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Libri

“Nomade del Profondo”: un viaggio nell’anima attraverso le profondità marine

Un’avventura che va oltre le immersioni, un’esplorazione interiore tra relitti, grotte e le menti più brillanti della subacquea tecnica americana. Andrea Murdock Alpini ci invita a un viaggio straordinario, un’immersione nelle profondità più intime di noi stessi attraverso l’esplorazione degli abissi.

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    Nomade del Profondo è l’opera di Andrea Murdock Alpini che unisce l’avventura subacquea all’introspezione profonda, offrendo al lettore un’esperienza unica e arricchente. Il libro si sviluppa in tre sezioni distinte: le esplorazioni nelle grotte sottomarine, le interviste con i pionieri della subacquea tecnica, e le riflessioni intime sui relitti che diventano simboli di esplorazione dell’anima. Con Nomade del Profondo, Andrea non solo racconta storie di immersioni, ma ci invita a un viaggio che va oltre la superficie, nelle profondità del nostro io.

    Un viaggio tra parole e profondità

    Andrea Murdock Alpini ha creato un’opera che trascende la semplice narrazione delle sue esperienze subacquee. Nomade del Profondo è un invito a scoprire un mondo sommerso non solo nelle acque, ma anche nell’introspezione più profonda. Ogni pagina del libro è un’occasione per riflettere sulla vita, sull’esplorazione, sulla solitudine e sull’importanza di ogni singolo istante.
    La scrittura di Andrea è evocativa, capace di trasportare il lettore in un luogo senza tempo. L’autore, con la sua scrittura, permette al lettore di esplorare un universo interiore ricco di emozioni, visioni e sensazioni. Nomade del Profondo è un viaggio che non ha bisogno di immagini: ogni parola è pensata per stimolare la fantasia e l’introspezione del lettore, che diventa il protagonista del proprio viaggio personale.

    L’introspezione come viaggio

    In Nomade del Profondo, l’introspezione è un tema centrale. Andrea Murdock Alpini ci invita a riflettere sulla fragilità del tempo, sull’importanza delle relazioni e sulla bellezza del presente. Ogni capitolo è un’occasione per esplorare questi temi universali, mettendo in luce il legame tra l’uomo e la natura, e tra il nostro mondo esterno e quello interiore.

    La riflessione sulla vita che Andrea Murdock Alpini propone è profonda e potente. La sua scrittura ci stimola a vivere ogni istante con maggiore consapevolezza, a non accontentarci di una vita superficiale, ma a cercare un significato più profondo in ogni esperienza. Il concetto che “una vita non basta” per scoprire tutto ciò che c’è da esplorare, che sia nel mondo o dentro di noi, è un messaggio forte che attraversa tutto il libro.

    La collaborazione che arricchisce l’opera

    Un aspetto fondamentale di Nomade del Profondo è la collaborazione con Claudia Crisalli, Enza Croce e Marianna Morè, che hanno contribuito in modo determinante alla revisione del testo e alla traduzione delle interviste, ampliando la visione e la portata dell’opera. Le diverse prospettive arricchiscono il libro, conferendo una varietà di voci e punti di vista che lo rendono ancora più affascinante e multidimensionale.

    Il messaggio di Nomade del Profondo

    Nomade del Profondo non è solo un libro, ma un compagno di viaggio per chi è alla ricerca di un significato più profondo nella propria vita. La riflessione sulla solitudine, sul viaggio, sul tempo che scorre, è un invito a vivere con intensità e consapevolezza. Ogni tramonto, simbolo ricorrente nel libro, rappresenta non solo la fine di un giorno, ma anche una metafora della bellezza effimera della vita, che deve essere vissuta fino in fondo.

    Con Nomade del Profondo, Andrea Murdock Alpini ha creato un’opera che va oltre la semplice narrazione avventurosa, diventando un invito a esplorare la propria interiorità e a non fermarsi mai nella ricerca di sé stessi. Questo libro è per chiunque senta il bisogno di riflettere sulla propria esistenza e di scoprire un nuovo modo di vivere, sempre più consapevole e profondo.

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      Libri

      “Il tempo dell’odio” di Antonio Lanzetta: una nuova edizione per un viaggio nell’oscurità dell’animo umano

      Il romanzo, ambientato nel Cilento durante la Seconda Guerra Mondiale, torna disponibile in una nuova edizione autoprodotta dall’autore.

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        Torna in una nuova veste uno dei libri più intensi di Antonio Lanzetta, “Il tempo dell’odio”, disponibile in una nuova versione su Amazon all’indirizzo https://amzn.eu/d/iSVo6aY . Lo scrittore salernitano , noto per la sua capacità di intrecciare storie avvincenti con atmosfere cupe e misteriose, ripropone al pubblico quello che da molti è considerato come il suo libro più rappresentativo.

        Gli esordi fantasy e poi tanto giallo

        Lanzetta ha iniziato la sua carriera letteraria dedicandosi al genere fantasy, con opere come “Warrior” e “Revolution”, entrambe pubblicate da La Corte Editore. Successivamente, ha virato verso il thriller, ottenendo riconoscimenti significativi con il racconto breve “Nella pioggia”, finalista al premio “Gran Giallo Cattolica”, e con romanzi come “Il buio dentro”, tradotto in Francia, Canada e Belgio, e citato dal “Sunday Times” come uno dei cinque migliori thriller stranieri dell’anno.

        Negli ultimi anni, Lanzetta ha collaborato con Newton Compton Editori, pubblicando titoli come “L’uomo senza sonno”, “Delitto in riva al mare” e “Luna rosso sangue”. “L’uomo senza sonno” ha ottenuto riconoscimenti internazionali, vincendo il Prix Coup de Coeur du Jury Noir Charbon 2024 a Orchies, in Francia.

        “Il tempo dell’odio” è ambientato nel suggestivo Cilento durante l’estate del 1943 e segue la drammatica vicenda di Michele, un ragazzo di quattordici anni la cui vita viene sconvolta da un atto di violenza che lo costringe a confrontarsi con la brutalità del mondo adulto. Lanzetta, spesso definito non a torto lo “Stephen King italiano”, mescola abilmente elementi storici con atmosfere gotiche e western, creando un racconto che esplora i confini tra bene e male, coraggio e odio. La sua scrittura cinematografica e coinvolgente trasporta il lettore in un viaggio emotivo attraverso le ombre dell’animo umano.

        L’intervista

        D: Cosa l’ha spinta a ripubblicare “Il tempo dell’odio” in una nuova edizione autoprodotta?

        R: “Desidero condividere con voi un pezzo del mio cuore: ‘Il tempo dell’odio’, uno dei miei lavori preferiti, torna disponibile su Amazon in una nuova edizione autoprodotta. Questa storia è nata dal desiderio di esplorare quei momenti in cui ci si sente smarriti, quando la strada di casa sembra lontana e incerta.”

        D: Quali temi ha voluto approfondire attraverso la storia di Michele?

        R: “Il romanzo segue il giovane Michele, un ragazzo di quattordici anni la cui vita viene sconvolta da un atto di violenza che lo costringe a confrontarsi con la brutalità del mondo adulto. È una storia di formazione che intreccia temi di resistenza e antifascismo, ma soprattutto scava negli angoli più oscuri dell’animo umano, mettendo in luce la sottile linea tra bene e male.”

        D: Quali influenze stilistiche hanno guidato la scrittura del romanzo?

        R: “Ho cercato di infondere nelle pagine l’atmosfera del Southern Gothic americano e del western, con personaggi complessi e ambientazioni che riflettono le ombre e le luci dell’umanità.”

        “Il tempo dell’odio” è un’opera che non solo intrattiene, ma invita il lettore a riflettere sulla resilienza umana e sulle scelte impossibili che la vita ci impone. Un viaggio letterario che promette di lasciare un segno indelebile nel cuore di chi legge.

        La trama

        “La morte venne a cercarmi nell’estate del 1943. Avevo quattordici anni quando sparai per la prima volta in faccia a un uomo. È passato molto tempo da allora e le cose che ho fatto, le cose brutte che sono stato costretto a fare, mi hanno cambiato per sempre.”

        Cilento, un angolo del sud d’Italia intrappolato tra le braccia della guerra e l’ombra di un regime al tramonto. Michele, quattordici anni, vive una quotidianità scandita dal lavoro nei campi e dai silenzi di un padre lontano, disperso in Africa. Ma l’estate segna l’inizio di un incubo: tornato a casa, trova la sua famiglia distrutta da un manipolo di fascisti. La madre giace senza vita, le due sorelle sono strappate via, e il mondo che conosceva viene inghiottito dalla violenza.

        Sopravvissuto per miracolo, Michele si ritrova costretto a crescere troppo in fretta, affrontando l’orrore e il peso della vendetta. Rifugiatosi da un’anziana vicina, scoprirà che anche nel cuore della disperazione germogliano il coraggio e l’odio.

        Tra le pieghe di un’Italia devastata, Il tempo dell’odio è un romanzo di formazione che scava nel buio dell’anima umana, illuminando i legami spezzati, le scelte impossibili e la resilienza di un ragazzo che lotta per sopravvivere.
        Un libro per chi ha smarrito la strada e cerca di tornare a casa. Una storia che parla di memoria, resistenza e sacrificio.

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          Un sogno così, il nuovo libro di Paolo Colombo presentato alla Fondazione ATM di Milano

          Nella parabola privata di una famiglia, la sua, l’autore traccia un’epopea che si svolge nella cornice della Storia collettiva del nostro paese: con le sue miserie, i suoi riscatti e, più spesso di quanto siamo soliti pensare, i suoi squarci di grandiosità.

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            Fondazione ATM ospita Paolo Colombo per un incontro con le lettrici e i lettori dedicato alla presentazione del suo nuovo libro, Un sogno così (Feltrinelli). L’evento si terrà giovedì 23 gennaio 2025, alle ore 17:30, in Via Carlo Farini 9 a Milano. Un’occasione unica per immergersi in una vicenda che celebra il valore della comunità, della famiglia e della resilienza.

            Quando il racconto personale si fonde con la storia del nostro Paese

            Ambientato al Giambellino, storico quartiere della periferia sud-ovest di Milano, racconta un’appassionante saga familiare nel secondo dopoguerra. Il romanzo narra la storia di Carlo, giovane e intraprendente, che trasforma un piccolo negozio di ferramenta in un simbolo di rinascita per la comunità locale. Attorno a lui si sviluppano le vite di personaggi intensi, in un intreccio che unisce il racconto personale alla grande Storia d’Italia.

            L’autore

            Paolo Colombo è professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna anche Storia contemporanea. Creatore e promotore del progetto “Storia e Narrazione”, ha scritto numerosi saggi e collaborato con RaiStoria e Rai3.

            Un estratto dal libro

            Un passaggio del suo nuovo libro descrive con grande sensibilità la trasformazione del quartiere che fa da sfondo alla storia: “Capolinea, limitare estremo di via Giambellino. Il rondò nuovo. Qualcuno chiamava così la piazza, perché in fondo non era molto, solo dal ’48, che il tram arrivava fin lì. In precedenza la linea s’interrompeva oltre un chilometro indietro, al rondò vecchio, che continuava a venir chiamato in quel modo, pure ora che oramai rondò non era neppure più ma si era trasformato in un normale, appena un poco più ampio, incrocio di vie. Prima della guerra, oltre il rondò vecchio, non c’era praticamente nulla: prati lasciati al pascolo di mucche e pecore, qualche cascina sparsa qua e là, canali di irrigazione, marcite, fossi e, più spesso che no, nebbia. La strada che proseguiva oltre il rondò vecchio era uno sterrato punteggiato di buche e, per diversi mesi all’anno, pozzanghere. La si percorreva con una sgangherata corriera che la fantasia dei milanesi, forse affamati di esotico, aveva battezzato “Carioca”. Vai a capire come e perché.”

            Dove si svolgerà la presentazione

            Fondazione ATM, nata nel 1998, è un punto di riferimento per il benessere e la solidarietà dei dipendenti ATM, promuovendo iniziative culturali, sociali e ricreative. La Fondazione ha come missione il miglioramento della qualità della vita dei suoi membri, valorizzando il patrimonio storico e culturale dell’azienda e della città.

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              Claudio Amendola senza filtri: “Dell’ipocrisia su chi snobba la TV me ne sono fregato. Salvato da Totti e Ilary”

              Claudio Amendola è uno di quegli attori che non le manda a dire. Diretto, schietto, con una lunga carriera alle spalle e ancora tanta voglia di mettersi in gioco, si racconta in un’intervista dove parla del suo percorso, della TV, dell’ipocrisia di chi la snobba e della sua vita personale, tra separazioni, dipendenze superate e ricordi familiari indelebili.

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                Amendola è pronto a tornare sul set per il revival de I Cesaroni, una delle serie più amate della televisione italiana. “C’è un’attesa febbrile, che non va disattesa, ma siamo un gruppo solido. Torneranno tutti i maschi Cesaroni, sono convinto che ritroveremo quello spirito”, dice con entusiasmo.

                Ma sa bene che il rischio di deludere le aspettative è alto: “È un progetto insidioso, ma non mi fa paura. Quando c’è il gruppo giusto, il lavoro viene da sé”.

                L’ipocrisia di chi snobba la TV

                Nella sua carriera, Amendola ha spaziato tra cinema, fiction e programmi televisivi. E non sopporta chi ancora considera la TV un gradino sotto al cinema: “C’è chi guarda con sufficienza chi fa fiction di grande successo. Poi però, quando il cinema è andato in crisi, sono stati i primi a buttarsi in televisione. Io questa ipocrisia l’ho sempre ignorata”.

                Dipendenze e separazione: “Mi sono detto ‘A Clà, ma che cao stai a fa?’”**

                L’attore ha affrontato problemi di dipendenza, ma ne è uscito con una forza interiore che oggi rivendica con orgoglio: “Non ho parlato con un medico, mi sono guardato allo specchio e mi sono detto ‘A Clà, ma che ca**o stai a fa?’”.

                E quando il discorso si sposta sulla separazione da Francesca Neri, riesce persino a scherzarci su: “Siamo stati fortunati, ci siamo separati nello stesso periodo di Totti e Ilary. Ho ringraziato Francesco, gli ho detto ‘grazie, perché così stanno tutti appresso a voi’”, racconta ridendo.

                Memoria e politica: “Se Berlinguer e Almirante fossero vivi oggi, che direbbero?”

                Per Amendola, la memoria è un valore imprescindibile, tanto nella vita personale quanto in quella politica: “La memoria è il filo che non possiamo tagliare con il passato. Ogni tanto mi chiedo: se fosse vivo De André, Gaber… ma anche Berlinguer o Almirante? Cosa direbbero oggi? Meglio non pensarci”.

                Un simbolo della romanità? “A forza di sentirmelo dire, sì”

                Alla fine, quando gli chiedono se si sente un’icona della romanità, sorride e risponde con la sua solita ironia: “A forza di sentirmelo dire, sì! Ancora oggi la gente mi prende la guancia e mi fa ‘a scafetta’. È un segno di grande intimità, e mi piace sentirmi parte di questa comunità”.

                Tra il passato, il presente e un futuro che lo vedrà ancora protagonista, Amendola si conferma quello che è sempre stato: diretto, sincero, romano fino al midollo.

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