homo Sapiens

          Il cranio di Jebel Irhoud ha una rilevanza fondamentale poiché ha permesso di anticipare la data di nascita della nostra specie di Homo sapiens di almeno 100 mila anni. Definito un volto forte e sereno da Moraes e dall’aspetto moderno dal Max Planck Institute, il cranio rappresenta una pietra miliare nello studio dell’evoluzione umana.

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            Il nostro antenato visse 315 mila anni fa in Marocco. Secondo lo scienziato brasiliano Cicero Moraes aveva un viso forte e sereno e dall’aspetto moderno.

            L’istantanea ricavata da un fossile

            Il fossile del cranio era stato trovato per caso negli anni ’60 a Jebel Irhoud, in Marocco, durante un’estrazione mineraria. Oggi, grazie al lavoro del ricercatore brasiliano Moraes, quel teschio di 315 mila anni fa, il più antico mai scoperto di Homo Sapiens, ha finalmente un volto. Moraes ha pubblicato il suo studio sulla rivista di computer grafica 3D OrtogOnLineMag. Recentemente, lo studioso aveva anche ricostruito anche il volto di una donna di Neanderthal.

            Come funziona il processo di ricostruzione

            Moraes, esperto nella ricostruzione di volti, ha delineato i lineamenti facciali di Irhoud utilizzando la Ricostruzione Facciale Forense (RFF). Ha scansionato in 3D il teschio utilizzando uno strumento di fotogrammetria, OrtogonBlender. Il lavoro è stato reso possibile grazie ai dati forniti dal Max Planck Institute, che ha contribuito con informazioni su vari elementi appartenenti ad altri individui. Moraes ha usato la tomografia di un umano moderno, deformandola per adattarla al cranio di Jebel Irhoud.

            Il volto del nostro antenato

            Il risultato finale mostra una scatola cranica grande ma arcaica, mentre la dentatura è già moderna. Moraes ha generato due gruppi di immagini: uno oggettivo con elementi tecnici, senza capelli e in scala di grigi. Un altro artistico con colore della pelle e capelli.
            Per Moraes, il fossile assomiglia al teschio di Homo sapiens Skhul V, ritrovato nel 1932 in Israele e datato intorno ai 120 mila anni fa.

            L’importanza di questa scoperta

            Il cranio di Jebel Irhoud ha una rilevanza fondamentale poiché ha permesso di anticipare la data di nascita della nostra specie di Homo Sapiens di almeno 100 mila anni. Definito un volto forte e sereno da Moraes e dall’aspetto moderno dal Max Planck Institute, il cranio rappresenta una pietra miliare nello studio dell’evoluzione umana.

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              Sudditi in apprensione per Re Carlo: il sovrano interrompe le cure e partono i preparativi per il funerale.

              Carlo interrompe momentaneamente le cure contro il cancro, mentre nel Regno Unito cresce l’apprensione. I preparativi per il funerale sono già in corso, ma il sovrano si sente pronto a tornare ai suoi impegni ufficiali.

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                Nelle ultime settimane, la notizia della sospensione delle cure contro il cancro per Re Carlo ha sollevato non poche preoccupazioni nel Regno Unito. Il sovrano, che aveva annunciato la sua malattia tempo fa, ha momentaneamente interrotto il trattamento medico, scatenando voci su una possibile imminente fase terminale.

                Nonostante i timori, fonti vicine alla Famiglia Reale rassicurano che questa pausa sia una decisione positiva. Re Carlo, infatti, si prepara a partire per un viaggio ufficiale di dieci giorni in Australia, con partenza fissata per il 18 ottobre. Questo segnale potrebbe indicare che le sue condizioni non siano così gravi come si temeva inizialmente.

                Parallelamente, è stato confermato l’avvio dei preparativi per il funerale di Stato, una prassi tradizionale che viene attivata anche quando la salute del sovrano non è necessariamente critica. L’operazione Menai Bridge, il nome in codice per i piani legati al funerale di Re Carlo, prosegue senza sosta, come richiesto dal protocollo reale, e ha destato non poche reazioni nei media britannici.

                Il Regno Unito resta comunque in apprensione, e la notizia che il Re si senta abbastanza in forma da sospendere le cure per adempiere ai suoi impegni ufficiali è stata accolta con sollievo. Tuttavia, resta il clima di incertezza: l’annuncio del proseguimento dell’operazione Menai Bridge ricorda ai sudditi che, nonostante l’ottimismo, il sovrano potrebbe essere più fragile di quanto non sembri.

                Tra le figure istituzionali, il sindaco di Londra e altri leader politici hanno espresso i loro auguri al sovrano, auspicando una ripresa stabile e duratura delle sue funzioni, sottolineando quanto la sua presenza e guida siano ancora fondamentali per il Regno Unito.

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