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Luxury

Al “The Inn at Little Washington” l’acqua è di lusso: fino a 100 dollari a bottiglia, anche Ferrarelle e Smeraldina in lista

Dalla canadese Berg, ricavata da ghiacciai vecchi 15mila anni, alla slovena Roi arricchita in 3400 anni, fino alle italiane Ferrarelle e Smeraldina: il menù delle acque di Patrick O’Connell sfida la tradizione americana a suon di prezzi stellari.

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    Se Gesù trasformò l’acqua in vino, Patrick O’Connell, celebre chef del ristorante tre stelle Michelin “The Inn at Little Washington”, ha compiuto un miracolo inverso: ha trasformato l’acqua in un lusso d’élite. Nel menù del ristorante, situato a ovest di Washington, in Virginia, spicca una carta di tredici acque selezionate provenienti da tutto il mondo, con prezzi che arrivano fino a 100 dollari a bottiglia.

    Tra foie gras e scaloppine al Calvados, questo locale leggendario, premiato anche come miglior ristorante al mondo da Travel+Leisure, ha deciso di offrire ai clienti un viaggio idrico senza precedenti. L’acqua non è più solo un accompagnamento, ma diventa protagonista assoluta, servita con la stessa enfasi riservata ai migliori Cabernet Sauvignon.

    La bottiglia più esclusiva è la canadese Berg, un’acqua ricavata da ghiacciai antichi 15mila anni, custoditi nel Parco nazionale di Mount Robson. Prezzo? Ben 100 dollari per 750 ml, con la promessa di assaporare “l’aria e la neve” del Canada. Subito dopo troviamo la slovena Roi (75 dollari), estratta da una sorgente profonda 600 metri e ricca di minerali sedimentati in 3400 anni. Non manca la Three Bays della Nuova Zelanda (45 dollari), proveniente da una sorgente paleolitica vecchia di 600 milioni di anni.

    L’Italia al tavolo dell’acqua

    L’Italia non poteva mancare in questa élite. Il menù include due versioni della sarda Smeraldina, naturale e frizzante, provenienti dalle sorgenti sotterranee di Monti di Deu, vicino a Tempio Pausania, a 10 dollari a bottiglia. Anche la Ferrarelle, classico dell’alto casertano, fa la sua figura con un prezzo di 9 dollari per 750 ml.

    Tra esclusività e ironia

    Completano la lista acque da tutto il mondo: la finlandese Vellamo (42 dollari), considerata una delle più pure, la californiana Tahoe Artesian (35 dollari) e la texana Crazy Water (8 dollari). Per chi cerca un sapore minerale più distintivo, ci sono la Vichy Catalan spagnola (18 dollari), la Perlage polacca (11 dollari) e la romena Aqua Carpatica (18 dollari).

    Per i clienti meno inclini a investire in acque esotiche, la sommelier Lindsey Fern è pronta a suggerire l’etichetta perfetta per accompagnare ogni piatto. Ma se le opzioni da collezione non convincono, c’è sempre un’alternativa: un’acqua a basso contenuto minerale presa direttamente dal rubinetto della Virginia, servita in caraffa. Prezzo? Gratis, un’eccezione in un menù dove persino le bollicine fanno lievitare il conto.

    Un trend d’élite o solo marketing?

    In un Paese ossessionato da bevande gassate e sciroppose, questa “rivoluzione idrica” fa riflettere. È un nuovo status symbol per pochi o una sfida alla percezione dell’acqua come semplice commodity? Mentre i clienti sorseggiano ghiacciai millenari, il dibattito è aperto: è il gusto che conta o il prezzo?

    Tra carte d’acqua da collezione e rubinetti democratici, The Inn at Little Washington ridefinisce cosa significa ordinare “semplicemente” un’acqua. E per molti, anche in un bicchiere, il lusso ha sempre il suo sapore.

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      Il gelato più costoso del mondo? Lo vendono in Giappone e costa quanto una moto

      Realizzato con ingredienti ultra-preziosi come Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi, tartufo bianco d’Alba e sakè da collezione, il gelato più caro al mondo si trova a Osaka. Ma la vera domanda è: qualcuno lo mangia davvero?

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        Se pensavate che spendere 4 euro per una coppetta fosse troppo, preparatevi a rivalutare la vostra gelateria sotto casa. In Giappone, infatti, un’azienda di dolci di lusso ha creato il gelato più costoso del mondo: si chiama Byakuya, ovvero “notte bianca”, e per assaggiarne una pallina dovrete sborsare la modica cifra di 6.000 euro. Più o meno quanto una moto di media cilindrata.

        Dietro l’invenzione c’è la gelateria Cellato, con sede a Osaka, che ha selezionato solo ingredienti rarissimi: tartufo bianco d’Alba (che da solo costa più di 20.000 euro al chilo), Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi, sakè da collezione e persino foglie d’oro alimentari. Tutto viene miscelato con cura maniacale, servito in una coppa di porcellana giapponese e accompagnato da un piccolo manuale d’uso.

        Sì, perché questo gelato va degustato, non semplicemente “mangiato”. Gli chef consigliano di lasciarlo a temperatura ambiente per dieci minuti, annusarlo come un vino pregiato, gustarlo in tre morsi precisi. Insomma, più che un dessert, un’esperienza. Un po’ kitsch? Forse. Ma c’è già chi lo ha ordinato.

        L’obiettivo? Conquistare il Guinness World Record, e magari il portafoglio di qualche sceicco in vacanza. Per noi comuni mortali, resta il dubbio: vale davvero il prezzo, o è solo un’operazione di marketing ghiacciata al punto giusto?

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          EPesto, il pesto da 1000 euro al chilo: la sfida di lusso di Maurizio Viani

          Da una ricetta della nonna al mercato giapponese: EPesto nasce a Imperia con l’ambizione di diventare il condimento più esclusivo al mondo.

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            Sembra la trama di un film gourmet, ma è tutto vero. EPesto, il pesto da 1000 euro al chilo, è l’ambizioso progetto di Maurizio Viani, imprenditore ligure che ha trasformato una ricetta di famiglia in un prodotto di alta gastronomia, destinato a hotel di lusso e ristoranti stellati.

            La base è sempre quella tradizionale, ma a fare la differenza sono gli ingredienti, selezionati con maniacale attenzione alla qualità: Parmigiano Reggiano invecchiato 15 anni, basilico di Genova Prà, pinoli di San Rossore e olio di olive taggiasche. «Il nostro obiettivo è creare un pesto unico al mondo», racconta Viani, che ha fondato EPesto nella sua Imperia, patria del basilico e della tradizione ligure.

            Come nasce EPesto

            «Il nome è un modo per distinguerci dagli altri prodotti sul mercato. EPesto è un prodotto speciale», spiega Viani. Il progetto prende forma quasi per caso: «Mi è capitata in mano una vecchia ricetta di mia nonna Carla, che aveva una salumeria nel centro di Imperia fino al 1972. Già allora mia nonna era attentissima alla qualità degli ingredienti: asciugava le foglie di basilico con cura e utilizzava solo i migliori formaggi».

            L’ispirazione diventa presto un’ossessione per l’eccellenza. I primi barattoli di pesto nascono grazie alla collaborazione con Davide Tacchi, ex partecipante al Campionato Mondiale di Pesto, e finiscono subito in Giappone, dove un amico di Viani, esperto di gastronomia, fiuta il potenziale del prodotto. «Il mercato giapponese è molto ricettivo verso le eccellenze italiane. Ci hanno detto subito che c’era interesse», racconta.

            Ingredienti d’élite per un pesto di lusso

            Ogni ingrediente di EPesto è selezionato con cura maniacale. Il basilico, per ora, non proviene ancora dalla coltivazione idroponica di Viani, ma dall’azienda di Ruggero Rossi a Genova Prà, uno dei produttori più rinomati. I pinoli arrivano dal parco di San Rossore, vicino Pisa, mentre il pecorino proviene da Mandas, in Sardegna. L’olio è prodotto dalle olive taggiasche della stessa azienda di Viani.

            Ma il vero protagonista è il Parmigiano Reggiano di Malandrone, vicino Modena, famoso per le sue lunghe stagionature. «Abbiamo tre tipi di pesto, ognuno con un diverso Parmigiano. Quello da 15 anni di stagionatura è il nostro fiore all’occhiello ed è proprio quello che fa salire il prezzo a 1000 euro al chilo. Poi c’è il pesto con Parmigiano invecchiato 10 anni, che costa 250 euro al chilo, e infine quello con Parmigiano di vacche rosse, a circa 90-100 euro al chilo», spiega Viani.

            Il mercato del lusso e l’arte di raccontare un prodotto

            L’obiettivo di EPesto è chiaro: posizionarsi nella fascia più alta del mercato. «Vogliamo proporre il nostro pesto agli hotel di lusso e ai ristoranti d’alta gastronomia, luoghi in cui si sappia raccontare il prodotto. Non è solo un condimento, ma un’esperienza da vivere», dice Viani.

            E per chi si chiede se un Parmigiano così stagionato possa compromettere il sapore delicato del pesto, Viani rassicura: «Non è vero. Il nostro pesto è cremosissimo e dolce, perfettamente equilibrato.»

            Innovazione e tradizione

            Oltre agli ingredienti, l’attenzione di Viani si concentra anche sugli strumenti utilizzati per la lavorazione. «Il basilico si pesta nella pietra, mentre i pinoli e il resto degli ingredienti si lavorano nel legno. Stiamo sviluppando diversi tipi di mortaio per evitare di rovinare la ricetta e renderla impeccabile», spiega. Una cura quasi ossessiva per ogni dettaglio, che trasforma EPesto in qualcosa di più di un semplice prodotto: un’opera d’arte gastronomica.

            Il pesto da 1000 euro troverà il suo pubblico?

            Se l’idea di un pesto a mille euro al chilo può sembrare folle, il mercato del lusso potrebbe rispondere diversamente. «Il nostro prodotto non è per tutti. È pensato per chi cerca il massimo della qualità e sa apprezzare ogni sfumatura del gusto», conclude Viani.

            Insomma, EPesto non è solo una questione di sapore, ma di filosofia. E a giudicare dalle prime reazioni in Giappone, l’idea potrebbe davvero trovare spazio nelle tavole più esclusive del mondo.

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              Il lusso italiano viaggia anche su rotaia… ma non certo su quella degli sventurati pendolari

              Itaia e Arabia Saudita unite in un progetto a 5 stelle. Due pesi e due misure: c’è chi è costretto quotidianamente a viaggiare su vagoni sporchi, malandati e perennemente in ritardo… e chi potrà godere dell’eccellenza italiana su due ruote. C’è chi può e chi non può… niente di nuovo.

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                Mentre in Italia ritardi, presunti sabotaggi e disservizi di ogni tipo penalizzano la vita di chi utilizza il treno come mezzo di spostamento, una società italiana di ospitalità di lusso – Arsenale – e le Ferrovie dell’Arabia Saudita (Sar) hanno presentato congiuntamente il design di Dream of the Desert, il primo treno italiano a cinque stelle in Arabia Saudita. Composto da 14 carrozze e 34 suite di lusso, il treno è stato progettato dall’architetto Aline Asmar d’Amman.

                Design di casa nostra e cultura araba: un binomio sorprendente

                Il progetto, che vede coinvolto anche il ministero della Cultura saudita e altre autorità del Paese arabo, abbina l’innovazione del design italiano con l’autenticità del patrimonio culturale saudita, rielaborando il concetto di viaggio ferroviario di lusso. L’annuncio rappresenta un passo fondamentale nell’attuazione dell’accordo firmato tra Sar e Arsenale l’anno scorso.

                Un progetto anche per le nostre tratte

                In Italia, Arsenale è impegnata nel lancio del treno di lusso, il Dolce vita Orient Express, in collaborazione con il Gruppo Accor, Trenitalia e Fondazione Fs. Prevista una flotta inziale di 6 treni con 12 carrozze ciascuno, che viaggeranno nei luoghi più iconici del nostro Paese: Roma, Venezia, Portofino, Maratea e molte altre.

                Promuovendo il concetto di crociera su rotaia

                Arsenale è una società che opera dal 2020 nel segmento dell’ospitalità di lusso, fondata da Paolo Barletta, Ceo del Gruppo Barletta, insieme ad Annabel Holding di Nicola Bulgari (componente azionaria: 71,91% Gruppo Barletta, 16,11% Oaktree, 11,98% Annabel Holding). Una realtò impegnata a esportare nel mondo il nuovo concetto di crociera di lusso su rotaia. Oltre all’Arabia Saudita, negli ultimi anni Arsenale ha siglato accordi anche con Emirati Arabi Uniti, Egitto e Uzbekistan per sviluppare treni di lusso made in Italy.

                Un’esperienza senza confronti

                Dichiara il Ceo: «Quando abbiamo concepito per la prima volta Dream of the Desert, il nostro obiettivo era creare un’esperienza di viaggio senza pari, che conducesse gli ospiti in un’indimenticabile avventura attraverso il cuore dell’Arabia Saudita. Questo progetto è più di un semplice treno di lusso; è un’esperienza immersiva che fonde design raffinato curato dall’eccellente visione di Aline Asmar d’Amman, e tradizioni culturali».

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