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Biden fa gaffe a raffica: chiama Zelensky “Putin” e Kamala Harris “Trump”.

La conferenza stampa conclusiva del vertice Nato era considerata come l’ultima prova d’appello concessa al presidente, per dimostrare che può ancora condurre la campagna elettorale. Ma la macchina per sostituirlo intanto si era già messa in moto

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    Trump, molto probabilmente, sarà stato davanti alla TV con un pacco di popcorn a godersi lo spettacolo, visto che ormai ogni discorso di Biden si trasforma in uno spettacolo da comico provetto a forza di gaffe. Dopo essersi definito “il primo presidente nero e donna della storia”, ieri ha chiamato Putin il presidente ucraino Zelensky, ha chiamato Trump la sua vice Kamala Harris e ha lasciato di nuovo tutti senza parole. Ma lui va dritto per la sua strada: “Devo finire questo lavoro, ci sono troppe cose in gioco”.

    Una gaffe tira l’altra

    Se il Joe Biden che ha tenuto ieri sera la conferenza stampa finale del vertice NATO si fosse presentato così anche al dibattito di Atlanta con Trump, forse adesso mezzo mondo non starebbe discutendo l’opportunità che si ritiri dalla corsa presidenziale. Però, come ha scritto George Clooney sul New York Times, non è facile cancellare quello che 51 milioni di spettatori hanno visto con i propri occhi.

    Le prossime ore saranno decisive per capire se una serata può bastare a cancellarne l’altra, con tutte le paure che ha suscitato sulla capacità di terminare la campagna ed evitare il ritorno di un presidente che minaccia di scardinare l’ordine globale basato sulle regole.

    Zelensky è Putin

    Biden non si è presentato bene alla conferenza stampa più importante della sua carriera politica, compiendo un’altra serie di gaffe degne di un attore comico provetto: mentre introduceva Zelensky all’evento della NATO dedicato a Kiev, ha detto: “E ora vi presento il presidente dell’Ucraina, che non so dirvi se abbia più coraggio o determinazione. Presidente Putin.” Gelo in sala. Aveva appena commesso l’errore più grave che si potesse immaginare, nel vertice dove doveva dimostrare di essere ancora in grado di guidare gli USA e vincere le elezioni di novembre. Ha capito subito e si è corretto: “Non Putin, Putin è quello che lui batterà. Presidente Zelensky.” Ma poteva bastare?

    Kamala è Trump

    Poi all’inizio della conferenza stampa, ritardata di un paio di ore rispetto al programma originario, ne ha combinata un’altra, chiamando la sua vice Kamala Harris la “vice presidente Trump”. Di questo errore non si è neppure accorto, continuando a spiegare perché lei sarebbe attrezzata a battere Donald: “Non l’avrei scelta, se non fossi stato convinto che poteva fare il presidente. E lo sta dimostrando, con la sua efficacia nell’affrontare temi come la salute delle donne.” Poteva sembrare un’apertura all’ipotesi di essere sostituito, ma poi ha aggiunto: “Certo che ci sono altre persone in grado di battere Trump, però cominciare da zero è assai complicato.”

    I giornalisti lo hanno incalzato con le domande sul suo stato di salute, ma non ha ammesso di avere problemi: “Ho solo detto che devo gestire meglio il mio tempo e le mie forze.” Quindi non vede il motivo di sottoporsi a esami neurologici per provare che sta bene: “Ho fatto tre test e sono andati tutti bene. Se me lo ordinasse il mio medico, lo farei. Altrimenti non c’è ragione. L’unica cosa che porta l’età avanzata, se guardi bene, è un po’ di saggezza in più.”

    Stesso discorso per l’ipotesi di farsi da parte: “Sono la persona più qualificata per battere Trump. Non ho intenzione di ritirarmi, a meno che qualcuno non mi dimostri che non ho la possibilità di vincere, dati alla mano. Ma nessun sondaggio sostiene questo fatto e la campagna è appena agli inizi.” Se vorranno, i delegati alla Convention democratica di agosto a Chicago “avranno la libertà di votare per qualche altro candidato. Ma non lo faranno, perché io ho vinto le primarie e resto la persona più qualificata per battere Trump.”

    Ottimi risultati, ma presentati così…

    Quindi ha discusso le sue politiche, i risultati dell’amministrazione, il calo repentino dell’inflazione al 3% annunciato ieri, i successi nel tenere unita la NATO contro l’aggressione di Putin, così come frenare Netanyahu a Gaza, o contenere il leader cinese Xi. Quanto al motivo per cui non ha mantenuto la promessa di essere un ponte verso una nuova generazione di leader democratici, la ragione sta nella “gravità della situazione che avrei lasciato.” Insomma, nessun passo indietro: “Sono determinato a correre, anche se mi rendo conto della necessità di placare le paure.” Resta da vedere se oggi anche gli altri leader del Partito democratico, e soprattutto gli elettori, che secondo l’ultimo sondaggio della CBS per due terzi vorrebbero il suo ritiro, saranno dello stesso parere.

    Deve ritirarsi

    Un gruppo di consiglieri di Biden si è convinto che non può vincere le elezioni contro Trump, e quindi cercherà di spingerlo verso il ritiro. Sommata alla notizia che l’ex capo della Casa Bianca Barack Obama era stato informato da George Clooney dell’articolo che stava per pubblicare sul New York Times, ma non aveva fatto nulla per fermarlo, questa rivelazione del giornale di Manhattan conferma l’accelerazione in corso per cambiare il candidato democratico.

    Ultimo appello

    La conferenza stampa di ieri sera veniva considerata come l’ultima prova d’appello concessa al presidente, per dimostrare che può ancora condurre la campagna elettorale, ma la macchina per sostituirlo intanto si stava già mettendo in moto. Il sito Politico ha rivelato che Obama era stato informato da Clooney dell’articolo con cui avrebbe chiesto il passo indietro, e pur senza appoggiarlo o consigliarlo, non aveva fatto nulla per fermarlo. Negli ambienti più vicini a Biden, questa viene presa come la conferma che l’ex presidente sta complottando contro l’ex vice, anche se pochi pensano che lo stia facendo per favorire l’ascesa della moglie Michelle a candidata del Partito.

    I senatori lo scaricano

    Il sito Axios ha scritto che il leader della maggioranza al Senato Schumer ha detto in privato di essere disposto a considerare la sostituzione di Joe. Il leader dei democratici alla Camera Jeffries ha convocato una nuova riunione per discutere i prossimi passi. I deputati che lo hanno scaricato sono undici, più un senatore, ma rappresentano solo la punta dell’iceberg di un risentimento più profondo. Molti finanziatori poi minacciano di chiudere i rubinetti e alcuni lo hanno già fatto, come Mark Pinkus o Abigal Dusney, con le risorse che secondo il Financial Times si stanno già “prosciugando.” Solo la sinistra del Partito, guidata dal senatore Sanders e la deputata Ocasio, resta ferma nella difesa di Biden, dopo averlo attaccato pesantemente su Gaza, ma in cambio chiede che adotti in pieno la sua agenda.

    Kamala Harris al suo posto

    Secondo il New York Times, alcuni collaboratori del presidente cercheranno di spingerlo al ritiro basandosi su tre punti: primo, convincerlo che non può vincere; secondo, che la vice Harris può battere Trump; terzo, che il processo per il cambio non sarà caotico. La Casa Bianca e la campagna smentiscono, ma sempre il Times scrive che dietro le quinte hanno iniziato a fare analisi e sondaggi per valutare le capacità di Kamala di prevalere contro Donald. Ieri mattina i consiglieri più stretti, Steve Ricchetti, Mike Donilon e Jennifer O’Malley Dillon, sono andati a Capitol Hill per convincere i senatori a non abbandonarlo, poche ore prima della conferenza stampa. Lui non li ha aiutati, presentando Zelensky alla cerimonia per l’Ucraina chiamandolo Putin.

    Nel frattempo è uscita la notizia che l’inflazione ha frenato più del previsto, scendendo al 3%, con la buona probabilità che ora la Federal Reserve torni a programmare il taglio dei tassi. In altri tempi, sarebbe stata manna per la campagna presidenziale democratica. Ora, però, bisogna prima scegliere il candidato che possa vantarla e usarla per battere Trump.

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      Harris-Trump: verità, bugie e gaffe nel dibattito più atteso d’America

      Il faccia a faccia tra Kamala Harris e Donald Trump ha regalato momenti di tensione e gaffe clamorose. Dal tema dell’aborto alle teorie cospirative sugli immigrati, ecco cosa c’è di vero e cosa no nelle loro dichiarazioni, tra correzioni in diretta e smentite dei moderatori.

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        Il tanto atteso dibattito tra Donald Trump e Kamala Harris ha acceso i riflettori sulla campagna presidenziale americana, offrendo uno spettacolo ricco di tensione, gaffe e smentite. Il botta e risposta tra i due candidati è stato energico, con Trump che ha cercato di colpire con affermazioni emotive, mentre Harris ha puntato su argomentazioni più strutturate. Di seguito, un fact-checking delle loro affermazioni, tra verità, imprecisioni e momenti clamorosi.

        Trump e l’aborto: i dem vogliono aborti al nono mese?

        Durante il dibattito, Donald Trump ha dichiarato che i democratici vogliono consentire l’aborto fino al nono mese di gravidanza. Questa affermazione ha subito suscitato la correzione del moderatore David Muir, che ha chiarito che nessuno stato americano consente un’interruzione di gravidanza così tardiva. Trump ha quindi cercato di chiarire la sua posizione, spiegando che si oppone a un bando federale dell’aborto e che ogni decisione dovrebbe essere lasciata agli Stati, come stabilito dalla Corte Suprema dopo l’abrogazione della Roe v. Wade.

        La gaffe sugli immigrati haitiani e gli animali domestici

        Un altro momento che ha fatto discutere è stato quando Trump ha ripetuto una teoria cospirativa secondo cui gli immigrati haitiani mangerebbero i gatti domestici degli americani. «In Ohio, a Springfield, gli immigrati mangiano i cani, vengono qui e mangiano i gatti, gli animali domestici della gente che vive qui. Questo è quello che succede nel nostro Paese, è una vergogna», ha dichiarato Trump. Anche in questo caso, il moderatore ha utilizzato il fact-checking per smentire categoricamente questa affermazione infondata.

        Harris e i premi Nobel: quasi del tutto vero

        Kamala Harris ha citato una lettera di 16 premi Nobel per l’economia, affermando che il piano economico di Trump farebbe aumentare l’inflazione e porterebbe l’America verso una recessione. Sebbene Harris abbia descritto correttamente la preoccupazione espressa dai Nobel, la lettera non prevede specificamente una recessione entro la metà del 2025. Tuttavia, i Nobel avevano chiaramente indicato che un secondo mandato di Trump avrebbe avuto un impatto negativo sull’economia americana, sia a livello nazionale che internazionale.

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          Mondo

          Taylor Swift con il suo gatto sceglie Kamala Harris e scuote le elezioni americane

          La popstar, seguita da quasi 300 milioni di fan, annuncia il suo voto per la candidata democratica con un post su Instagram durante il dibattito presidenziale, accompagnata dal suo gatto e con il messaggio “Childless Cat Lady”. Il tempismo perfetto dell’annuncio ha sconvolto le redazioni, oscurando il confronto tra Harris e Trump. I Democratici esultano, mentre i Repubblicani accusano Swift di essere l’ennesima voce dell’élite ricca. In pochi minuti, il post ha superato i tre milioni di like, diventando il simbolo di una sfida tra calma e caos nelle elezioni del 2024.

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            New York – Il dibattito presidenziale più atteso della campagna elettorale americana si è trasformato in un evento secondario rispetto al vero colpo di scena della serata: l’endorsement di Taylor Swift a Kamala Harris. Dopo mesi di attesa e speculazioni, la popstar ha scelto il momento più strategico per annunciare il suo sostegno alla candidata democratica, pubblicando un post su Instagram, accompagnato da una foto in cui tiene in braccio uno dei suoi amati gatti. Il messaggio, firmato “Childless Cat Lady”, è un chiaro riferimento alle recenti dichiarazioni del vice di Donald Trump, JD Vance, che aveva sminuito il ruolo delle donne senza figli.

            Il tempismo perfetto della popstar

            Taylor Swift non ha lasciato nulla al caso. Con oltre 200 milioni di dischi venduti e una carriera segnata da record e successi, la cantante è nota per la sua capacità di scegliere il momento giusto per ogni mossa. E così, mentre tutti i riflettori erano puntati sul dibattito tra Harris e Trump, Swift ha deciso di scuotere l’opinione pubblica con il suo endorsement. In pochi minuti, il suo post ha raggiunto un milione di like, lasciando i giornalisti a rincorrere la notizia e a rivedere i loro piani editoriali.

            Un manifesto tra calma e caos

            Nel suo post, Swift ha scritto parole che risuonano come un manifesto politico: “Voterò per @kamalaharris perché lei lotta per i diritti e le cause in cui credo, e che hanno bisogno di una guerriera per sostenerle”. La cantante ha poi sottolineato l’importanza di essere guidati dalla calma e non dal caos, elogiando la scelta di Harris di avere come compagno di ticket Tim Walz, noto per il suo impegno a favore dei diritti LGBTQ+ e delle donne.

            La risposta dei repubblicani

            Karoline Leavitt, portavoce della campagna di Trump, ha cercato di sminuire l’endorsement di Swift, definendolo “un’altra prova che il Partito democratico è diventato il partito dell’élite ricca”. Ma nel tempo che ci è voluto per formulare questa risposta, i like al post di Swift avevano già superato i tre milioni, dimostrando ancora una volta l’influenza della popstar sulla scena politica americana.

            Con questo gesto, Taylor Swift ha lanciato un messaggio potente e ha dimostrato che anche una “gattara” può fare la differenza in una delle elezioni più combattute della storia americana.

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              Mondo

              Il cuore di Timor Est batte per Papa Francesco: 600mila in festa nella spianata di Taci Tolu

              Durante la sua visita a Timor Est, Papa Francesco ha celebrato una messa storica nella spianata di Taci Tolu, riunendo circa 600mila fedeli. Un evento che ha richiamato l’eredità di San Giovanni Paolo II e ha posto al centro i bambini e il futuro del Paese.

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                La spianata di Taci Tolu, a pochi chilometri dalla capitale Dili, è stata il palcoscenico di un evento storico: la messa celebrata da Papa Francesco nel corso della sua terza tappa del viaggio apostolico in Asia e Oceania. Un luogo già carico di significato, poiché qui, nel 1989, San Giovanni Paolo II aveva celebrato una messa durante una visita in un Paese allora sotto occupazione indonesiana.

                Fin dalle prime luci dell’alba, una folla di circa 600mila persone si è radunata per accogliere il Santo Padre. Molti di loro hanno viaggiato per ore, persino giorni, per partecipare a questo incontro spirituale, sfidando temperature elevate che hanno causato anche qualche malore tra i presenti.

                Accolto da una danza tradizionale timorese, il Papa ha poi celebrato la messa, durante la quale ha voluto mettere in luce il valore dei bambini e dei giovani nel contesto della società timorese. “A Timor Est è bello, perché ci sono tanti bambini”, ha affermato Papa Francesco. “Siete un Paese giovane in cui in ogni angolo si sente pulsare, esplodere la vita”.

                L’omelia del Papa è stata un invito a fare spazio ai piccoli, ad accoglierli e a prendersi cura di loro, sottolineando che la presenza di bambini rinnova costantemente la freschezza e l’energia del popolo timorese. “Fare spazio ai piccoli, accoglierli, prendersi cura di loro, e farci anche noi, tutti, piccoli davanti a Dio e gli uni di fronte agli altri, sono proprio gli atteggiamenti che ci aprono all’azione del Signore”, ha proseguito il Pontefice.

                Il Papa ha poi evidenziato il valore della vita e dell’amore, invitando i fedeli a non avere paura di donare il proprio tempo e le proprie energie per il bene degli altri. “Non abbiamo paura di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri”, ha esortato Francesco. “Non abbiamo paura di ridimensionare quando necessario anche i nostri progetti, non per sminuirli, ma per renderli ancora più belli attraverso il dono di noi stessi e l’accoglienza degli altri”.

                Alla fine della messa, in un saluto spontaneo, il Papa ha voluto sottolineare l’importanza del popolo timorese, dichiarando: “Ho pensato molto a quale sia la cosa migliore di Timor, il legno di sandalo, il teak, no, non è il massimo. La cosa migliore è il suo popolo”. E ha aggiunto: “Un popolo che insegna ai suoi figli a sorridere è un popolo che ha futuro”.

                Ma non è mancato un avvertimento metaforico. Il Papa ha paragonato i “coccodrilli” che si avvicinano alle spiagge di Timor Est a coloro che minacciano la cultura e la storia del Paese. “State attenti… state attenti a quei coccodrilli che vogliono cambiare la vostra cultura, la vostra storia”, ha ammonito Francesco.

                La giornata di Papa Francesco a Timor Est è stata intensa e ricca di significato. Prima della messa, ha incontrato i vescovi, i sacerdoti, i seminaristi e i catechisti del Paese, esortandoli a essere sempre al servizio dei poveri e delle società in cui vivono. Ha anche visitato una scuola per bambini disabili, mostrando ancora una volta il suo amore e la sua attenzione per i più vulnerabili.

                La visita del Papa a Timor Est non è solo un evento spirituale di grande importanza, ma anche un richiamo alla solidarietà, alla protezione della cultura e della storia di un popolo che guarda al futuro con speranza, guidato dalle parole e dall’esempio di Papa Francesco.

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