Società
Roma in rivolta: i Robin Hood sabotano il Giubileo dei ricchi e si scagliano contro gli affitti brevi
A Roma sono in azione i militanti di Robin Hood un gruppo che si sta ribellando contro i padroni di case che affittano per brevi soggiorni.
Negli ultimi anni, l’Italia e la Spagna stanno affrontando un fenomeno sempre più evidente: la reazione delle comunità locali all’iperturismo. In particolare, i cittadini di Roma in questi ultimi mesi si sono mossi per contrastare quella che definiscono una “turistificazione” incontrollata della città, spesso incentivata dall’aumento degli affitti a breve termine per turisti, gestiti da piattaforme come Airbnb.
Robin Hood, togliere ai ricchi per restituire ai poveri
A guidare questo movimento di protesta è un gruppo di attivisti che si autodefinisce “Robin Hood“, già protagonista di azioni eclatanti a Roma. Il loro obiettivo è chiaro: limitare gli effetti devastanti del mercato degli affitti brevi, che sta riducendo la disponibilità di case per i residenti e portando a un aumento incontrollato dei prezzi degli immobili. Con il Giubileo del 2025, evento che sta richiamando milioni di pellegrini e turisti, i timori dei residenti sono diventati ormai reali.
Azioni di protesta: “Sabotiamo il Giubileo dei Ricchi”
Il gruppo Robin Hood ha messo in atto una serie simbolica di atti di ribellione prendendo di mira le cassette di sicurezza per le chiavi usate negli affitti brevi. Nei pressi del Circo Massimo, in via di San Teodoro, hanno rimosso numerosi portachiavi per check-in automatici, lasciando al loro posto messaggi provocatori e un cappello verde, simbolo di protesta che richiama la figura di Robin Hood. Nella lettera lasciata dai membri del gruppo si legge tra l’altro:
“Se stai cercando le cassette di sicurezza per le chiavi e non riesci a trovarle, leggi questo. Ci stiamo ribellando. Abbiamo rimosso queste casse per chiavi per denunciare la vendita della città a favore delle vacanze a breve termine che allontanano i residenti e li mettono in strada ”.
Gli attivisti accusano le istituzioni di favorire i “grandi proprietari” e di non salvaguardare il diritto all’abitare dei cittadini. In questa rivolta pacifica e strategica, invitano anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, a prendere una posizione chiara sul problema e a stipulare un “patto sociale” che garantisca una soglia massima di immobili destinati agli affitti brevi, preservando così gli alloggi per i residenti.
Per Roma prezzi inaccessibili e speculazione immobiliare
L’origine di questa protesta risiede nella rapida crescita del settore turistico che, dopo le restrizioni della pandemia, ha toccato numeri record. Se nel 2022 Roma ha accolto 15 milioni di visitatori, quest’anno il numero supererà di gran lunga i 35 milioni. L’attrattiva di Roma e di altre città storiche italiane ha comportato una domanda enorme di alloggi per brevi soggiorni, e le conseguenze sui residenti sono state devastanti. Affitti più alti, aumento delle compravendite da parte di aziende turistiche, mancanza di alloggi a lungo termine e perdita di identità dei quartieri storici.
Sabotiamo la speculazione per difendere il diritto alla casa
In un altro passo del messaggio lasciato ai turisti che cercavano le chiavi dei loro appartamenti gli attivisti sottolineano che l’aumento esponenziale dei prezzi degli affitti e degli immobili grava sui residenti, le cui entrate non riescono a tenere il passo con questi aumenti. “Gli affitti a breve termine divorano quelli a lungo periodo, togliendo spazio alle famiglie per crearne di più redditizio per i turisti“, si legge nel messaggio di Robin Hood, che conclude con un appello alla città: “Sabotiamo il Giubileo dei ricchi. Sabotiamo la speculazione per difendere il diritto alla casa.“
Nella Capitale il movimento è in crescita
I Robin Hood romani, con le loro azioni mirate, rappresentano solo un esempio di una mobilitazione più ampia, che chiede ai governi e alle amministrazioni locali di bilanciare l’economia del turismo con le esigenze dei residenti, mantenendo le città vivibili e autentiche.
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Società
Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare
Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.
Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.
Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.
Addobbi minimal e luci meno invadenti
A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.
Regali pensati, riciclati o solidali
Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.
Una risposta psicologica alla complessità del presente
Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.
Un Natale che guarda al futuro
La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.
Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.
Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.
Società
Culle vuote e anziani in aumento: la doppia emergenza che pesa sul futuro dell’Italia
Dati Istat e Ocse confermano un declino demografico costante e un’età pensionabile destinata a salire. Intanto le nuove generazioni faticano a costruire una vita autonoma.
Il dibattito sulla crisi demografica italiana non è più una questione teorica, ma una realtà documentata dai numeri. Con un continuo calo delle nascite e una popolazione sempre più anziana, l’Italia si ritrova a dover affrontare una trasformazione sociale che avrà effetti economici profondi. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo agli Stati generali della Natalità del 27 novembre, ha definito il fenomeno una «questione cruciale per il futuro del Paese», sottolineando come l’invecchiamento sia ormai evidente: «I giovani sono pochi come mai nella nostra storia».
Giovani in ritardo su tutto
L’analisi del capo dello Stato va oltre i numeri, evidenziando un problema culturale e sociale: una generazione costantemente in ritardo, non per propria responsabilità ma per mancanza di stabilità. Ritardo nel trovare un lavoro sicuro, nel lasciare la casa dei genitori, nell’accedere a un’abitazione e, di conseguenza, nel costruire una famiglia. Non sorprende, dunque, che fare figli non sia tra le priorità degli under 35, più concentrati sull’obiettivo – spesso già difficile – di arrivare a fine mese.
Istat: nascite in calo del 5,4%
I dati Istat pubblicati il 27 novembre confermano la tendenza negativa: tra gennaio e agosto 2025 le nascite sono diminuite del 5,4% rispetto allo stesso periodo del 2024. «Anche quest’anno registreremo un nuovo minimo storico», ha dichiarato il presidente Istat, Francesco Maria Chelli. A peggiorare il quadro c’è anche la fuga dei laureati: negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso oltre 90 mila giovani tra i 25 e i 34 anni, con un picco di 21 mila uscite nel solo 2023.
La Fondazione per la Natalità rileva inoltre che il tasso di fecondità è sceso a 1,13 figli per donna nei primi sette mesi del 2025, dopo 1,18 del 2024 e 1,2 del 2023. Un livello ben lontano dalla soglia di sostituzione (2,1). Nel 2024 il saldo naturale è stato drammatico: 281 mila residenti in meno, l’equivalente dell’intera popolazione di Venezia.
Politiche insufficienti e sostegni poco mirati
Secondo Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, le misure oggi in vigore non intercettano le reali fragilità delle giovani coppie. Molti aiuti si basano sull’Isee, un indicatore che non sempre fotografa la vulnerabilità dei nuclei che vivono tra contratti precari, costi della vita crescenti e scarsa disponibilità di servizi per l’infanzia. Una situazione che, spiega De Palo, «mina la fiducia nello Stato e scoraggia i progetti familiari».
Pensioni: l’Ocse avverte, si andrà verso i 70 anni
Se il presente appare complicato, il futuro previdenziale non offre più certezze. L’ultimo rapporto dell’Ocse sul panorama pensionistico segnala che l’età pensionabile nei paesi membri – Italia compresa – è destinata ad avvicinarsi ai 70 anni. «Viviamo più a lungo e in migliori condizioni di salute, quindi dovremo lavorare più a lungo», ha spiegato il Segretario generale Mathias Cormann.
Secondo lo studio, entro il 2050 ci saranno 52 over 65 ogni 100 persone in età lavorativa nei paesi Ocse, rispetto alle 33 del 2025. L’Italia è tra le nazioni che vedranno un calo più marcato della popolazione attiva: nei prossimi decenni la fascia 20-64 anni potrebbe ridursi di oltre il 30%.
Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, richiama quindi l’urgenza di «creare le condizioni per restituire fiducia ai giovani», ricordando che la sostenibilità delle pensioni future dipenderà dalle scelte politiche di oggi, soprattutto in tema di lavoro stabile e natalità.
Un Paese che deve decidere chi vuole essere
La crisi demografica non è solo un problema statistico: rischia di compromettere innovazione, produttività e coesione sociale. Senza un’inversione di rotta, l’Italia rischia di diventare un Paese sempre più sbilanciato verso il passato, con meno lavoratori, meno nascite e pensioni sempre più difficili da finanziare.
Società
Prima della Scala tra applausi, divismo e polemiche: Lauro incanta, Mahmood fa discutere e scoppia il caso champagne
Alla Prima della Scala applausi per la straordinaria Katerina interpretata da Sara Jakubiak, acclamata anche da Achille Lauro e Mahmood. Ma se Lauro si mostra disponibile con tutti, Mahmood finisce al centro di una polemica per un tavolino di champagne “riservato”. Poi la notte prosegue tra cene stellate, dal Giardino a Cracco fino al tradizionale Baretto.
È stata una Prima della Scala carica di emozioni, applausi e, come spesso accade, anche di qualche scivolone mondano. Protagonista assoluta sul palco è stata Sara Jakubiak, straordinaria interprete di Lady Macbeth nella nuova produzione, applaudita a lungo da un pubblico conquistato. Tra i primi a complimentarsi con lei anche Achille Lauro e Mahmood, presenti in sala per una serata che univa musica, mondanità e inevitabili contrasti di stile.


“Una lady Macbeth del distretto di Mcensk”.
Nella foto: Federica Panicucci

“Una lady Macbeth del distretto di Mcensk”.
Nella foto: Roberto D’Agostino e Anna Beatrice Federici

“Una lady Macbeth del distretto di Mcensk”.
Nella foto: Michela Persico
Applausi per Katerina e caratteri opposti tra le star
Lauro si è mostrato sorridente, disponibile, pronto a scambiare battute con chiunque lo avvicinasse. Ben diverso l’atteggiamento di Mahmood, apparso scontroso e infastidito dall’assalto del pubblico. A far discutere è stato anche il comportamento dello staff legato alla ditta di champagne che lo aveva invitato: nel ridotto era stato allestito un tavolino riservato e, ogni volta che qualcuno si avvicinava, una sorta di “erinni” intimava di allontanarsi perché lo champagne era solo per gli ospiti del cantante. Un episodio che in molti hanno bollato come una cafonata.





Le cene istituzionali e il rituale del doposcala
Dopo Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk, oltre cinquecento invitati hanno preso parte alla cena istituzionale alla Società del Giardino firmata dallo chef Davide Oldani. Tra i presenti il sindaco Beppe Sala, Liliana Segre, Barbara Berlusconi, Carlo Capasa e Stefania Rocca. Un parterre che mescola politica, istituzioni, imprenditoria e spettacolo secondo un copione ormai consolidato.
Cracco, imprenditori e il salotto del Baretto
In Galleria, da Cracco, Arturo Artom ha riunito al suo lungo tavolo in vetrina imprenditori, attori, cantanti e figure istituzionali: Massimo Boldi, il baritono Vittorio Prato, Domenico Piraina, Massimiliano Finazzer Flory, Claudia Colla, Massimo Lapucci, Mariaelena Aprea, Mattia Boffi, Carlo Cracco e il regista Mario Acampa. Al Baretto, come da tradizione, la cena del dopo Scala ha visto tra i presenti il critico Pasquale Lettieri con Letizia Bonelli, Mario e Daniela Iavarone, Enzo Miccio, Gian Maria Sainato, Cesarina Ferruzzi e Lella Termini.
Tra trionfi artistici, divismi e tavolini blindati, anche quest’anno la Prima ha dimostrato di essere molto più di uno spettacolo: è un grande teatro nel teatro, dove ogni gesto diventa notizia.
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