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Punti di svista

La triste disfida tra rapper diventa un patetico show

Fedez e Tony Effe a caccia di visualizzazioni e di like, chissenefrega se la musica viene relegata all’ultimo posto… l’importante è fare notizia, sempre e comunque.

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    Mi si nota più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Il dubbio amletico di Nanni Moretti in Ecce Bombo non esiste nel mondo del rap. Di certo ci si fa notare quando si è notati, anche se per farlo si sfiora il patetico. Per informazioni citofonare a Fedez e Tony Effe, che si sono contesi le prime pagine dei giornali non grazie a qualche strofa potente o a un nuovo sound rivoluzionario, ma grazie all’ultimo tragico e patetico episodio di una presunta “guerra tra rapper” che ispira un po’ di tenerezza e molta tristezza.

    Che barba, che noia…

    Il re delle polemiche su Instagram contro il campione dei trapper con la vocale mononota. E se già state sbuffando, avete ragione. Questo dissing, più che una sfida epica tra titani, sembra la trama di un film di serie B che nessuno vuole vedere, ma che alla fine tutti guardano, magari per sentirsi superiori.

    Sberleffi, insulti… ma la musica dov’è?!?

    In realtà quello che va in scena è una triste battaglia a caccia di un consenso più effimero che reale. Da un lato l’icona del rap diventato personaggio dei social e della tv, dall’altra il cattivo che cerca di accreditarsi come duro scimmiottando i gangsta rap americani. Ma in fondo, quello che rimane, è solo una guerra di like e visualizzazioni in cui la musica non conta nulla. E qualcuno, visti i risultati, potrebbe dire “meno male”. Perché mentre loro si azzuffano a suon di frecciatine, la colonna sonora di questo triste spettacolo è sempre più inascoltabile.

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      Chi ha paura dell’AI? Chi l’ha creata sa cosa può fare…

      Due premi Nobel che si dicono preoccupati per gli sviluppi che questa nuova tecnologia potrebbe avere, in termini di scollamento con la realtà: c’è da stare davvero allegri…

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        Se anche due premi Nobel prendono le distanze da quella che in qualche modo è la loro creazione, forse è davvero il caso di prestare attenzione. Il Premio Nobel per la Fisica è stato‍ assegnato a John Hopfield e Geoffrey Hinton per il loro contributo fondamentale nello ‌sviluppo delle ​reti neurali artificiali, algoritmi che hanno​ rivoluzionato l’apprendimento delle macchine ponendo le basi per l’intelligenza artificiale. Ma loro stessi, che la materia la conoscono piuttosto bene, hanno detto di essere molto preoccupati per quello che potrà accadere. Non si tratta dei soliti teorici del complotto, ma di scienziati che hanno speso una vita a decifrare i misteri dell’universo. Se perfino loro si preoccupano…


        Il punto non è tanto che l’AI possa dominare il mondo come si vede in film di fantascienza di serie B ma quanto un eccesso di utilizzo di queste tecnologie possa farci perdere il controllo della nostra stessa realtà. Decisioni cruciali per il nostro futuro non possono essere affidate solo e soltanto alle macchine. Non si tratta dunque di fermare il progresso, ma di gestirlo. Perché l’intelligenza artificiale non sfoci nell’ennesima prova di stupidità umana.


        E se l’allarme dei due Nobel non basta, ricordiamoci tutti di un tale Albert Einstien, colui che tra i primi comprese le potenzialità della bomba atomica ma, proprio perché ne conosceva a fondo anche i rischi, si guardò bene dal partecipare al suo progetto di sviluppo. Ecco, se non dalla fisica, impariamo dalla storia.

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          La differenza tra legittima difesa e vendetta

          Una recente notizia di (brutale) cronaca ci offre lo spunto per una riflessione più che mai opportuna. In favore della giustizia – sempre invocata – e contro i giustizieri

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            Viene derubata della borsa, sale in macchina, insegue il ladro, lo raggiunge e lo investe, passandogli sopra due, tre, quattro volte, uccidendolo. E poi va via come se nulla fosse. Il fatto di cronaca in sè è aberrante ma il problema, ahinoi, è un altro. Perché in tanti, troppi, hanno pensato e detto che in fondo “ha fatto bene”, che si tratta di “legittima difesa” ma anche che quel ladro “se l’è cercata”, fino al tanto immancabile quando idiota “uno di meno”.

            Tutto questo non è giustizia

            Bisogna essere chiari: la rabbia e la frustrazione sono comprensibili, anche una reazione scomposta, al limite. Ma questa, nello specifico, non è autodifesa, non è legittima difesa. È vendetta. È un omicidio. E vendetta e omicidio non sono accettabili, non siamo nel far West.

            Il populismo non porta a nulla di buono

            Va bene lamentarsi che viviamo nell’insicurezza, che i processi sono lunghi e che le pene per chi delinque spesso sono troppo blande ma alimentare la visione per cui la vendetta è la risposta porta solo al caos. Ognuno diventa giudice, giuria e boia. E questo è inaccettabile. O è davvero questo il mondo in cui vogliamo vivere? Quello in cui ognuno si erge a vendicatore e si fa giustizia da solo? Non facciamo confusione o populismo da quattro soldi. Ricordiamoci che viviamo in uno stato di diritto. Sempre, non solo quando fa comodo a noi.

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              La Georgia e il rischio di una nuova Ucraina: non giriamoci dall’altra parte

              Sembra di assistere alla replica di un film che, ormai, dovremmo conoscere fin troppo bene. Non possiamo rappresentare solo degli spettatori silenti, è in gioco il futuro di tutti.

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                Sarebbe facile liquidare la questione come lontana e dire che non ci interessa. Ma quanto accaduto in Georgia ci riguarda eccome. Le elezioni nell’ex Paese sovietico sono l’ennesimo capitolo di un libro che abbiamo ormai imparato a conoscere: irregolarità diffuse, brogli, caos e l’ombra lunga della Russia.

                L’importanza di schierarsi

                Video, foto e prove, mostrano in maniera palese e inequivocabile come ci siano state manipolazioni del risultato, tanto da spingere centinaia di migliaia di persone a scendere in piazza per chiedere nuove elezioni davvero libere. «Chi se ne importa?», si potrebbe dire. Ci importa eccome. Perché la posta in gioco non è soltanto la politica interna di un Paese che non ha questa grande rilevanza, ma anche e soprattutto la collocazione geopolitica di quel Paese in Europa, ovvero, piaccia o no, di tutti noi.

                Lontano dall’Europa

                E poi, una volta di più, va stigmatizzato il costante «gioco» della Russia che per allargare quanto più possibile le proprie influenze, conduce quella che viene definita «guerra ibrida», fatta di spie ma anche di hacker, fake news e appunto brogli. In questo caso, per ostacolare il processo democratico della Georgia e screditare ogni tentativo di avvicinamento all’Europa.

                Il pericolo di essere spettatori muti

                L’Occidente resta pericolosamente a guardare, diviso tra supporto simbolico e preoccupazione poco manifestata. I georgiani che lottano per un voto libero contro le pressioni esterne, ci ricordano quanto alto sia il prezzo della libertà. E quanto alto sia il pericolo di vedere un film drammaticamente già visto. Tbilisi può diventare una nuova Kiev e sul caso ucraino l’Occidente si è girato più che abbastanza dall’altra parte. Impariamo dagli errori. Ci riguarda eccome.

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