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Italia

Le origini del mito della Befana: tra antichi riti e tradizioni popolari

Dietro la storia della Befana, simbolo dell’Epifania, si intrecciano tradizioni pagane, miti legati alla natura e significati cristiani. La vecchietta che porta doni ai bambini ha attraversato secoli di credenze e riti, evolvendosi in un’icona senza tempo della cultura italiana

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    La Befana, la simpatica vecchietta che vola su una scopa portando doni o carbone ai bambini la notte tra il 5 e il 6 gennaio, è una figura profondamente radicata nella tradizione italiana. Ma da dove nasce questo mito? La sua origine è antichissima e affonda le radici in riti pagani legati alla natura e alla fertilità, successivamente adattati e cristianizzati nel contesto dell’Epifania.

    I legami con i riti pagani

    Prima dell’avvento del cristianesimo, molte popolazioni europee celebravano la fine dell’anno con riti dedicati alla natura e alla rinascita. In questo contesto, la figura della Befana potrebbe essere collegata alle antiche divinità femminili come Perchta, dea germanica della fertilità e protettrice della terra, oppure alla dea Diana, venerata dagli antichi Romani come signora della caccia e della natura.

    Secondo alcune teorie, la Befana rappresenta la vecchia madre natura, che, con l’inizio del nuovo anno, si trasforma per lasciare spazio alla rinascita. La sua immagine anziana e non più fertile riflette la terra che si prepara al risveglio primaverile dopo il freddo dell’inverno.

    Il simbolismo del carbone e dei doni

    Il carbone, temuto dai bambini che non si sono comportati bene, rappresenta simbolicamente i residui dell’anno passato: un ammonimento, ma anche un augurio di purificazione. I dolci e i regali, invece, sono segni di abbondanza e prosperità, che rimandano alle offerte che gli antichi facevano alle divinità durante i riti di passaggio tra l’anno vecchio e quello nuovo.

    La cristianizzazione della Befana

    Con la diffusione del cristianesimo, molte tradizioni pagane furono reinterpretate in chiave religiosa. La figura della Befana si intreccia con la celebrazione dell’Epifania, che ricorda la visita dei Re Magi a Gesù Bambino. Secondo una leggenda, i Magi, nel loro viaggio verso Betlemme, chiesero indicazioni a una vecchietta e la invitarono a unirsi a loro. La donna, inizialmente restia, cambiò idea troppo tardi e, non riuscendo più a raggiungerli, iniziò a distribuire doni a tutti i bambini nella speranza di trovare il piccolo Gesù.

    La Befana nella cultura popolare

    Nel corso dei secoli, la Befana è diventata una figura centrale della cultura popolare italiana. Le sue rappresentazioni variano da regione a regione, ma l’immagine più comune è quella di una vecchietta con un naso adunco, vestiti logori e una scopa, che rappresenta l’umiltà e la semplicità.

    In molte città italiane, come Urbania nelle Marche, si tengono ancora oggi feste spettacolari in onore della Befana, con sfilate, spettacoli e la distribuzione di dolci ai bambini.

    La tradizione della calza

    Il rito di appendere una calza al camino o vicino alla finestra nasce probabilmente dalla tradizione contadina di lasciare offerte ai visitatori divini o agli spiriti benevoli. La calza simboleggia l’attesa e la speranza di ricevere qualcosa di buono, e la Befana risponde riempiendola con dolci per i bambini buoni e carbone per quelli monelli.

    Una figura che resiste al tempo

    Oggi la Befana rimane un’icona della cultura italiana, unendo tradizione e magia. È amata da grandi e piccini, rappresentando il fascino di una festa che chiude il periodo natalizio con un sorriso e un pizzico di mistero.

    La sua leggenda, pur evolvendosi nel tempo, continua a essere tramandata di generazione in generazione, mantenendo vivo uno dei simboli più autentici delle nostre radici culturali.

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      Italia

      Mattarella operato al cuore: come sta il nostro Presidente

      Stamattina Sergio Mattarella ha subito l’impiantato un pacemaker ed attualmente è in buone condizioni. Prevista una settimana di riposo dopo l’intervento

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        Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato sottoposto stamattina ad un intervento programmato per l’impianto di un pacemaker presso il reparto cardiologico dell’ospedale Santo Spirito di Roma. Secondo quanto comunicato dal Quirinale, le condizioni del capo dello Stato sono buone, e l’operazione non ha destato preoccupazioni cliniche. Dopo l’intervento, Mattarella osserverà un periodo di riposo di una settimana, come da protocollo medico. Il ricovero durerà circa 48 ore, per consentire il ritorno a casa in tempo per le festività pasquali.

        L’operazione nel dettaglio

        Il pacemaker è un piccolo dispositivo elettronico impiantato sottopelle, generalmente utilizzato in pazienti con bradicardia, ovvero un battito cardiaco troppo lento. Si tratta di una procedura comune, in particolare tra i pazienti anziani, che garantisce una ripresa rapida. Secondo Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società Italiana di Cardiologia, si tratta dell’intervento più frequente in cardiologia per persone oltre i 70 anni, con un recupero completo previsto in pochi giorni.

        Entra in azione quando occorre

        L’apparecchio monitora il ritmo cardiaco e interviene solo in caso di necessità, stimolando elettricamente il cuore quando i battiti scendono sotto una soglia critica, solitamente i 55 battiti al minuto. In Italia si eseguono circa 50.000 impianti di pacemaker ogni anno, con un’età media dei pazienti pari a 81 anni.

        Operativo fino a ieri, ora lo attende una settimana di convalescenza

        Nonostante le preoccupazioni iniziali, l’intervento al presidente non è stato un’emergenza. Mattarella ha svolto regolarmente i suoi impegni istituzionali fino al tardo pomeriggio di ieri, incluso l’incontro con il presidente del Montenegro, Milojko Spajić. L’udienza per l’assegnazione dei Premi Leonardo è stata l’unico appuntamento ufficiale annullato. La scelta di procedere ora con l’intervento potrebbe essere stata influenzata anche dalla prossimità delle festività, permettendo al presidente di riposarsi con tranquillità, possibilmente nella sua Palermo.

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          Italia

          Nicolò Fagioli e il caso scommesse: 587mila euro di prestiti per coprire i debiti

          Nonostante le sanzioni sportive e penali, il fenomeno delle scommesse illegali è una sfida per il sistema calcistico italiano, che richiede interventi strutturali per prevenire situazioni simili in futuro.

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            L’inchiesta sulle scommesse sportive illegali online ha portato alla luce dettagli sorprendenti sul caso di Nicolò Fagioli, centrocampista della Fiorentina ed ex Juventus. Secondo il decreto di sequestro preventivo, Fagioli avrebbe accumulato debiti per un totale di 587mila euro, coperti grazie a prestiti ricevuti da amici, compagni ed ex compagni di squadra. I pagamenti sono stati effettuati principalmente tramite bonifici alla gioielleria Elysium o su carte PostePay.

            Chi ha aiutato Fagioli?

            Tra i 31 finanziatori che hanno sostenuto Fagioli tra dicembre 2021 e ottobre 2023, figurano molti volti noti del calcio. Dai compagni delle nazionali giovanili: Turati, Plizzari, Armini e Russo agli ex compagni della Juventus: Gatti, Dragusin, Di Massimo, Zanandrea e Lucas Rosa. Senza dimenticare i compagni della Cremonese: Okoli, Sarr, Salami e Nardi. Il contributo più significativo è arrivato da Francesco Luciani, con 73mila euro, seguito da Okoli, Dragusin e Gatti, che insieme hanno versato 121mila euro. Anche Cristiano Pompili, agente di Fagioli, ha contribuito con 30mila euro. Altri finanziamenti, di importi minori, sono stati effettuati da amici e conoscenti. Un caso particolare riguarda Dusan Vlahovic, il cui nome compare nel decreto per due pagamenti da 50mila euro alla gioielleria Elysium. Tuttavia, gli inquirenti non lo associano al sostegno finanziario di Fagioli, ipotizzando che le somme siano legate all’acquisto di orologi.

            Puntati 250mila euro in poche ore sull’NBA

            Dall’indagine emerge che il calciatore avrebbe scommesso fino a 250mila euro in poche ore sull’NBA il 14 febbraio 2023, interrompendo solo per dedicarsi all’allenamento. Il giocatore non è l’unico coinvolto: anche Alessandro Florenzi avrebbe perso 300mila euro in un solo giorno. Fagioli si trova in una situazione critica, con un debito totale di 2,8 milioni di euro e minacce da un esattore noto come “Nelly”, probabilmente legato alla malavita romana. La Juventus, già a marzo 2023, sospettava del problema di gioco d’azzardo del calciatore. Le intercettazioni rivelano minacce esplicite, tra cui l’intimidazione di farlo smettere di giocare e costringerlo a lavori manuali.

            La banca occulta che fa tic tac

            L’inchiesta, avviata dalla Procura di Torino e successivamente trasferita a Milano, si concentra su un presunto giro di scommesse illegali su piattaforme non autorizzate. Fagioli è uno dei 12 calciatori di Serie A coinvolti, insieme a nomi come Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo. Le indagini hanno rivelato che i giocatori effettuavano puntate su sport diversi dal calcio, utilizzando sistemi complessi per aggirare i controlli. La gioielleria Elysium, al centro dell’indagine, fungeva da “banca occulta” per regolare i flussi di denaro. I calciatori effettuavano bonifici simulando l’acquisto di orologi di lusso, che però non venivano realmente ceduti. Questo meccanismo permetteva di mascherare i pagamenti legati alle scommesse.

            Quali conseguenze per Fagioli

            Fagioli, già squalificato per sette mesi nel 2023 dopo un patteggiamento con la Procura Federale, ha ammesso di essere stato vittima di minacce da parte degli organizzatori del giro di scommesse. Il debito accumulato ha avuto un impatto significativo sulla sua carriera e sul suo stato mentale, influenzando anche il rendimento in campo. L’indagine evidenzia il calvario vissuto da Fagioli, che cerca di guadagnare tempo per saldare i debiti, ma affronta pressioni crescenti e rischia gravi conseguenze per la sua carriera.

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              Italia

              Che fine farà il carcere Beccaria di Milano? Quale progetto per il futuro dei detenuti minorili?

              Un progetto innovativo punta a trasformare il Beccaria in un modello di riabilitazione per i detenuti minorili, superando le criticità storiche di sovraffollamento e fragilità, ma il Decreto Caivano solleva nuove sfide.

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                L’Istituto penale per minorenni Cesare Beccaria” di Milano si trova al centro di una grave emergenza di sovraffollamento, una situazione condivisa da molti altri istituti penali per minorenni in Italia. Alla fine del 2023, i ragazzi detenuti al Beccaria erano 66, a fronte di una capienza di circa 45 posti. Secondo la relazione del Ministero della Giustizia del 2024 sull’esecuzione delle pene per minorenni, il numero di ingressi negli istituti penali ha superato i livelli pre-pandemia. Ha raggiunto un totale di 1.258 nel 2024. Questo aumento si riflette in una presenza media giornaliera negli istituti che è passata da 320 detenuti nel 2021 a 556 nel 2024.

                Beccaria un centro di detenzione fragile

                Il profilo dei detenuti minorenni al Beccaria offre uno spaccato di grande fragilità e sofferenza. Molti di questi ragazzi provengono da contesti di migrazione e, in molti casi, sono minori stranieri non accompagnati. La relazione ministeriale evidenzia le difficoltà legate alle loro storie personali, spesso segnate da traumi profondi, come viaggi pericolosi o detenzioni in condizioni estreme nei campi libici. La mancanza di legami familiari e di una rete di supporto esterna aggrava ulteriormente la loro condizione e rende il percorso riabilitativo una sfida particolarmente complessa. Questa situazione è stata ulteriormente compromessa da frequenti avvicendamenti nella gestione dell’Istituto, che hanno influito negativamente sul suo funzionamento. Come sottolineato nella relazione, il Beccaria necessita di interventi urgenti, sia strutturali che gestionali, per garantire la sicurezza dei detenuti e degli operatori.

                Un progetto per il futuro del Beccaria

                Per affrontare queste criticità, il Ministero della Giustizia ha ottenuto un finanziamento dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI) per sviluppare un progetto innovativo. Gli obiettivi principali includono il miglioramento della governance interna del Beccaria, l’incremento delle competenze degli operatori, il supporto ai percorsi riabilitativi per minori e giovani adulti provenienti da paesi terzi. E inoltre il sostegno agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM) lombardi nel reinserimento dei ragazzi in uscita dall’Istituto.

                Un “laboratorio di sperimentazione”

                Questo progetto punta a trasformare il Beccaria in un “laboratorio di sperimentazione”, i cui risultati potrebbero essere replicati in altre realtà territoriali. Si tratta di un’occasione preziosa per migliorare il sistema penale minorile, nonostante le preoccupazioni legate ai recenti provvedimenti governativi. Uno degli ostacoli principali alla piena realizzazione di questo progetto è rappresentato dal cosiddetto “Decreto Caivano”. Entrato in vigore a settembre 2023, il decreto preclude l’accesso alla messa alla prova per alcuni reati. Secondo quanto denunciato da garanti dei detenuti, magistrati e associazioni di volontariato carcerario, questa misura potrebbe aumentare il sovraffollamento degli istituti penali minorili, aggravando le già critiche condizioni attuali.

                Quali misure alternative alla detenzione

                Nella relazione del Ministero si ammette che sarà necessario monitorare l’impatto del decreto sulle misure alternative alla detenzione. Come la messa alla prova, per verificare se tali restrizioni penalizzeranno i percorsi riabilitativi. Questo sembra essere in contrasto con le dichiarazioni del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha negato un orientamento “carcerocentrico” dell’attuale amministrazione. Pur ammettendo le difficoltà del comparto minorile legate al sovraffollamento.

                Una strada ancora da costruire

                Nonostante le contraddizioni tra le diverse visioni politiche e operative, il progetto per il Beccaria rappresenta una speranza per il futuro dei detenuti minorili. Se attuato con successo, potrebbe non solo migliorare la vita all’interno dell’Istituto, ma anche fornire un modello innovativo per affrontare le sfide del sistema penale minorile in Italia.

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