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Taylor Swift con il suo gatto sceglie Kamala Harris e scuote le elezioni americane

La popstar, seguita da quasi 300 milioni di fan, annuncia il suo voto per la candidata democratica con un post su Instagram durante il dibattito presidenziale, accompagnata dal suo gatto e con il messaggio “Childless Cat Lady”. Il tempismo perfetto dell’annuncio ha sconvolto le redazioni, oscurando il confronto tra Harris e Trump. I Democratici esultano, mentre i Repubblicani accusano Swift di essere l’ennesima voce dell’élite ricca. In pochi minuti, il post ha superato i tre milioni di like, diventando il simbolo di una sfida tra calma e caos nelle elezioni del 2024.

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    New York – Il dibattito presidenziale più atteso della campagna elettorale americana si è trasformato in un evento secondario rispetto al vero colpo di scena della serata: l’endorsement di Taylor Swift a Kamala Harris. Dopo mesi di attesa e speculazioni, la popstar ha scelto il momento più strategico per annunciare il suo sostegno alla candidata democratica, pubblicando un post su Instagram, accompagnato da una foto in cui tiene in braccio uno dei suoi amati gatti. Il messaggio, firmato “Childless Cat Lady”, è un chiaro riferimento alle recenti dichiarazioni del vice di Donald Trump, JD Vance, che aveva sminuito il ruolo delle donne senza figli.

    Il tempismo perfetto della popstar

    Taylor Swift non ha lasciato nulla al caso. Con oltre 200 milioni di dischi venduti e una carriera segnata da record e successi, la cantante è nota per la sua capacità di scegliere il momento giusto per ogni mossa. E così, mentre tutti i riflettori erano puntati sul dibattito tra Harris e Trump, Swift ha deciso di scuotere l’opinione pubblica con il suo endorsement. In pochi minuti, il suo post ha raggiunto un milione di like, lasciando i giornalisti a rincorrere la notizia e a rivedere i loro piani editoriali.

    Un manifesto tra calma e caos

    Nel suo post, Swift ha scritto parole che risuonano come un manifesto politico: “Voterò per @kamalaharris perché lei lotta per i diritti e le cause in cui credo, e che hanno bisogno di una guerriera per sostenerle”. La cantante ha poi sottolineato l’importanza di essere guidati dalla calma e non dal caos, elogiando la scelta di Harris di avere come compagno di ticket Tim Walz, noto per il suo impegno a favore dei diritti LGBTQ+ e delle donne.

    La risposta dei repubblicani

    Karoline Leavitt, portavoce della campagna di Trump, ha cercato di sminuire l’endorsement di Swift, definendolo “un’altra prova che il Partito democratico è diventato il partito dell’élite ricca”. Ma nel tempo che ci è voluto per formulare questa risposta, i like al post di Swift avevano già superato i tre milioni, dimostrando ancora una volta l’influenza della popstar sulla scena politica americana.

    Con questo gesto, Taylor Swift ha lanciato un messaggio potente e ha dimostrato che anche una “gattara” può fare la differenza in una delle elezioni più combattute della storia americana.

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      Il Procuratore della Corte Penale Internazionale chiede l’arresto urgente di Netanyahu e di Sinwar

      La Corte Penale Internazionale accelera sulle richieste di arresto di Benyamin Netanyahu, Yoav Gallant e i leader di Hamas, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, a causa del peggioramento della situazione in Palestina e dei crimini contro l’umanità. Escluso dalla lista Ismail Haniyeh, ucciso a luglio

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        Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, ha formalmente chiesto alla Camera preliminare della Cpi di emettere con urgenza i mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant e dei leader di Hamas, Yahya Sinwar e Mohammed Deif. La richiesta è motivata dal deterioramento della situazione in Palestina e dal protrarsi dei crimini di guerra e contro l’umanità che, secondo il procuratore, sono descritti nelle accuse già presentate a maggio.

        La decisione di Khan riflette una crescente preoccupazione per l’escalation di violenze in Palestina, aggravata dalle azioni militari e politiche sul campo. L’obiettivo del procuratore è di fermare ulteriori atrocità e assicurare i responsabili alla giustizia internazionale.

        Dal documento pubblicato sul sito della Cpi emerge anche che Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas, è stato rimosso dalla lista delle richieste di arresto dopo la sua uccisione a luglio a Teheran. Al contrario, il nome di Mohammed Deif, leader militare di Hamas, rimane nella lista fino a quando non ci saranno conferme affidabili sulla sua morte, avvenuta in un raid israeliano a Khan Yunis lo scorso luglio, secondo quanto dichiarato da Israele.

        Questa mossa da parte della Cpi solleva questioni significative sul futuro degli equilibri geopolitici nella regione e mette sotto i riflettori la giustizia internazionale, che continua a monitorare attentamente il conflitto in corso.

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          Mondo

          Medjugorie e lo storico sì al culto del Vaticano: “Ma non parlateci dei veggenti…”

          Dopo 43 anni di dibattiti, arriva il nulla osta per i pellegrinaggi a Medjugorje, riconoscendo i benefici spirituali del fenomeno senza confermare la veridicità delle apparizioni. Il Prefetto Fernandez: “Si conclude una storia lunga e complessa”.

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            È un via libera parziale ma significativo quello che arriva dal Vaticano su Medjugorje, luogo di apparizioni mariane al centro di controversie e dibattiti da oltre quattro decenni. La Dottrina della Fede, con l’approvazione di Papa Francesco, ha dato il nulla osta ai pellegrinaggi e al culto, riconoscendo “frutti spirituali positivi e abbondanti”, senza tuttavia autenticare i presunti eventi soprannaturali che dal 1981 avrebbero avuto luogo nel piccolo paese bosniaco.

            Il documento pubblicato dal Prefetto della Dottrina della Fede, cardinale Victor Manuel Fernandez, è chiaro: il permesso non equivale a una conferma della veridicità delle apparizioni, ma vuole evidenziare che “lo Spirito Santo agisce fruttuosamente per il bene dei fedeli”. Le migliaia di pellegrini che ogni anno si recano a Medjugorje sono invitati a farlo “non per incontrare i presunti veggenti”, ma “per vivere un’esperienza di fede, per incontrare Maria, Regina della Pace, e Cristo”.

            Un dibattito lungo 43 anni

            Il percorso che ha portato a questo verdetto è stato lungo e complesso. Dalla prima apparizione, segnalata nel 1981, fino ad oggi, si sono succeduti opinioni diverse e contrastanti, coinvolgendo vescovi, teologi e commissioni. Una delle più importanti, guidata dal cardinale Camillo Ruini, aveva già evidenziato nel 2014 come molti messaggi fossero in linea con la dottrina cattolica, pur non certificando l’autenticità delle apparizioni.

            Il verdetto della Dottrina della Fede giunge in un momento storico in cui le nuove regole del Vaticano permettono un ventaglio di risposte più ampio rispetto al tradizionale ‘sì’ o ‘no’ riguardo ai fenomeni soprannaturali. “È arrivato il momento di concludere questa lunga storia”, afferma Fernandez, e il documento rappresenta un tentativo di pacificazione tra le diverse posizioni in campo.

            I “frutti positivi” e le questioni ancora aperte

            Nonostante il nulla osta, il Vaticano mantiene una certa prudenza. I benefici spirituali del fenomeno sono riconosciuti, ma non si vuole creare l’illusione che l’autenticità delle apparizioni sia stata confermata. La maggior parte dei messaggi è ritenuta coerente con l’insegnamento cattolico, ma il documento sottolinea anche la presenza di alcuni elementi “confusi” che potrebbero offuscare l’immagine positiva dell’insieme.

            La posizione sui veggenti rimane cauta. Pur non avendo trovato evidenze di falsificazioni o mitomanie, la Santa Sede evita di esprimere un giudizio definitivo sulla moralità delle persone coinvolte. Alcuni messaggi “si allontanano” dai contenuti edificanti riconosciuti, e il documento invita i fedeli a non farsi distrarre da questi pochi elementi discordanti.

            Medjugorje, tra fede e cautela

            Questo verdetto rappresenta un importante punto di svolta per Medjugorje. Se da un lato autorizza e incoraggia i pellegrinaggi, dall’altro mantiene un certo distacco critico nei confronti dei veggenti e delle loro presunte esperienze. Un equilibrio delicato che rispecchia la prudenza della Chiesa nel maneggiare fenomeni così controversi e seguiti a livello globale.

            Il messaggio è chiaro: Medjugorje deve essere un luogo di incontro con la fede, non con la spettacolarizzazione delle apparizioni. In un mondo spesso attratto dal sensazionale, il Vaticano sembra voler riportare l’attenzione sull’essenza spirituale del luogo, valorizzandone i frutti positivi senza cadere nel culto della personalità o nell’idolatria dei veggenti.

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              Tecnologia esplosiva: come il Mossad ha trasformato i dispositivi di Hezbollah in ordigni

              Attraverso una rete di società fittizie e tecnologie modificate, il Mossad ha consegnato a Hezbollah cercapersone e radio manipolati, capaci di esplodere a distanza e colpire dall’interno. Un’operazione che ha sorpreso i militanti e che ora solleva nuovi interrogativi su possibili altre trappole tecnologiche.

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                Un piano tanto sofisticato quanto micidiale: il Mossad ha creato dispositivi di comunicazione che, a comando, possono trasformarsi in letali ordigni esplosivi. I dettagli dell’operazione emergono da un’indagine internazionale, svelando come l’intelligence israeliana abbia manipolato cercapersone e radio usati da Hezbollah, trasformandoli in vere e proprie bombe pronte a detonare a distanza.

                Il piano del Mossad: una rete di società fantasma

                Per portare a termine questa operazione, il Mossad ha utilizzato un intricato sistema di società fittizie, create ad hoc per ingannare la milizia libanese. Tutto è cominciato quando Hezbollah, preoccupata dalle capacità di intercettazione israeliane, ha ordinato ai suoi membri di abbandonare i telefoni cellulari a favore di cercapersone e radio ricetrasmittenti. L’obiettivo era quello di proteggere le comunicazioni interne e garantire maggiore sicurezza alle proprie operazioni.

                L’acquisto dei cercapersone è stato affidato a un commerciante di fiducia che, attraverso una serie di intermediari, è giunto alla BAC di Budapest. Da lì, i dispositivi sono stati forniti da una società con sede in Bulgaria, la Norta Global, che li ha inviati a Hezbollah. Ma la vera mossa del Mossad è avvenuta prima della spedizione: i cercapersone sono stati manipolati per diventare bombe a distanza. Ogni dispositivo poteva essere fatto esplodere con un segnale specifico, innescando il detonatore nascosto al suo interno.

                Radio esplosive: le vittime del piano israeliano

                Ma non è finita qui. L’operazione ha coinvolto anche le ricetrasmittenti utilizzate dai militanti sul campo. Le radio giapponesi IC-V82, normalmente usate per le comunicazioni tattiche, erano state anch’esse trasformate in ordigni esplosivi. Quando i militanti hanno cominciato a utilizzarle, diverse esplosioni sono avvenute in simultanea in tutto il Libano, provocando decine di vittime e gettando nel caos le comunicazioni della milizia.

                La capacità del Mossad di alterare questi dispositivi in modo così sofisticato rappresenta un salto tecnologico nell’ambito delle operazioni di sabotaggio. Non si tratta di semplici difetti o malfunzionamenti: ogni radio e cercapersone era stato preparato per esplodere a comando, dimostrando un livello di precisione e preparazione che ha preso alla sprovvista gli stessi vertici di Hezbollah.

                E adesso? La paura di nuove esplosioni

                La domanda che ora aleggia tra i militanti di Hezbollah e non solo è: quali altri dispositivi sono stati trasformati in armi? Se cercapersone e radio possono essere innescati a distanza, cosa dire di computer, tablet o altri strumenti di comunicazione utilizzati dalla milizia?

                Le nuove tecnologie possono diventare un’arma a doppio taglio e, come questa operazione dimostra, il Mossad è disposto a sfruttare ogni breccia per colpire i suoi nemici dall’interno. Con ogni probabilità, nuove verifiche saranno effettuate sui dispositivi in uso a Hezbollah, nella speranza di evitare ulteriori perdite. Ma la lezione è chiara: la tecnologia, nelle mani giuste, può diventare un’arma letale e invisibile.

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