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I ricconi USA scelgono il loro campione: Trump o Kamala?

Con i soldi non si scherza: Mentre l’America si prepara alle elezioni presidenziali di novembre, i miliardari mettono mano ai portafogli. Ma chi sostengono i più ricchi del Paese?

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    Miriam Adelson, da bambina soprannominava i sopravvissuti all’Olocausto “sapone”, ora investe milioni su Donald Trump, vedendo in lui l’ultimo baluardo contro la decadenza dell’Occidente. Non è sola. Stephen Schwarzman, amministratore di Blackstone, con 39 miliardi in cassaforte, paragonava le misure fiscali di Obama all’invasione nazista della Polonia e ora punta su Trump, nonostante avesse criticato l’assalto a Capitol Hill del 2021. Bill Ackman di Pershing Square Capital, David Sacks e Chamath Palihapitiya di Silicon Valley, insieme a Peter Thiel ed Elon Musk, sono tutti sostenitori accaniti del tycoon repubblicano. Musk, con i suoi 250 miliardi di dollari, ha promesso 45 milioni al mese a Trump.

    Kamala Harris: la speranza blu dei progressisti e di Hollywood

    Kamala Harris ha raccolto 81 milioni di dollari nelle prime 24 ore dopo l’annuncio del ritiro di Biden. La vice presidente è supportata da donazioni di piccoli elettori, giovani progressisti e femministe. Reid Hoffman e Alex Soros, erede della fortuna di famiglia da 25 miliardi, sono tra i principali sostenitori. Abigail Disney e George Clooney sono pronti a mobilitare Hollywood, mentre Jeffrey Katzenberg, capo della raccolta di fondi, è ora impegnato a sostenere Kamala dopo aver ammonito Biden.

    Chi vincerà?

    Sarà una campagna elettorale senza precedenti, dove i miliardari si giocano tutto. Da un lato, i sostenitori di Trump con le loro risorse ingenti; dall’altro, i progressisti che vedono in Kamala Harris l’opportunità di continuare il cambiamento. Sarà un confronto tra due visioni opposte: sovranismo contro internazionalismo, America First contro alleanze globali. La democrazia americana si prepara a vivere la sua più grande battaglia, e i miliardari sono pronti a finanziare il loro campione.

    L’escalation di finanziamenti

    Nel 2020, i partiti hanno speso oltre 14 miliardi nel testa a testa Trump-Biden, il doppio rispetto al 2016. Joe Biden raccolse un miliardo, Trump poco meno, ma questi record sono destinati a essere sbriciolati. Le donazioni sotto i 200 dollari sono significative per entrambi i campi, con i repubblicani che nel 2016 batterono i democratici in questa categoria.

    La posizione di Simcha Farbstein e i finanziamenti personali

    Simcha Farbstein era un socialista del partito di sinistra Mapam in Israele, impresario di piccole sale cinematografiche a Haifa, persuaso della coesistenza pacifica con gli arabi. Sua figlia Miriam Farbstein Adelson, dopo il pogrom del 7 ottobre, scrive su Forbes che «gli spettrali raduni di radicali islamici e attivisti neri, ultra progressisti e mestatori di professione festeggiano il raid di Hamas. Non sono nostri critici, sono nemici, vogliono sradicare l’Occidente dal Medio Oriente, dovrebbero esser tutti morti per noi!».

    La risposta degli elettori

    Nonostante le enormi somme investite dai miliardari, è la partecipazione degli elettori semplici che potrebbe fare la differenza. Kamala Harris ha ricevuto un sostegno significativo da donazioni di meno di 200 dollari, mentre l’organizzazione di Trump ha raccolto fondi da cittadini e famiglie non abbienti. Sarà interessante vedere come questo sostegno popolare influenzerà l’esito delle elezioni.

    Le implicazioni della sentenza Citizens United

    La sentenza del 2010 della Corte Suprema “Citizens United versus Federal Election Commission” ha riconosciuto alle corporations un “diritto di parola”, esprimibile con fondi ai partiti. Questo ha permesso ai miliardari di scendere in campo con le loro risorse ingenti, trasformando le elezioni in un vero e proprio mercato politico.

    Per tutti è in ballo la democrazia, in quella che sarà la più grande campagna elettorale della storia.

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      Harris-Trump: verità, bugie e gaffe nel dibattito più atteso d’America

      Il faccia a faccia tra Kamala Harris e Donald Trump ha regalato momenti di tensione e gaffe clamorose. Dal tema dell’aborto alle teorie cospirative sugli immigrati, ecco cosa c’è di vero e cosa no nelle loro dichiarazioni, tra correzioni in diretta e smentite dei moderatori.

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        Il tanto atteso dibattito tra Donald Trump e Kamala Harris ha acceso i riflettori sulla campagna presidenziale americana, offrendo uno spettacolo ricco di tensione, gaffe e smentite. Il botta e risposta tra i due candidati è stato energico, con Trump che ha cercato di colpire con affermazioni emotive, mentre Harris ha puntato su argomentazioni più strutturate. Di seguito, un fact-checking delle loro affermazioni, tra verità, imprecisioni e momenti clamorosi.

        Trump e l’aborto: i dem vogliono aborti al nono mese?

        Durante il dibattito, Donald Trump ha dichiarato che i democratici vogliono consentire l’aborto fino al nono mese di gravidanza. Questa affermazione ha subito suscitato la correzione del moderatore David Muir, che ha chiarito che nessuno stato americano consente un’interruzione di gravidanza così tardiva. Trump ha quindi cercato di chiarire la sua posizione, spiegando che si oppone a un bando federale dell’aborto e che ogni decisione dovrebbe essere lasciata agli Stati, come stabilito dalla Corte Suprema dopo l’abrogazione della Roe v. Wade.

        La gaffe sugli immigrati haitiani e gli animali domestici

        Un altro momento che ha fatto discutere è stato quando Trump ha ripetuto una teoria cospirativa secondo cui gli immigrati haitiani mangerebbero i gatti domestici degli americani. «In Ohio, a Springfield, gli immigrati mangiano i cani, vengono qui e mangiano i gatti, gli animali domestici della gente che vive qui. Questo è quello che succede nel nostro Paese, è una vergogna», ha dichiarato Trump. Anche in questo caso, il moderatore ha utilizzato il fact-checking per smentire categoricamente questa affermazione infondata.

        Harris e i premi Nobel: quasi del tutto vero

        Kamala Harris ha citato una lettera di 16 premi Nobel per l’economia, affermando che il piano economico di Trump farebbe aumentare l’inflazione e porterebbe l’America verso una recessione. Sebbene Harris abbia descritto correttamente la preoccupazione espressa dai Nobel, la lettera non prevede specificamente una recessione entro la metà del 2025. Tuttavia, i Nobel avevano chiaramente indicato che un secondo mandato di Trump avrebbe avuto un impatto negativo sull’economia americana, sia a livello nazionale che internazionale.

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          Mondo

          Taylor Swift con il suo gatto sceglie Kamala Harris e scuote le elezioni americane

          La popstar, seguita da quasi 300 milioni di fan, annuncia il suo voto per la candidata democratica con un post su Instagram durante il dibattito presidenziale, accompagnata dal suo gatto e con il messaggio “Childless Cat Lady”. Il tempismo perfetto dell’annuncio ha sconvolto le redazioni, oscurando il confronto tra Harris e Trump. I Democratici esultano, mentre i Repubblicani accusano Swift di essere l’ennesima voce dell’élite ricca. In pochi minuti, il post ha superato i tre milioni di like, diventando il simbolo di una sfida tra calma e caos nelle elezioni del 2024.

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            New York – Il dibattito presidenziale più atteso della campagna elettorale americana si è trasformato in un evento secondario rispetto al vero colpo di scena della serata: l’endorsement di Taylor Swift a Kamala Harris. Dopo mesi di attesa e speculazioni, la popstar ha scelto il momento più strategico per annunciare il suo sostegno alla candidata democratica, pubblicando un post su Instagram, accompagnato da una foto in cui tiene in braccio uno dei suoi amati gatti. Il messaggio, firmato “Childless Cat Lady”, è un chiaro riferimento alle recenti dichiarazioni del vice di Donald Trump, JD Vance, che aveva sminuito il ruolo delle donne senza figli.

            Il tempismo perfetto della popstar

            Taylor Swift non ha lasciato nulla al caso. Con oltre 200 milioni di dischi venduti e una carriera segnata da record e successi, la cantante è nota per la sua capacità di scegliere il momento giusto per ogni mossa. E così, mentre tutti i riflettori erano puntati sul dibattito tra Harris e Trump, Swift ha deciso di scuotere l’opinione pubblica con il suo endorsement. In pochi minuti, il suo post ha raggiunto un milione di like, lasciando i giornalisti a rincorrere la notizia e a rivedere i loro piani editoriali.

            Un manifesto tra calma e caos

            Nel suo post, Swift ha scritto parole che risuonano come un manifesto politico: “Voterò per @kamalaharris perché lei lotta per i diritti e le cause in cui credo, e che hanno bisogno di una guerriera per sostenerle”. La cantante ha poi sottolineato l’importanza di essere guidati dalla calma e non dal caos, elogiando la scelta di Harris di avere come compagno di ticket Tim Walz, noto per il suo impegno a favore dei diritti LGBTQ+ e delle donne.

            La risposta dei repubblicani

            Karoline Leavitt, portavoce della campagna di Trump, ha cercato di sminuire l’endorsement di Swift, definendolo “un’altra prova che il Partito democratico è diventato il partito dell’élite ricca”. Ma nel tempo che ci è voluto per formulare questa risposta, i like al post di Swift avevano già superato i tre milioni, dimostrando ancora una volta l’influenza della popstar sulla scena politica americana.

            Con questo gesto, Taylor Swift ha lanciato un messaggio potente e ha dimostrato che anche una “gattara” può fare la differenza in una delle elezioni più combattute della storia americana.

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              Mondo

              Il cuore di Timor Est batte per Papa Francesco: 600mila in festa nella spianata di Taci Tolu

              Durante la sua visita a Timor Est, Papa Francesco ha celebrato una messa storica nella spianata di Taci Tolu, riunendo circa 600mila fedeli. Un evento che ha richiamato l’eredità di San Giovanni Paolo II e ha posto al centro i bambini e il futuro del Paese.

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                La spianata di Taci Tolu, a pochi chilometri dalla capitale Dili, è stata il palcoscenico di un evento storico: la messa celebrata da Papa Francesco nel corso della sua terza tappa del viaggio apostolico in Asia e Oceania. Un luogo già carico di significato, poiché qui, nel 1989, San Giovanni Paolo II aveva celebrato una messa durante una visita in un Paese allora sotto occupazione indonesiana.

                Fin dalle prime luci dell’alba, una folla di circa 600mila persone si è radunata per accogliere il Santo Padre. Molti di loro hanno viaggiato per ore, persino giorni, per partecipare a questo incontro spirituale, sfidando temperature elevate che hanno causato anche qualche malore tra i presenti.

                Accolto da una danza tradizionale timorese, il Papa ha poi celebrato la messa, durante la quale ha voluto mettere in luce il valore dei bambini e dei giovani nel contesto della società timorese. “A Timor Est è bello, perché ci sono tanti bambini”, ha affermato Papa Francesco. “Siete un Paese giovane in cui in ogni angolo si sente pulsare, esplodere la vita”.

                L’omelia del Papa è stata un invito a fare spazio ai piccoli, ad accoglierli e a prendersi cura di loro, sottolineando che la presenza di bambini rinnova costantemente la freschezza e l’energia del popolo timorese. “Fare spazio ai piccoli, accoglierli, prendersi cura di loro, e farci anche noi, tutti, piccoli davanti a Dio e gli uni di fronte agli altri, sono proprio gli atteggiamenti che ci aprono all’azione del Signore”, ha proseguito il Pontefice.

                Il Papa ha poi evidenziato il valore della vita e dell’amore, invitando i fedeli a non avere paura di donare il proprio tempo e le proprie energie per il bene degli altri. “Non abbiamo paura di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri”, ha esortato Francesco. “Non abbiamo paura di ridimensionare quando necessario anche i nostri progetti, non per sminuirli, ma per renderli ancora più belli attraverso il dono di noi stessi e l’accoglienza degli altri”.

                Alla fine della messa, in un saluto spontaneo, il Papa ha voluto sottolineare l’importanza del popolo timorese, dichiarando: “Ho pensato molto a quale sia la cosa migliore di Timor, il legno di sandalo, il teak, no, non è il massimo. La cosa migliore è il suo popolo”. E ha aggiunto: “Un popolo che insegna ai suoi figli a sorridere è un popolo che ha futuro”.

                Ma non è mancato un avvertimento metaforico. Il Papa ha paragonato i “coccodrilli” che si avvicinano alle spiagge di Timor Est a coloro che minacciano la cultura e la storia del Paese. “State attenti… state attenti a quei coccodrilli che vogliono cambiare la vostra cultura, la vostra storia”, ha ammonito Francesco.

                La giornata di Papa Francesco a Timor Est è stata intensa e ricca di significato. Prima della messa, ha incontrato i vescovi, i sacerdoti, i seminaristi e i catechisti del Paese, esortandoli a essere sempre al servizio dei poveri e delle società in cui vivono. Ha anche visitato una scuola per bambini disabili, mostrando ancora una volta il suo amore e la sua attenzione per i più vulnerabili.

                La visita del Papa a Timor Est non è solo un evento spirituale di grande importanza, ma anche un richiamo alla solidarietà, alla protezione della cultura e della storia di un popolo che guarda al futuro con speranza, guidato dalle parole e dall’esempio di Papa Francesco.

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