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Politica

Musk ci prova e Meloni si lascia corteggiare: “Giorgia è più bella dentro che fuori…”. E lei cita Michael Jackson

Durante l’evento del think tank newyorkese Atlantic Council, Elon Musk si lancia in elogi a Meloni, che incassa sorridente. La premier, sul palco, sfoggia un discorso nazional-sovranista citando Michael Jackson, ma dimentica “We Are the World”. E intanto snobba Biden per non scontentare Trump.

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    Sembra l’inizio di una commedia romantica, invece è politica internazionale. Sul palco di New York, Elon Musk si lascia andare a complimenti che ricordano più un corteggiamento che un riconoscimento istituzionale: “Giorgia è ancora più bella dentro che fuori, la ammiro molto”. Meloni incassa sorridente, alternando battute e sguardi d’intesa. Forse l’unica a non farsi conquistare è la platea dell’Atlantic Council, che sembra aver preso in maniera molto fredda la decisione della premier di farsi premiare dal tycoon trumpiano.

    Una citazione che fa ballare (ma solo Meloni)

    Non c’è che dire, Meloni sul palco sa come tenere l’attenzione. Senza mai guardare i fogli, con una naturalezza che nemmeno le star di Hollywood, si lascia andare a una battuta dai tempi comici perfetti: «Come diceva il mio insegnante d’inglese, il cantante Michael Jackson, “I’m starting with the man in the mirror, I’m asking him to change his ways”». Ovvero, per dirlo in italiano, “Comincio con l’uomo nello specchio, gli chiedo di cambiare la sua strada.”

    Un piccolo balletto, una citazione che strappa qualche sorriso compiaciuto. Ma c’è chi fa notare che Meloni sembra dimenticare che il re del pop abbia anche cantato anche “We Are the World”, quella canzone che inneggiava alla solidarietà globale e all’aiuto reciproco. Un concetto che stona un po’ con il tono del discorso che la premier sta per lanciare sul palco.

    Nazionalismo in salsa pop

    E infatti, dopo Michael Jackson, la premier vira su un tema più familiare: l’elogio del nazionalismo occidentale. «Non dovremmo vergognarci di usare e difendere parole come Nazione e Patriottismo. Significano più di un luogo: rappresentano uno stato d’animo a cui si appartiene condividendo cultura, tradizioni e valori». Poi lancia la sfida a chiunque osi mettere in dubbio l’identità dell’Occidente: «Ricordare chi siamo è la vera arma con cui possiamo difenderci dai nostri nemici».

    Il club delle citazioni: Prezzolini, Reagan e…

    Tra una strizzata d’occhio e una citazione pop, Meloni infila anche un paio di nomi che farebbero scaldare il cuore a qualunque sovranista: Giuseppe Prezzolini, Roger Scruton e, ovviamente, Ronald Reagan. Riferimenti che sembrano più coerenti con l’ideologia della destra italiana che non con il genio di Michael Jackson, quello che – danzando come fosse sulla Luna – cantava “We Are the World” e insegnava che «tutti noi dovremmo dare una mano soccorritrice» e «salvare vite». C’è da chiedersi se Giorgia, in quel caso, abbia pensato che i testi del re del pop fossero un po’ troppo “globalisti” per la sua platea.

    Biden chi?

    E così. mentre Musk si lancia in dichiarazioni che fanno pensare a un sequel di “Notting Hill”, la vera notizia è che Meloni ha deciso di snobbare il vertice con Biden alla Casa Bianca. Ufficialmente, vuole mantenere una posizione “equidistante”, ma è chiaro che la premier italiana non vuole inimicarsi Trump, in vista delle prossime elezioni americane. Meglio non rischiare, insomma, e mandare un messaggio chiaro a tutti: l’Italia, anche quando balla al ritmo di Michael Jackson, sa bene da che parte stare.

    Conclusione in salsa politica (e pop)

    Insomma, tra lusinghe pubbliche e calcoli politici, la serata di New York si è trasformata in uno show mediatico. Meloni ha incassato i complimenti di Musk, che più che un premio sembrava volerle offrire un mazzo di rose, e ha risposto con un discorso infarcito di citazioni e nazionalismo. Resta solo da chiedersi se, alla fine, il messaggio che passerà è quello del Michael Jackson di “Man in the Mirror” o del Michael Jackson di “We Are the World”.

      Politica

      Pier Silvio Berlusconi scende in politica ad aprile! Tra rumors e strategie, il futuro del figlio del Cavaliere

      L’ad di Mediaset potrebbe aver fissato una data per una svolta decisiva nella sua vita professionale. Ecco cosa potrebbe succedere e quali sono le posizioni della famiglia Berlusconi.

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        Da mesi si rincorrono voci sempre più insistenti su una possibile discesa in politica di Pier Silvio Berlusconi. I rumor sembrano confermare che l’ad di Mediaset stia riflettendo su un passo che potrebbe cambiare lo scenario politico italiano. In particolare, si ipotizza che Pier Silvio possa attendere il prossimo aprile 2025, data indicata come possibile per il referendum sull’autonomia differenziata. Perché proprio quel momento? Per molti, la tornata referendaria rappresenta un possibile punto di svolta: una sconfitta del centrodestra potrebbe scatenare una crisi di governo e offrire a Pier Silvio un trampolino per il grande salto.

        Ma perché l’idea di un ingresso in politica da parte del figlio del Cavaliere continua a far discutere? Da una parte c’è la fascinazione per un’eredità politica e mediatica che sembra inevitabile. Silvio Berlusconi è stato, e rimane, una figura imprescindibile della storia recente italiana. Il pensiero di una continuità, con Pier Silvio pronto a guidare Forza Italia o a creare un movimento tutto suo, sembra affascinare molti.

        Dall’altra, però, c’è chi sottolinea le difficoltà e le insidie di un simile percorso. Anche in famiglia le opinioni sono divergenti. Se da una parte ci sono sostenitori, come la compagna Silvia Toffanin e Niccolò Querci, dall’altra troviamo la ferma opposizione di Marina Berlusconi. La primogenita, infatti, sembra poco convinta che la politica possa giovare alle aziende di famiglia, oggi più solide che mai e lontane dai tempi in cui le battaglie del padre le rendevano vulnerabili.

        Marina e Pier Silvio: due visioni, un’unica famiglia

        Il contrasto tra fratelli è una delle chiavi di lettura più interessanti di questa possibile evoluzione. Marina è stata sempre in prima linea per difendere l’onore e il patrimonio di famiglia, ma preferisce una gestione più defilata, lontana dalle luci della ribalta. Per lei, dopo anni di battaglie legali e mediatiche che hanno segnato profondamente la storia dei Berlusconi, entrare nel “tourbillon” politico significherebbe esporsi a rischi inutili. Dall’altro lato, Pier Silvio sembra più aperto all’idea di un impegno diretto, forse perché ha già vissuto in prima persona l’ambiente complesso e articolato di un colosso mediatico come Mediaset, dove le dinamiche del potere non sono poi così diverse da quelle della politica.

        Cosa succederà nei prossimi mesi?

        Se il progetto politico di Pier Silvio prenderà forma, lo scopriremo presto. Intanto, il 2025 si avvicina e con esso nuove sfide per il nostro Paese. La politica, così come le dinamiche familiari, resta imprevedibile. Resta da capire se Pier Silvio riuscirà a trovare un equilibrio tra la sua carriera imprenditoriale e la tentazione di un ruolo più attivo nello scenario politico nazionale.

        Non ci resta che attendere e vedere se davvero l’eredità politica del Cavaliere troverà nuova vita, oppure se il nome Berlusconi resterà legato solo alla storia di chi ha già scritto pagine memorabili, ma non ne scriverà di nuove.

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          Politica

          Caso Boccia: quando il cellulare vibra come un terremoto, scosse di magnitudo politica

          I dispositivi sequestrati alla manager campana, ex amante dell’ex ministro Sangiuliano, potrebbero contenere prove che aggravano la posizione di Gennaro “Genny Delon”. Intanto, lei sfida i pm con messaggi provocatori sui social.

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            Maria Rosaria Boccia sembra non avere paura. Anzi, sfida apertamente gli inquirenti che hanno sequestrato i suoi dispositivi elettronici, pubblicando foto di nuovi iPhone e scrivendo “Operativa”. Ma, dietro questa ostentazione, si nasconde una vera bomba a orologeria per l’ex ministro Sangiuliano. Perché, se è vero che i carabinieri stanno analizzando i 15 device sequestrati – tra cellulari, tablet, pc e pen drive – ciò che potrebbero trovare non riguarda solo le bravate sentimentali di Boccia, ma anche documenti riservati e conversazioni compromettenti che coinvolgono il Ministero della Cultura e lo stesso Gennaro.

            In questo gioco di potere e ricatti, l’ex amante si è mossa con disinvoltura tra conversazioni al limite dell’intrusione e messaggi apparentemente innocui, ma potenzialmente devastanti per la carriera politica di Sangiuliano. Basti pensare alle sue telefonate alla moglie di lui, Federica Corsini, per raccontarle ogni dettaglio della loro relazione, inclusi i viaggi istituzionali e gli appuntamenti privati. “Mi sento la moglie di un ministro” – scriveva lei, e intanto lo teneva in pugno. Ma, se i pm trovassero prove di un coinvolgimento attivo di Genny Delon nel traffico di informazioni riservate, la situazione per lui si complicherebbe ulteriormente.

            Amore, ricatti e screenshot: cosa c’è nei device di Boccia

            Si sa che Maria Rosaria, dopo essere stata scaricata come un sms non letto, non l’ha presa bene. Invece di andare avanti con il suo ruolo di influencer, ha deciso di puntare in alto, sfruttando quella che credeva essere una polizza d’assicurazione a vita: le chat e i documenti raccolti durante la relazione con l’ex ministro. “Sono arrivato al punto di non farmi problemi se tu fossi incinta di me, anzi sarei felicissimo” scriveva Sangiuliano, in un momento di debolezza. Ma questo messaggio, più che una dichiarazione d’amore, suona come una resa.

            È evidente che l’ex ministro era alle corde. Non è chiaro se per amore o per paura, ma di certo non aveva più il controllo della situazione. E Maria Rosaria, forte di questa consapevolezza, non ha esitato a fare pressioni, minacciare rivelazioni, inventare false gravidanze e simulare la sua presenza in luoghi privati frequentati da Sangiuliano. Il tutto, per ottenere un posto da consigliera per i Grandi Eventi, mai arrivato. Alla fine, quello che ha ottenuto è stato solo un avviso di garanzia.

            Un’ombra lunga sul ministero

            Il sequestro di 600 giga di dati elettronici fa tremare molti, dentro e fuori dal Ministero della Cultura. Gli inquirenti cercheranno prove non solo di pressioni indebite, ma anche di eventuali informazioni riservate passate dalla scrivania del ministro a quella della sua amante. Qualsiasi cosa emerga, la posizione di Sangiuliano potrebbe aggravarsi, con l’accusa di rivelazione di segreto e peculato che rischia di assumere contorni ben più seri.

            La “Poppea di Pompei” contro il governo

            La presenza di Boccia nel mondo istituzionale, pur non avendo nessun titolo ufficiale, ha sollevato più di una perplessità. Come ha fatto ad avere accesso a determinati ambienti e a ricevere documenti riservati? Quali promesse le sono state fatte e da chi? Sono tutte domande che, per ora, rimangono senza risposta.

            Intanto, mentre gli inquirenti cercano di fare luce sui dettagli più sordidi di questa vicenda, la “Poppea di Pompei” si gode il suo momento di celebrità sui social, sfoggiando nuovi dispositivi e rilanciando con ironia i suoi hashtag. Ma tra un post e l’altro, la situazione per lei si fa sempre più critica. È vero che ha perso il posto al ministero, ma potrebbe aver guadagnato un altro tipo di riconoscimento: quello di principale testimone (e imputata) in uno dei più clamorosi scandali politici degli ultimi anni.

            E Genny Delon? Per lui, il peggio potrebbe ancora venire. Chissà cosa spunterà fuori da quei cellulari sequestrati. Forse non sono solo i fedelissimi del ministero a dover tremare, ma anche qualche volto noto del governo. Un consiglio a Genny: quando si parla d’amore e potere, meglio usare la testa e non solo il cuore.

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              Politica

              Vannacci, l’ultradestra lo mette in panchina: troppo estremo persino per i Patrioti?

              Alla vigilia della festa nazionale del movimento “Noi con Vannacci”, arriva la notizia della sospensione dell’ex generale, troppo “estremo” persino per i suoi alleati europei

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                Roberto Vannacci, l’ex generale che è diventato un simbolo dell’ultradestra sovranista in Europa, ha ricevuto una sorpresa amara: la sospensione dalle sue funzioni di vicepresidente dei Patrioti, il gruppo sovranista di Viktor Orbán. La notizia è stata confermata da Jean-Paul Garraud, capodelegazione dei lepenisti, durante una conferenza stampa a Strasburgo.

                La sospensione di Vannacci, avvenuta poco prima dell’inizio della “prima festa nazionale” di Noi con Vannacci a Viterbo, è un colpo di scena inaspettato. Vannacci, che era stato accolto con entusiasmo nella Lega e promosso come vicepresidente dei Patrioti, è ora in una posizione precaria. Sembra che le sue dichiarazioni, definite “omofobe” dal leader lepenista Jordan Bardella, siano state la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

                “Sino a due giorni fa risultavo vicepresidente, ora non lo so, nessuno mi ha detto nulla. Devo vedere sul sito. Contano i documenti ufficiali, io non ho ricevuto niente di ufficiale a riguardo”, ha commentato Vannacci, chiaramente colto di sorpresa.

                I malumori nel gruppo dei Patrioti
                Già prima dell’estate, c’erano segnali che qualcosa non andasse. L’elezione di Vannacci a vicepresidente del gruppo dei Patrioti, avvenuta per acclamazione insieme ad altri cinque vicepresidenti, non era stata accolta con grande entusiasmo da tutti. Bardella, il delfino di Marine Le Pen, aveva già preso le distanze dalle dichiarazioni di Vannacci, affermando di non condividerle né tantomeno approvarle.

                Ora, con la sospensione, sembra che Vannacci sia diventato “troppo” persino per i suoi alleati dell’ultradestra. Un uomo di potere navigato che, nonostante l’esperienza, sembra aver perso il controllo della situazione. Sarà l’inizio della fine per la sua carriera politica europea?

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