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Cronaca

Il lato femminile di un caso che non esiste: alle critiche Imane Khelif risponde così

In conclusione, Imane Khelif rappresenta una figura complessa che incarna sia la forza fisica che l’eleganza, ma che si trova anche al centro di un dibattito globale su questioni che vanno oltre il semplice mondo dello sport.

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    Imane Khelif, la campionessa olimpica algerina, ha conquistato il web con un video in cui svela un lato inedito di sé. Quale? Abituata a mostrarsi con i guantoni da boxe, simbolo della sua forza e determinazione, Imane ha scelto di condividere con i suoi fan un momento di relax e cura di sé in un famoso centro estetico di Algeri. Il video, divenuto virale, la ritrae mentre si trasforma, indossando un elegante abito che esalta la sua femminilità, offrendo uno sguardo più intimo sulla sua vita al di fuori del ring.

    Un messaggio oltre le apparenze

    Il post che ha accompagnato il video ha svelato un significato ancora più profondo. Imane ha voluto chiarire che questa trasformazione non è un tentativo di adattarsi agli standard imposti dalla società, ma piuttosto una dimostrazione che la femminilità non è in contrasto con la forza. Cambiando il suo aspetto, Imane non ha cercato di conformarsi agli schemi in cui il mondo vuole intrappolarci. Il suo messaggio è chiaro. “L’abito non fa il monaco e l’apparenza non rivela l’essenza di una persona.”

    Forza e femminilità, due facce della stessa medaglia

    Khelif sottolinea che essere femminili ed eleganti non sminuisce la propria forza. Sull’anello, ciò che conta sono strategia, potenza e abilità, non decorazioni o tacchi alti. Il video e il messaggio che lo accompagna sono un invito a non lasciarsi intrappolare dagli stereotipi, dimostrando che una donna può essere tutto ciò che vuole, senza dover rinunciare a nulla.

    Atto di autodeterminazione

    Il video è stato girato in un centro estetico di Algeri. Diventato virale, è accompagnato a un post che chiarisce come la sua trasformazione non è un tentativo di conformarsi agli standard imposti dalla società, ma un atto di autodeterminazione. Il suo messaggio è che la vera forza risiede nella strategia, nella determinazione e nei pugni, elementi che definiscono la sua personalità dentro e fuori dal ring.

    La controversia del testosterone

    Tuttavia, la figura di Imane Khelif è anche al centro di un acceso dibattito legato alle Olimpiadi di Parigi 2024. La questione ruota intorno ai livelli di testosterone della pugile, che sono superiori alla norma per le donne. Questa condizione, conosciuta come iperandrogenismo, ha sollevato dubbi e polemiche sulla sua partecipazione alle competizioni femminili. Alcuni sostengono che questo potrebbe conferirle un vantaggio fisico ingiusto, mentre altri difendono il suo diritto di gareggiare, richiamando i principi di uguaglianza e non discriminazione.

    Etica, politica… E lo sport?

    La vicenda di Imane Khelif non è solo sportiva, ma tocca anche aspetti etici e politici. Il dibattito ha visto interventi che cercano di strumentalizzare la questione per fini ideologici, mettendo in discussione i valori olimpici di equità e inclusione.

    Imane

      Cronaca Nera

      Processo Turetta, la difesa in Corte d’Assise: «Giudicate secondo diritto, non con una mano guidata dalla vendetta»

      Accusato di omicidio aggravato e altri reati, Turetta attende il verdetto il 3 dicembre. La difesa rinuncia alla perizia psichiatrica e agli ascolti dei testimoni.

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        Nella sede della Corte d’Assise di Venezia, si è consumata oggi l’arringa dell’avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta, accusato dell’omicidio aggravato di Giulia Cecchettin. Caruso si è rivolto alla Corte con un appello forte e diretto: «Voi non dovrete emettere una sentenza giusta, dovrete pronunciare una sentenza secondo legalità. E la legalità vi impone di giudicare con una mano legata dietro la schiena, che non risponde alla legge del taglione».

        Le accuse contro Turetta sono gravissime: omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dall’efferatezza, stalking, sequestro di persona, detenzione d’armi e occultamento di cadavere. Una serie di reati che hanno portato il pubblico ministero Andrea Petroni, nella sua requisitoria, a chiedere la pena dell’ergastolo.

        Caruso, però, ha impostato la difesa su un approccio che definisce “celerità e rispetto del diritto”. L’avvocato ha rinunciato all’udienza preliminare, alla perizia psichiatrica e all’ascolto dei testimoni, accettando integralmente il fascicolo delle indagini. «Non è un processo per stabilire cosa è successo, ma per decidere una pena. E l’ergastolo, da tempo, è ritenuto una pena inumana e degradante. È il tributo che lo Stato di diritto paga a chi vorrebbe buttare via la chiave».

        Turetta, immobile accanto al suo avvocato, ha mantenuto la stessa posa assunta durante la requisitoria del pm: la testa china, lo sguardo perso nel vuoto. Nessun familiare dell’imputato era presente in aula oggi, né lo erano durante l’interrogatorio dello scorso ottobre. La loro assenza si è fatta notare e sarà probabilmente colmata il 3 dicembre, quando la Corte d’Assise emetterà il verdetto.

        La difesa ha voluto sottolineare che l’unico obiettivo è evitare che il processo si trasformi in una vendetta pubblica. «L’esposizione alla gogna dell’imputato è inciviltà giuridica», ha concluso Caruso.

        Con il verdetto ormai alle porte, il dibattito tra accusa e difesa segna un momento cruciale. Da un lato, il pm chiede l’ergastolo per uno dei casi più gravi e mediaticamente rilevanti degli ultimi anni; dall’altro, la difesa insiste sulla necessità di rispettare il diritto e non cedere alla pressione sociale. Il destino di Filippo Turetta sarà deciso tra pochi giorni, mentre l’intero Paese osserva con attenzione.

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          Cronaca

          Il linguaggio del corpo di Trump: un leader in soggezione di fronte a Musk e Putin

          Secondo l’ex agente di polizia ed esperto di linguaggio del corpo Darren Stanton, Trump vicino a Musk e Putin rivela disagio e imbarazzo.

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            Il corpo ha un suo linguaggio che spesso dice più delle parole. Per questo ogni nostro movimento con le mani, con le spalle, con il tronco o la testa raccontano cosa stiamo provando in quel determinato momento, le nostre ansie, gioie, paure ed emozioni. E questo succede a tutti. Soprattutto ai potenti del mondo che sono spesso radiografati nei loro gesti e movimenti per carpire informazioni sul loro umore ma anche sull’uso del loro potere personale. Uno dei personaggi più analizzati è Donald Trump noto per i suoi gesti dominanti che riflettono la sua immagine di potere e autorità. Tra i suoi movimenti tipici tutti possiamo ricordare le sue mani “a fisarmonica”, un gesto che simboleggia il controllo. Oppure le mani “a campanile” con le punte delle dita unite, che comunicano superiorità e sicurezza. Con i suoi interlocutori Trump usa strette di mano energiche celebri per essere così forti da mettere a disagio chi gli sta di fronte. Questi segnali sono una parte essenziale della sua presenza pubblica, utile a consolidare la sua figura di leader autoritario.

            Nell’incontro con Elon Musk un presidente insicuro e impacciato

            Durante l’osservazione del razzo Starship in Texas, infatti, Trump è apparso visibilmente insicuro e in soggezione rispetto a Elon Musk. Secondo l’esperto Darren Stanton in quell’occasione il presidente degli Stati Uniti non sapeva dove mettere le mani. Giocava con le tasche, le abbottonava e controllava senza inserirle, segnali di auto-rassicurazione tipici di chi è nervoso. In più è rimasto arretrato e rigido, lasciando Musk al centro della scena.
            Il suo annuire era meccanico, senza l’entusiasmo o l’energia che di solito lo caratterizzano.
            Secondo Stanton, ex agente di polizia ed esperto della materia, questa incertezza indica che Trump si sentiva intimidito da Musk, una sensazione rara per lui. Musk, forte del supporto finanziario dato alla campagna di Trump e della sua fama visionaria, sembra avere assunto un ruolo dominante nella dinamica.

            Il linguaggio di Trumo paragonato con quello di Putin

            L’unico altro leader con cui Trump ha mostrato un simile atteggiamento di sottomissione è stato Vladimir Putin. Con il presidente russo, Trump ha spesso evitato i suoi gesti di forza abituali, lasciando trasparire un rispetto quasi reverenziale. Questa postura indica una sorta di soggezione verso figure che Trump percepisce come pari o superiori nel loro campo.

            Chi è il vero “alfa”?

            La definizione di “maschio alfa” cambia in base al contesto. Trump rappresenta un’alfa tradizionale, basato su gesti di potere e forza. Musk, invece, incarna l’alfa moderno. Ovvero la sua autorità deriva dal genio imprenditoriale e dalla capacità di innovare. Putin si affida alla sua immagine di leader freddo e strategico. E Giorgia Meloni?

            Giorgia Meloni unisce fermezza e umanità

            Il presidente del Consiglio italiano, utilizza un linguaggio del corpo che miscela autorità e connessione emotiva. Usa le mani per enfatizzare le sue parole, spesso in modo ampio e ritmico, mostrando passione e controllo. Alterna sguardi fermi e sorrisi strategici per trasmettere forza o empatia a seconda del contesto in cui si trova. Ha una postura eretta che comunica sicurezza e determinazione, soprattutto durante discorsi pubblici.
            Sa bilanciare bene la fermezza con l’autenticità. Non esibisce gesti dominanti “tradizionali” come quelli di Trump. Ma piuttosto punta su un linguaggio diretto e coinvolgente che la rende accessibile al suo pubblico. La sua comunicazione è strategica: mentre Trump impone, Meloni cerca di coinvolgere e motivare.

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              Storie vere

              Genitori di un’alunna condannati a pagare 85 mila euro di risarcimento per una spinta a scuola. Una sentenza che fa discutere

              Pistoia, i genitori condannati a pagare un risarcimento elevato per la figlia che ha spintonato una compagna a scuola.

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                Un caso di bullismo a scuola si è concluso con una sentenza che sta scuotendo l’opinione pubblica. A Pistoia, una coppia di genitori è stata condannata dal Tribunale a pagare un risarcimento di 85.000 euro per le conseguenze di una spinta della figlia, avvenuta nell’aprile del 2019. La vittima, una compagna di classe, dopo la spinta sule scale, riportò un trauma cranico e un profondo taglio al volto. Le due ragazze, entrambe quattordicenni, ottennero il permesso di uscire dalla classe per raggiungere gli armadietti e recuperare materiale didattico. Raggiunte le scale, una delle due spinse violentemente l’altra, provocandone la caduta e l’impatto con uno spigolo. La vittima fu soccorsa e trasportata in ospedale, dove le vennero diagnosticate lesioni importanti.

                Di chi sono le responsabilità

                Il Tribunale ha ritenuto i genitori della ragazza responsabile della spinta colpevoli di non aver educato adeguatamente la figlia. La sentenza sottolinea come i genitori abbiano l’obbligo di istruire e educare i figli al rispetto delle regole. Ma la sentenza non si limita a condannare i genitori. Anche la scuola è stata ritenuta corresponsabile dell’accaduto. Nonostante la presenza di una collaboratrice scolastica, al momento dell’incidente non era presente alcun docente a sorvegliare le ragazze. Il tribunale ha sottolineato l’importanza della supervisione degli studenti, soprattutto quando si allontanano dalla classe.

                Un risarcimento record

                L’importo del risarcimento, pari a 85.000 euro, è stato stabilito considerando la gravità delle lesioni riportate dalla vittima, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Il Tribunale ha inoltre riconosciuto i danni estetici permanenti causati dal profondo taglio al volto.

                Questo caso non è isolato. Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli episodi di bullismo a scuola, con conseguenze a volte drammatiche. In molti casi, i genitori dei bulli sono stati chiamati a rispondere civilmente dei danni causati dai loro figli. Altre sentenze hanno coinvolto anche le scuole, condannate per non aver adottato misure adeguate per prevenire e contrastare il fenomeno. La responsabilità della scuola e degli insegnanti in caso di danni causati da studenti (a se stessi o a terzi) si divide in contrattuale ed extracontrattuale, regolata dagli articoli del Codice Civile

                Quali sono le responsabilità contrattuale (artt. 1175, 1218, 1375 c.c.)

                Obbligo di vigilare sull’incolumità degli alunni.
                Applicabile per danni che lo studente causa a sé stesso.
                La scuola/insegnante è responsabile solo se il danno è imputabile a una mancanza di vigilanza, escluse situazioni imprevedibili o dovute a disattenzione dell’alunno.

                Quali sono le responsabilità extracontrattuale (artt. 2047, 2048 c.c.)

                Gli insegnanti sono responsabili per i danni che l’alunno procura a terzi durante il periodo di sorveglianza. L’insegnante può esimersi dimostrando di aver adottato tutte le misure preventive possibili e che il danno è stato imprevedibile. Ma per i danni verso se stesso la responsabilità è contrattuale, perchè fondata sull’iscrizione scolastica e il conseguente obbligo di vigilanza. Invece per i danni versoterzi la responsabilità è extracontrattuale con la presunzione di colpa a carico del docente, salvo prova contraria. La legge dice che chi richiede il risarcimento (genitori o tutore) deve dimostrare che il danno è avvenuto sotto sorveglianza scolastica.La scuola/insegnante, a sua volta, deve provare di non aver potuto evitare l’evento nonostante la diligenza.

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