Storie vere
La felicità? Fare pascolare le mucche. Dall’ufficio all’alpeggio l’ingegnere cambia vita
Stufo della vita in ufficio, otto ore al giorno alla scrivania davanti al pc, un giovane ingegnere di Bologna ha lasciato tutto ed è andato a vivere in alpeggio.

Si chiama Federico Moretti il giovane ingegnere che ha deciso di abbandonare la carriera promettente e il posto fisso per vivere immerso nella natura. Tra montagne e animali. “Altro che ufficio, la vera felicità è tra i prati di montagna“. A pascolare le mucche in alpeggio.
Dal sogno del posto fisso all’alpeggio
Federico è figlio di una famiglia che ha sempre creduto nel posto sicuro. Ha seguito il classico percorso di un giovane serio e a modo. Prima il diploma, poi la laurea in ingegneria con un master sulla meccanica delle moto. Quindi inizia a lavorare ma anche ad annoiarsi del tran tran quotidiano. Cambia lavoro e lo ricambia ancora. Così dopo varie esperienze lavorative, arriva inesorabile la crisi: “Ero stufo della vita da ufficio“. E quindi? Quindi prende e parte. Ma per andare dove?
Tra l’officina e la montagna
All’inizio è stato difficile fare l’ultimo miglio. Staccarsi definitivamente. Anche se durante il tempo libero, Federico scappava dalla città per arrampicare sulle Dolomiti o pedalare in montagna dove trovava quella pace così tanto agognata. E soprattutto silenzio, tempi lenti…Ed ecco che un giorno gli si apre l’interruttore e la luce illumina il suo futuro percorso di vita. Decide che vuole vivere all’aria aperta, lassù in montagna. Così quando un giorno gli si prospetta di firmare un nuovo contratto di lavoro, ci pensa una giornata e alla fine prende la decisione giusta: rifiuta il contratto e decide di andare a lavorare in un alpeggio.
Il colpo di fulmine dell’alpeggio
Si rivolge agli amici finché uno di questi gli suggerisce un lavoro come factotum in un agriturismo a Gressoney, Valle d’Aosta. “Altro che ufficio, qui faccio di tutto!” racconta Federico: dalla cucina al pascolo delle mucche, passando per la produzione di formaggi e la gestione degli ospiti.
Stanco morto ma felice
La sua nuova vita è faticosa, ma appagante. Dice: “Arrivo a sera distrutto, ma felice“. A questo punto Federico non rimpiange il vecchio lavoro. Ora è felice tra gli animali, i clienti soddisfatti e le giornate piene. Ha trovato la vera libertà e la serenità che cercava.
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Storie vere
Il prossimo 27 aprile Carlo Acutis sarà canonizzato. Il santo della generazione digitale
La canonizzazione e il crescente fenomeno attorno al giovane beato, tra fede, tecnologia e controversie sulle reliquie.

Deceduto nel 2006 a soli 15 anni per una leucemia fulminante, Carlo Acutis sarà proclamato santo il prossimo 27 aprile. La sua figura ha ispirato un culto in continua crescita, con oltre un milione di pellegrini che nel 2024 hanno visitato il Santuario della Spogliazione ad Assisi, dove riposano le sue spoglie. Il giovane è ricordato per la sua passione per la tecnologia, che gli ha valso il titolo di “patrono di Internet“. È ammirato soprattutto dai giovani, grazie alla sua capacità di vivere e condividere la fede con un linguaggio moderno, accessibile e vicino ai loro interessi.
Le reliquie e le numerose controversie
L’interesse per Carlo Acutis ha portato a una “corsa” alle sue reliquie. Recentemente, una ciocca di capelli è stata venduta su eBay per 2.110 euro. Il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, ha denunciato il commercio illegale di reliquie, e il caso è ora al vaglio delle autorità. Le reliquie ufficiali, custodite dalla Diocesi di Assisi, includono porzioni del cuore del giovane. Saranno portate a Roma per la canonizzazione e sono distribuite solo per motivi pastorali o spirituali.
Acutis un fenomeno di fede
Nel 2019, le spoglie di Carlo sono state traslate al Santuario della Spogliazione, aumentando significativamente il numero di visitatori ad Assisi. A differenza delle tradizionali reliquie, il corpo del beato, esposto in una teca di vetro, colpisce per la sua semplicità: indossa una tuta e scarpe da ginnastica, un’immagine che lo rende straordinariamente umano e vicino ai fedeli.
Secondo il vescovo Sorrentino, Carlo ha saputo riproporre il Vangelo con il linguaggio del nostro tempo, coinvolgendo chi lo percepiva distante. Il suo carisma sta nell’essere un giovane “normale”, che ha vissuto con entusiasmo, affrontando la malattia con fede e serenità, come San Francesco. Il legame con la città di Assisi nasce dal suo desiderio espresso in vita di essere sepolto lì, volontà rispettata dai genitori dopo la sua morte. Il giovane Carlo è già associato a due miracoli. La guarigione di un bambino brasiliano e, più recentemente, quella di una giovane del Costa Rica, vittima di un grave incidente, che sarà presente a Roma per la canonizzazione.
Storie vere
«Vorrei ordinare una pizza». Il bambino chiama il 112 e salva la madre con il codice parlato
Questo codice rappresenta un passo importante nella lotta contro la violenza domestica, offrendo un modo sicuro per chiedere aiuto.

Una pizza che ti salva la vita. Un bambino di 10 anni ha salvato la madre da un episodio di violenza domestica chiamando il 112 e ordinando una pizza. Una telefonata mascherata che ha permesso alle forze dell’ordine di intervenire tempestivamente e arrestare il padre violento. Questo gesto eroico non solo ha protetto la sua famiglia, ma ha anche messo in luce l‘importanza di codici e strategie per denunciare situazioni di pericolo.
La chiamata in codice
«Pronto, vorrei ordinare delle pizze». Con queste parole, il bambino ha attirato l’attenzione dell’operatore del 112, che ha compreso la gravità della situazione. Le urla e i rumori di colluttazione in sottofondo hanno confermato il pericolo, portando alla geolocalizzazione del telefono e all’invio di una pattuglia. L’uomo è stato arrestato in flagranza di reato e allontanato dalla casa.
Una pizza contro la violenza domestica
La frase «Vorrei ordinare una pizza» è diventata un simbolo di richiesta d’aiuto in diverse situazioni di emergenza. Sebbene non sia chiaro quando sia stata utilizzata per la prima volta, è stata adottata in diversi contesti come un modo discreto per segnalare pericolo, spesso appresa tramite campagne di sensibilizzazione, programmi scolastici o media. E’ cruciale, infatti, diffondere strumenti per aiutare le vittime di violenza domestica. Episodi come questo sottolineano l’importanza di educare la società a riconoscere e combattere la violenza domestica. Polizia e Carabinieri continuano a promuovere l’uso di codici come «Vorrei ordinare una pizza» per denunciare situazioni di pericolo, offrendo alle vittime e ai testimoni un mezzo sicuro per chiedere aiuto. Ma non c’è solo questo codice.
Il gesto universale che denuncia la richiesta di aiuto
Il segnale internazionale per indicare una situazione di pericolo, noto come Signal for Help, è stato ideato dalla Canadian Women’s Foundation durante la pandemia di COVID-19. Questo gesto è diventato un simbolo universale per le vittime di violenza domestica che cercano aiuto in modo discreto. Ma in cosa consiste il segnale? Il gesto è semplice e può essere fatto con una sola mano. Basta mostrare il palmo della mano rivolto verso l’esterno, piegare il pollice verso il centro del palmo e chiudere le altre dita sopra il pollice, formando un pugno. Si tratta di un segnale progettato per essere utilizzato anche durante videochiamate o in altre situazioni in cui parlare apertamente potrebbe essere pericoloso. Il Signal for Help ha guadagnato notorietà grazie ai social media e a diverse campagne di sensibilizzazione.
Storie vere
Gioco pericoloso con papà: bambino alla guida causa incidente grave
Un momento di leggerezza si trasforma in tragedia: un uomo di 42 anni è in coma dopo essere stato schiacciato dalla sua auto, guidata per gioco da un bambino di 10 anni.

Questa vicenda è accaduta a Ossi, un piccolo paese vicino a Sassari. Un uomo di 42 anni, nel tentativo di riaccompagnare a casa il figlio di un amico, ha messo al volante della sua auto un bambino di 10 anni. Così… per gioco. L’idea era di far provare al piccolo la messa in moto della macchina, ma la trovata dell’adulto ha avuto conseguenze drammatiche.
Bambino al volante, una scelta inconsapevole
Mentre l’uomo stava salendo nell’auto, il bambino ha perso il controllo della frizione. Il veicolo è sobbalzato in avanti, schiacciando il 42enne tra la portiera e un muro. L’impatto ha provocato gravi lesioni al torace e fratture vertebrali, portandolo a perdere conoscenza. Il cuore dell’uomo si è fermato per alcuni minuti, finché non sono intervenuti i soccorritori del 118. Dopo aver tentato di rianimarlo, il personale medico lo ha trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Santissima Annunziata di Sassari. Qui l’uomo è stato ricoverato nel reparto di rianimazione, mantenuto in coma farmacologico. Le sue condizioni sono estremamente critiche e la prognosi è riservata.
Ma cosa sarà successo davvero? La Procura indaga
Nel frattempo, i carabinieri della stazione di Ossi stanno indagando sull’accaduto. Hanno già consegnato un’informativa sui fatti alla Procura di Sassari per chiarire le dinamiche di un episodio che, iniziato come un gioco, ha avuto risvolti drammatici. L’incidente mette in evidenza i rischi di sottovalutare la sicurezza in situazioni solo apparentemente innocue.
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