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Medio Oriente, i primi tre ostaggi liberati: “Hanno riabbracciato le madri”

Hamas rilascia tre donne in base all’accordo per il cessate il fuoco. Israele prepara la scarcerazione di 90 palestinesi, tra cui 69 donne e 21 minori. A Gaza arrivano i primi aiuti umanitari. Intanto Smotrich minaccia Netanyahu: “Se l’Idf non riprende a combattere, farò cadere il governo”

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    Il cessate il fuoco è iniziato con un ritardo di quasi tre ore, ma il primo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas è ormai realtà. Il gruppo islamista ha liberato tre donne israeliane, Romi Gonen (24 anni), Emily Damari (28) e Doron Steinbrecher (31), che erano detenute nella Striscia di Gaza dall’attacco del 7 ottobre. La loro liberazione ha scatenato un’ondata di commozione in Israele: le famiglie hanno finalmente potuto riabbracciarle dopo 47 giorni di prigionia.

    Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito il loro ritorno “un passaggio dall’oscurità alla luce, dalla schiavitù alla libertà”. “Sappiamo tutti che hanno attraversato l’inferno”, ha aggiunto in un colloquio con un ufficiale israeliano.

    In cambio del rilascio degli ostaggi, Israele oggi scarcererà 90 prigionieri palestinesi, di cui 69 donne e 21 minori. La lista dei detenuti da liberare è stata trasmessa in ritardo da Hamas, causando il rinvio dell’inizio della tregua dalle 7:30 alle 10:15.

    Gioia e celebrazioni a Tel Aviv e Ramallah

    A Tel Aviv migliaia di persone si sono riunite in piazza per celebrare il ritorno delle tre donne, applaudendo nel momento in cui sono state affidate all’Idf. L’Hostages and Missing Families Forum ha commentato: “Dopo 471 giorni di strazio, Emily, Doron e Romi tornano finalmente a casa. Questo è un momento di luce nell’oscurità, un simbolo di speranza e un trionfo dello spirito umano. Ma non possiamo fermarci: ogni ostaggio deve tornare”.

    Anche in Cisgiordania l’attesa è carica di emozione. A Ramallah, i familiari e gli amici dei detenuti palestinesi hanno iniziato i festeggiamenti suonando i clacson e sventolando bandiere. “Sono felice, grazie al cessate il fuoco la gente può vivere in pace”, ha dichiarato Fadia Barghouti, una delle donne che saranno liberate oggi.

    Gaza, arrivano i primi aiuti umanitari. L’ultradestra israeliana all’attacco

    Mentre il primo convoglio di aiuti umanitari è finalmente entrato a Gaza, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, leader dell’ultradestra israeliana, ha lanciato un avvertimento a Netanyahu: “Se l’Idf non riprende a combattere per riconquistare tutta la Striscia, farò cadere il governo”. Una minaccia che mette ancora più pressione su un equilibrio politico già fragile.

    L’accordo attuale prevede il rilascio graduale di ostaggi israeliani in cambio della scarcerazione di prigionieri palestinesi. Ma il futuro della tregua resta incerto, con il rischio concreto che il conflitto possa riesplodere nei prossimi giorni.

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      Altro che Mafia, ecco le organizzazioni criminali più temute al mondo

      Un breve tour nella vita delle più temute e famose cosche del 2024, esplorando l’intricata trama delle loro operazioni, i miti che circondano la loro eredità e la cruda realtà del loro impatto sulle comunità di tutto il mondo.

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        L’oscuro mondo delle organizzazioni criminali ha da sempre affascinato e terrorizzato le società di tutto il mondo. Dalla spietata Mafia siciliana, immortalata in innumerevoli film, all’elusiva Yakuza, con le sue tradizioni ben radicate e le sue imprese moderne, queste organizzazioni esercitano un potere che spesso mette in discussione il sistema stesso della legge e del diritto. E, là dove manca un tessuto culturale solido, attirano sempre più giovani desiderosi di emulare gesta e guadagnare velocemente molti soldi anche a costo di uccidere. Di seguito un breve tour nella vita delle più temute e famose cosche e organizzazioni dagli anni ’70 ai giorni nostri. Alla scoperta dell’intricata trama delle loro operazioni e dei miti che circondano la loro eredità. Ma soprattutto della cruda realtà del loro impatto sulle comunità di tutto il mondo.

        Brigate Rosse, Italia

        Qualcuno non le conosce e ne ha solo sentito parlare, qualcuno se le è pure dimenticate. Alcuni piangono in famiglia le loro numerose vittime. Di certo per una intera generazione le Brigate Rosse hanno segnato la cronaca delle loro giornate dagli anni ’70 agli anni ’90. Le Br sono emerse come una forza temibile fra gli anni ’70 e ’80, mescolando ideologia politica e tattiche spietate. La loro campagna di rapimenti, omicidi e rapine era guidata da un programma che aveva come obiettivo di sconvolgere il sistema statale italiano e provocare una risposta rivoluzionaria. Il rapimento e l’assassinio del Presidente del Consiglio Aldo Moro nel 1978 segnò l’apice della loro infamia, lasciando una cicatrice nella coscienza della nazione.

        Hells Angels, USA

        Fondato a metà del XX secolo, gli Hells Angels sono diventati iconici nella cultura motociclistica americana. Ma al di là del folklore sotto le giacche di pelle e i motori rombanti si nasconde una storia segnata dal traffico di droga, da scontri violenti e da un’inflessibile fedeltà al club. Nonostante affermino di non essere un’organizzazione criminale, le attività illegali hanno segnato la loro reputazione.

        Vice Lords, USA

        I Vice Lords sono una delle bande più antiche e influenti di Chicago. Hanno radici in un centro di detenzione giovanile alla fine degli anni ’50. Da uno sforzo collettivo per proteggere i propri membri, si sono evoluti in una sofisticata rete criminale impegnata in estorsioni, riciclaggio di denaro e crimini violenti. La loro notorietà crebbe con il tempo, portando a un’indagine federale che mise in luce molti atti criminali compiuti anche senza alcun motivo apparente ma solo per agire con violenza a tutto ciò che li provocava.

        Fratellanza Ariana, USA

        La Fratellanza Ariana è una delle gang più temute nel sistema penale americano, nota per la sua violenza e il contrabbando di droga. Nata nel sistema carcerario statunitense, questa banda ha consolidato la sua fama attraverso atti di violenza e sfruttamento dei detenuti. La loro infamia è diventata un tema affascinante per i media popolari. E anche per molti sceneggiati e docufilm.

        Los Zetas, Messico

        Inizialmente formati da soldati messicani disertori, i Los Zetas nel corso degli anni si sono distinti per la loro brutalità e disciplina militare. Sono noti per le loro operazioni di traffico di droga e di esseri umani, mantenendo un regime di terrore caratterizzato da decapitazioni ed esecuzioni memori delle loro scorribande sotto i vestiti militari. Nonostante la cattura o l’uccisione dei leader originari, rimangono ancora uno dei cartelli messicani più temibili.

        Cartello di Sinaloa, Messico

        Il Cartello di Sinaloa è sinonimo di traffico di droga, noto per il suo commercio di cocaina, eroina e metanfetamine negli Stati Uniti. Sotto la guida di “El ChapoGuzman, è stato nominato dalla DEA come la più attiva organizzazione di narcotraffico. Nonostante l’incarcerazione di El Chapo, il cartello continua a operare con una resilienza impressionante.

        Barrio Azteca, USA

        Il Barrio Azteca è emerso dal sistema carcerario del Texas, diventando una forza formidabile nel mondo del narcotraffico. La loro lealtà e spietatezza li ha resi preziosi per il Cartello di Juarez. Il loro portfolio criminale include rapimenti, furti d’auto e omicidi su commissione.

        Mara Salvatrucha (MS-13), USA

        La Mara Salvatrucha, o MS-13, è conosciuta per la sua estrema violenza. Originariamente formata per proteggere gli immigrati salvadoregni a Los Angeles, oggi è coinvolta in furti, traffico di esseri umani e prostituzione minorile. La loro reputazione li rende una delle bande più temute al mondo.

        Latin Kings, USA

        I Latin Kings sono nati come movimento di cambiamento sociale a Chicago, ma si sono evoluti in un’organizzazione criminale strutturata. La loro storia racconta una trasformazione da gruppo che lottava per i diritti dei latino-americani seguiti da molti giovani a organizzazione coinvolta in varie attività criminali.

        Bloods and Crips, USA

        La faida tra i Bloods e i Crips è una leggenda nella storia di Los Angeles. Fondata nel 1969, la rivalità tra queste bande ha definito il panorama criminale della città, con entrambe le fazioni che si contendono la supremazia attraverso violenza, traffico di droga e estorsioni. Nel 2015 Herbert C. Covey ha scritto un libro mai tradotto in italiano “Crips and Bloods: A Guide to an American Subculture“.

        Mungiki, Kenya

        Il Mungiki, nato in Kenya, combina una fiera salvaguardia della cultura con una spietata attività criminale. Questo gruppo ha attratto giovani promettendo un ritorno ai valori tradizionali, ma è anche coinvolto in estorsioni, omicidi e una posizione militante contro l’influenza occidentale.

        Cartello di Medellín, Colombia

        Guidato dal famigerato Pablo Escobar, da almeno 50 anni è il simbolo, insieme alla mafia e alla ndrangheta delle organizzazioni criminali più diffuse e pericolose. Il Cartello di Medellín era responsabile di gran parte della cocaina che entrava negli Stati Uniti negli anni ’80. Gli audaci sforzi di Escobar per mantenere il controllo hanno segnato un capitolo oscuro della storia della Colombia.

        Triade, Cina

        La Triade cinese è una rete criminale complessa con roccaforti a Hong Kong, Macao e Taiwan. Le loro operazioni includono contrabbando, omicidio e crimini sofisticati, riflettendo i cambiamenti della società e dell’economia.

        Yakuza, Giappone

        La Yakuza, con radici antiche che risalgono al 1600, è un pilastro della malavita giapponese. I membri aderiscono a un rigido codice di condotta e sono noti per i loro tatuaggi che simboleggiano il loro impegno. Le loro attività includono traffico di prostituzione, strozzinaggio e traffico di armi.

        Mafia Siciliana, Italia

        La mafia siciliana, o Cosa Nostra, è una leggenda nel mondo del crimine organizzato. Con una storia resa famosa da film come “Il Padrino“, è nota per la violenza e le guerre tra clan. Le loro attività criminali includono estorsione, racket e gestione di giri di prostituzione. Ma sintetizzare il perché e come agisce la mafia siciliana ci vorrebbero pagine e pagine con la certezza di non riuscire mai a scrivere l’ultima parola.

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          Make Elon Great Again: Musk si crede il nuovo profeta della destra europea, ma dietro il suo “Mega” c’è solo caos e propaganda

          Dai social alla politica, dai deliri complottisti all’infiltrazione nei movimenti sovranisti: il miliardario trasforma la sua piattaforma in un’arma ideologica, amplifica l’odio online e spinge l’Europa verso il nazionalismo digitale, mentre attacca regolamenti, istituzioni e qualsiasi limite al suo potere

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            Elon Musk ha trovato il suo nuovo giocattolo. Dopo aver conquistato il titolo di megafono ufficiale delle peggiori teorie cospirazioniste americane, ora punta all’Europa. Il suo post su X, in cui lancia il movimento Mega (Make Europe Great Again), è diventato virale nel giro di poche ore, con oltre 60 milioni di visualizzazioni e l’immediato abbraccio dei nazionalisti e suprematisti europei. Il messaggio non è casuale. È il capitolo successivo della sua discesa a gamba tesa nella politica internazionale, dopo il sostegno all’estrema destra tedesca dell’Afd, gli attacchi ai laburisti inglesi e i reiterati elogi all’amministrazione Trump.

            Musk gioca con la provocazione e con il potere che ha costruito attorno a sé, convinto che i suoi miliardi e la sua armata di seguaci sui social gli diano il diritto di plasmare la politica a suo piacimento. Il suo Gente d’Europa, unitevi al movimento Mega è un proclama che non lascia dubbi sulle sue ambizioni: replicare il modello trumpiano in versione europea, spingere i sovranisti ai vertici delle nazioni chiave, e indebolire l’Unione europea per consegnarla in pasto a chi sogna il ritorno di stati-nazione chiusi, isolati e pronti alla guerra economica.

            Se qualcuno avesse ancora dubbi sulla pericolosità di Musk, basta dare un’occhiata al contesto in cui è arrivato il suo annuncio. La stessa notte in cui ha pubblicato il suo post, il multimiliardario ha disseminato X di messaggi tossici: attacchi ai migranti e alle organizzazioni non governative, accuse di “invasione illegale”, odio contro l’epidemiologo Anthony Fauci, elogi al congelamento dei fondi per l’assistenza internazionale. Il tutto condito dalla solita autocelebrazione per Starship e da deliranti proclami su un futuro “multiplanetario”. Nella sua mente, la Terra deve essere governata come una delle sue aziende: senza regole, senza vincoli, con lui a capo di tutto.

            Il progetto politico di Musk non è nato ieri. L’idea di un’Europa modellata a sua immagine e somiglianza è già stata accennata più volte, e lo slogan Mega circola da tempo negli ambienti sovranisti. Il primo a usarlo è stato Viktor Orbán, che nel 2024, durante la presidenza ungherese dell’Ue, ha lanciato il suo programma di nazionalismo sfrenato con l’idea di “rendere di nuovo grande l’Europa”. Ora Musk riprende quell’idea, con un obiettivo preciso: destabilizzare l’Unione e rafforzare l’asse sovranista. Orbán è il primo tassello, il secondo è Giorgia Meloni, che ormai da tempo viene corteggiata dagli ultraconservatori americani.

            Dietro questa grande alleanza tra Musk, Trump e i leader della destra radicale europea si nasconde una strategia ben precisa. Trump, se tornerà alla Casa Bianca, vuole usare i dazi e le trattative commerciali per mettere in ginocchio l’Ue. Musk e gli altri giganti della tecnologia, invece, sanno che le loro piattaforme possono fare il resto, manipolando il dibattito pubblico, amplificando le voci nazionaliste e creando bolle di consenso costruite su algoritmi su misura.

            L’Unione europea ha già provato a mettere dei freni al potere muschiano. Il Regolamento generale sulla protezione dei dati ha imposto limiti su come X, Tesla e SpaceX trattano le informazioni personali degli utenti. Ci sono controlli sui contenuti d’odio, restrizioni sui sussidi pubblici per le grandi corporation e normative stringenti sui veicoli a guida autonoma, settore in cui Tesla è leader. Ma Musk detesta le regole e le considera solo un fastidio. Il suo obiettivo è un mondo in cui tutto sia nelle mani dei privati, senza vincoli antitrust, senza limiti alle emissioni inquinanti, senza autorità di controllo.

            L’ascesa del trumpismo ha reso Musk ancora più sfacciato. Non si limita più a giocare da dietro le quinte, ora vuole guidare apertamente il movimento sovranista in Europa. E lo fa con il suo arsenale più potente: X, un social che da quando è finito nelle sue mani è diventato una fogna a cielo aperto, un covo di razzisti, neonazisti e cospirazionisti. Ogni giorno su X si diffondono fake news, insulti e propaganda senza filtri, in nome di una “libertà d’espressione” che Musk utilizza come scudo per giustificare il peggio del peggio.

            Ad agosto, il Center for Countering Digital Hate ha pubblicato un’inchiesta devastante: le bufale diffuse da Musk sulle elezioni americane hanno superato un miliardo di visualizzazioni. Un miliardo. Ora lo stesso schema si sta ripetendo in Europa, con cento milioni di utenti potenzialmente esposti alla sua macchina della disinformazione. L’epoca Mega è già iniziata, e Musk si è autoproclamato il suo profeta. Se nessuno lo fermerà, il futuro dell’Europa potrebbe assomigliare sempre di più alla sua distopia personale: un mondo dominato da plutocrati senza freni, senza regole e senza scrupoli.

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              Di corsa per tutta l’Africa da sud a nord solo per solidarietà…

              Il protagonista di questa storia si chiama Russ Cook, britannico 27 anni, non nuovo alle impresa come quella che ha compiuto: percorrere in 352 giorni tutta l’Africa dal sud al nord

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                Russ Cook ha messo a disposizione le sue doti naturali (correre la maratona) al servizio della beneficenza. Project Africa anche grazie a lui ha raccolto 800 mila euro devoluti a favore dei rifugiati africani nel Regno Unito. Cook, come il mitico capitano, non è nuovo a iniziative del genere. Ha già percorso da Istanbul a Londra e, nel 2020, ha trainato una macchina per nove ore e 56 minuti. Insomma un tipo The Hardest Geezer, come ama farsi chiamare. A sostenere questa sua ultima impresa ci hanno pensato le migliaia di benefattori coinvolti nella raccolta fondi sulla piattaforma di fundraising Patreon. L’impresa abbondantemente documentata sui social network, ricorda molto da vicino quella raccontata nel film The Forrest Gump. Il protagonista Forrest percorre tutta l’America da Est a Ovest vedendo ingrossare giorno dopo giorno il gruppo dei sostenitori. Fino a che, nel film, un giorno si ferma esclamando la fatidica frase: “Sono un po’stanchino“.

                Il viaggio di Russ Cook in Africa

                Il percorso è partito da Capo Agulhas, il punto più a Sud del Sudafrica e si è concluso nel mare di Ras Angela. Ha attraversato 16 Paesi diversi e ha tagliato il continente in altezza, deserto compreso, costeggiando la parte occidentale dell’Africa. In totale ha percorso 16.250 chilometri, l’equivalente di 385 maratone, in 352 giorni.

                Il passaporto tatuato sul polso

                Otre alle migliaia di km ha attraversato decine di peripezie e avventure al limite della sopravvivenza. Dei fuori programma che lo hanno accompagnato per tutta l’Africa centrale. Prevedendo gli ostacoli e i pericoli che puntualmente si sono verificati, Cook prima di partire si era tatuato il numero di passaporto sul polso. L’avventura più pericolosa l’ha vissuta in Congo dove è stato caricato su una moto da due locali e dopo molte ore di guida si è trovato in un villaggio. Quindi in una capanna dove si è ritrovato al centro di un gruppo di numerosi uomini che discutevano della sua sorte. Mentre lui pensava di “essere fatto a pezzi costola per costola e mangiato”, alla fine hanno deciso di liberarlo e di farlo ritornare da dove lo avevano relevato in cambio di un po’ di soldi.

                Depredato di tutto e di niente

                Le sue peripezie sono durate circa un mese. Una volta, tra un flacone di antidolorifici e l’altro, è stato fermato da un gruppo di uomini che, brandendo dei machete, gli chiedevano di svuotarsi le tasche. Ma lui non aveva nulla perché un mese prima in Angola era già stato derubato di tutto. Criminali armati di fucili gli avevano rubato fotocamere, telefoni, soldi e passaporto. “Volevo correre l’Africa in lunghezza anche perché non l’ha mai fatto nessuno, e ora inizio a capire perché ”. Percorrere 42 km al giorno non è una cosa per tutti. In Namibia, infatti, grazie all’intervento di un medico si è dovuto fermare finché il suo corpo non ha smesso di “mandare il sangue dove il sangue non avrebbe dovuto essere“.

                “Ora me ne vado affanc…”

                All’arrivo è stato abbastanza contenuto in perfetto stile britannico. Un sorriso tirato e una mano alzata alla tempia a favore dei fotografi. Si è tuffato nelle acque del mare per rinfrescarsi. Una volta emerso si è rivolto verso una tv britannica e ha esclamato: “Sono un po’ stanco“. Aggiungendo “Ora me ne vado affanc…”. Ciao Russ alla prossima.

                Immagini tratte dal profilo twitter.

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