Connect with us

Cronaca

Shock: 150 donne, dipendenti di Harrods, accusano Mohamed Al Fayed di molestie

Tutta la Gran Bretagna è senza parole per le notizie riguardo a quello che è stato ribattezzato “l’inferno di Harrods”. Svariate dipendenti degli iconici grandi magazzini molestate da tempo dal proprietario.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Dopo la messa in onda da parte della BBC di un documentario sulle ipotetiche malefatte di Mohamed Al Fayed, in 150 donne si sono fatte avanti per denunciare le molestie subite e per offrire la propria testimonianza, da parte di un uomo che ora viene considerato da più parti un molestatore seriale paragonabile a Harvey Weinstein e Jeffrey Epstein. Al fayed è morto l’anno scorso all’eta di 94 anni.

    Alcune vittime vennero risarcite

    A riprova della fondatezza delle accuse, è già emerso che Harrods ha cominciato a risarcire alcune delle donne – vincolate da accordi di riservatezza – che sostengono di essere state molestate già l’anno scorso. 150 ex dipendenti… non una o due, per uno scandalo che fa tornare alla mente i clamori del #metoo, che puntano il dito contro l’imprenditore egiziano Al Fayed. Una di loro è stata stuprata a 15 anni.

    I nuovi proprietari prendono le opportune distanze

    Una condotta da vero maniaco, peraltro coperta dall’azienda, che getta un’ombra lugubre sul colosso commerciale inglese. Anche se gli attuali proprietari della catane, la famiglia reale del Qatar, si affretta a dichiarare che «Oggi siamo un’impresa completamente diversa». Furono loro nel 2010 a rilevare l’attività, dichiarandosi con un comunicato resosi necessario in questa situazione «profondamente sconcertati da questa vicenda e condanniamo nel modo più assoluto qualsiasi molestia o violenza nei confronti dei nostri dipendenti».

    Anche i reali sapevano

    La famiglia reale britannica fu informata della reputazione di Mohamed al Fayed prima che la principessa Diana andasse in vacanza con la famiglia di Dodi e i figli di lei, nell’estate del 1997. Lo ha dichiarato l’ex capo della sicurezza della famiglia reale Dai Davies in un’intervista a Sky News.

    Un’azione legale in vista

    Nei confronti dell’imprenditore egiziano e dei grandi magazzini Harrods è in preparazione un’azione legale, mentre cresce in Inghilterra lo stupore e il disgusto di fronte ai racconti delle vittime. Storie con ragazze diverse, tutte con l’identico dominatore comune: il viscido atteggiamento di Al Fayed.

    La storia di Kate, pagata per il suo silenzio

    Come Kate, adescata nell 2009 mentre aspettava l’autobus. Una reclutatrice di Al Fayed l’avvicinò, apprezzandone lo stile e le promise una carriera presso i grandi magazzini Harrods. Quando la ragazza si presentò al colloquio, le venne detto che avrebbe lavorato nell’ufficio del presidente. Iniziarono così per lei 13 mesi «d’inferno». Il presidente allungava le mani, reclamando di continuo prestazioni sessuali, con la minaccia del licenziamento. Kate fu comunque tra le più fortunate, riuscendo ad andarsene con un accordo di riservatezza e 60.000 sterline in risarcimenti. Il Sunday Times oggi pubblica un estratto del suo diario, dove teneva traccia delle sue disavventure.

    Per gli avvocati l’azienda sapeva tutto

    Non tutte sono state così “fortunate”: la più giovane del gruppo aveva appena 15 anni quando venne fatta oggetto di stupro. Lavorava da Harrods durante le vacanze scolastiche. Secondo Dean Armstrong, uno degli avvocati che rappresentano le vittime di Al Fayed, il caso è «orrendo, per noi è chiaro che l’organizzazione sapesse del comportamento di quest’uomo». Aspetto che rende il tutto ancora più insostenibile.

      Cronaca Nera

      Mostro di Firenze: riesumati i resti di Francesco Vinci, l’ex moglie crede che sia ancora vivo

      Esami sul DNA per verificare l’identità del cadavere trovato carbonizzato nel 1993. La famiglia sospetta una messa in scena. La riesumazione di Francesco Vinci potrebbe essere il tassello mancante di un puzzle complesso, che lega la sua vicenda personale a quella più ampia e tragica del Mostro di Firenze. Un’ombra lunga che continua a pesare sulla cronaca nera italiana.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Questa mattina, nel cimitero di Montelupo Fiorentino, sono stati riesumati i resti di Francesco Vinci, una delle figure chiave della cosiddetta “pista sarda” legata ai delitti del Mostro di Firenze. L’operazione è stata disposta dalla Procura di Firenze, ma la richiesta iniziale era partita dalla famiglia dello stesso Vinci. La vedova, Vitalia Velis, e i figli vogliono sapere se quel corpo ritrovato incaprettato e carbonizzato nel 1993 sia realmente il loro caro. Secondo la donna, infatti, il cadavere potrebbe non essere di Vinci, e sostiene addirittura di aver visto il marito ancora vivo dopo la sua presunta morte.

        Chi era Francesco Vinci?

        Originario di Villacidro, in Sardegna, Francesco Vinci era uno dei principali sospettati nella “pista sarda” sui delitti del Mostro di Firenze, il serial killer responsabile di otto duplici omicidi tra il 1968 e il 1985. Vinci fu incarcerato nel 1982, ma venne poi rilasciato quando, nel 1983, avvenne il delitto dei ragazzi tedeschi a Giogoli mentre lui era in prigione. La sua morte, avvenuta nel 1993, è sempre stata avvolta nel mistero.

        Il macabro ritrovamento

        Il corpo, trovato carbonizzato in una Fiat Uno nelle campagne di Chianni, vicino Pisa, era irriconoscibile. A complicare ulteriormente l’identificazione, il cadavere era privo delle mani, elemento che impediva un riconoscimento certo. All’epoca, Vinci fu identificato solo grazie a una fede e a un orologio trovati nel veicolo, oggetti che avrebbero potuto essere messi lì da chiunque. La situazione ha alimentato i sospetti della famiglia, convinta che il cadavere potesse non appartenere a lui.

        Il sospetto della moglie e la riesumazione

        La moglie Vitalia Velis ha raccontato di aver visto Francesco dopo la sua presunta morte, in un’auto, e di averlo perfino salutato. Un’ipotesi che sembrerebbe assurda, ma che ha spinto la famiglia a chiedere un esame del DNA per chiarire la questione. Ora, grazie alla riesumazione e all’analisi del materiale genetico, si cercherà di stabilire con certezza se i resti appartengano davvero a Vinci. L’esame comparativo del DNA verrà condotto con il materiale genetico dei figli e i risultati potrebbero finalmente chiudere questo capitolo ambiguo.

        I dubbi degli inquirenti

        Il criminologo Davide Cannella, che assiste la famiglia, ha sottolineato come, sin dall’inizio, ci siano state delle anomalie. “Dall’autopsia emergono elementi che non quadrano. Chi ha ucciso Vinci e Angelo Vargiu, trovato insieme a lui nell’auto, ha cercato di rendere impossibile il riconoscimento”, ha dichiarato. Mancano, infatti, le mani, e non è stato mai trovato il proiettile che avrebbe potuto fornire ulteriori indizi.

        L’importanza del DNA

        Il lavoro degli esperti sarà cruciale. Se il genetista riuscirà a estrapolare il DNA dai resti riesumati, verrà comparato con quello dei figli di Vinci. Questo permetterà di confermare, o smentire, l’identità del corpo ritrovato. In caso di corrispondenza, il campione genetico verrà inserito nella banca dati delle indagini sui delitti del Mostro di Firenze, un’inchiesta che, nonostante gli anni, continua a sollevare interrogativi e a cercare risposte.

        Un’indagine senza fine

        Alla riesumazione, oltre alle pm Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, erano presenti anche i figli di Vinci e i loro consulenti: il genetista forense Eugenio D’Orio e il medico legale Aldo Allegrini. I resti sono stati trasportati all’istituto di medicina legale di Firenze, dove saranno esaminati dai periti. La speranza è che i risultati possano fornire un po’ di chiarezza a una storia che, a trent’anni di distanza, ancora non ha trovato il suo epilogo.

          Continua a leggere

          Cose dell'altro mondo

          Papa Francesco sorprende tutti e va al bar a prendersi un caffè: “Per favore, mi fa un espresso?”

          Durante la visita in Lussemburgo, il Pontefice rompe il protocollo e va al bar dopo pranzo per gustarsi un caffè. Il barista: “Il caffè più stressante che abbia mai preparato”

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            LUSSEMBURGO. Non smette mai di stupire Papa Francesco, capace di trasformare ogni occasione in un momento di vicinanza e autenticità. Durante il viaggio ufficiale in Lussemburgo, il Pontefice ha aggiunto un tocco personale alla sua visita rompendo il protocollo. Dopo il pranzo con l’amico cardinale Jean Claude Hollerich, ha chiesto di fare una breve sosta in un bar per un caffè. Una richiesta che ha lasciato di stucco gli accompagnatori, abituati a ben altro tipo di impegni ufficiali.

            È così che Papa Francesco si è trovato al caffè Grupetto, un locale frequentato soprattutto da tifosi del ciclismo, in Rue Notre Dame. Ad accoglierlo un giovane barista, André Ribeiro, che, incredulo, si è ritrovato a preparare il caffè più importante della sua vita. “È stato il caffè più stressante che abbia mai fatto”, ha raccontato Ribeiro, ancora emozionato per l’incontro inatteso. Il Papa, seduto sulla sua sedia a rotelle e circondato dalle guardie del corpo, ha sorseggiato l’espresso con la serenità di chi fa parte della vita quotidiana, scambiando qualche parola con i presenti e regalando sorrisi.

            Una scena quasi surreale, quella di Papa Francesco al bancone di un bar, ma che riflette perfettamente il suo stile di vicinanza alla gente. Non è la prima volta che il Pontefice stupisce con gesti di estrema semplicità. A Roma aveva fatto parlare di sé quando decise di recarsi personalmente dall’ottico per sostituire le lenti degli occhiali, attirando curiosi e passanti increduli nel centro storico della capitale. E chi può dimenticare quando partecipò a una cena con i volontari della Giornata Mondiale della Gioventù e mangiò la famosa pizza di O’ Zì Aniello, scherzando e scattando foto con tutti come se fosse uno di famiglia.

            Tornando al bar di Lussemburgo, il Papa ha dimostrato ancora una volta la sua attenzione verso le persone comuni. Dopo aver lasciato il locale, si è fermato lungo il percorso per benedire una donna incinta, un gesto che ha emozionato non solo la futura mamma, ma anche tutti coloro che hanno assistito alla scena. “Mi ha benedetto il pancione, è stata un’emozione indescrivibile”, ha raccontato la donna.

            Questi gesti, che possono sembrare piccoli e informali, raccontano in realtà molto della personalità di Papa Francesco. La sua capacità di rompere le barriere del protocollo, di avvicinarsi alla gente comune, di condividere momenti di vita quotidiana con semplicità e spontaneità, rendono ogni sua azione un esempio di umanità e vicinanza. Anche il barista André Ribeiro, nel ricordare quel momento unico, ha detto che l’atmosfera del locale si è improvvisamente riempita di calore e serenità.

            Dopo il caffè e gli incontri lungo il percorso, il Papa è tornato alla Casa Arcivescovile per continuare la giornata prevista. Un fuori programma, quello di Lussemburgo, che ha aggiunto un capitolo di umanità e semplicità alla storia di un Pontefice che non smette mai di sorprenderci, anche con un semplice espresso.

              Continua a leggere

              Cronaca

              Mistero sul naufragio del Bayesian: documenti segreti e spionaggio internazionale sul relitto del mega yacht affondato a Porticello

              Un incidente sospetto, la morte di personaggi di spicco e un relitto che potrebbe contenere informazioni scottanti. I servizi segreti di mezzo mondo puntano gli occhi sulle casseforti del tycoon britannico Mike Lynch.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                A più di un mese dal naufragio del Bayesian, il mistero si infittisce. Cosa si nasconde sul fondo del mare, a cinquanta metri di profondità davanti alla costa di Porticello, dove giace il relitto del veliero più grande del mondo? Un incidente che ha portato alla morte del magnate britannico Mike Lynch e di altre sei persone, tra cui il presidente della Morgan Stanley International Jonathan Bloomer e sua moglie, sembra nascondere molto più di quanto appaia. Non solo un semplice disastro marittimo: il recupero dell’imbarcazione potrebbe rivelare informazioni sensibili che fanno gola a molti.

                Hard disk super-crittografati e documenti riservati: una spy story in fondo al mare

                Secondo fonti vicine al caso, all’interno delle casseforti a tenuta stagna del Bayesian si troverebbero due hard disk contenenti dati altamente classificati, tra cui codici di accesso e informazioni di rilevanza strategica per alcuni governi. La loro presenza a bordo del mega yacht di Lynch, fondatore di Darktrace, una delle più avanzate aziende di cybersecurity, solleva interrogativi inquietanti. E se quei documenti fossero davvero tanto preziosi? Perché Lynch si trovava in Sicilia con informazioni tanto delicate? E, soprattutto, chi potrebbe essere interessato a quei dati?

                La caccia al relitto: sub e sorveglianza armata

                L’operazione di recupero è appena iniziata, ma già si avvertono le tensioni. I sub incaricati dei rilievi preliminari hanno richiesto una sorveglianza armata durante le operazioni, temendo che i contenuti delle casseforti possano attirare l’attenzione di governi stranieri, in particolare di Russia e Cina. Che tipo di informazioni avrebbe potuto accumulare Lynch nei suoi hard disk? Quali segreti si celano tra i flutti di Porticello?

                Indagini e sospetti: l’ombra del sabotaggio

                La Procura di Termini Imerese ha già iscritto nel registro degli indagati tre membri dell’equipaggio con l’accusa di omicidio colposo plurimo e naufragio colposo. Tra loro, il comandante James Cutfield, l’ufficiale di macchina Tim Parker Eaton e il marinaio Matthew Griffith. Ma l’ipotesi di una catena di errori umani sembra troppo semplice per un incidente dalle dinamiche così controverse. Un’inchiesta che non esclude il sabotaggio e che potrebbe portare a nuove clamorose rivelazioni.

                Il ruolo di Lynch: tycoon e pedina dello spionaggio?

                Mike Lynch non era solo un tycoon: il suo coinvolgimento in progetti di cybersicurezza e la sua collaborazione con agenzie di intelligence occidentali lo rendevano un uomo chiave, portatore di segreti che potrebbero destabilizzare interi scenari geopolitici. Non sorprende che governi come quello russo e cinese, sempre in cerca di informazioni strategiche, siano interessati a quanto custodito sul Bayesian. Se le teorie fossero confermate, il naufragio di Porticello rischierebbe di diventare molto più di una tragedia personale e finanziaria: un vero e proprio caso internazionale.

                Un finale ancora da scrivere

                Mentre gli occhi del mondo sono puntati su questo relitto, il destino del Bayesian e dei suoi segreti resta avvolto nell’ombra. Il recupero dell’imbarcazione potrebbe portare alla luce informazioni che farebbero tremare molti potenti. In gioco non c’è solo la verità su un disastro in mare, ma l’equilibrio di un mondo sempre più dominato da informazioni e tecnologia. Resta solo da vedere chi riuscirà a mettere le mani per primo su quel prezioso carico.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù