Cronaca
Da Al Qaeda agli hacker di Putin: i segreti di Mike Lynch annegati nel Mediterraneo
Il relitto della Bayesian ha restituito i corpi, ma i segreti di Mike Lynch, annegati con lui al largo di Palermo, rimangono intatti. L’imprenditore britannico, pioniere dell’informatica applicata all’intelligence, nascondeva una vita fatta di segreti di Stato e collaborazioni con i servizi segreti. Ma è davvero un semplice incidente quello che ha portato alla fine dell’uomo che dava la caccia ai terroristi di Al Qaeda? Coincidenze inquietanti e ombre di complotto circondano la sua morte, mentre gli interrogativi si accumulano.
Il relitto della Bayesian, il megayacht affondato al largo di Palermo, sta restituendo corpi, e con essi, nuovi interrogatori. Ma i segreti di Mike Lynch, il magnate britannico che non ha avuto la fortuna di scampare alla tempesta, probabilmente resteranno nascosti sotto uno spesso strato di mistero. Dopotutto, stiamo parlando di un uomo che ha costruito la sua fortuna applicando l’informatica alle attività di intelligence, creando software in grado di riconoscere impronte digitali, tracce vocali e testi. Insomma, un vero e proprio James Bond tecnologico.
Un pioniere dell’informatica “spionistica”
Nel 1996, Lynch ha concepito un software rivoluzionario che ha subito attirato l’attenzione dei servizi segreti, trasformando il suo nome in una leggenda tra gli spioni internazionali. Dopo l’11 settembre, i suoi programmi sono diventati lo strumento perfetto per dare la caccia ai terroristi di Al Qaeda, scrutando miliardi di dati raccolti dalle polizie e dalle spie di mezzo mondo. Ironia della sorte, la sua più grande creatura, Autonomy, l’azienda poi venduta a Hewlett Packard, è stata oggetto di un lungo processo legale dal quale Lynch è uscito indenne, ma non senza qualche cicatrice.
Tra coincidenze e complotti
E parlando di cicatrici, l’affondamento della Bayesian è avvolto da un’aura di mistero degna di un romanzo di spionaggio. Una delle tante coincidenze sospette? La morte del socio di Lynch, Stephen Chamberlain, ucciso in un incidente stradale appena due giorni prima del naufragio. E come dimenticare Christopher Morvillo, l’avvocato di Lynch, rimasto intrappolato nello scafo del megayacht e già noto per essersi occupato delle indagini sull’11 settembre come assistente procuratore nel Southern District di New York?
Darktrace: la traccia oscura di Lynch
Dopo aver venduto Autonomy, Lynch si è lanciato nel mondo dell’intelligenza artificiale con Darktrace – un nome che sembra uscito direttamente da un film di spionaggio. Con lui, una squadra di super-spie che includeva figure di vertice del MI5, del CGHQ e della NSA. Darktrace non solo protegge reti informatiche, ma è anche leader nei sistemi di profilazione con IA, vendendo i suoi servizi persino agli agenti israeliani per preparare l’offensiva contro Hamas. Se pensate che Lynch non avesse segreti, forse dovreste ripensarci.
Mistero e segretezza: una combinazione letale
Sorprende che un uomo così potente e ricco fosse in vacanza senza neanche una guardia del corpo? Forse sì, forse no. I sopravvissuti sono tenuti in isolamento, e non solo per questioni di privacy. È probabile che il recupero dello smartphone e del computer di Lynch scatenerà interessi altissimi, ma con ogni probabilità, saranno blindati a prova di 007. Come andrà a finire? Chissà. Una cosa è certa: il mistero si infittisce e la verità, come sempre, rimane sommersa.
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Cronaca
Allarme “cocaina rosa” anche in Italia: gli effetti sono devastanti
Sballo totale e in tempi rapidissimi: l’effetto di questa nuova sostanza, che contiene ketamina, presenta però rischi altissimi, alimentando anche stati fortemente psicotici.
Diventata in breve tempo “famosa” con la recente morte a Buenos Aires del cantante degli One Direction, Liam Payne, la cocaina rosa circola sempre più anche in Italia. Ma con la classicapolvere bianca non c’entra niente perché composta di tutt’altre sostanze.
Si sniffa ma con la polvere bianca non c’entra nulla
In pratica nella “tusi” (così la chiamano oltreoceano) di cocaina non c’è traccia. Eppure in Italia ha assunto questo nome perché il suo aspetto la ricorda. Anche se talvolta può essere venduta sotto forma di pasticche, generalmente è una polvere rosa che si sniffa. Diffusa e ricercata tra i più giovani, non è certo una droga da poveri: 400 euro al grammo. Per il momento è stata segnalata su Roma, Milano e Torino, presenza menzionata anche nella Relazione europea sulla droga 2024.
Uno sballo che può risultare mortale
Tra i vari trend di consumo, questo report sottolinea la diffusione della cocaina rosa anche nell’Unione. Un aspetto preoccupante, secondo gli esperti dell’Osservatorio europeo sulle droghe e le tossicodipendenza (Emcdda), soprattutto in relazione alle singole sostanze presenti in questa miscela rosa, di cui i consumatori sono ignari. Chi si sballa con questa droga, in pratica, non sa assolutamente cosa assume.
Un mix ad altissimo rischio
Nell’ultima droga totalmente sintetica che piace ai giovanissimi, si riscontra un intruglio altamente pericolo di sostanze come ketamina, metanfetamina, ecstasy e crack. Un cocktail da suicidio tinto poi di rosa… come se il colore così trendy lo rendesse più sexy ed appetibile, invogliando il consumo.
Solo per gente col portafoglio pieno
Micidiale e parecchio costosa. La cocaina rosa costa fino a quattro volte la comune polvere bianca: attualmente nel borsino degli spacciatori la sua quotazione si aggira intorno ai 400 euro al grammo. Secondo gli esperti in materia, subito dopo averla assunta la sua composizione raggiunge rapidamente il cervello e altrettanto rapidamente produce dipendenza tra gli utilizzatori. Anche perché gli effetti, iniazialmente potenti, sembrano svanire nel giro di breve tempo.
Per ravvivare un party privato
Utilizzata principalmente nel corso di feste private ed eventi, il suo consumo si sta diffondendo in maniera velocissima tra gli esponenti delle classi più abbienti. Nell’identikit degli assuntori l’età non è un dato significativo: ci sono anche molti minorenni.
La situzione nel nostro Paese
Le indagini della Polizia di Stato hanno messo a fuoco un fiorente mercato della cocaina rosa soprattutto nei quartieri nord di Roma, dai Parioli a Salario-Trieste. Qui addirittura la droga veniva consegnata direttamente a domicilio per rendere ancora più movimentate cene o feste, nascosta in lampade di sale, fino a mezzo chilo alla volta.
Milano e Torino, altre piazze di spaccio molto attive
Lo scorso ottobre i controlli all’aeroporto di Malpensa hanno portato al sequestro di un carico di oltre 300 chili di droga di vario tipo, cocaina rosa compresa. E a settembre la sostanza è stata trovata in un ostello e nelle tasche di diversi spacciatori. A Torino, il primo sequestro della “droga dei vip” risale all’ottobre dello scorso anno. Rinvenuta dai carabinieri durante la perquisizione dell’abitazione di un pusher locale, insieme a 40 mila euro in contanti.
Il parere di un esperto
Antonio Bolognese, responsabile scientifico della Commissione per lo studio e la prevenzione delle dipendenze dell’Ordine dei Medici di Roma, spiega: «Si tratta di una delle sostanze più utilizzate in questo momento e ha degli effetti devastanti. La sua precoce attività sul cervello crea immediatamente una sensazione di piacere. E come tutte le sostanze stupefacenti può portare a dipendenza e stati psicotici».
Cronaca
La mia vita distrutta da una truffa sentimentale: “Ho perso tutto, anche mio marito”
Rossana si è trovata intrappolata in una rete di bugie costruita ad arte da un presunto francese. Migliaia di euro persi, un divorzio devastante e la solitudine. Oggi racconta la sua storia per aiutare altre donne a non cadere nella stessa trappola.
“Non cercavo avventure, non volevo altro che condividere interessi comuni su Instagram. Poi, in sei mesi, la mia vita è andata in frantumi.” Così inizia il drammatico racconto di Rossana Tescaroli, una donna di 54 anni che ha visto la sua esistenza sgretolarsi a causa di una truffa affettiva. L’uomo che credeva di aver incontrato online non era altro che un truffatore, capace di manipolarla al punto di farle perdere migliaia di euro e, soprattutto, il suo matrimonio.
Rossana non aveva mai immaginato che una semplice conversazione online potesse trasformarsi in un incubo. “Era una chat normale, all’inizio, parlavamo di interessi comuni. Non mi sono resa conto che, giorno dopo giorno, stavo scivolando in un tunnel buio. Mi sentivo coinvolta, ipnotizzata dai messaggi che ricevevo.” Il truffatore, spacciandosi per un uomo francese in difficoltà economiche, iniziò a richiederle somme di denaro, usando come leva emotiva la presenza di due bambini, presunti figli dell’uomo.
“Mi faceva videochiamate con i bambini, mi raccontava delle sue difficoltà a lavoro e del bisogno urgente di denaro per sfamarli. Come madre, non potevo rimanere indifferente.” Rossana iniziò così a inviargli soldi: prima piccole somme, poi richieste sempre più esose. In totale, perse migliaia di euro, convinta di aiutare una persona in difficoltà.
Il marito di Rossana, scoperta la situazione, non comprese la trappola psicologica in cui era caduta sua moglie. Interpretò tutto come un tradimento e chiese il divorzio. “Mi sono ritrovata completamente sola, senza denaro, senza marito e con la sensazione di aver perso il controllo della mia vita. Quando il conto in banca si svuotò e smisi di inviare soldi, la magia si spezzò e l’uomo sparì.”
Oggi, Rossana lotta per rimettere insieme i pezzi della sua vita. Costretta a vendere la casa per affrontare le spese del divorzio, lavora in un bar oltre al suo impiego al Caf. Ma, nonostante tutto, non si arrende. “Mi sento violentata nella mia parte più intima. Eppure, non mi arrendo. Racconto la mia storia per evitare che altre persone cadano nella stessa trappola.”
La forza di Rossana risiede nell’amore per sua figlia, che non l’ha mai giudicata. “Sono gli occhi azzurri di mia figlia che mi hanno salvata. Senza di lei, non so come sarebbe andata a finire. Ho persino pensato al suicidio.” Con la sua testimonianza, Rossana spera di sensibilizzare e proteggere altre donne dalle trappole emotive che si nascondono dietro lo schermo di uno smartphone.
Mondo
Attore porno italiano arrestato in Egitto e detenuto in condizioni disumane, il caso Sharif fa discutere
Arrestato al Cairo il 9 novembre, l’attore è accusato di aver pubblicato contenuti considerati immorali. La madre denuncia maltrattamenti e un trattamento disumano nel carcere di Alessandria. La Farnesina segue il caso.
Si infittisce il caso di Elanain Sharif, attore porno 44enne con cittadinanza italiana, arrestato il 9 novembre al Cairo. Secondo quanto riportato dal suo legale, Alessandro Russo, Sharif sarebbe stato trattenuto dalle autorità egiziane per alcune ore all’aeroporto, prima di essere trasferito nel carcere di Alessandria. L’accusa? Presunti contenuti hard pubblicati sui social e giudicati “immorali” dalle autorità locali.
Elanain Sharif, conosciuto nel settore del porno con il nome d’arte Sheri Taliani, si era recato in Egitto per firmare documenti relativi alla vendita di proprietà familiari. Tuttavia, il suo passato e il suo stile di vita avrebbero attirato l’attenzione delle autorità egiziane, come confermato dalla pornostar Mary Rider, che ha denunciato pubblicamente la vicenda.
Le denunce della madre
Loriana, madre di Sharif, è riuscita a incontrare il figlio solo il giorno dopo l’arresto. «Mi ha detto che è trattato in modo inumano, costretto a stare in piedi tutto il giorno, con la possibilità di stendersi solo per mezz’ora. Se vuole sedersi deve pagare», ha raccontato il legale della famiglia.
Sharif, che secondo la madre sarebbe in uno stato psicologico precario, ha riferito di avere allucinazioni e teme di essere drogato. «Dormiva in una cella sovraffollata ed era visibilmente scosso», ha aggiunto la donna.
La denuncia di Mary Rider
A far luce sul caso è stata anche Mary Rider, collega di Sharif, che ha parlato apertamente al Corriere della Sera: «È stato arrestato per il suo lavoro, per aver girato film porno. In Egitto, un attore del genere non passa inosservato».
Secondo Rider, Sharif non si sentiva sicuro nel suo Paese d’origine: «Era già stato minacciato in passato per il suo stile di vita. Non va mai volentieri in Egitto, ma doveva completare alcune pratiche legali».
La Farnesina segue il caso
Due giorni dopo l’arresto, l’avvocato di Sharif ha contattato la Farnesina, che ha preso in carico la situazione. Tuttavia, le informazioni sono frammentarie e la famiglia attende aggiornamenti.
La vicenda riaccende i riflettori sui diritti umani in Egitto e sulle difficoltà di chi, come Sharif, si trova a dover affrontare giudizi e discriminazioni per il proprio lavoro e stile di vita. Intanto, la madre e i legali continuano a lottare per ottenere chiarezza e garantire condizioni di detenzione più umane per Elanain Sharif.
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