Storie vere
Attivisti ambientali. La mattanza del 2023. Uccisi 200 ecoattivisti
Il rapporto della Ong Global Witness denuncia che nel 2023 sono stati uccisi quasi 200 attivisti per l’ambiente e tra chi lotta in difesa dei diritti della Terra.
Lottare per la difesa dell’ambiente può costare caro. Non solo in termini di denunce, reclusione o punizione ma anche per le esecuzioni e gli omicidi. Lo scorso anno nel mondo quasi 200 attivisti che lottano per la difesa dell’ambiente e dei diritti della terra sono stati uccisi. Lo testimonia il rapporto dell’Ong Global Witness pubblicato lo scorso martedì. La Colombia è risultata il Paese più pericoloso al mondo, con 79 omicidi registrati, il dato più alto da quando l’organizzazione ha iniziato a monitorare questi crimini nel 2012. La maggior parte degli attacchi si è verificata nel sud-ovest del Paese, con forti sospetti legami con organizzazioni criminali.
Preoccupazioni per la sicurezza dell’imminente COP16
Nel contesto di questi numeri allarmanti, proprio la Colombia si prepara a ospitare la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP16) a Cali tra ottobre e novembre. Una decisione che ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza degli stessi partecipanti. Proprio vicino alla Colombia, in Honduras si sono registrati ben 18 omicidi di attivisti per la difesa dell’ambiente e della biodiversità, che hanno determinato il più alto tasso di omicidi per numero di abitante. A rischio non solo le Americhe.
Le Filippine e il pericolo crescente in Asia
In Asia, le Filippine si confermano il Paese più pericoloso per gli attivisti ambientali, con 17 omicidi documentati. Il rapporto sottolinea anche un aumento dei rapimenti di attivisti nella regione, come dimostrato dai casi di Jonila Castro e Jhed Tamano, due attiviste filippine di 22 e 21 anni che lo scorso anno hanno denunciato di essere state rapite dall’esercit. Jonila è un’organizzatrice della comunità presso il gruppo locale Alliance for the Defense of Livelihood, Housing and Environment in Manila Bay (noto come Akap Ka Manila Bay), mentre Jhed è una coordinatrice del programma Community and Church Program for Manila Bay dell’Ecumenical Bishops Forum.
Nelle Filippine la battaglia è contro l’aeroporto di Manila
Entrambe le avvocatesse erano note per la loro opposizione ai progetti di bonifica del territorio nella baia di Manila, tra cui la costruzione del New Manila International Airport (NMIA) da 15 miliardi di dollari. Da quando il progetto ha ricevuto il via libera nel settembre 2019, ha già costretto centinaia di famiglie a spostarsi, distrutto habitat critici per il clima e devastato la fauna selvatica, come evidenziato da un rapporto di Global Witness all’inizio di quest’anno.
Africa a rischio e Occidente sempre più autoritario
Per nulla diversa la situazione in Africa. Global Witness ha registrato quattro morti, ma ritiene che il numero reale sia probabilmente più alto a causa delle difficoltà nel raccogliere informazioni. La Ong critica inoltre la legislazione britannica e statunitense per le pene severe inflitte agli attivisti e denuncia l’aumento della sorveglianza nell’Unione Europea. In particolare, è sotto mira della Ong il Regno Unito, dove a tre attivisti è stato vietato di usare la crisi climatica come argomento di difesa in tribunale.
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Storie vere
Da scarto di Masterchef alla stella Michelin… alla faccia degli chef super stellati
Scartato da Masterchef, 8 anni dopo ottiene la Stella Michelin. Una bella rivincita per lo chef Gianni Bertone.
Chi l’avrebbe mai detto? Il giovane cuoco molisano Gianni Bertone, scartato ai live cooking di Masterchef Italia, ha scritto una delle storie di successo più dolci e inaspettate del panorama gastronomico italiano. A distanza di otto anni da quella cocente delusione, lo chef Bertone oggi può fregiarsi di una stella Michelin, il massimo riconoscimento per un ristorante. Ma si sa quando ci sono di mezzo passione, tenacia e qualità alla fine si arriva sempre a meta.
Un percorso segnato dalla passione
La passione per la cucina ha sempre guidato Gianni Bertone. Nonostante la giovane età, il suo talento era già evidente, tanto da spingerlo a partecipare ai casting di Masterchef. Nonostante il giudizio negativo di Antonino Cannavacciuolo, che lo aveva bocciato per un piatto giudicato non all’altezza, Bertone non si è arreso. Anzi, quell’esperienza è diventata un trampolino di lancio per ricominciare migliorandosi. E guarda caso proprio Cannavacciuolo, il giudice che lo aveva scartato, gli ha offerto una preziosa opportunità. Lo ha chiamato a lavorare come sous chef nel suo pluristellato Villa Crespi.
La rivincita su Masterchef
Sotto la guida del celebre chef, Bertone ha affinato le sue competenze e ha maturato una solida esperienza. E così nel 2021, gli è stata affidata la guida del ristorante Laqua by the Lake, sul Lago d’Orta, dove ha potuto esprimere appieno talento e creatività. Ed è proprio lì che nel 2025 arriverà la stella Michelin. Una stella che rappresenta il coronamento di un sogno lungo e faticoso. Un riconoscimento che premia la tenacia, la passione e la dedizione di uno chef che non si è mai arreso di fronte alle difficoltà.
Una lezione di vita e un messaggio per le nuove generazioni
La storia di Gianni Bertone è una lezione di vita per tutti coloro che inseguono i propri sogni. A volte, le difficoltà e gli insuccessi possono sembrare insormontabili, ma è proprio in quei momenti che si ha la possibilità di dimostrare il proprio valore. Bertone ce l’ha fatta, dimostrando che con la passione, la determinazione e un pizzico di fortuna si possono raggiungere traguardi impensabili.
Storie vere
Peccato! L’Autovelox non era omologato: annullata la multa per l’automobilista a 255 km/h
Sfreccia in auto a 255 all’ora ma la maxi multa viene annullata: l’Autovelox non era omologato.
Lui tranquillo sfrecciava in auto a ben 255 km/h su un tratto autostradale con limite di 130, ma la multa salatissima gli è stata annullata per un errore burocratico. Mannaggia!! L’Autovelox usato per la contravvenzione non era omologato. Gasp! L’episodio risale allo scorso maggio quando un automobilista è stato multato per eccesso di velocità, con una sanzione di 845 euro e la sospensione della patente da 6 a 12 mesi.
Provaci ancora Sam magari la prossima volta ti beccano per davvero
L’automobilista, assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli di Verbania, ha presentato ricorso alla prefettura di Novara, che ha accolto le sue motivazioni. Il prefetto ha verificato infatti che lo strumento della Polizia Stradale, sebbene “approvato”, non risultava “omologato”, come richiesto dalla legge per validare le rilevazioni di velocità.
Autovelox omologato, automobilista sanzionato!
L’avvocato ha spiegato che il ricorso è stato fondato sulla giurisprudenza della Cassazione, che distingue tra “approvazione” e “omologazione” degli apparecchi di rilevazione. Solo quelli omologati garantiscono misurazioni legittime. Di fronte a questa discrepanza, il prefetto ha annullato la multa e tutte le sanzioni correlate, restituendo anche la patente all’automobilista.
Storie vere
La fabbrica di cioccolato, per Rossella e i suoi colleghi è diventato un mondo che svanisce
La storia di Rossella e dei 115 colleghi della fabbrica di cioccolato Barry Callebaut che ha deciso di chiudere lo stabilimento di Intra. Cercasi acquirente disperatamente…
C’era una volta, in un piccolo angolo d’Italia, una fabbrica che profumava di cacao, di sogni e di cioccolato. Per trent’anni, Rossella Criseo ne ha respirato l’aria, ne ha assaporato il gusto, ne ha sentito il ritmo. Un po’ come Charlie Bucket – personaggio principale del romanzo di Roald Dahl La Fabbrica di Cioccolato da cui sono stati tratte numerose versioni cinematografiche. Anche lei ha trovato nella fabbrica di cioccolato di Intra un mondo tutto suo, un microcosmo dove il tempo scorreva al ritmo dei macchinari e il profumo del cacao avvolgeva ogni cosa. Ma a differenza del fortunato protagonista del romanzo di Dahl, per Rossella questa fabbrica non è stata una porta magica verso un mondo incantato, bensì un luogo di lavoro, un pezzo della sua vita.
Dal sogno all’incubo: vite sospese tra cioccolato e precarietà
“Quando sono entrata per la prima volta in stabilimento avevo appena diciotto anni, ero una ragazzina“, racconta Rossella con la voce velata dalla tristezza. “Ho vissuto più di trent’anni a stretto contatto con il cioccolato, prima nel reparto modellaggio poi nel reparto fabbricazione. Ora la mia vita è in un limbo“, dice sconsolata.
Trent’anni di fedeltà ripagati con la disoccupazione: la rabbia dei lavoratori
Eppure, la sua storia, e quella dei suoi 115 colleghi, è ben lontana dalla fiaba. La Barry Callebaut, la multinazionale svizzera che ha rilevato la fabbrica, ha deciso di chiudere lo stabilimento. “Da un giorno all’altro“, dice Rossella, “ci hanno comunicato che la fabbrica avrebbe chiuso. È come se ci avessero tolto il tappeto da sotto i piedi.” Rossella e i suoi colleghi hanno dato tutto per questa fabbrica. Hanno lavorato sodo, fatto straordinari, sacrificato il tempo libero. Si sono sempre dati da fare. “Siamo stati i primi in Italia a fare le ‘squadrette‘, a lavorare sette giorni su sette. E ora l’azienda ci ripaga così?“, dice con un retrogusto molto amaro. Lo stabilimento è ora nelle mani di Vertus, società incaricata da Barry Callebaut per trovare un nuovo acquirente.
Il marito conosciuto tra una squadretta al fondente e una al latte
La loro fabbrica era più di un semplice luogo di lavoro. Era un pezzo della loro identità, un punto di riferimento per la comunità. “Lo si poteva percepire già fuori alla mattina, prima di entrare in azienda, soprattutto con il vento“, ricorda Rossella. “Era un odore che caratterizzava il quartiere. Una realtà che potrebbe non esistere più.” Ora, mentre si avvicina la data della chiusura, Rossella e i suoi colleghi vivono nell’incertezza. Il futuro per lei e il marito conosciuto in fabbrica, è un’incognita. “Il destino della nostra famiglia è appeso a un filo“, confida. “I nostri colleghi si trovano nella stessa situazione: lontani dalla pensione, con mutui da pagare e figli da mantenere.”
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