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Storie vere

CapoNudanno 2024: il capodanno senza veli che non vedrà la luce

Polemiche, ripensamenti e addii anticipati: il primo Capodanno nudista d’Italia annullato tra scandali e timori per il tam tam mediatico.

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    Rien à faire il “CapoNudanno 2024”, il Capodanno nudista promosso dall’Associazione Naturisti Italiani (A.N.Ita), è stato cancellato a causa delle polemiche e della pressione mediatica. Previsto in un ristorante di Paderno Dugnano, alle porte di Milano, l’evento avrebbe offerto un’esperienza di festaau naturel” al prezzo di 80 euro. Il dress code? Molto semplice: niente abiti, solo collane, cravatte o papillon opzionali. Ma nonostante l’entusiasmo iniziale, con circa sessanta adesioni confermate da tutta Italia e diverse prenotazioni di hotel nelle vicinanze, il progetto è saltato. Si è scontrato con una pioggia di critiche e commenti ironici sui social e sui media. Secondo un comunicato dell’associazione, il ristoratore avrebbe deciso di annullare l’accordo temendo ripercussioni sulla sua attività. “Il tam tam mediatico ha sollevato un polverone. I commenti inopportuni apparsi online hanno gettato discredito sulla serata, spaventando il ristoratore“, hanno spiegato gli organizzatori.

    Tra ironia e perplessità

    Dove mettono i cellulari per le foto ricordo?” “E l’orologio per il conto alla rovescia dove lo appoggiano?” sono solo alcune delle frasi riportate dai social appena appresa la notizia di questo speciale capodanno lombardo. Ma, se i festeggiamenti ci saranno, non sarà più il ristorante di Paderno a ospitarli. E pensare che gli organizzatori avevano fatto tutto bene creando un’atmosfera allegra già dall’invito ufficiale che tra l’altro recitava: Per il primo anno non sarete divorati dal dubbio del cosa indossare? Niente! Essendo una serata di gala saranno ammesse collane, papillons e cravatte, ma se dovesse fare molto caldo è possibile toglierle e nessuno si scandalizzerà!”.

    Capodanno sì ma dove? Oggi è già il 31 dicembre…

    Gli organizzatori dell’iniziativa si sono trovati costretti a cercare una nuova location, sperando di salvare il cenone dei naturisti. Intanto, Paderno Dugnano torna alla normalità, lasciando l’esperimento del Capodanno senza veli solo un ricordo di una curiosa (e breve) parentesi mediatica. Stay tuned

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      La maestra nuda su OnlyFan rivuole la sua cattedra: ci riuscirà?!?

      Elena Maraga, insegnante 29enne sospesa da un asilo per la sua attività su OnlyFans, torna sotto i riflettori con un chiaro obiettivo: riprendere il suo ruolo in aula. Tra polemiche, sostegni e trattative legali, la vicenda accende il dibattito su privacy, libertà personale e giudizi morali.

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        Elena Maraga, giovane docente dell’infanzia, è stata sospesa dal servizio dopo che un genitore ha scoperto la sua presenza su OnlyFans, piattaforma dove alcuni utenti condividono contenuti a pagamento, spesso di tipo sensuale. Ma a differenza di quanto il gossip vorrebbe far credere, non c’è nulla di illegale o esplicito, come chiarisce da subito il suo legale Giorgio Canal. Un episodio che ha fatto discutere l’opinione pubblica, dividendo genitori e insegnanti: da un lato chi sostiene la libertà personale della maestra, dall’altro chi la giudica incompatibile con il suo ruolo educativo.

        Il profilo segreto diventato di dominio pubblico

        Secondo la versione fornita dall’avvocato Canal, Elena non ha mai reso pubblica l’esistenza del suo profilo OnlyFans. A renderlo noto sarebbe stato un genitore di uno degli alunni, trasformando un’attività privata in una questione mediatica e scolastica.

        “L’attività extra-lavorativa non incide sulla qualità dell’insegnamento e non ci sono basi legali o etiche per un licenziamento”, afferma il legale, sottolineando come la maestra non abbia violato alcuna norma interna dell’istituto.

        Trattative in corso con l’istituto scolastico

        Nonostante la sospensione, Elena continua a percepire lo stipendio e ha avviato una trattativa per trovare un accordo con la scuola. Durante l’incontro del 4 aprile, il primo passo è stato ascoltare le ragioni della docente. Ora si attende un riscontro concreto da parte dell’istituto. L’obiettivo della Maraga è solo uno: tornare a insegnare senza dover rinunciare a un’attività che ritiene personale e rispettosa dei limiti imposti dalla legge.

        Divisa l’opinione dei genitori

        Il caso ha acceso un acceso dibattito tra le famiglie: alcuni genitori si sono espressi a favore dell’insegnante, sottolineando il diritto di ogni individuo a gestire la propria vita privata senza temere ripercussioni sul lavoro. Altri, invece, considerano inadeguata la sua presenza online, sostenendo che il ruolo educativo imponga un comportamento più “tradizionale”. Ma le opinioni, in assenza di un codice etico preciso dell’istituto, restano tali.

        Libertà personale o morale pubblica?

        Il caso Elena Maraga solleva interrogativi profondi sul confine tra vita privata e professione, soprattutto in un ambito delicato come l’educazione. Ma se non ci sono regole infrante né contenuti inappropriati, la domanda diventa: è giusto giudicare e sanzionare una persona solo per come gestisce la propria immagine fuori dall’orario di lavoro? La risposta, per ora, è ancora tutta da scrivere. Ma una cosa è certa: Elena non ha intenzione di abbandonare la sua vocazione per insegnare. E chissà… forse questo caso contribuirà a riscrivere i confini tra professione, libertà e pregiudizio.

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          Storie vere

          Svezia, il ministro va in congedo di paternità: «Un giorno con mia figlia è intenso quanto uno da ministro»

          Il ministro svedese dell’Agricoltura sarà il primo uomo di governo in Svezia a usufruire del congedo parentale. Una scelta personale, ma anche un segnale culturale: «Non è una dichiarazione politica, è un gesto d’amore». Intanto il Paese resta un modello europeo per diritti e flessibilità dei neo-genitori.

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            In Svezia, essere ministro non significa rinunciare alla vita familiare. Anzi, a volte è proprio il contrario. Peter Kullgren, titolare dell’Agricoltura nel governo svedese, ha annunciato il suo congedo di paternità: per cinque settimane si dedicherà interamente alla figlia Edith, che ha compiuto un anno lo scorso gennaio. E se tutto andrà secondo i piani, non esclude di prolungare il periodo.

            È la prima volta che un uomo membro di un governo svedese ottiene formalmente un congedo parentale. Durante il mese di aprile, Kullgren sarà sostituito dal segretario di Stato Daniel Liljeberg, mentre la rappresentanza del suo partito alle riunioni di governo sarà garantita dai ministri Ebba Busch e Andreas Carlson.

            «Occuparsi di una bambina di un anno», ha dichiarato al quotidiano Expressen, «è quasi altrettanto imprevedibile e intenso di una giornata da ministro».

            La scelta, racconta, è puramente personale. Niente gesti dimostrativi, né dichiarazioni ideologiche: «C’è chi penserà che voglio fare una dichiarazione politica con questa scelta. Per me è irrilevante. Si tratta semplicemente di un aspetto fondamentale nel rapporto con mia figlia».

            Anche se formalmente in congedo, il ministro non sarà completamente esonerato dalle sue responsabilità istituzionali. In base a un regolamento introdotto nel 2018, i membri del governo possono usufruire del congedo parentale mantenendo comunque parte delle loro funzioni e percependo il 90% dello stipendio mensile, pari a circa 12.500 euro.

            Fino a pochi anni fa, questo diritto non era nemmeno previsto per i ministri. Nel 2004, Thomas Bodström – allora titolare della Giustizia – tentò di ottenere un permesso simile, ma fu costretto a negoziare un accordo con il primo ministro di allora, Göran Persson, per riuscire a passare un po’ di tempo con il figlio senza rinunciare del tutto al ruolo.

            L’unico precedente ufficiale di congedo ministeriale risale al 2019, quando Amanda Lind – ministra della Cultura – decise di prendersi una pausa per motivi familiari. Oggi, è il turno di Kullgren, che ha raccontato alla tv pubblica SVT di aver ricevuto il pieno appoggio del primo ministro Ulf Kristersson, «genuinamente felice» della sua scelta.

            Peter Kullgren e sua moglie Sarah, presidente dell’organizzazione femminile dei Democratici Cristiani, formano una delle coppie più influenti del partito. Sarah non ha potuto godere di un congedo convenzionale dopo la nascita di Edith, e proprio per questo, racconta il ministro, ha voluto prendersi lui questo spazio. Non per parità o per apparenza, ma per amore.

            Non è la prima volta che Kullgren si impegna per i diritti dei genitori. Quando era assessore comunale a Karlstad, si era battuto per l’aggiornamento del regolamento sul congedo parentale per gli amministratori locali. Anche allora, il suo impegno era legato alla vita privata: suo figlio Waldemar, oggi quattordicenne, è nato da un precedente matrimonio.

            In Svezia, ogni famiglia ha diritto a 480 giorni di congedo per bambino, da suddividere tra i genitori. Di questi, 390 sono retribuiti all’80%, mentre i restanti 90 prevedono un’indennità fissa. I padri svedesi sono tra i più attivi d’Europa: il 90% usufruisce del congedo, con una media di quasi quattro mesi. Ma resta una disparità: il 70% dei giorni è ancora fruito dalle madri.

            C’è chi propone una divisione obbligatoria 50/50, ma Kullgren frena: «Un modello rigido non è adatto a tutti». Lui, intanto, dà il buon esempio. E la politica, in questo caso, può imparare molto dalla paternità.

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              Altro che Sky e Netflix: nel Biellese riapre il cinema a luci rosse!

              Chiuso dal 2020, nella provincia di Biella riapre il cinema a luci rosse Play Movie, rilanciato dal giovane imprenditore Flavio Tromboni (nome omen…). In un mondo dominato dallo streaming, la pellicola hot torna protagonista.

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                A Cossato riapre il cinema a luci rosse Play Movie, chiuso dal 2020 e ora rilanciato dal giovane imprenditore Flavio Tromboni. In un mondo dominato dallo streaming, la pellicola hot torna protagonista. Una scommessa retrò che potrebbe accendere l’economia locale, una scelta indubbiamente coraggiosa che mescola nostalgia – secondo alcuni – e spirito di comunità. Il Play Movie non è solo una sala a luci rosse: per i non-bacchettoni è un manifesto contro l’appiattimento digitale.

                Ritorno al futuro… vietato ai minori

                Nel cuore del Biellese, dove il tempo sembra scorrere più lento e i sabati pomeriggio profumano di nostalgia, riapre un’istituzione tanto discussa quanto amata: il Play Movie, storico cinema a luci rosse di Cossato. A riaccendere il proiettore è Flavio Tromboni, 25 anni, già noto per gestire il leggendario Roma Blu di Torino. La sua missione? Riportare il piacere offline al centro della scena.

                Addio buffering, bentornato brivido

                Mentre il resto del mondo si perde tra contenuti digitali, abbonamenti multipli e connessioni instabili, Cossato sceglie l’autenticità della sala buia, delle poltrone imbottite e dei sussurri imbarazzati tra sconosciuti. Con 200 posti a sedere, aria condizionata e un catalogo rigorosamente vietato ai minori, il cinema riapre le sue porte ogni weekend, dal sabato alla domenica, dalle 15 fino a mezzanotte. Altro che binge-watching, qui si parla di experience watching.

                Turismo sess…ehm, culturale

                Non è solo una questione di eros: il ritorno del Play Movie è anche un’occasione per ridare vita all’economia locale. Con appena due cinema porno attivi in tutto il Piemonte, e il più vicino a Piacenza, Cossato si candida a diventare una meta per appassionati del genere. Si parla già di car sharing tra province, birre post-film nei bar vicini e – perché no – una piccola rivoluzione nel turismo esperienziale.

                Soft lighting, hard impact

                La struttura è stata completamente ristrutturata: nuovo impianto audio, sedute comode, luci soffuse e un’atmosfera che strizza l’occhio ai gloriosi anni ’90 del cinema erotico. Un mix perfetto tra nostalgia e intrattenimento che, secondo Tromboni, “può attrarre spettatori da tutto il Nord Italia”. A guidarlo, non solo il desiderio (in ogni senso del termine), ma una visione culturale ben chiara: “La gente ha bisogno di tornare a vivere le cose insieme. Anche il piacere”.

                Kant o “La supplente fa l’orale”?

                Naturalmente, non mancano le polemiche. C’è chi grida al degrado culturale e chi invoca proposte più “elevate”. Ma la verità è semplice: tra una sala vuota con un documentario sulla dialettica hegeliana e una sala piena per un titolo vintage dai doppi sensi espliciti, è chiaro quale delle due fa girare (l’economia).

                Il biglietto? Costa meno di un abbonamento streaming

                Il prezzo d’ingresso è competitivo, e l’esperienza è irripetibile. Perché il Play Movie non è solo un cinema: è un salto temporale, una provocazione e, per molti, un appuntamento fisso con il passato… e con il desiderio

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