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Cinema

Sergio Rubini: sono stato uno “sciupafemmine”

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    Le fidanzate sono sempre state una specie di “ossessione” per Sergio Rubini. Il cinema non ha rappresentato quindi il suo unico amore. Noi siamo abituati a conoscerlo come talentuoso regista e attore, noto per le sue interpretazioni intense e appassionate. Con una carriera ricca di successi – a partire dall’emozionante esordio con La stazione – , Rubini ha dimostrato di essere un artista versatile e apprezzato dal pubblico. La sua capacità di trasmettere emozioni autentiche lo rende un vero e proprio punto di riferimento nel panorama cinematografico italiano. Con un preciso “debole” però…

    Il supporto dell’analisi

    Nato in provincia di Bari nel 1959, dopo la separazione dalla collega Margherita Buy ha cominciato a collezionare fidanzate. Con la Buy il matrimonio è stato intenso ma breve, dal 19921 al 1993. Successivamente, fino all’età di 38 anni, ha combinato davvero parecchi guai. A 39 anni però ha incontrato Carla Cavalluzzi, che successivamente ha sposato, Un cambiamento avvenuto anche attraverso un percorso di analisi, un viaggio introspettivo che gli ha permesso di vedere la sua vita e i rapporti con l’altro sesso sotto un’altra prospettiva.

    Bulimia d’amore

    Rubini racconta: «Prima ero alla ricerca dell’amore. A mia madre da piccolo chiedevo: sono bello? Lei: sei un tipo. E mi distruggevo. Andavo a caccia di conferme. Mi innamoravo alle 10 del mattino, il pomeriggio mi annoiavo, la sera fuggivo. Non fingevo mai, ci credevo… Ho fatto grandi casini, ho ferito e mi sono ferito».

    Predatore o preda?

    Parlando di lavoro e donne, viene facile la citazione col caso delle accuse di molestie mosse al collega (e amico) Gerard Depardieu. Sergio sulla questione appare molto tranquillo: «Credo nella sua innocenza. Gérard può mettere in imbarazzo, è volgare ma in senso mozartiano, come Mozart quando diceva cacca-cacca. Non è l’attore che in accappatoio aspetta l’attrice in camerino, non è un orco, è dolce e fragile. Secondo me è più preda delle donne che predatore».

    L’eredità del padre ferroviere

    Rileggendo l’evoluzione della sua vita attraverso la figura del padre, il regista insegue il filo dei ricordi e dice: «Mio padre e mio nonno erano ferrovieri. E i ferrovieri una volta erano tutti socialisti. Forse perché viaggiando erano aperti al mondo e alle sue diversità. La stazione è il mio primo film e il mio primo luogo. Mio papà era frustrato, voleva fare il pittore ma non gli fu permesso. Per questo non voleva che andassi da lui in stazione. Non voleva che mi sentissi costretto a fare il suo mestiere. Da lui ho ereditato tantissime cose. Con i suoi amici gestiva una Filodrammatica e io, pur se con sospetto, accettai di farne parte. Tutto ciò che sono diventato lo devo a quelle serate».

    Mai completamente soddisfatto

    «Ho un’ansia del fare che mi porto dentro. Ma ho la sensazione che il meglio di me lo devo ancora dare. Quel che mi resta da fare è tutto quel che non ho ancora fatto».

      Cinema

      L’hotel che ha ispirato “Shining” diventerà un museo horror 

      Lo Stanley Hotel di Colorado, noto per aver ispirato il famigerato Overlook Hotel di “Shining”, potrebbe presto includere un autentico museo dedicato al cinema horror e una piccola casa di produzione

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        Lo Stanley Hotel di Colorado, celebre per aver ispirato l’inquietante Overlook Hotel nel romanzo e nel film “Shining”, si prepara a un’entusiasmante trasformazione. Il management dell’albergo ha annunciato i piani per creare il Stanley Film Center, una nuova iniziativa che includerà un museo dedicato al cinema horror e una casa di produzione cinematografica.

        Il Stanley Film Center mira a diventare un punto di riferimento per gli amanti del cinema e dell’horror, con progetti che includono la costruzione di un auditorium, rassegne cinematografiche, e strutture per la produzione e la post-produzione cinematografica. Il progetto prevede un investimento stimato di 24 milioni di dollari, di cui una parte significativa potrebbe provenire dal dipartimento del turismo locale.

        Tra i membri coinvolti nella neonata compagnia ci sono nomi di spicco come Elijah Wood e Simon Pegg, il che aggiunge ulteriore interesse e attenzione al progetto. Attualmente, lo Stanley Hotel attira numerosi visitatori grazie ai tour tematici legati a “Shining”, ma il Film Center mira a trasformare l’hotel in un luogo attivo tutto l’anno, non solo in determinati periodi.

        Con l’annuncio di un prossimo prequel di “Shining” intitolato “Overlook Hotel”, l’iniziativa sembra essere perfettamente cronometrata per capitalizzare sull’interesse continuo per la storia di Stephen King e Stanley Kubrick. Resta da vedere se il Stanley Hotel riuscirà a realizzare i suoi ambiziosi piani senza intoppi, ma l’entusiasmo attorno all’idea è palpabile.

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          Cinema

          Hollywood miserabile: quando Cate Blanchett ha lavorato gratis nel Signore degli Anelli

          Non sempre lavorare in produzioni di successo corrisponde ad un cachet stellare per gli attori. Chiedere all’attrice australiana Cate Blanchette cosa ha portato a casa per il primo film della saga de Il Signore degli Anelli…

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            Tutti avrete visto La compagnia dell’anello, prima pellicola della saga relativa al Signore degli Anelli? Un film kolossal in piena regola del 2001 co-sceneggiato, diretto e co-prodotto da Peter Jackson. Tratto dall’omonima prima parte del romanzo di J. R. R. Tolkien, rappresenta il primo lungometraggio della trilogia, seguito da Il Signore degli Anelli – Le due torri (2002) e da Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re (2003).

            La compagnia del… braccino corto

            Una pellicola che ottenne un grande successo di critica e incassi, aggiudicandosi anche vari riconoscimenti, tra cui quattro premi Oscar su tredici candidature e quattro British Academy Film Awards. Tanto successo al botteghino corrisponde a tanti soldi incassati. Eppure l’attrice Cate Blanchett che interpreta la nobile elfa Galadriel, quella che dona a Frodo una fiala con la luce di una stella che lo proteggerà… ha qualcosa da recriminare. Lei è la prova vivente che recitare in una pellicola che ha incassato quasi4 miliardi di dollari non significa automaticamente ricevere compensi record. Nemmeno se si è delle star e se di cognome si fa Blanchette.

            Ricompensata con cibo e un paio di orecchie finte

            Lo raccontato proprio lei, ospite di una trasmissione televisiva su BravoTv. Il conduttore Andy Cohen, chiedendole per quale film fosse stata pagata di più, ha ipotizzato che si trattasse proprio della saga kolossal-fantasy tratta dai libri di Tolkien. «Mi stai prendendo in giro?» ha risposto la Blanchette, raccotando – fra lo sbigottimento generale – che nessuno aveva guadagnato granché da quel film. «In pratica mi hanno dato panini gratis e ho potuto tenere le orecchie da elfo». E «nessuna retribuzione finale» calcolata sui soldi incassati al botteghino.

            Il personaggio interpretato dall’attrice, la Dama della luce

            Nel primo film Cate Blanchett interpreta invece Galadriel, elfa conosciuta come la Dama della luce. Frodo, distrutto dalla fatica di portare il fardello dell’anello del potere, glielo vuole regalare ma lei, seppure a fatica, rifiuta e dona invece allo hobbit una fiala con la luce di Eärendil, la stella degli elfi. «Possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne» dice a Frodo. E così infatti sarà.

            Volendo lavorare a tutti i costi con Peter Jackson

            «Le donne non vengono pagate tanto quanto si pensa» ha voluto aggiungere l’attrice, che aveva scelto di partecipare al film, perché voleva lavorare a tutti i costi con il regista Peter Jackson, autore di un grande classico di serie B come Splatters – gli schizzacervelli, nonchè regista del bellissimo documentario sui Beatles Get Back, minserie del 2021 che vede i 4 di Liverpool impegnati nella creazione dell’album che nella forma definitiva si sarebbe intitolato Let It Be (in luogo dell’originale Get Back) e nella pianificazione della loro prima esibizione dal vivo dopo tre anni. Il documentario contiene anche il leggendario concerto dei Beatles sul tetto della Apple.

            Solo Frodo ha percepito un compenso di tutto rispetto

            La Blanchette non è stata l’unica del cast a rimanere delusa dal compenso: Orlando Bloom, nei panni dell’elfo Legolas, aveva raccontato a sua volta di aver guadagnato solo 175.000 dollari per tutti e tre i film. Il protagonista Elijah Wood, (Frodo), riuscì invece a rinegoziare il compenso con la produzione, arrivando a un milione di dollari dopo l’uscita dell’intera saga e la sua trionfale accoglienza. Il suo compenso di partenza era di 250.000 dollari…

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              Cinema

              Dellamorte Dellamore, l’antesignano di Dylan Dog verrà restaurato e tornerà in sala

              Martin Scorsese la adora, in molti lo considerano l’ultima grande pellicola del cinema horror italiano. Torna nelle sale restaurato “Dellamorte Dellamore”.

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                La pellicola di Michele Soavi Dellamorte Dellamore, liberamente ispirata ai personaggi creati da Tiziano Sclavi (primo fra tutti l’investigatore dell’incubo Dylan Dog), 30 anni dopo torna in sala, in occasione del suo 30/o anniversario dal 14 ottobre in versione restaurata. Il film cult diretto da Soavi, tratto dal romanzo di Sclavi, con Rupert Everett e Anna Falchi, sarà distribuito al cinema da CG Entertainment in collaborazione con Cat People, grazie a R&C Produzioni.

                Il trailer del film

                Il “papà” di Dylan Dog

                Prima di Dylan Dog c’è stato Francesco Dellamorte, ombroso custode di cimiteri creato da Tiziano Sclavi in un romanzo scritto nel 1983, intitolato DellaMorte DellAmore. L’alter ego più famoso di Dellamorte approderà successivamente nei fumetti Bonelli tre anni dopo. Vedendo vedendo l’enorme successo riscosso dal fumetto, Sclavi deciderà finalmente di pubblicare il suo romanzo nel 1991. Nel 1994 il regista Michele Soavi, uno dei protetti di Dario Argento, pensa di adattarlo per il grande schermo, contattando per il ruolo principale proprio l’attore che fu modello e ispirazione per le fattezze fisiche di Dylan Dog: Rupert Everett.

                Pellicola cult in tutto il mondo

                Trent’anni dopo l’uscita del film, la pellicola segna la fine del grande cinema horror italiano, quello che aveva fatto la storia con i grandi nomi di Dario Argento, Mario Bava e Lucio Fulci. Un vero e proprio “gigante” del cinema mondiale come Martin Scorsese lo ha definito “una delle migliori produzioni italiane dell’epoca”. Ancora oggi, a 30 anni dalla sua uscita, Dellamorte Dellamore è considerato un cult sia in Italia che all’estero. Un sapiente mix di generi e la regia visionaria lo rendono un’opera unica, apprezzata da appassionati del cinema horror e critici specializzati. Continuando a rappresentare oggetto di studio e di culto, dimostrando come le sue tematiche e il suo stile siano rimasti rilevanti e affascinanti col passare del tempo.

                La sinossi

                Per ragioni misteriose, i morti sepolti in un cimitero di provincia risorgono, animati da istinti omicidi e per annientarli occorre spaccare loro la testa. Per Francesco, uccidere gli zombi è solo un atto di routine. Finché un giorno, tra le lapidi, gli capita di incontrare una bellissima vedova (interpretata da un’allora giovane e sensuale Anna Falchi). Sarà l’inizio di una vorticosa discesa nel dolore e nella follia, tra morti viventi e vivi morenti.

                Un team di lavoro di grande professionalità

                Si tratta di un film che ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama del cinema di genere di casa nostra. Il film, uscito nel 1994, fondere in maniera godibilissima spunti horror, di black comedy e l’estetica del romanticismo gotico. Soavi ha il merito di aver creato un’atmosfera unica, in grado di alternare momenti di tensione a situazioni surreali e grottesche. La colonna sonora è firmata dall’esperto Manuel De Sica, contribuendo con soluzioni efficaci ad immergere lo spettatore nel mondo oscuro e bizzarro di Francesco Dellamorte. Gli effetti speciali di Sergio Stivaletti, maestro del make-up, hanno infine giocato un ruolo fondamentale nel dare vita ai “ritornanti”, i morti viventi che popolano il cimitero di Buffalora. Tutto questo ha contribuito alla creazione di un lavoro che è rimasto impresso nella memoria degli spettatori, guadagnando il David di Donatello e il premio Ciak d’oro.

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