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Cinema

Addio ad Alain Delon: la leggenda del cinema francese si spegne tra malattia e scontri familiari

entre combatteva contro un linfoma a evoluzione lenta, Alain Delon è stato al centro di una guerra familiare tra i figli e la sua badante, Hiromi Rollin. Accuse di raggiro, tensioni legate all’eredità e decisioni mediche cruciali hanno contraddistinto gli ultimi anni di vita dell’attore, gettando ombre su una delle figure più amate del cinema.

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    Alain Delon, uno degli attori più iconici del cinema francese, si è spento all’età di 88 anni, lasciando un vuoto immenso nel mondo della settima arte. La sua morte è stata annunciata dai figli, che, nonostante le tensioni e le controversie familiari degli ultimi anni, si sono riuniti nel dolore per la perdita del padre.

    Battaglia contro il linfoma

    Delon ha affrontato negli ultimi tempi una serie di sfide personali, tra cui una battaglia contro un linfoma a evoluzione lenta. La sua salute era già stata compromessa nel 2019, quando aveva subito un ictus. La malattia ha inevitabilmente segnato la fase finale della sua vita, portandolo a esprimere il desiderio di ricorrere all’eutanasia, pratica legale in Svizzera, paese in cui risiedeva.

    Lotta in famiglia

    Tuttavia, la sua malattia non è stata l’unica ombra che ha oscurato i suoi ultimi anni. Il grande attore francese è stato al centro di una drammatica lotta familiare, che ha visto coinvolti i suoi tre figli: Anthony, Alain Jr., e Anouchka. Anthony e Alain Jr. hanno accusato la sorella Anouchka di aver manipolato il padre, celandone le reali condizioni di salute e cercando di ottenere un controllo maggiore sul patrimonio familiare.

    Il mistero della badante

    A rendere ancora più complicata la situazione è stata la figura di Hiromi Rollin, la badante di Delon, che è stata denunciata dai figli con l’accusa di “violenze fisiche e psicologiche”, nonché di “sequestro di persona vulnerabile”. Rollin, dal canto suo, ha risposto con accuse di “tentato omicidio volontario” nei confronti dei figli, sostenendo che non avevano provveduto a ricoverare prontamente Delon in una clinica svizzera, mettendo così a rischio la sua vita.

    Divo del cinema

    La vicenda ha attirato l’attenzione mediatica, rivelando un quadro familiare profondamente lacerato, che ha aggiunto dolore al già difficile contesto della malattia di Delon. Nonostante tutto, Alain Delon rimane una figura indelebile nella storia del cinema, amato per il suo talento e per il carisma che ha portato sullo schermo in film indimenticabili.

    Il suo ricordo

    Ora, il mondo lo ricorda con affetto e nostalgia, celebrando la sua straordinaria carriera e riflettendo su quanto sia stato difficile il suo addio. Come dice un vecchio adagio: “Un bel tacer non fu mai scritto”, ma in questo caso, il silenzio di Alain Delon sarà riempito per sempre dal ricordo delle sue interpretazioni.

      Cinema

      Cape Fear: Javier Bardem protagonista della nuova serie su Apple TV+

      Con un cast di prim’ordine e una produzione d’élite, Cape Fear si prepara a diventare uno dei thriller più attesi del panorama streaming.

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        Un cult del cinema diventa una serie TV di altissimo profilo. Si tratta di Cape Fear, già portato al cinema nel 1962 e nel 1991, arriverà presto su Apple TV+, con il premio Oscar Javier Bardem nel ruolo iconico di Max Cady, un carismatico e inquietante assassino in cerca di vendetta.

        La trama della serie

        Basata sul romanzo The Executioners di John D. MacDonald e ispirata ai due adattamenti cinematografici precedenti, la serie è descritta come un thriller hitchcockiano contemporaneo che esplora l’ossessione dell’America moderna per il true crime. La storia segue una coppia di avvocati sposati, Amanda e Steve Bowden, la cui vita tranquilla viene sconvolta quando Max Cady, un famigerato assassino legato al loro passato, viene rilasciato dopo anni di prigionia. Le tensioni crescono man mano che il confronto tra i Bowden e Cady porta alla luce segreti nascosti, minacciando la loro esistenza e quella della loro famiglia.

        Cast stellare e produzione d’élite per Cape Fear

        A dare nuova vita al personaggio di Max Cady sarà Javier Bardem, famoso per interpretazioni indimenticabili in Non è un paese per vecchi e Skyfall. Bardem non si limiterà a recitare. Ci mette anche dei soldi suoi. Sarà, infatti, anche produttore esecutivo del progetto, affiancato da due giganti del cinema, Martin Scorsese e Steven Spielberg, che collaborano per portare questa storia sul piccolo schermo. Nick Antosca, noto per The Act, sarà lo showrunner e ha descritto il progetto come un approfondito studio psicologico sui legami tossici e sul potere distruttivo della vendetta.

        Perché Apple TV+ ha voluto a tutti i costi Cape Fear

        La scelta non sorprende, dato il legame stretto tra la piattaforma e Scorsese, che ha già collaborato con Apple per il recente successo cinematografico Killers of the Flower Moon. La presenza di Bardem e il coinvolgimento di due colossi come Scorsese e Spielberg hanno inoltre garantito a Cape Fear una collocazione ideale su un servizio noto per le sue produzioni di qualità.

        Un’eredità cinematografica di grande successo

        Il film originale di Cape Fear del 1962, con Gregory Peck e Robert Mitchum, è considerato un classico del thriller. Nel 1991, Martin Scorsese ha firmato un remake con Robert De Niro, che ha portato il titolo a un enorme successo al botteghino (182,2 milioni di dollari) e ricevuto due nomination agli Oscar, per De Niro e Juliette Lewis.

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          Cinema

          Giuseppe Taliercio, il delitto perduto arriva al cinema il bellissimo film di Mario Chiavalin

          Senza nomi altisonanti o grandi promozioni, la pellicola sul rapimento e l’uccisione di Taliercio dimostra che il cinema di qualità, capace di commuovere e indignare, trova sempre il suo pubblico.

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            Può sembrare una banalità ma è una verità sacrosanta. A dimostrarlo è Giuseppe Taliercio – Il delitto perduto, il nuovo film di Mario Chiavalin ch,e senza bisogno di clamore mediatico o grandi nomi in locandina, ha conquistato il pubblico, riempiendo le sale dove è stato presentato.

            Il pubblico commosso applaude

            Accolto da applausi commossi, il film racconta il rapimento e l’uccisione di Giuseppe Taliercio per mano delle Brigate Rosse, con una potenza visiva che commuove e indigna. La ricostruzione storica, affidata ai talentuosi scenografi Matteo Perico e Domenico Colella, immerge gli spettatori negli anni di piombo, offrendo un viaggio indietro nel tempo carico di emozioni. Un’opera che chi ama la storia e il cinema d’autore non può perdere.

            La trama: una storia di dolore e memoria

            Siamo nel 1981, in uno dei periodi più bui della storia italiana, segnato dal terrorismo delle Brigate Rosse. Giuseppe Taliercio, direttore del petrolchimico Montedison di Porto Marghera, viene rapito dalla “colonna veneta” delle Brigate Rosse. Dopo 46 giorni di prigionia in condizioni disumane, il suo corpo viene ritrovato in un’auto abbandonata vicino alla fabbrica. Il film ripercorre questa tragica vicenda, mettendo in luce le dinamiche politiche e sociali del tempo. Al contempo, invita a riflettere sull’importanza della memoria storica. Senza dimenticare la necessità di non dimenticare mai, perché ricordare significa imparare dal passato per costruire un futuro migliore.

            Un successo che parla di qualità

            La prima del film, diretto da Mario Chiavalin, ha registrato un grande successo in due serate memorabili. La prima il 13 novembre 2024 al Cinema Candiani di Mestre e successivamente il 19 novembre 2024. Con oltre 400 posti esauriti e una lista d’attesa, l’evento ha dimostrato come il pubblico sia profondamente coinvolto da un’opera che affronta temi tanto delicati quanto attuali.

            La figura di Giuseppe Taliercio

            Giuseppe Taliercio fu vittima del terrorismo brigatista in uno dei momenti più drammatici degli anni di piombo. Il suo rapimento, avvenuto il 20 maggio 1981, e la sua tragica morte il 5 luglio dello stesso anno, rappresentano il simbolo di una dignità e di un sacrificio che per troppo tempo sono stati confinati in una memoria di nicchia.

            Una riflessione sulla società del tempo

            Con Giuseppe Taliercio – Il delitto perduto, il regista Mario Chiavalin riporta alla luce questa storia. Intrecciando fatti storici e umanità per offrire una riflessione profonda sulla società del tempo. La coesione sociale creata dai lavoratori, che portarono a una frattura interna nelle Brigate Rosse, è un tema centrale del film, culminando nella fine del terrorismo con il rapimento Dozier.

            Film di grande impatto emotivo

            La pellicola si distingue per la capacità di alternare momenti di tensione a intensi spunti di riflessione, senza mai cadere nel sensazionalismo. La regia di Chiavalin, unita a una sceneggiatura impeccabile e a una fotografia suggestiva, immerge lo spettatore nel clima di quegli anni difficili. Particolarmente apprezzata la scelta di raccontare il rapimento e la prigionia di Taliercio con immagini potenti e dialoghi essenziali, che conferiscono al film un’intensità unica, capace di lasciare senza fiato.

            Le parole che toccano il cuore

            Un momento particolarmente emozionante è stato quello della lettura della lettera della vedova del Questore Alfredo Albanese, vittima del terrorismo. La lettera, letta dal giornalista Adriano Favaro, ha sottolineato l’importanza di raccontare con verità e dignità gli anni di piombo:

            “Questo film ricorda non solo la vittima, ma anche la persona, con la sua vita e i suoi affetti. È un’occasione per dare voce a chi ha subito la violenza terroristica, affinché la memoria possa generare giustizia.”

            Le parole della vedova hanno toccato profondamente il pubblico, richiamando la necessità di preservare la memoria storica per le generazioni future.

            Un’eredità di dignità e coraggio

            Durante la serata, il figlio di Giuseppe Taliercio, Cesare, ha condiviso il messaggio centrale lasciato da suo padre:

            “Non ci si deve fermare alla commozione, ma riflettere su come l’abbracciare un’ideologia senza giudizio critico possa portare a negare l’umanità del prossimo. Questa è la lezione di mio padre: mettere sempre al centro l’uomo e la sua dignità.”

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              Cinema

              Kevin Costner: una crociata personale per completare la Saga di Horizon

              Il regista e attore Kevin Costner è disposto a tutto per portare a termine la sua ambiziosa epopea western, anche a chiedere aiuto ai miliardari.

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                L’attore, regista e produttore cinematografico Kevin Costner (69 anni) ha lanciato una vera e propria sfida. Vuole a tutti i costi completare la sua saga western in quattro parti, Horizon: An American Saga. Dopo il successo di pubblico e critica del primo capitolo, e il rinvio del secondo a causa di problemi di distribuzione, l’attore e regista è più determinato che mai a portare a termine il suo progetto. E per questo sta disperatamente cercando dei finanziatori.

                Un progetto ambizioso e rischioso

                Spero, sogno, incontro tutti i miliardari di cui sentiamo parlare – si nascondono tutti nell’ombra“, ha scherzato Costner durante un evento dedicato al film. L’attore ha ammesso apertamente che trovare i fondi necessari per realizzare i capitoli 3 e 4 è una vera e propria impresa. Costner ha paragonato la realizzazione di Horizon al mito di Sisifo condannato dagli dei a un’eterna punizione di far rotolare una roccia immensa su una collina, solo per vederla rotolare giù quando raggiungeva la cima, costringendolo a ricominciare in un ciclo senza fine. “È un po’ come il mio UFO personale“, ha detto “L’ho visto, non lo dimenticherò mai, e lo rincorrerò finché potrò“. L’attore ha investito una parte significativa del suo patrimonio personale nel progetto, ipotecando persino la sua tenuta di Santa Barbara. Una scelta coraggiosa, ma anche rischiosa.

                Perché Costner non si arrende?

                Per Costner la sua saga è una passione viscerale. Ha coltivato l’idea di Horizon per oltre 30 anni. È un progetto che ha a cuore e che sente di dover portare a termine. La saga di Horizon è un affresco dell’America che si sta formando, un racconto complesso e affascinante che merita di essere raccontato nella sua interezza. Per l’attore si tratta anche di un impegno nei confronti del pubblico. Il successo del primo capitolo ha dimostrato che esiste un pubblico interessato a questo tipo di cinema. Costner si sente in dovere di soddisfare le aspettative dei suoi fan. Prodotto dalla Territory Pictures di Costner, Horizon ha segnato il ritorno al genere western per Costner, vincitore dell’Oscar per il miglior film nel 1991 con Balla coi lupi. Il primo dei quattro film previsti per Horizon che Costner ha scritto insieme a Jon Baird, è stato presentato in anteprima a maggio al Festival di Cannes, dove una standing ovation di 11 minuti e 40 secondi ha portato Costner alle lacrime.

                Le sfide da superare

                Realizzare un film di grande budget come Horizon non è facile. Oltre ai costi di produzione, ci sono le sfide legate alla distribuzione e alla promozione. Costner dovrà trovare il modo di far conoscere il suo progetto a un pubblico sempre più esigente e frammentato. Mentre cerca i finanziamenti necessari per completare la saga, Costner ha anche lanciato un appello ai suoi fan: “Avete visto il primo capitolo e presto vedrete il secondo e così andremo tutti nel west insieme“. L’attore invita il pubblico a sostenere il progetto, a parlarne sui social media e a far sentire la propria voce. Il destino di Horizon quindi è ancora molto incerto. Ma una cosa è sicura: Kevin Costner non si arrenderà facilmente. La sua determinazione e la sua passione sono contagiose e ci fanno sperare che riuscirà a portare a termine la sua ambiziosa epopea.

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