Punti di svista
La vera lezione di Gianmarco Tamberi
Una riflessione sulle priorità che la vita ci impone, che possono anche non essere così fondamentali come ci appaiono in pima battuta. Prendendo come spunto la vicenda del nostro saltatore azzurro.
Tutta Italia è stata al suo fianco. E se fosse riuscito a conquistare una medaglia olimpica la sua impresa avrebbe travalicato i confini dello sport. Ha dato tante lezioni Gianmarco Tamberi, di professione atleta, fresco ex campione olimpico nel salto in alto. Non mollare, rappresentare con orgoglio il proprio Paese, crederci fino all’ultimo, essere determinato al massimo per conquistare il proprio obiettivo. Ma la lezione principale che arriva da quel che ha fatto Tamberi a Parigi è probabilmente un’altra e anche questa supera i confini dello sport. E arriva diretta a tutti.
Le rinunce non sempre portano alla vittoria
Di ritorno dalla Francia, Tamberi infatti ha detto: «Non metterò più lo sport davanti a tutto». Già perché con l’ossessione di bissare l’orto olimpico di Tokyo, Tamberi è andato oltre. Allenamenti sfiancanti e una dieta al limite della follia che lo ha portato ad avere una percentuale di massa grassa di poco superiore al 3%, impensabile per qualunque essere vivente in piena salute. Quelle stesse abitudini che hanno contribuito probabilmente a sfiancarlo e a portarlo a stare male, molto male, con tanto di coliche renali che hanno di fatto vanificato tre anni di lavoro. Lasciandolo con nulla in mano dopo aver rinunciato a tutto il resto.
Tempus fugit
Ecco. La lezione di Tamberi è proprio questa. E arriva ai genitori che lavorano fino a tardi e non riescono a vedere i propri figli. A chi pensa che sarà «la prossima» la volta in cui faranno visita agli anziani genitori. A chi si convince che in fondo non vale la pena fare quel viaggio, meglio riposare.
Un messaggio profondo
Che sia sport, lavoro o pensieri quotidiani, per quanto importanti siano, nulla lo è più che dedicare una parte importante del proprio tempo e della propria passione a quello che conta davvero. Famiglia, affetti, amici. Perché, quando ci si volta indietro, senza nulla in mano è inevitabile chiedersi «ne valeva davvero la pena»? Non sempre. Forse quasi mai. Perché le cose più importanti quasi sempre non sono cose. Tamberi, tra le tante cose, ci ha insegnato anche questo.
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Punti di svista
Arrivederci cara estate, in autogrill… carissima
Un’estate, quella targata 2024, caratterizzata dall’afa ma anche dal vertiginoso aumento dei prezzi in autogrill. Dove mangiare ormai rappresenta un lusso per pochi. Eppure alle casse c’è sempre da fare la coda…
L’estate 2024 sarà ricordata per il caldo record ma anche per i rincari esorbitanti negli autogrill lungo le autostrade italiane. Chiunque abbia fatto un viaggio se n’è accorto. Quest’anno, fermarsi per un caffè e una brioche ha rischiato di svuotare più il portafoglio che il serbatoio dell’auto (e sorvoliamo sui prezzi della benzina).
Il caffè a due euro
Già, perché se una volta la sosta in autogrill era un momento di ristoro e relax, oggi è più simile a una «trappola» per turisti e pendolari. Un caffè? Anche due euro. Un panino? Non meno di otto. E guai a volersi concedere una bibita: il prezzo è arrivato a 8 euro al litro. Quasi come l’olio d’oliva…
Il lusso di mangiare in viaggio
Il nuovo listino prezzi autostradale sembra a misura di oligarca più che di turista. Secondo le stime di Altroconsumo, mangiare in autogrill costa in media il 70% in più che farlo lontano dalla rete autostradale. Va bene che gestire un autogrill, tra costi di gestione, affitti degli spazi e personale non è cosa facile. Ma il mistero del perché una merendina che al supermercato costa un euro lì costi il triplo è ancora irrisolto.
Quel senso di vuoto… al portafoglio
Passi che in estate tutto lievita: i prezzi dei voli, degli hotel, il costo del lettino in spiaggia. Ma una sosta in autostrada per un pranzo volante non dovrebbe richiedere l’accensione di un mutuo. Eppure, si esce dall’autogrill non solo con le mani piene di snack e bevande (perché alla fine tutti ci facciamo un po’ ingolosire) ma anche con un senso di vuoto. Profondo. Al portafoglio.
Punti di svista
Il destino del mondo nelle mani di una popstar: benvenuti in America!
Tantissimi giovani pendono dalle sue labbra… e non solo quando canta le sue canzoni. Taylor Swift si sta sempre più rivelando un elemento decisivo per il risultato finale delle presidenziali negli Stati Uniti. Con grande disappunto da parte dell’ex presidente Trump…
Se qualcuno dieci anni fa avesse detto che Taylor Swift avrebbe avuto un potere tale da essere in grado di influenzare le elezioni presidenziali americane, chiunque lo avrebbe sbeffeggiato. E invece eccoci qua: la popstar da miliardi di stream, regina indiscussa del pop mondiale, lo sta facendo davvero. Il suo endorsement alla candidata dem Kamala Harris, arrivato pochi minuti dopo il dibattito tv con Donald Trump – incredibile ma vero – può spostare gli equilibri.
Non soltando un idolo musicale
Ma com’è possibile che una popstar sia così influente nell’opinione pubblica? Taylor Swift orami non è soltanto un’icona musicale. Da una parte è una vera e propria macchina da guerra capace di sfornare successi in serie e spostare folle oceaniche ad ogni concerto. Dall’altra è diventata un’influencer, ma per davvero. La sua è una narrativa che va ben oltre le sue canzoni. Parla di empowerment, diritti civili, parità di genere e di importanza del voto come partecipazione attiva. Inoltre è sobria, non ci sono scandali su di lei, foto di nudo, gossip. Riesce a mantenersi «pulita» agli occhi di tutti. E milioni di persone, soprattutto giovani, pendono dalle sue labbra, pronti a sognare un futuro migliore con le cuffiette nelle orecchie.
Fa spostare l’ago della bilancia
E dopo la sua scelta di campo, milioni di giovani, molti dei quali magari ancora indecisi o demotivati nei confronti della politica, si sono registrati come elettori per le prossime presidenziali e potrebbero scoprirsi all’improvviso sostenitori dell’attuale vicepresidente. Che in una sfida, comunque, testa a testa non poteva chiedere di meglio. E così Taylor Swift potrebbe davvero cambiare la storia della politica americana. E quindi mondiale. Chissà che in un modo o nell’altro non dovremo a breve ringraziare (o maledire) una popstar per come siamo messi.
Punti di svista
Il rigore che ci vuole per punire i vigliacchi social
L’attaccante del Como Patrick Cutrone, cresciuto nelle giovanili del Milan, si sfoga per i messaggi vergognosi da lui ricevuti dopo un rigore fallito. Commenti non solo odiosi ma anche surreali… visto che lui è stato fra i protagonisti (14 gol e 5 assist in 32 presenze) della promozione in Serie A della sua squadra attuale…
«Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore…», cantava De Gregori. Ma quando pubblicò una delle sue canzoni più celebri, La leva calcistica della classe ‘68, non aveva fatto i conti con i social network e su quanto possano essere utilizzati in maniera infima.
Augurare la morte a chi fallisce un penalty: succede pure questo
Succede che Patrick Cutrone, attaccante del Como, sbagli un calcio di rigore decisivo, nei minuti di recupero, nella gara contro l’Udinese. È successo a lui come ad altri nel passato, succederà ancora. Piccolo dramma sportivo ma, oggettivamente, nulla di irreparabile, specie alla terza giornata di campionato. Eppure, eccoli i fenomeni dei social. In questo caso molto più che odiatori. La pagina Instagram di Cutrone è stata infatti intasata di insulti, alcuni gravissimi, in cui si augura la morte a lui e ai suoi figli. Inaccettabile.
Leoni… vigliacchi
Il calciatore non ci sta, mostra parte di questi vergognosi messaggi (ovviamente provenienti da account anonimi, perché i cuor di leone virtuali sono profondamente vigliacchi, sempre) e scrive: «Accetto le critiche, com’è giusto che sia ma queste cose non le lascio passare». E ha ragione, da vendere. Banale esprimere solidarietà a Cutrone.
Ci vogliono regole (e pene) precise
L’augurio è che la polizia postale rintracci quei cretini e, oltre a metterli di fronte alla loro pochezza umana, meglio se pubblicamente, gli faccia mettere anche mano al portafoglio. Una bella e cospicua donazione a qualche associazione caritatevole sarebbe una bellissima e sacrosanta lezione. Per tutti.
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