Curiosità
Lacrime a fiumi: ogni anno produciamo una “vasca da bagno” di pianto, ma le donne battono gli uomini 47 a 7
Le statistiche parlano chiaro: le donne piangono quasi 50 volte all’anno, mentre gli uomini appena 7. Le differenze emozionali e culturali sono ancora profonde, ma le lacrime – vere protagoniste – hanno un ruolo cruciale nella gestione delle nostre emozioni.
Un fiume di lacrime scorre ogni anno dai nostri occhi: secondo le ultime stime, una persona media produce dai 60 ai 110 litri di lacrime all’anno, praticamente il volume di una vasca da bagno. Una quantità sorprendente che testimonia come il pianto sia un processo fisiologico tanto comune quanto importante per la nostra salute emotiva. Nell’arco della vita, questo numero cresce fino a cifre quasi incredibili: si stima che ognuno di noi possa produrre fino a 9.000 litri di lacrime.
Ma non siamo tutti uguali di fronte al pianto, e qui emerge un aspetto interessante: le donne piangono in media 47 volte all’anno, mentre gli uomini soltanto 7. Un dato che non solo rispecchia un’abitudine culturale e sociale radicata, ma che apre anche a domande sulle differenze emozionali tra i generi. Perché piangiamo e perché alcuni piangono più di altri? Le risposte coinvolgono tanto la biologia quanto la cultura.
Perché piangiamo? Un atto terapeutico
Il pianto è un fenomeno naturale, che si manifesta non solo per tristezza o dolore, ma anche per gioia, stress o addirittura frustrazione. Psicologi e studiosi concordano nel dire che le lacrime hanno una funzione catartica: liberano tensione, permettono al corpo di rilassarsi e aiutano a stabilizzare le emozioni. In effetti, la composizione chimica delle lacrime varia in base all’emozione, con livelli diversi di ormoni dello stress e di altre sostanze biologicamente attive.
In particolare, piangere può abbassare i livelli di manganese, un minerale che influisce sull’umore. Per questo, dopo un pianto liberatorio, ci si sente spesso più leggeri e sollevati, come se il corpo avesse espulso le emozioni negative.
Lacrime femminili e lacrime maschili: le ragioni dietro la differenza
Le statistiche sulla frequenza del pianto tra uomini e donne sono sorprendenti, e non poco: 47 pianti all’anno per le donne contro appena 7 per gli uomini. Le spiegazioni sono molteplici. Da un lato, vi sono fattori biologici legati agli ormoni: la prolattina, un ormone presente in maggiori quantità nelle donne, è associata a una maggiore predisposizione al pianto. Dall’altro, la cultura gioca un ruolo fondamentale: gli uomini sono spesso educati a reprimere il pianto, considerato come segno di debolezza, mentre le donne ricevono un’accettazione sociale maggiore verso l’espressione di emozioni visibili.
Il risultato è che le lacrime maschili sono rare, ma non per questo meno significative. «Quando un uomo piange – spiega una psicologa specializzata in dinamiche di genere – esprime un’emozione profonda che ha probabilmente accumulato per lungo tempo. Le lacrime, in questi casi, diventano una vera e propria valvola di sfogo».
Le lacrime: un linguaggio universale, ma diverso per ciascuno
Le lacrime ci accomunano, ma ogni persona piange a modo proprio e per motivi diversi. Ci sono coloro che si commuovono facilmente guardando un film o leggendo un libro, e chi, invece, versa lacrime solo in circostanze di forte impatto emotivo. Il pianto è un linguaggio universale, uno dei pochi che non richiede parole, ma allo stesso tempo rimane personale e unico per ciascuno di noi.
Nel mondo attuale, in cui l’espressione delle emozioni è sempre più incoraggiata, è probabile che questi dati sulle lacrime cambieranno nel tempo. Forse, in futuro, piangeremo meno per stress o dolore e di più per la pura gioia di sentirci vivi e connessi agli altri.
In ogni caso, la prossima volta che una lacrima scorrerà sul viso, non consideriamola solo un segno di fragilità: è una risposta naturale, parte della nostra esperienza umana, e come tale merita di essere accolta.
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Curiosità
Babbo Natale in slitta… senza neve? Quando l’Artico si fa tropicale
Solo pioggia e temperature sopra lo 0 a Rovaniemi, nella Lapponia finlandese, nel villaggio dove si raccolgono le lettere dei desideri spedite da tutti i bambini del mondo.
Al circolo Polare Artico non c’è neve. E soprattutto non ce n’è nel cuore della Lapponia finlandese, a Rovaniemi, conosciuta come la vera città natale di Babbo Natale. Lì per ora c’è un atmosfera natalizia mesta, quasi triste alle prese con un insolito problema. La neve, grande protagonista dell’Artico, sembra essere diventata un miraggio. A poco più di 20 giorni da Natale, le piogge torrenziali e le temperature sopra lo zero stanno trasformando il paesaggio in qualcosa di più simile a un autunno nordico che al magico inverno che tutti si aspettano. Soprattutto i bambini.
E Babbo Natale che dice? Resta ottimista… ma molto preoccupato
Seduto nella sua accogliente poltrona, Babbo Natale, nonostante tutto, non perde il sorriso. “Le mie renne possono volare, quindi non è un problema,” scherza, rassicurando grandi e piccini che la sua slitta arriverà puntuale la vigilia di Natale. Tuttavia, il cambiamento climatico gli sta dando del filo da torcere. “Possiamo vedere che il cambiamento climatico è reale. Sta influenzando le renne e la vita qui nell’Artico.” Le sue preoccupazioni non sono infondate. Gli scienziati confermano che l’Artico si sta riscaldando quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo. L’estate passata è stata particolarmente calda, con temperature record che hanno raggiunto gli 11,1°C a novembre nella città di Utsjoki.
Perché manca la neve?
L’alternarsi di gelate e disgeli, causato dall’innalzamento delle temperature, impedisce la formazione del consueto manto nevoso. Inoltre, queste condizioni creano lastre di ghiaccio che rendono difficile per le renne accedere al lichene, il loro cibo principale. Per i turisti, l’assenza di neve a Rovaniemi è un dettaglio che non passa inosservato. “Pensavo ci fosse molta più neve,” commenta stupito Wenguel, un turista americano. Eppure, l’incanto di Babbo Natale riesce a compensare parzialmente la delusione. Ma Rovaniemi senza neve che villaggio è?
Il villaggio di Babbo Natale è un polo di attrazione per migliaia di turisti ogni anno. Tra aurora boreale, slitte trainate da renne e il caloroso benvenuto di Babbo Natale, il fascino del luogo rimane intatto. Con un giro d’affari molto alto per le casse Finlandesi.
…e quindi che fare per evitare che la mancanza di neve scalfisca l’incantesimo?
Diverse le soluzioni prese in considerazione ma finora non ancora attuate. La scelta della neve artificiale resta un’opzione temporanea per garantire il candore delle festività così come vine utilizzata in alcune località sciistiche. Un’altra opzione potrebbe essere quella di ampliare le attività che richiamano l’atmosfera invernale, anche al chiuso. Una scelta ecologista potrebbe essere quella di utilizzare il villaggio per diffondere un messaggio globale di tutela ambientale in maniera incisiva. In attesa di una decisione intanto gli elfi sono comunque alle prese con letterine e desideri. L’ufficio postale di Babbo Natale. infatti, è in piena attività. Gli elfi lavorano instancabilmente per leggere le migliaia di lettere che arrivano ogni giorno. “Quest’anno, molti chiedono la pace,” racconta Heidi Mustonen, elfa veterana con vent’anni di esperienza. Tra i desideri dei bambini, c’è chi chiede doni e chi confida speranze e preoccupazioni.
Curiosità
Farsi confessare dall’ologramma di Gesù: in Svizzera è possibile
In una chiesa di Lucerna si sta sperimentando un’applicazione dell’AI davvero singolare: un ologramma di Gesù per le confessioni!
Non solo cioccolato, mucche e orologi: In Svizzera ci si può far confessare da un ologramma realizzato con l’intelligenza artificiale. Una proposta che naturalmente divide i fedeli, tra chi accoglie con curiosità ed entusiasmo la prospettiva e chi invece s’indigna, invocando pure la blasfemia.
Consigliere spirituale e confessore
Il dibattito etico imperversa a Lucerna dove una parrocchia ha introdotto un esperimento innovativo con un “Gesù AI”, basato su un ologramma appoggiato all’intelligenza artificiale, in grado di offrire consigli spirituali e accogliere le confessioni dei fedeli. L’AI in questione, battezzata “Deus in Machina” (mai nome più azzeccato), è programmata con informazioni religiose e risponde a domande teologiche, come quelle sulla violenza o sul suicidio assistito.
L’assoluzione 24 ore day & night
Essere confessato dal figlio di Dio “in persona”: non è più un sogno ma una realtà, se non in carne ed ossa, virtuale. L’intelligenza artificiale entra quindi in confessionale nella Peterskapelle, una chiesa cattolica in Svizzera. Qui da qualche giorno è attiva l’installazione artistica sperimentale che consente ai fedeli di conversare con un ologramma celeste, connesso ad un chatbot di Gesù. Una volta sedutasi in confessionale, la persona è accolta da una voce che, da dietro la lastra traforata in metallo, recita: “La pace sia con te”. Non è la voce di un sacerdote né tantomeno di Dio… ma di un’intelligenza artificiale, accessibile 24 ore su 24, in grado di parlare 100 lingue e di rispondere ai quesiti e alle preoccupazioni del singolo in modo personalizzato, con riferimenti biblici e spirituali.
Un modo per stimolare il dibattito fra religione e AI
Molti fedeli sono rimasti sorpresi dalla sua capacità di dispensare consigli, anche se alcuni hanno giustamente sottolineato come le macchine non dispongano della moralità necessaria per la pratica religiosa. Nonostante le critiche, la chiesa considera il progetto come un esperimento per stimolare il dibattito sul ruolo dell’IA nell’ambito religioso.
Rimane una questione da verificare: la penitenza e l’assoluzione impartita da un Gesù digitale… dal punto di vista etico che valore ha?
Curiosità
Google, ma è davvero un bene avere un partner così impiccione?
Scopriamo come il motore di ricerca ha rivoluzionato l’accesso al sapere, ma affronta anche le preoccupazioni sulla privacy e la diffusione di disinformazione. Impariamo l’importanza del pensiero critico e dell’uso consapevole di Google per proteggere la nostra privacy online.
Trovalo su Google!
È ironia o autoriflessione? Il gigante continua a impattare sulle nostre vite da ¼ di secolo. Dopo l’enciclopedia e la biblioteca, ora pensiamo solo attraverso l’uso del web che ci fornisce risposte immediate. Accesso immediato alla conoscenza. Sì, immediato. Troviamo tutte le risposte e i significati sul motore di ricerca più evoluto al mondo in meno di un secondo. Digitiamo o pronunciamo parole e frasi, cerchiamo risposte, informazioni, comunichiamo, lavoriamo e persino pensiamo con Google.
Teorie, privacy e disinformazione
Prima di Google, le risposte erano più difficili da trovare, spesso richiedendo una visita in biblioteca o il consulto di pesanti volumi enciclopedici. Oggi, con una semplice ricerca su Google, è possibile accedere a una vasta quantità di informazioni su qualsiasi argomento in pochi istanti. Tuttavia, mentre Google offre una piattaforma conveniente per accedere alla conoscenza, sorgono alcune preoccupazioni, in particolare riguardo alla privacy e alla diffusione di disinformazione, comprese le teorie del complotto. È importante notare che la presenza di teorie del complotto su Google non implica che siano verificate o accurate. Molte di queste teorie possono essere dannose e prive di evidenze, alimentando la disinformazione e la paranoia.
E Google che fa?
Google cerca di bilanciare la sua missione di fornire accesso a una vasta gamma di informazioni con il dovere di combattere la disinformazione. Ad esempio, utilizza algoritmi per identificare e segnalare fonti di informazioni non affidabili e privilegia fonti autorevoli nei risultati di ricerca. Tuttavia, la lotta contro la disinformazione online è una sfida in continua evoluzione, e alcune teorie del complotto possono ancora trovare spazio nei risultati di ricerca di Google.
Vale il buonsenso
È fondamentale che gli utenti esercitino il pensiero critico e valutino attentamente le fonti di informazioni trovate online, soprattutto riguardo ad argomenti controversi. Infine, è importante utilizzare Google in modo consapevole e responsabile, tenendo conto dei suoi vantaggi e svantaggi. Sviluppare abilità di pensiero critico è essenziale per valutare le informazioni trovate su internet e proteggere la propria privacy online.
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