Cronaca Nera
La verità su Chico Forti: è stato scambiato con i killer di Cerciello Rega?
I parlamentari di Avs chiedono al ministro Crosetto chiarimenti su un presunto “scambio di prigionieri” tra l’Italia e gli Stati Uniti, che avrebbe coinvolto Chico Forti e i due americani condannati per l’omicidio di Mario Cerciello Rega.
I parlamentari di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs) hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Difesa Guido Crosetto, chiedendo se sia vero che c’è stato uno scambio tra Chico Forti, l’ergastolano rientrato in Italia, e i killer americani del carabiniere Mario Cerciello Rega.
Il sindacato dei carabinieri e le accuse di scambio
Questa richiesta segue il comunicato dello scorso 27 luglio di Unarma, il sindacato dei Carabinieri, che ipotizza una sorta di “scambio di prigionieri” tra l’ex detenuto negli Stati Uniti, accolto in Italia dalla premier Giorgia Meloni, e i due cittadini americani Lee Elder Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth, condannati per l’omicidio del vicebrigadiere.
Richiesta di spiegazioni dall’opposizione
“Il ministro Crosetto – si chiede nell’interrogazione – può smentire lo scambio tra Chico Forti e i killer di Mario Cerciello Rega?”. In una nota il capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in Commissione Affari costituzionali della Camera, Filiberto Zaratti, chiede spiegazioni circa l’ipotesi che i due americani lascerebbero l’Italia per andare a scontare la pena negli Stati Uniti, in cambio del percorso opposto compiuto recentemente dall’uomo condannato per l’assassinio di Dale Pike.
La conclusione è amara
“Se questo scenario fosse vero, il Governo Meloni, pur di far tornare in Italia un detenuto ‘amico’ e mostrare i muscoli con l’opinione pubblica, avrebbe umiliato le donne e gli uomini dell’Arma che hanno perso un collega per opera di due criminali.”
Chico Forti e Mario Cerciello Rega
Chi era Mario Cerciello Rega
Mario Cerciello Rega è morto a trentacinque anni, ucciso con undici coltellate sferrate all’addome la notte del 26 luglio del 2019 in via Pietro Cossa nel quartiere Prati a Roma. Per l’omicidio del vicebrigadiere dell’Arma sono finiti a processo due ragazzi americani di vent’anni, Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth, entrambi accusati di omicidio volontario. In appello sono stati condannati a 24 e 22 anni. La Corte di Cassazione, però, ha annullato la sentenza: il processo è da rifare.
Il cavallo di ritorno e la notte dell’omicidio
La notte dell’omicidio, Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale stavano cercando di sventare un tentativo di estorsione. Questo tipo di reato, noto come “cavallo di ritorno”. Implica il furto di un oggetto di valore (come uno zaino o un motorino) e la richiesta di un riscatto per la sua restituzione. I due carabinieri erano intervenuti per recuperare uno zaino che i due americani avevano rubato e per il quale chiedevano denaro in cambio della restituzione.
Colluttazione mortale
Durante l’operazione, tra i carabinieri e i due giovani è scoppiata una colluttazione che ha portato all’accoltellamento mortale di Cerciello Rega. Il collega Varriale ha subito chiamato i soccorsi. Ma Cerciello è morto dissanguato intorno alle 4 del mattino, dopo una corsa in ambulanza all’ospedale Santo Spirito.
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Cronaca Nera
Omicidio Giulia Cecchettin: Filippo Turetta non sarà presente alla prima udienza del processo
Filippo Turetta, accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, non comparirà in aula durante la prima udienza. La difesa non richiederà la perizia psichiatrica, mentre il processo, presieduto dal giudice Stefano Manduzio, si preannuncia breve e intenso
Filippo Turetta, attualmente in carcere con l’accusa di aver brutalmente ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, non sarà presente in aula per la prima udienza del processo, fissata per lunedì 23 settembre davanti alla Corte d’Assise di Venezia. La notizia è stata confermata dal suo legale, l’avvocato Giovanni Caruso, che ha ribadito l’intenzione della difesa di non richiedere una perizia psichiatrica per Turetta, nonostante le gravi accuse che pendono su di lui.
Turetta, 22 anni, sembra voler mantenere un profilo discreto, lontano dai riflettori mediatici, seguendo quello che il suo avvocato ha descritto come un “percorso di maturazione personale” rispetto al terribile crimine di cui è accusato. Il processo, che si terrà nella piccola aula della Corte d’Assise presieduta dal giudice Stefano Manduzio, sarà seguito da venti giornalisti accreditati e dalle sole telecamere della Rai, che trasmetteranno le immagini alle altre emittenti.
La lista dei testimoni del pubblico ministero di Venezia, Andrea Petroni, include una trentina di persone, tra cui i familiari di Giulia Cecchettin, come il padre Gino e la sorella Elena. La difesa di Turetta, invece, ha indicato solo il medico legale come testimone. Questo approccio ristretto richiama in qualche modo il rito abbreviato, al quale Turetta non può accedere a causa della gravità delle accuse: omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dall’occultamento di cadavere.
Giulia Cecchettin è stata uccisa la notte dell’11 novembre scorso, e le circostanze del delitto, comprese le 75 ferite riscontrate sul corpo della vittima, hanno scosso profondamente l’opinione pubblica. Ora, con l’apertura del processo, si spera che venga fatta giustizia per Giulia, mentre Filippo Turetta si prepara ad affrontare il verdetto che potrebbe portarlo a una condanna all’ergastolo.
Cronaca Nera
Giallo sulla morte di Amedeo Matacena: disposta la riesumazione delle salme. La moglie indagata.
L’inchiesta, che vede indagata Maria Pia Tropepi, moglie dell’ex parlamentare di Forza Italia, indaga sulle circostanze delle morti di Matacena e della madre, con l’ipotesi di un possibile duplice omicidio.
La Procura di Reggio Calabria ha disposto la riesumazione delle salme di Amedeo Matacena e della madre Raffaella De Carolis, deceduti a distanza di pochi mesi nel 2022 a Dubai. L’ex deputato di Forza Italia, latitante a Dubai per sfuggire a una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, era morto ufficialmente per un infarto del miocardio il 16 settembre 2022. Tuttavia, le autorità giudiziarie sembrano non essere convinte della causa dichiarata del decesso e hanno aperto un’indagine per accertare eventuali responsabilità penali.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Sara Parezzan, riguarda anche la morte della madre di Matacena, Raffaella De Carolis, avvenuta tre mesi prima, il 18 giugno 2022. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta del Sud, la Procura ha iscritto nel registro degli indagati Maria Pia Tropepi, ultima moglie dell’ex parlamentare, con l’accusa di duplice omicidio.
Le indagini e le riesumazioni
Le circostanze delle morti di Amedeo Matacena e della madre hanno sollevato numerosi interrogativi, portando la Procura a ordinare la riesumazione delle salme per eseguire autopsie approfondite. Mentre il corpo di Raffaella De Carolis si trova a Reggio Calabria, quello di Matacena è sepolto al cimitero di Formia. Le autopsie saranno condotte dal medico legale Aniello Maiese e dalla tossicologa Chiara David, con le operazioni previste per il primo ottobre.
L’indagine mira a verificare se le morti siano collegate e se vi siano responsabilità penali, come suggerito dall’ipotesi di reato di duplice omicidio avanzata nei confronti di Maria Pia Tropepi. La donna, originaria di Lamezia Terme, ha nominato un consulente di parte per seguire le operazioni autoptiche.
Il contesto e le dichiarazioni
Amedeo Matacena, noto armatore e politico, era fuggito a Dubai per evitare una condanna definitiva nel processo “Olimpia” e, fino alla sua morte, era rimasto latitante. Nei mesi successivi alla sua scomparsa, erano emerse voci di un possibile coinvolgimento della Procura di Reggio Calabria e degli uffici inquirenti romani per accertare la veridicità della causa naturale della morte. Queste speculazioni erano state prontamente smentite dalla moglie, Maria Pia Tropepi, che attraverso il suo legale aveva ribadito che Matacena desiderava essere cremato, decisione alla quale si era opposta la famiglia, che ha poi seppellito l’ex parlamentare a Formia.
Cronaca Nera
Rai annulla il contratto di Sara Giudice: la giornalista sotto indagine per presunta violenza
La Rai fa marcia indietro sull’assunzione di Sara Giudice, giornalista indagata per presunta violenza, nonostante la richiesta di archiviazione da parte della Procura. La decisione solleva interrogativi sul garantismo dell’azienda pubblica.
La Rai ha deciso di annullare il contratto con Sara Giudice, giornalista che era stata ingaggiata per lavorare nel programma di Antonino Monteleone. La marcia indietro dell’azienda arriva in seguito alla vicenda giudiziaria che vede coinvolta Giudice insieme al marito, il giornalista Nello Trocchia del quotidiano Domani. Entrambi sono indagati per una presunta violenza nei confronti di una collega, avvenuta a fine gennaio 2023, anche se la Procura ha già richiesto l’archiviazione del caso. La decisione finale spetta ora al giudice per le indagini preliminari (gip).
La reazione della Rai e il dibattito sul garantismo
La conferma della rottura contrattuale è stata data dallo stesso Antonino Monteleone, che ha dichiarato: «È vero, mi è stato comunicato da Paolo Corsini, direttore dell’approfondimento Rai, che il contratto con Sara Giudice non può essere finalizzato. L’editore mi ha detto che non ci sono le condizioni». Questa decisione ha sollevato un acceso dibattito, alimentato da un articolo pubblicato su Il Foglio, che ha criticato quella che è stata percepita come una mancanza di garantismo da parte della Rai. La Procura aveva infatti chiesto l’archiviazione dell’indagine in tempi molto rapidi, ma la Rai ha comunque deciso di sospendere l’assunzione di Giudice, sollevando dubbi sulla sua posizione rispetto ai diritti degli indagati.
Il caso e le sue implicazioni
La vicenda giudiziaria che coinvolge Sara Giudice e Nello Trocchia è stata portata alla ribalta per la prima volta dal quotidiano La Verità. Secondo Giudice e Trocchia, l’episodio di cui sono accusati si sarebbe trattato di baci a tre consensuali, interpretati invece come un abuso dalla collega coinvolta. Questo caso ha scatenato una controversia, soprattutto considerando che la denuncia è arrivata poco dopo un’inchiesta di Domani sui finanziamenti ad Acca Larenzia, firmata proprio da Trocchia.
Minacce e tensioni crescenti
A complicare ulteriormente la situazione, Sara Giudice e Nello Trocchia hanno recentemente denunciato di aver ricevuto minacce di morte tramite social media. Una delle minacce più gravi includeva la frase: «Una pallottola in fronte e passa tutto, tr… fottuta», rivolta a Giudice da un utente su Facebook. Di fronte a queste intimidazioni, la coppia ha presentato un esposto in Procura e la polizia postale sta indagando sulla vicenda.
Un’ombra sulla libertà di stampa e il garantismo
La decisione della Rai di interrompere il rapporto con Sara Giudice, nonostante la richiesta di archiviazione del caso, solleva preoccupazioni non solo sul garantismo dell’azienda pubblica, ma anche sulla libertà di stampa e sulla tutela dei giornalisti sotto indagine. In un clima già teso, con minacce di morte che aggravano la situazione, il caso di Giudice e Trocchia pone interrogativi importanti sul modo in cui le istituzioni e le aziende mediatiche gestiscono le situazioni in cui i giornalisti diventano oggetto di indagini, ma non di condanne definitive.
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