Italia
Bentornati a Ischia! Un naufragio di plastica
La storia riguarda un flacone di detersivo che ha vagato per mari per 40 anni prima di arrivare a Ischia. Questa notizia non vuol essere un esempio di come gli oggetti possano viaggiare per lunghe distanze attraverso i flussi del mare, ma solleva preoccupazioni sull’inquinamento e la gestione dei rifiuti.
Lui non graffia… è polvere liquida
Ad alcuni di noi torna in mente lo slogan che pubblicizzava un prodotto per la pulizia domestica che conteneva ammoniaca tra i suoi ingredienti, ma l’evento mette in luce il problema dell’inquinamento plastico nei nostri mari e oceani, poiché i rifiuti possono rimanere nell’ambiente marino per decenni, danneggiando gli ecosistemi. Il fatto che un flacone di detersivo sia stato ritrovato sulle spiagge di Ischia dopo 40 anni è un esempio eloquente della persistenza dei rifiuti plastici nell’ambiente.
Cosa si deve fare
È fondamentale adottare delle urgenti misure per ridurre l’uso di plastica monouso, riciclare i rifiuti plastici in modo responsabile e promuovere la pulizia delle spiagge, ma di fondamentale importanza è educare la gente sulle azioni che ognuno di noi può intraprendere per ridurre l’impatto dei rifiuti plastici in mare.
Plastiche resistenti per secoli
Il fatto che il flacone di detersivo ha impiegato così tanto tempo per giungere a Ischia, mette in evidenza la portata e la persistenza dell’inquinamento plastico nei nostri oceani. La plastica è un materiale resistente e può rimanere nell’ambiente per centinaia, se non migliaia, di anni senza degradarsi completamente. Durante il suo viaggio, il flacone di detersivo avrà potenzialmente interagito con la vita marina, può essere stato ingerito da animali o intrappolato in reti o altri detriti, causando danni agli ecosistemi marini. Inoltre, la plastica può assorbire e rilasciare sostanze chimiche dannose nell’ambiente, minacciando la salute degli organismi marini e degli esseri umani che si trovano in cima alla catena alimentare.
Il riciclo è fondamentale
Questo evento ci ricorda l’importanza di ridurre l’uso di plastica monouso, riciclare correttamente i rifiuti e adottare pratiche di consumo più sostenibili. Inoltre, sottolinea l’importanza della cooperazione internazionale per affrontare il problema dell’inquinamento marino e proteggere i nostri preziosi ecosistemi oceanici.
È importante sensibilizzare sulle questioni legate all’inquinamento marino e prendere misure per ridurre l’uso di plastica monouso, riciclare correttamente i rifiuti e lavorare per la pulizia e la conservazione dei nostri mari e oceani. Questo incidente con il flacone di detersivo è un promemoria dei lunghi viaggi che i nostri rifiuti possono intraprendere e delle conseguenze che possono avere sull’ambiente marino e sulla vita selvatica.
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Cronaca
Allarme “cocaina rosa” anche in Italia: gli effetti sono devastanti
Sballo totale e in tempi rapidissimi: l’effetto di questa nuova sostanza, che contiene ketamina, presenta però rischi altissimi, alimentando anche stati fortemente psicotici.
Diventata in breve tempo “famosa” con la recente morte a Buenos Aires del cantante degli One Direction, Liam Payne, la cocaina rosa circola sempre più anche in Italia. Ma con la classicapolvere bianca non c’entra niente perché composta di tutt’altre sostanze.
Si sniffa ma con la polvere bianca non c’entra nulla
In pratica nella “tusi” (così la chiamano oltreoceano) di cocaina non c’è traccia. Eppure in Italia ha assunto questo nome perché il suo aspetto la ricorda. Anche se talvolta può essere venduta sotto forma di pasticche, generalmente è una polvere rosa che si sniffa. Diffusa e ricercata tra i più giovani, non è certo una droga da poveri: 400 euro al grammo. Per il momento è stata segnalata su Roma, Milano e Torino, presenza menzionata anche nella Relazione europea sulla droga 2024.
Uno sballo che può risultare mortale
Tra i vari trend di consumo, questo report sottolinea la diffusione della cocaina rosa anche nell’Unione. Un aspetto preoccupante, secondo gli esperti dell’Osservatorio europeo sulle droghe e le tossicodipendenza (Emcdda), soprattutto in relazione alle singole sostanze presenti in questa miscela rosa, di cui i consumatori sono ignari. Chi si sballa con questa droga, in pratica, non sa assolutamente cosa assume.
Un mix ad altissimo rischio
Nell’ultima droga totalmente sintetica che piace ai giovanissimi, si riscontra un intruglio altamente pericolo di sostanze come ketamina, metanfetamina, ecstasy e crack. Un cocktail da suicidio tinto poi di rosa… come se il colore così trendy lo rendesse più sexy ed appetibile, invogliando il consumo.
Solo per gente col portafoglio pieno
Micidiale e parecchio costosa. La cocaina rosa costa fino a quattro volte la comune polvere bianca: attualmente nel borsino degli spacciatori la sua quotazione si aggira intorno ai 400 euro al grammo. Secondo gli esperti in materia, subito dopo averla assunta la sua composizione raggiunge rapidamente il cervello e altrettanto rapidamente produce dipendenza tra gli utilizzatori. Anche perché gli effetti, iniazialmente potenti, sembrano svanire nel giro di breve tempo.
Per ravvivare un party privato
Utilizzata principalmente nel corso di feste private ed eventi, il suo consumo si sta diffondendo in maniera velocissima tra gli esponenti delle classi più abbienti. Nell’identikit degli assuntori l’età non è un dato significativo: ci sono anche molti minorenni.
La situzione nel nostro Paese
Le indagini della Polizia di Stato hanno messo a fuoco un fiorente mercato della cocaina rosa soprattutto nei quartieri nord di Roma, dai Parioli a Salario-Trieste. Qui addirittura la droga veniva consegnata direttamente a domicilio per rendere ancora più movimentate cene o feste, nascosta in lampade di sale, fino a mezzo chilo alla volta.
Milano e Torino, altre piazze di spaccio molto attive
Lo scorso ottobre i controlli all’aeroporto di Malpensa hanno portato al sequestro di un carico di oltre 300 chili di droga di vario tipo, cocaina rosa compresa. E a settembre la sostanza è stata trovata in un ostello e nelle tasche di diversi spacciatori. A Torino, il primo sequestro della “droga dei vip” risale all’ottobre dello scorso anno. Rinvenuta dai carabinieri durante la perquisizione dell’abitazione di un pusher locale, insieme a 40 mila euro in contanti.
Il parere di un esperto
Antonio Bolognese, responsabile scientifico della Commissione per lo studio e la prevenzione delle dipendenze dell’Ordine dei Medici di Roma, spiega: «Si tratta di una delle sostanze più utilizzate in questo momento e ha degli effetti devastanti. La sua precoce attività sul cervello crea immediatamente una sensazione di piacere. E come tutte le sostanze stupefacenti può portare a dipendenza e stati psicotici».
Italia
Castello delle Cerimonie: un addio tra polemiche, sfarzo, lusso e sequestri
Se l’addio al Castello è previsto per fine dicembre, meno chiaro è il destino dei suoi protagonisti e delle maestranze coinvolte. Nel frattempo, gamberoni e yacht non mancano: il “Castello delle Cerimonie” chiude, ma lo stile Polese non sembra destinato a tramontare.
Il celebre “Castello delle Cerimonie”, simbolo di sfarzo e opulenza televisiva, si prepara a dire addio alle sontuose feste e ai matrimoni fiabeschi. La struttura, che ha ospitato decine di episodi del noto programma di RealTime, chiuderà definitivamente entro la fine del 2024. La causa? Un lungo iter giudiziario legato a gravi abusi edilizi iniziati nel 1979 e culminati nella confisca dell’immobile da parte del Comune di Sant’Antonio Abate.
La parabola del Castello tra tv e tribunali
In principio, c’era “Il Boss delle Cerimonie“, un programma lanciato nel 2014 che seguiva le imprese di Don Antonio Polese, il carismatico proprietario della struttura, impegnato a organizzare matrimoni che sfidavano ogni limite del kitsch. Dopo la morte del “Boss” nel 2016, la figlia Imma Polese e il marito Matteo Giordano hanno preso il comando, trasformando il Grand Hotel La Sonrisa nel “Castello delle Cerimonie”. Ma dietro le quinte delle telecamere, la struttura era già al centro di una battaglia legale. Nel 2011, le autorità avevano contestato una serie di abusi edilizi sull’area di oltre 40.000 metri quadrati, tra cui edificazioni non autorizzate e difformità urbanistiche. Dopo anni di rinvii, la Corte di Cassazione ha emesso il verdetto definitivo a febbraio 2023: confisca della proprietà in favore del Comune e pagamento di un canone mensile di 30.000 euro da parte della famiglia Polese per l’occupazione del sito.
L’ultimo matrimonio e lo sfratto
Con la revoca delle licenze prevista per dicembre, il “Castello” celebrerà il suo ultimo matrimonio entro fine anno. Dopo questa data, il Comune prenderà pieno possesso dell’area. Sulla futura destinazione del complesso, regna ancora incertezza: alcune voci parlano di trasformazioni in uno spazio pubblico, altre di un progetto culturale, ma al momento non ci sono decisioni ufficiali. Mentre il Castello affrontava sgomberi e udienze, l’estate dei suoi proprietari è stata tutt’altro che sobria. A Ferragosto, video virali su TikTok hanno mostrato Imma e Matteo intenti a festeggiare su uno yacht di lusso, tra aragoste, gamberoni e champagne. Un’ostentazione che non è piaciuta ai follower: “Ma non erano in bancarotta? Con quei soldi potevate aiutare un sacco di persone“, sono stati alcuni dei commenti indignati.
E i dipendenti?
Che futuro si profila per i dipendenti? La chiusura del “Castello” lascia in sospeso il destino di numerosi lavoratori impiegati nella struttura. Alcuni hanno espresso preoccupazione per il loro futuro, mentre il Comune non ha ancora comunicato piani concreti per garantire un impiego alternativo. Per il sindaco Ilaria Abagnale, la decisione è semplice: “La legge va rispettata“. La confisca segue una sentenza definitiva che sancisce la lottizzazione abusiva dell’area. “Non possiamo mantenere autorizzazioni commerciali su un sito urbanisticamente irregolare“, ha dichiarato il primo cittadino.
Cronaca
Vi ricordate i banchi a rotelle? E chi se li dimentica…accatastati nei punti più bui delle scuole
Ogni volta che si pensa a una spesa che lo Stato avrebbe potuto evitare dedicando le stesse risorse per altri obiettivi più utili, spuntano sempre fuori loro: i banchi a rotelle.
Ogni volta che si pensa a una spesa che lo Stato avrebbe potuto evitare dedicando le risorse a obiettivi più utili, spuntano fuori loro: i banchi a rotelle.
Due milioni e mezzo acquistati, poche decine di migliaia utilizzati
Ma sì che ve li ricordate. Era il 2020, la pandemia di Covid imperversava e il Governo aveva deciso di acquistare dei banchi funzionali al distanziamento degli studenti nelle aule. Quanti? Secondo i dati di Anac e Governo, si legge su Skuola.net, furono acquistati due milioni e mezzo di banchi con relative sedie ergonomiche. Di questi 434 mila muniti di rotelle. La spesa fu di 324 milioni di euro, con una media di 270 euro per ciascun banco munito di rotelle e di 95 euro per i tradizionali, utilizzati in 126 mila aule. Una su quattro a fronte di 370 mila classi della scuola pubblica italiana. Il resto era stato rispedito al mittente perché ingombranti e poco pratici, o posteggiati in magazzini di Comuni e Province.
L’ora del riscatto passa da Padova
In questi ultimi anni alcuni di quei banchi e sedie sono rientrati in un giro virtuoso. Utilizzati nei modi più disparati. Per esempio in provincia di Padova il comune di Bagnoli di Sopra ne ha acquistati un centinaio dalla Provincia, che ne aveva 600 nei propri magazzini. Il prezzo? Un euro ciascuno. Sono stati utilizzati per attrezzare una sala riunioni a disposizione del Comune. Tutte sedie nuove, mai usate, certificate, e “adatte al nostro scopo“, come ha detto il sindaco di Bagnoli, Roberto Milan. Con questo acquisto la capienza della sala comunale è arrivata a 400 posti a sedere. “Se fossero stati comprati nuovi avremmo speso molto di più. Quattro anni fa erano costate circa 150 euro l’uno”. Ve lo ricordate…?
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