Arte e mostre
L’artista che sfida il caos e crea ponti. Francesca Licari: «Vivo tra arte, impegno sociale e resistenza»
L’11 novembre, presso la Biblioteca di Lambrate a Milano, si terrà l’inaugurazione della mostra “Bisogna avere il caos dentro di sé, per generare una stella danzante” di Francesca Licari, artista siciliana di grande talento. Un evento che celebra l’arte come strumento di riflessione sociale, integrazione culturale e impegno civile.
dall’11 al 23 novembre, a Lambrate, in via Valvassori Peroni 53, nel Municipio 3 di Milano, dalle ore 18.30, si terrà la mostra di Francesca Licari, dal titolo “Bisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante”. Questo evento esclusivo celebra l’incontro tra culture e popoli, mettendo in luce il potere trasformativo dell’arte come strumento di integrazione sociale e riflessione su tematiche urgenti come la lotta contro la violenza sulle donne, la tutela dell’infanzia e la promozione della pace tra le culture.
La mostra non si limita a un’espressione estetica: Francesca Licari è anche una creatrice di gioielli-sculture, realizzati con materiali pregiati come argento, rame e pietra lavica dell’Etna. La sua arte diventa un potente mezzo di denuncia sociale, un impegno a difesa dei diritti umani e delle minoranze. Francesca è anche presidente dell’Associazione Culturale Europea “La Gattoparda”, un’organizzazione che promuove progetti culturali in favore delle donne, dei bambini e delle comunità marginalizzate.
La mostra si propone come un viaggio visivo ed emotivo che racconta storie di resistenza, speranza e integrazione. Le opere esposte esplorano il dialogo tra diverse culture, mettendo in luce le difficoltà ma anche la bellezza del superamento delle barriere e della costruzione di ponti di comprensione tra i popoli. Un messaggio potente che ci invita a riflettere sul cambiamento sociale necessario per creare una società più inclusiva e armoniosa.
L’inaugurazione della mostra e i suoi ospiti
L’inaugurazione della mostra vedrà la partecipazione di figure di spicco nel panorama culturale e sociale. Tra i presenti ci saranno Vermondo Brugnatelli, presidente dell’Associazione Internazionale Berbera, e Pap Khouma, scrittore e giornalista specializzato nella cultura africana. Saranno inoltre presenti Ornella Piluso, presidente dell’Associazione Arte da Mangiare, Gian Battista Maderna, presidente di Ucai, Marilisa Di Giovanni, storica dell’arte, e numerosi altri esperti e rappresentanti di comunità interculturali. Un contributo speciale sarà dato da Mahjouba Akik, rappresentante della comunità marocchina, e Fatima El Quafi, mediatrice interculturale e docente di lingue arabe e berbere, che affronteranno il tema dell’arte come strumento di integrazione. Il musicologo Riccardo Santangelo offrirà uno spunto interessante sulla connessione tra arte visiva e musica, due forme universali di espressione.
Francesca è arte e impegno sociale per un mondo migliore
Abbiamo intervistato Francesca Licari, siciliana, una figura di riferimento non solo nel mondo dell’arte, ma anche nel panorama sociale. Da anni impegnata in progetti che coniugano cultura e impegno civile, Francesca ha realizzato numerose iniziative teatrali e cinematografiche di grande valore. Un esempio significativo è il cortometraggio “Fiore di Maggio”, dedicato a Felicia e Peppino Impastato, simboli della resistenza contro la mafia.
“Fiore di Maggio” è parte di un ampio progetto artistico e ha ricevuto il riconoscimento di candidatura al Premio Donatello nel 2022. Nel cortometraggio, Francesca esprime il suo forte messaggio di lotta contro la violenza, utilizzando la poesia come strumento di resistenza sociale e denuncia. Un’opera che ha trovato grande risonanza nelle scuole, dove è stata adottata come strumento educativo per sensibilizzare le nuove generazioni sui temi della legalità, giustizia e coraggio civile
Francesca, la tua arte spazia dalla pittura alla scultura, ma anche alla creazione di gioielli-sculture e alla scrittura teatrale. Ma come si intrecciano questi diversi tramiti nel tuo percorso artistico?
«Non so spiegare come avvenga, ma so che succede spontaneamente. Sento il bisogno di spaziare, di esplorare in ogni campo. La curiosità che mi guida è quella di una bambina che, curiosa, rompe un giocattolo per scoprire cosa c’è dentro. Mi piace esplorare, scoprire gli infiniti mondi che ci compongono, e la natura…
Mi piace immergermi nel suo silenzio, dove tutto è ancora puro. Vivo per mesi immersa nel suo abbraccio, dove il gallo canta alle tre di notte (sempre in anticipo), i gatti randagi e abbandonati diventano miei compagni di vita, e la saggezza dei contadini mi insegna l’essenza della vita. La vicina che lascia i suoi raccolti dietro la porta, il mio mare che non smette mai di chiamarmi… E la mia ricerca non ha mai fine. Le mie sculture in alabastro gessato e i gioielli di pietra lavica sono il mio modo di ringraziare la madre terra. Ma più che gioielli, mi piace pensarli come doni».
“Bisogna avere il cos dentro di sé, per generare una stella danzante”. Cosa significa per te “generare una stella danzante” e come questa metafora si collega alla tua visione dell’arte come strumento di cambiamento sociale?
«Il mondo è nato dal caos. La perfezione risiede nel caos. Tutto nasce dal caos. Noi stessi siamo fatti di caos. La natura è stata la prima a comprenderlo, l’uomo, ancora no, non del tutto. Il cambiamento irreversibile che stiamo vivendo nel mondo sociale potrà essere sostenuto dalla consapevolezza, dalla creatività, dall’arte e dalla cultura. Sono questi i fattori indispensabili per ogni trasformazione sociale. Dobbiamo guardare ai nostri padri, prendere esempio da loro. Accettare il cambiamento significa creare una società migliore, un passo alla volta, con il contributo di ciascuno di noi».
3.Nel corso della tua carriera, hai affrontato tematiche molto forti e significative, come la lotta contro la violenza sulle donne, la tutela dell’infanzia e l’integrazione tra le culture. Come riesci a conciliare la profondità di questi temi con la dimensione estetica della tua arte?
«Ho affrontato, e continuo ad affrontare, tematiche sociali forti. Molte volte, le mie richieste, da artista solitaria, sembrano cadere nel vuoto. Il silenzio assordante di chi potrebbe fare di più non mi fa desistere, anzi, mi dà forza. Perché lotto così tanto? Non lo so. Sento solo che devo farlo. La paura di perdere non mi scoraggia, è la paura di non averci provato che mi spaventa davvero. A volte, la ricompensa più grande è un sorriso di un bambino, la caparbietà di continuare a sognare un mondo migliore. Il cambiamento è il risultato di diversi fattori. Ogni immigrato porta con sé un bagaglio di esperienze, fatto di tradizioni, usi e costumi, che cerca di preservare per non perdere quel filo invisibile che lo lega alla sua terra d’origine. Anche noi, in passato, abbiamo attraversato lo stesso cammino».
4. Sei anche impegnata nel sociale, in particolare con la tua associazione culturale “La Gattoparda”. Come pensi che l’arte possa diventare un ponte per l’integrazione culturale e la costruzione di una società più inclusiva?
«Come artista e presidente di un’associazione culturale, sono profondamente convinta che l’arte rappresenti il ponte essenziale per la creazione di una società inclusiva e aperta. L’arte ha la straordinaria capacità di abbattere le barriere, di mettere in comunicazione persone di culture e origini diverse, creando un terreno comune in cui le diversità non sono più un ostacolo, ma una ricchezza. Io stessa desidero essere parte attiva di questa costruzione, anche se, consapevole della grandezza della sfida, mi accontento di contribuire con il mio piccolo ma determinato tassello. Ogni gesto, ogni iniziativa, anche quella più piccola, è un passo in avanti verso un futuro dove la cultura e l’arte diventano strumenti di inclusione, dialogo e crescita collettiva.
L’iniziativa culturale che si terrà l’11 novembre, con la partecipazione speciale di importanti personalità del mondo culturale e sociale, rappresenta proprio questo nostro piccolo ma caparbio contributo a quella grande opera di costruzione. Sarà un’occasione per fare un passo insieme, per unire le forze e ricordare che, pur nelle nostre diversità, siamo tutti parte di un unico, grande, cammino».
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Arte e mostre
Arte e panettone, la festa che unisce Milano per creatività e solidarietà. Ornella Piluso: «L’arte deve trasmettere segnali positivi, soprattutto ai giovani»
Un viaggio emozionante tra libri d’artista, performance e dolci prelibatezze che celebra la tradizione milanese e l’arte più autentica. L’edizione promette di essere un evento unico, in cui oltre 150 artisti e il maestro pasticcere Luigi Biasetto si uniscono per creare un’esperienza culturale e conviviale senza precedenti
Quando l’arte incontra la tradizione, il risultato è un evento che lascia il segno: è questo lo spirito che anima la 25ª edizione del Panettone Party, la festa d’arte più attesa della città, ideata dall’Associazione e Movimento di Pensiero Arte da mangiare mangiare Arte, e fortemente voluto dal fondatore e direttore artistico, Ornella Piluso, in arte Topylabrys, che è una artista e creativa italiana nota per il suo approccio innovativo nell’arte visiva. La sua ricerca spazia tra diverse discipline, inclusi il video, la performance, l’installazione e la scultura, ma è conosciuta per i temi legati alla memoria, all’identità e alla trasformazione, spesso utilizzando oggetti quotidiani e materiali riciclati per creare opere che riflettono sulla relazione tra l’individuo e la società. La sua produzione artistica è caratterizzata da un forte impatto visivo che invita lo spettatore a riflettere sulla propria percezione del mondo. L’artista ha esposto in numerosi eventi e mostre in Italia e all’estero, diventando un punto di riferimento nel panorama dell’arte contemporanea.
La 25ª edizione del Panettone Party è, dunque, un evento che unisce arte, tradizione e solidarietà, ideato da Arte da Mangiare Mangiare Arte, il movimento culturale fondato da Ornella Piluso, in arte Topylabrys. Quest’anno, l’evento si svolgerà domenica 17 novembre presso la storica Libreria Bocca, un simbolo della cultura milanese, e presenterà la mostra “Lievito madre – arte del panettone per una storia milanese”, che esplora il connubio tra arte e il celebre dolce milanese. Oltre 150 artisti hanno creato libri d’artista, che saranno esposti e acquistabili in libreria. A corollario della mostra, l’asta benefica organizzata il 10 dicembre presso il Museo Bagatti Valsecchi contribuirà a raccogliere fondi per il progetto di restauro dell’impianto di illuminazione del museo. L’asta vedrà la selezione di 15 opere da esporre, con i proventi destinati alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale milanese.
Il Panettone Party non è solo un evento artistico, ma anche un momento di condivisione e convivialità, arricchito da una performance artistica e dalla degustazione di un panettone d’eccellenza, creato dal maestro pasticcere Luigi Biasetto. Un’occasione unica per celebrare Milano come capitale dell’arte contemporanea e della solidarietà, con un forte messaggio di speranza, gioia e unità.
Arte da Mangiare, curato anche da Monica Scardecchia, è un progetto culturale di grande rilevanza, che ha affrontato numerose tematiche legate all’arte, alla natura e alla sostenibilità. Un esempio emblematico del suo impegno è la creazione del MAF Museo Acqua Franca, un museo unico al mondo che si trova all’interno di uno dei depuratori d’acqua più importanti a livello globale, riconosciuto tra i tre principali, insieme a quelli di Singapore e Tokyo. Questo museo non è solo un’esposizione statica, ma un vero e proprio laboratorio di idee, che ospita costantemente nuove installazioni e progetti di artisti che vogliono confrontarsi con gli elementi naturali come terra, aria, acqua e vento. Il MAF è un progetto che esprime l’interazione tra l’arte e la natura, comprendendo non solo l’aspetto più “idilliaco” del verde, ma anche i fenomeni naturali estremi, come lo tsunami. La sua creazione, avvenuta 13 anni fa, è accompagnata anche da un festival, il Festival dei Depuratori, che celebra questa unione tra arte e ambiente. Questo evento è l’unico del suo genere al mondo e rappresenta un altro esempio della missione di Arte da Mangiare di esplorare e promuovere idee innovative attraverso l’arte, stimolando il dialogo e la riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente naturale. Abbiamo rivolto all’artista, fondatore e direttore artistico, Ornella Piluso alcune domande riguardo l’evento.
Il Panettone Party compie 25 anni e ogni edizione è un connubio tra arte e tradizione. Cosa ti ha spinto a ideare questo evento e quale messaggio vorresti che i partecipanti portassero a casa?
«Ho deciso di ideare questo evento principalmente per la gioia di fare festa. Spesso, l’arte è dedicata a temi sociali e alla denuncia delle problematiche che affliggono l’uomo, e questo è un aspetto che va sicuramente portato avanti. Tuttavia, credo che non dobbiamo limitarci a esprimerci sempre attraverso il dolore o la sofferenza. È importante anche tirare fuori la nostra gioia, magari con un po’ di ironia, e creare momenti in cui possiamo dire “alleluia”, celebrare la vita. Arte da Mangiare Mangiare Arte ha sempre abbracciato tematiche sociali, ma ha anche messo in evidenza l’importanza della gioia e della festa come parte integrante della società. La gente ha bisogno di momenti di felicità e segnali positivi, e l’ho capito già 25 anni fa. Da allora, questa visione è sempre andata avanti».
La tua ricerca artistica si concentra su temi come memoria, identità e trasformazione. Come vedi il ruolo dell’arte oggi nel creare connessioni tra le persone e nel rafforzare la solidarietà, come accade durante eventi come questo?
«La mia ricerca artistica si concentra su temi come memoria, identità e trasformazione. Oggi, vedo l’arte come uno strumento potente per creare connessioni reali tra le persone e rafforzare la solidarietà, come accade durante eventi come questo. Questo evento, in particolare, è legato alla gioia, un aspetto che considero fondamentale nella mia ricerca artistica, anche come scultrice. Non voglio che l’arte sia solo legata alla tragedia o al dolore, ma anche ai momenti di serenità e speranza, soprattutto in un periodo di incertezze come quello che stiamo vivendo. È importante che l’arte possa trasmettere segnali positivi, in particolare ai giovani. Perché l’arte deve essere solo triste? Noi, come artisti, abbiamo la possibilità di raccontare anche la nostra storia, la nostra memoria e identità. Inoltre, possiamo reinterpretare il passato in modo che cresca e si trasformi, offrendo visioni più interessanti e attuali. Ecco, in questo contesto, il Panettone Party diventa un’opportunità per celebrare questi valori».
Quest’anno il Panettone Party si arricchisce della collaborazione con il Museo Bagatti Valsecchi e con l’asta benefica per il progetto “Illumina il Museo”. Qual è il valore che attribuisci all’arte come strumento di supporto e valorizzazione del patrimonio culturale?
«Quest’anno, il Panettone Party si arricchisce della presenza del Museo Bagatti Valsecchi, un’iniziativa che ci entusiasma molto. Anche in passato abbiamo collaborato con musei come la Permanente, ma quest’anno abbiamo deciso di supportare il museo Bagatti Valsecchi, che ha chiesto aiuto per raccogliere fondi necessari per aggiornare l’illuminazione del museo, un luogo davvero speciale. Grazie alla generosità degli artisti, più di 150 hanno aderito a questo progetto, portando la loro energia positiva e contribuendo con le loro opere a rendere l’evento ancora più significativo. L’arte, in questo contesto, è un modo per rilassarsi e vedere il mondo con occhi diversi. Milano ha sempre avuto una vocazione di accoglienza e di aiuto, e spingere la cultura verso l’alto è fondamentale. Gli artisti, con la loro visione, sono i veri protagonisti di questo processo. Spero che anche in futuro altre categorie di artisti, come musicisti o teatranti, possano unirsi a noi per sostenere iniziative come quella del Museo Bagatti Valsecchi. Milano, nel Novecento, è stata il cuore dell’arte contemporanea italiana e anche oggi, nonostante la vivacità culturale, è difficile che emergano le realtà che vengono dal basso. Molto spesso, infatti, il sistema dell’arte si lega a circuiti commerciali che non rispecchiano la vera essenza culturale. Con Arte da Mangiare, invece, siamo nati 29 anni fa con lo spirito di dare voce a questa vitalità nascosta. Da quando abbiamo lanciato l’appello per il Panettone Party, la risposta degli artisti è stata incredibile: hanno risposto con grande entusiasmo, creando opere anche in modi innovativi e generosi. Questo è lo spirito che ha sempre animato Arte da Mangiare.
Nasciamo a Milano, dove la Società Umanitaria ha ospitato le nostre prime iniziative. Non siamo mai stati parte del “sistema”, ma siamo sempre stati un punto di riferimento per quegli artisti che vogliono mettersi alla prova con grande generosità, attraverso installazioni, sculture e opere uniche. E continueremo a farlo, sperando che quest’energia e questo spirito possano crescere sempre di più».
Per dettagli sull’evento e per acquistare i libri d’artista in mostra: Arte da mangiare mangiare Arte // Email: info@artedamangiare.it / Tel. 340 3406871 – Sponsor: Luigi Biasetto – Maestro pasticcere
Arte e mostre
Andrea Murdock Alpini: «Esplorare il mondo sommerso è una necessità per conoscere noi stessi e il nostro passato»
Un’esperienza unica nel mondo sommerso, tra relitti, grotte e miniere allagate, raccontata dall’esploratore subacqueo Andrea Murdock Alpini il 12 novembre al Goggler Club di Milano
L’esploratore Andrea Murdock Alpini condividerà le sue incredibili esperienze di ricerca subacquea, raccontando storie affascinanti e inedite dalle sue spedizioni in luoghi iconici come il relitto dell’Andrea Doria, il Mar Baltico e le grotte allagate di Romania e Russia. Un appuntamento imperdibile per gli appassionati di avventura e storia.
Il Goggler Club Milano ospiterà Andrea Murdock Alpini, esploratore subacqueo di fama internazionale, per una conferenza che promette di incantare il pubblico con storie di ricerca, avventura e passione per il mondo sommerso. Martedì 12 novembre 2024, alle ore 20:30, l’incontro avrà luogo presso il Palazzo delle Federazioni del CONI a Milano, e sarà un’occasione unica per scoprire i retroscena di alcune delle sue spedizioni più affascinanti, raccontate attraverso filmati e fotografie tratte dai suoi libri “Andrea Doria: un lembo di patria” e “Immersioni Selvagge” (editi da Magenes). La conferenza sarà accompagnata da numerosi filmati inediti e immagini suggestive, che raccontano paesaggi solitari e incontaminati dove il rapporto tra il subacqueo e la natura diventa protagonista. L’ingresso è gratuito, poiché i posti sono limitati, è consigliata la prenotazione inviando una email a info@goggler.it.
Abbiamo rivolto delle domande all’esploratore Andrea Murdock Alpini, insignito del prestigioso “Tridente D’Oro”, che guiderà il pubblico in un viaggio emozionante tra relitti, grotte e miniere allagate. Si partirà dal celebre relitto dell’Andrea Doria, documentato nella spedizione “Un lembo di patria” con PHY Diving Equipment, patrocinata dal Comune di Genova e dalla Fondazione Ansaldo. Il viaggio proseguirà nel Mar Baltico, dove sono stati esplorati navi affondate nel XVI secolo, e in grotte allagate tra Romania e Russia, oltre alle miniere sommerse in Sud Africa. Murdock Alpini racconterà anche le sue immersioni nel Mar Mediterraneo, nello Stretto di Messina, tra antichi porti romani, foreste di gorgonie e il famoso relitto della Motonave Viminale, uno dei più belli d’Italia.
Cosa ti ha spinto a intraprendere un percorso così avventuroso e ricco di sfide come l’esplorazione subacquea?
L’esplorazione subacquea per me rappresenta un’opportunità per conoscermi meglio e per scoprire il mondo. Attraverso questa pratica, posso sviluppare nuove tecniche e materiali, grazie anche al marchio PHY Diving, con cui progettiamo attrezzature per le immersioni. Inoltre, l’esplorazione subacquea mi permette di approfondire temi come la geologia, la biologia, la storia, la geografia e gli insediamenti umani, inclusi migrazioni e fattori sociali. In sostanza, le immersioni sono un mezzo per esplorare e comprendere il mondo sotto vari aspetti.
Come è nata l’idea di creare PHY Diving Equipment e in che modo questo marchio si distingue nel panorama dell’attrezzatura subacquea?
PHY Diving è nato dalla mia esigenza di sviluppare attrezzature specifiche per le spedizioni
subacquee, poiché non esistevano prodotti adeguati. Il primo prodotto creato è stato un cappuccio subacqueo speciale, testato in condizioni estreme durante un’esplorazione in una grotta degli Urali, con temperature fino a -25°C e acqua a 4°C. Successivamente, ho focalizzato la ricerca su attrezzature leggere e termiche, ideali per ambienti freddi, come indumenti sottili ma molto caldi. Il nostro fiore all’occhiello sono le mute subacquee, progettate con materiali e design innovativi, per migliorare qualità e performance. Tutti i nostri prodotti sono rigorosamente made in Italy. Il nome PHY è ispirato alla lettera greca “phi” e alla sezione aurea, simboli di armonia e bellezza, che riflettono i principi che guidano il nostro lavoro. La sfida più grande è stata l’esplorazione dell’Andrea Doria, che ha spinto la ricerca di soluzioni ancora più innovative.
Quali sono state le maggiori sfide incontrate durante la spedizione sull’Andrea Doria e quali scoperte sono emerse?
La spedizione sull’Andrea Doria è stata una missione complessa, patrocinata dal Comune di Genova e dalla Fondazione Ansaldo, con l’obiettivo di studiare lo stato di conservazione del relitto, in vista della sua probabile scomparsa nei prossimi 15-20 anni. Le riprese subacquee hanno documentato la nave e raccontato la sua storia, suscitando un forte impatto mediatico. Un elemento innovativo della spedizione è stata l’immersione nel relitto della prua della Stockholm, la nave svedese coinvolta nell’incidente con l’Andrea Doria, che ha aggiunto una prospettiva unica sulla tragedia storica.
Perché hai scelto di esplorare i relitti del Mar Baltico e quali sono le particolarità di questi siti archeologici sommersi?
Ho scelto di esplorare i relitti nel Mar Baltico per la loro straordinaria conservazione, dovuta alle acque fredde e a bassa salinità. Ho esplorato siti archeologici, come quelli nelle acque di Dalarö (sud di Stoccolma), dove giacciono navi in legno del XV e XVI secolo, e l’arcipelago di Åland, con relitti più recenti risalenti dalla fine dell’Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale, inclusi rompighiaccio. Il Mar Baltico mi affascina anche per i suoi paesaggi nordici. A dicembre, organizzerò una nuova spedizione a Narvik, in Norvegia, per documentare relitti di navi da guerra affondate durante la Seconda Guerra Mondiale. Questi progetti si inseriscono in studi scientifici sulla fisiologia del subacqueo in ambienti freddi e sulla decompressione, condotti in collaborazione con il CNR di Milano Niguarda e il Master di Medicina Iperbarica di Padova.
Quali sono le differenze principali tra esplorare grotte allagate e miniere sommerse? Quali sono i rischi maggiori associati a questi ambienti?
Le differenze principali tra grotte sommerse e miniere allagate riguardano la loro origine e stabilità. Le miniere, create dall’uomo, tendono a diventare instabili dopo l’abbandono, con rischi strutturali e frane, rendendole ambienti pericolanti. Le grotte sommerse, di origine naturale, sono generalmente più stabili. I rischi comuni includono la profondità, il sedimento e l’instabilità. Nelle miniere, l’instabilità strutturale è il pericolo maggiore, mentre nelle grotte le correnti sotterranee possono essere rischiose, con la possibilità di piene improvvise. Se moderate, però, mantengono il flusso e l’acqua pulita.
Cosa rende così affascinante e unico lo Stretto di Messina dal punto di vista subacqueo? Lo Stretto di Messina è un ecosistema subacqueo unico, dove si incontrano il mare Ionio a sud e il Tirreno a nord, creando un “imbuto” che genera correnti particolari e fondali ricchi di
biodiversità. Questo Stretto è stato abitato da diverse popolazioni nel corso dei secoli, lasciando tracce nei fondali, dai relitti moderni a quelli più antichi, inclusi resti archeologici. Le forti correnti mantengono l’acqua cristallina, favorendo una ricca varietà di fauna e flora, con specie autoctone uniche. È fondamentale tutelare e preservare questo straordinario ecosistema per le future generazioni.
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Quali sono le qualità fondamentali che un esploratore subacqueo deve possedere?
Un esploratore subacqueo deve possedere qualità essenziali per affrontare le sfide del mondo sommerso. La curiosità è fondamentale, spingendo a scoprire l’ignoto, mentre la pazienza e le competenze organizzative sono cruciali per coordinare risorse e attrezzature in ambienti difficili. L’autocontrollo è necessario per gestire i rischi e mantenere la calma, ma deve essere equilibrato dal coraggio di superare i propri limiti con prudenza. La capacità di gestire le emozioni è altrettanto importante, poiché solo con queste qualità un esploratore può ottenere nuove conoscenze e arricchire la storia dell’esplorazione subacquea.
Quali sono i tuoi progetti futuri e quali nuove frontiere dell’esplorazione subacquea vorresti affrontare?
Il mio lavoro di esploratore subacqueo è strettamente legato allo sviluppo della tecnica, con un focus particolare sull’area grecanica della Calabria, dove sto esplorando fondali ricchi di storia. Ho avviato un progetto chiamato Grecanic Wreak Valley, che mira a raccontare la connessione tra la geografia storica della regione e i numerosi relitti sommersi, legati alla Magna Grecia. A lungo termine, mi sto preparando per una spedizione sul Britannic, nave gemella del Titanic, affondata nel 1916. L’obiettivo è esplorare il relitto e approfondire la storia poco conosciuta di questa nave e delle sue sorelle, il Titanic e l’Olympic. Sto preparando un libro che non solo parlerà del relitto, ma esplorerà anche il ruolo delle donne a bordo delle navi all’inizio del Novecento, offrendo un’analisi nuova, che unisce storia, tecnica e dimensione sociale.
Come concili la tua passione per l’esplorazione con la necessità di divulgare le conoscenze acquisite al grande pubblico?
Per me, esplorare è una passione che va oltre la scoperta personale: è una necessità di condividere ciò che vivo. La divulgazione è un obiettivo fondamentale dell’esplorazione, perché credo che la conoscenza debba essere restituita al pubblico. Quando esploro, lo faccio per fare ricerca e poi condividere i risultati tramite report, articoli, conferenze, libri e filmati. Non mi limito all’aspetto tecnico dell’immersione, ma cerco di raccontare storie più ampie che comprendano geografia, storia, economia e relazioni umane. La mia passione per la comunicazione mi permette di coinvolgere anche chi non è subacqueo, offrendo loro la possibilità di scoprire nuovi mondi e magari intraprendere esperienze simili. Voglio suscitare curiosità e incoraggiare gli altri a esplorare e a guardare il mondo da nuovi punti di vista.
Qual è il tuo punto di vista sulla tutela e la conservazione dei siti archeologici sommersi?
I siti archeologici sommersi sono una parte essenziale del nostro patrimonio culturale e vanno tutelati e valorizzati correttamente. Non basta catalogarli, ma bisogna gestirli in modo che siano fruibili e responsabili. Le immersioni archeologiche, pur essendo affascinanti, richiedono grande preparazione e rispetto per il valore dei beni, alcuni dei quali vanno solo osservati per preservarne l’integrità. È fondamentale collaborare con le soprintendenze archeologiche e coinvolgere i giovani in progetti che sensibilizzino sull’importanza di preservare e valorizzare il nostro patrimonio sommerso. Solo così i siti archeologici possono avere un vero significato per la collettività e essere trasmessi alle generazioni future.
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Quale consiglio daresti ai giovani che desiderano seguire le tue orme?
Il mio consiglio è di essere estremamente curiosi e di credere nei propri sogni, ma per realizzarli è necessario fare rinunce e concentrarsi su un unico obiettivo, eliminando il superfluo. Raggiungere un sogno è difficile, tra tentazioni e difficoltà, ma solo con grande determinazione e voglia di successo si può riuscire. L’esplorazione subacquea è affascinante perché unisce molte discipline, dalla scienza alla tecnica, all’arte. Non è necessario partire da una formazione umanistica, ma qualsiasi campo di partenza può portare alla ricerca sotto acqua. Tuttavia, la maggior parte del lavoro di ricerca si svolge in superficie, tra studio e lettura, e il successo arriva solo con pazienza, determinazione e convinzione.
Quali sono le sfide e le opportunità che si presentano per l’esplorazione subacquea nei prossimi anni?
Le sfide e le opportunità per l’esplorazione subacquea nei prossimi anni sono due principali. Da un lato, c’è la possibilità di esplorare in profondità grazie a tecnologie avanzate, come batiscafi e strumenti sofisticati. Dall’altro, anche a pochi metri di profondità, dove si concentra gran parte della storia umana, ci sono enormi possibilità di scoperta. Il mare non solo ci permette di comprendere il nostro passato, ma anche di costruire il nostro futuro.
Qual è l’oggetto più prezioso che hai identificato durante le tue immersioni?
Durante le immersioni ho scoperto tanti dettagli affascinanti. Alcuni piccoli elementi, come un’etichetta su un motore che identifica un relitto, o oggetti storici come piatti, cristalli e equipaggiamenti antichi, mi hanno emozionato. In Mar Baltico, ho trovato boccali da birra del ‘600 e scarpe di ufficiali ottocenteschi. Tuttavia, il ritrovamento più emozionante è stato in un lago in provincia di Varese, il lago di Monate, dove ho esplorato una palafitta preistorica risalente all’età del bronzo. I tronchi dei pali che costituivano le fondamenta del villaggio, insieme a tracce di vita quotidiana come punte di freccia e macine, mi hanno permesso di connettermi con una civiltà antica. Questo ritrovamento, a soli 2-3 metri di profondità, mi ha ricordato che a volte l’esplorazione non riguarda la profondità, ma il significato di ciò che scopriamo.
Arte e mostre
Arte robotica: Sotheby’s mette all’asta il primo dipinto creato da un automa
Ai-Da, l’artista robotica sviluppata dal gallerista Aidan Meller, propone il suo lavoro nella prestigiosa asta di Sotheby’s, con offerte che potrebbero superare i 180 mila dollari. La vendita segna un passo significativo per il mercato dell’arte robotica, un fenomeno in continua espansione che mette in discussione i confini tra creatività umana e artificiale
Da Sotheby’s è in corso un evento che potrebbe segnare una svolta per il mondo dell’arte contemporanea: la prima vendita all’asta di un’opera creata da un robot umanoide. L’opera in questione è il ritratto di Alan Turing, realizzato da Ai-Da, un’artista robotica sviluppata dal gallerista britannico Aidan Meller. Ai-Da è stata progettata per dipingere utilizzando una combinazione di telecamere, algoritmi di intelligenza artificiale e un braccio robotico che traduce i dati in pennellate. L’opera è protagonista del Digital Art Day di Sotheby’s, con offerte aperte fino al 7 novembre e una stima di vendita che varia tra i 120 e i 180 mila dollari (circa 110-160 mila euro).
Questo evento è un segnale forte per il mondo dell’arte, che evidenzia come l’arte robotica stia conquistando sempre più spazio, allargando i confini del mercato tradizionale e attirando l’attenzione di collezionisti e appassionati. Il ritratto di Turing realizzato da Ai-Da, con le sue tecniche miste, rappresenta un punto di contatto tra innovazione tecnologica e celebrazione della storia, rendendo omaggio a uno dei padri dell’informatica.
Un fenomeno in crescita: dall’arte robotica a esperimenti avveniristici
L’opera di Ai-Da non è un caso isolato. Negli ultimi anni, sono stati realizzati diversi progetti che hanno unito arte e robotica, dimostrando che l’uso delle macchine nell’arte non è una moda passeggera, ma un movimento che affonda le sue radici in anni di esperimenti. Uno degli esempi più significativi è stato, nel 2020, Dark Factory Portraits, allestita alla galleria Ben Brown Fine Arts di Londra dai pionieri Rob e Nick Carter. L’esposizione vedeva protagonista Heidi, un braccio robotico industriale prodotto da KUKA, programmato per dipingere ritratti di icone dell’arte come Frida Kahlo e Andy Warhol. Heidi operava alla cieca, eseguendo movimenti basati su un codice che interpretava immagini digitali e le trasformava in pennellate.
L’ingegnere del software Julian Mann, responsabile del progetto, ha utilizzato l’API di RoboDK per programmare i movimenti di Heidi, dal tipo di pennellata alla pressione del pennello. RoboDK, un’azienda specializzata in software di simulazione per robot industriali, è nata come spin-off dell’ETS University di Montreal e ha supportato numerosi progetti artistici, dimostrando che i robot possono offrire nuove possibilità espressive agli artisti.
Quando le macchine raccontano emozioni: l’esempio di Can’t Help Myself
Non mancano gli esperimenti che puntano a creare una connessione emotiva tra l’osservatore e la macchina. Can’t Help Myself, opera concettuale di Sun Yuan e Peng Yu, esposta alla Biennale di Venezia del 2019, è un esempio emblematico. Si tratta di un braccio robotico industriale che, dotato di sensori, tenta freneticamente di contenere un fluido viscoso rosso all’interno di una determinata area. Ogni volta che il liquido esce dalla zona designata, il robot si attiva, eseguendo movimenti frenetici come “scratch an itch” o “bow and shake”, creando una parvenza di vita e coscienza.
L’opera riflette temi come sorveglianza e controllo, ma suggerisce anche una riflessione più profonda sulla dipendenza umana dalle macchine. Can’t Help Myself ha catturato l’attenzione del pubblico online, con milioni di visualizzazioni su YouTube e TikTok, diventando virale e sollevando discussioni sulle implicazioni etiche e sociali dell’automazione.
La competizione Robot Art: una vetrina per il futuro dell’arte
L’arte robotica ha trovato spazio anche nelle competizioni internazionali come Robot Art, lanciata nel 2015 da Andrew Conru, ricercatore dell’Università di Stanford. L’evento, che tornerà nel 2025, mette in sfida team di artisti, programmatori e ingegneri provenienti da università di tutto il mondo, con premi fino a 100.000 dollari. Le opere vengono valutate da una giuria composta da artisti e scienziati, riflettendo il desiderio di esplorare nuovi orizzonti espressivi.
Nelle edizioni passate, migliaia di dipinti sono stati creati, evidenziando come l’uso dell’intelligenza artificiale nell’arte possa offrire nuove prospettive. Quest’anno, i progressi tecnologici promettono di arricchire ulteriormente la competizione, con un numero crescente di artisti-ricercatori pronti a sfidare i confini della creatività umana e artificiale.
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