Storie vere
Cacciatori di bulli sui social: battaglia senza tregua
Il fenomeno del bullismo, una piaga che affligge sempre più giovani, trova una risposta inaspettata e coraggiosa nel mondo dei social network.

Sono circa una ventina. Sono tutti volontari. E fanno parte del Centro Nazionale contro il Bullismo – Bulli Stop un gruppo di “cacciatori di bulli” sui social. I loro principale strumento investigativo è Instagram. E navigando su questo social media che riescono a scovare e denunciare i responsabili di episodi di bullismo. Ogni giorno Bulli Stop riceve video anonimi che mostrano atti di violenza tra ragazzi e, grazie alla collaborazione dei follower, riesce spesso a identificare gli aggressori, con tanto di nome, cognome e città. Secondo la presidente del Centro, Giovanna Pini, pedagogista con oltre 30 anni di esperienza nel settore, il progetto ha portato alla denuncia di dieci bulli in un anno.
Ma qualcuno ritiene questo metodo controverso
Il metodo utilizzato dai volontari è al centro del dibattito. I video diffusi mostrano momentaneamente i volti dei bulli, violando le normative italiane ed europee sulla privacy dei minori. “Sappiamo che è rischioso, ci minacciano spesso e la nostra pagina è stata chiusa temporaneamente alcune volte”, ha dichiarato Pini. “Ma il nostro obiettivo è fermare i bulli e proteggere le vittime”.
Un metodo non legittimo ma necessario?
L’avvocato penalista Roberto De Vita ha spiegato che la pubblicazione di video di atti di bullismo con volti visibili non è legittima in Italia. La pubblicazione dei video potrebbe portare a conseguenze gravi per i bulli, incluso il rischio di ritorsioni o autolesionismo. De Vita ha anche lodato l’efficacia della collaborazione tra enti privati e forze dell’ordine adottata negli Stati Uniti, che contribuisce attivamente a contrastare fenomeni simili, come la pedopornografia, attraverso piattaforme di segnalazione online. Un modello che, secondo l’avvocato, si potrebbe esplorare anche in Italia, per garantire un bilanciamento tra privacy e giustizia.
Collaborazione social per identificare i bulli
Il Centro si avvale di una rete di follower che condividono i video e aiutano nell’identificazione dei bulli. “Molti ci forniscono informazioni anonime – spiega Pini – riconoscendo i bulli dagli abiti o dalle strade in cui avvengono le aggressioni”. Una volta ottenuti nomi e cognomi, il Centro collabora con la polizia postale e le scuole per procedere con le denunce. “Siamo sempre molto cauti, rimuoviamo i video nel più breve tempo possibile e tuteliamo chi ci fornisce le informazioni”, aggiunge la presidente.
Storie di bullismo svelate dai video
Uno dei casi più scioccanti che il Centro ha rivelato è quello di un ragazzino di 13 anni in Lombardia, vittima di quattro bulli che lo hanno spogliato e sputato addosso. La violenza è stata ripresa in un video circolato nelle chat private e successivamente inviato ai volontari del Centro Bulli Stop. “Queste immagini vengono spesso condivise dagli stessi bulli”, racconta Pini, sottolineando come il lavoro del Centro sia fondamentale per identificare sia gli aggressori che le vittime, spesso inconsapevoli delle conseguenze di tali atti.
Il ruolo dei social e delle vittime
Anche le vittime di bullismo trovano spesso il coraggio di parlare grazie alla pagina Instagram del Centro. La presidente ha raccontato di come molti giovani, dopo aver visto i video pubblicati, commentino o contattino i volontari per raccontare la propria esperienza. “Molte vittime si fanno avanti dopo aver visto altri ragazzi denunciare le loro storie”, dice Pini, sottolineando l’importanza del supporto emotivo che il Centro fornisce, anche attraverso il coinvolgimento di figure pubbliche come Leo Gassman, che condividono le loro esperienze di vita per ispirare e sostenere i giovani in difficoltà.
Il caso di Senigallia e la prevenzione dei suicidi
Una delle tragedie che ha colpito di più l’opinione pubblica è stata quella di Leonardo, un giovane di Senigallia che si è tolto la vita dopo essere stato vittima di bullismo. Il caso ha scosso profondamente il Centro e la sua comunità online. “Facciamo tutto il possibile per prevenire tragedie come queste”, ha commentato Pini. “Andiamo nelle scuole, organizziamo dibattiti, ma a volte non basta. C’è tanta rabbia perché quel ragazzo aveva già parlato con la sua famiglia, ma è rimasto solo”.
Bullismo internazionale: un fenomeno globale
Il fenomeno del bullismo non è confinato all’Italia. In paesi come gli Stati Uniti, il bullismo online e fisico ha raggiunto proporzioni preoccupanti, tanto da spingere molte scuole a adottare misure drastiche. In una scuola del Texas, ad esempio, un video di un’aggressione pubblicato sui social ha portato all’arresto immediato dei colpevoli e ha sollevato un acceso dibattito sul ruolo delle piattaforme digitali nella diffusione e gestione di tali contenuti. Anche in Francia, i social sono diventati uno strumento fondamentale per denunciare il bullismo, ma al contempo sono fonte di grande preoccupazione per gli effetti a lungo termine sulla salute mentale dei giovani.
La necessità di una nuova legislazione
I casi internazionali dimostrano che, nonostante i rischi legali, la diffusione di video sui social può avere un impatto concreto nella lotta al bullismo. Tuttavia, è necessaria una riflessione più profonda su come le leggi possano essere adattate per garantire che i diritti alla privacy e alla protezione dei minori vengano rispettati, senza sacrificare la possibilità di agire tempestivamente contro episodi di violenza giovanile. Una maggiore collaborazione tra enti privati, social network e forze dell’ordine potrebbe essere la chiave per contrastare efficacemente il bullismo e proteggere sia le vittime che gli aggressori dagli effetti devastanti delle loro azioni.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Storie vere
Dalla diagnosi di autismo quando aveva 3 anni all’autonomia conquistata. Il caso di Andrea Antonello
Il padre ha permesso al figlio di intraprendere un percorso che lo ha reso sempre più autonomo nella vita quotidiana.

Il trentaduenne Andrea Antonello di Castelfranco Veneto è una figura ispiratrice per chi ogni giorno è alle prese con l’autismo. La sua vita ha preso una piega particolare quando, all’età di 3 anni, gli è stata diagnosticata la sindrome dello spettro autistico. Suo padre Franco Antonello, un imprenditore, ha scelto di dedicarsi completamente al figlio, accompagnandolo in un percorso di crescita che ha portato Andrea verso una sorprendente autonomia.
Un percorso di autonomia e crescita per chi è alle prese con l’autismo
Nonostante le iniziali difficoltà, Andrea ha raggiunto importanti traguardi. Grazie al sostegno della famiglia, è riuscito a diventare sempre più indipendente. Un esempio significativo è il fatto che vive da solo da alcuni anni, un traguardo straordinario per una persona con disabilità intellettiva. Andrea gestisce la sua casa, cucina, tiene tutto in ordine e lavora nell’Impresa sociale “I Bambini delle Fate”, fondata dal padre per sostenere progetti di integrazione per ragazzi autistici.
Esperienze straordinarie
Andrea e suo padre hanno vissuto esperienze incredibili insieme, come un viaggio in moto di tre mesi attraverso le Americhe. Questa avventura ha ispirato il film Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores. La storia del loro viaggio e il racconto della loro vita sono diventati fonte di ispirazione per molte famiglie.
I contributi alla comunità e la scrittura
Andrea è anche autore di diversi libri scritti con il supporto della scrittura facilitata. Nei suoi testi, descrive in prima persona la sua esperienza con l’autismo, contribuendo a sensibilizzare il pubblico e rompere gli stereotipi. La sua narrazione offre un punto di vista unico, aiutando a comprendere meglio il mondo delle persone autistiche.
Storie vere
Sessismo in un’aula di Tribunale: l’avvocata Eleonora Coletta e la sua lotta per la verità
Accuse calunniose e strategie difensive discutibili: l’avvocata Coletta denuncia domande sessiste durante il processo contro la Asl di Taranto, in una battaglia legale per ottenere giustizia e risarcimento dopo la perdita del marito e del padre.

Eleonora Coletta, avvocata e vice presidente del comitato Verità e Giustizia vittime Covid Moscati, ha intrapreso una difficile battaglia legale contro la Asl di Taranto, accusata di malasanità per la morte del marito Dario e del padre durante la pandemia. Gli eventi si sono svolti presso l’ospedale Moscati di Taranto. Coletta attribuisce i decessi a errori sanitari piuttosto che alle conseguenze del virus. Questa dolorosa vicenda ha spinto l’avvocata a scrivere il libro Canale Terminale, in cui descrive quel reparto come il punto finale per molti pazienti Covid.
Un causa civile che in aula degenera
Fin dal suo inizio la causa civile si è trasformata in una sfida spinosa per Coletta, che denuncia di essere stata bersaglio di domande «sessiste» durante il processo. Secondo lei, tali domande mirano a screditare il suo dolore e a ridurre il risarcimento richiesto. Nonostante i periti abbiano accertato le responsabilità della Asl, l’azienda ha rifiutato la conciliazione, prolungando la controversia. Eleonora Coletta continua così a combattere, sottolineando l’importanza della dignità personale e della giustizia per le vittime di malasanità.
La lotta di Coletta per difendere il rispetto della dignità personale
L’avvocato della Asl ha adottato una strategia difensiva che ha cercato di insinuare che la sua presunta condotta privata libertina ridurrebbe il suo dolore per la perdita del marito, E, di conseguenza, il risarcimento richiesto. Coletta respinge fermamente le accuse, sottolineando il legame profondo con il marito, che l’ha sostenuta in momenti difficili, come durante un ricovero a Milano. La vicenda solleva interrogativi sul rispetto della dignità personale e sulla giustizia per le vittime di malasanità, evidenziando le difficoltà che le donne possono incontrare nel difendere la propria integrità in contesti legali.
Storie vere
Il prossimo 27 aprile Carlo Acutis sarà canonizzato. Il santo della generazione digitale
La canonizzazione e il crescente fenomeno attorno al giovane beato, tra fede, tecnologia e controversie sulle reliquie.

Deceduto nel 2006 a soli 15 anni per una leucemia fulminante, Carlo Acutis sarà proclamato santo il prossimo 27 aprile. La sua figura ha ispirato un culto in continua crescita, con oltre un milione di pellegrini che nel 2024 hanno visitato il Santuario della Spogliazione ad Assisi, dove riposano le sue spoglie. Il giovane è ricordato per la sua passione per la tecnologia, che gli ha valso il titolo di “patrono di Internet“. È ammirato soprattutto dai giovani, grazie alla sua capacità di vivere e condividere la fede con un linguaggio moderno, accessibile e vicino ai loro interessi.
Le reliquie e le numerose controversie
L’interesse per Carlo Acutis ha portato a una “corsa” alle sue reliquie. Recentemente, una ciocca di capelli è stata venduta su eBay per 2.110 euro. Il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, ha denunciato il commercio illegale di reliquie, e il caso è ora al vaglio delle autorità. Le reliquie ufficiali, custodite dalla Diocesi di Assisi, includono porzioni del cuore del giovane. Saranno portate a Roma per la canonizzazione e sono distribuite solo per motivi pastorali o spirituali.
Acutis un fenomeno di fede
Nel 2019, le spoglie di Carlo sono state traslate al Santuario della Spogliazione, aumentando significativamente il numero di visitatori ad Assisi. A differenza delle tradizionali reliquie, il corpo del beato, esposto in una teca di vetro, colpisce per la sua semplicità: indossa una tuta e scarpe da ginnastica, un’immagine che lo rende straordinariamente umano e vicino ai fedeli.
Secondo il vescovo Sorrentino, Carlo ha saputo riproporre il Vangelo con il linguaggio del nostro tempo, coinvolgendo chi lo percepiva distante. Il suo carisma sta nell’essere un giovane “normale”, che ha vissuto con entusiasmo, affrontando la malattia con fede e serenità, come San Francesco. Il legame con la città di Assisi nasce dal suo desiderio espresso in vita di essere sepolto lì, volontà rispettata dai genitori dopo la sua morte. Il giovane Carlo è già associato a due miracoli. La guarigione di un bambino brasiliano e, più recentemente, quella di una giovane del Costa Rica, vittima di un grave incidente, che sarà presente a Roma per la canonizzazione.
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