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Cronaca

Elezioni Europee: l’arguto stratagemma della Meloni

Può farlo, non può farlo? Certo che lo può fare, altrimenti la premier Meloni non si sarebbe mai avventurata nei meandri delle regole da mantenere durante le votazioni. Non vorrà certo incorrere in infrazioni e annullare le stesse?

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    Può farlo, non può farlo? Certo che lo può fare, altrimenti la premier Giorgia Meloni non si sarebbe mai avventurata nei meandri delle regole da mantenere durante le votazioni. Non vorrà certo incorrere in infrazioni e annullare le stesse?

    Scrivete solo Giorgia sulla scheda per le Europee” è il tema che appassiona di più nelle ultime 48 ore. Un invito a essere informali. Come lei vuole fare apparire se stessa agli italiani. Ci parla usando un linguaggio popolare. O meglio un linguaggio che vuole mettere in risalto una origine che ha sempre rivendicato. E in modo oculato sceglie i modi e i tempi per arrivare alla pancia degli italiani. Oltre che alla testa. Ma per alcuni giuristi c’è il rischio di ottenere ricorsi. Vediamo quali.

    Giorgia a rischio contestazioni

    Non c’è una precisa norma che vieti di scrivere Giorgia. Ma la mossa di Meloni per diventare “solo” Giorgia nel seggio elettorale si espone a una bocciatura da parte dei giuristi. Soprattutto è a rischio di contestazioni. Anche sul filo dell’ironia che utilizza il costituzionalista dell’Università Sapienza di Roma Gaetano Azzariti. “Solo Giorgia?“, dice sornione “E se c’è un’altra Giorgia che fanno? Saranno costretta a eliminarla? Vietate tutte le Giorgia dentro FdI? Già questa è una discriminazione e una lesione di un diritto fondamentale…“.

    Uno svarione istituzionale?

    Franco Gaetano Scoca, professore emerito di diritto amministrativo definisce la scelta del premier “una scelta molto discutibile e che può far sorgere contestazioni“. Ma insomma può farlo? “Non c’è una norma che lo vieta, ma quel nome, Giorgia, in sé non dice che è una donna del popolo e comunque non è affatto detto che una donna del popolo debba essere chiamata per nome. Stiamo parlando della presidente del Consiglio“.

    Quali sono gli obiettivi del Premier

    Per Azzariti la regola dice che la legge elettorale parla chiaro. Nella scheda solo il cognome, nome e cognome, e se due cognomi anche uno solo dei due. In caso di confusione tra omonimi fa fede la data di nascita. Un esempio del passato ha coinvolto il fondatore e presidente del partito radicale Marco Pannella. Il suo vero nome era Giacinto, e quindi si candidava come Giacinto detto Marco Pannella. “Ma se il nome è già Giorgia Meloni, quel “detta Giorgia” è solo una forzatura“, secondo Azzariti. Non commentiamo in questo spazio di populismo e scelte politiche. Attenendoci ai fatti Giorgia ci sta.

    Eppure le interpretazioni mettono a rischio la validità del voto…

    Una bella furbata, che però non si può fare, perché il soprannome non può essere lo stesso nome“, dice Gian Luigi Pellegrino avvocato amministrativista. Lui è convinto che “non si possa usare un sistema fatto per salvaguardare il voto per fare campagna elettorale perfino dentro la cabina“. Ma quel “detta Giorgia” può essere bloccato? Secondo Pellegrino “gli uffici elettorali potrebbero non accettare quello che non è un soprannome, ma con questo clima non è probabile che lo facciano“. Parole sue.

    Per finire il costituzionalista umbro Mauro Volpi sostiene che la legge contempla l’uso di uno pseudonimo o di un diminutivo. O al limite del solo nome se il cognome è complicato o di difficile scrittura. Ma questo non è il caso di Giorgia Meloni che mirerebbe con questa scelta ad altri obiettivi come il sostegno a un possibile futuro premierato.

      Politica

      Meloni superstar: quasi mezzo milione di euro grazie ai suoi libri, altro che solo politica!

      I redditi dei parlamentari italiani del 2024 sono pubblicati online: la presidente del Consiglio vede un significativo aumento dei suoi guadagni, alimentato dai successi editoriali. La differenza con gli altri leader politici è notevole, e non mancano le sorprese.

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        I redditi dei parlamentari per il 2024 sono finalmente online, e le cifre che emergono hanno già fatto parlare. Chi domina questa classifica è niente meno che Giorgia Meloni, che ha visto i suoi guadagni esplodere in un solo anno, passando da 293.531 a ben 459.460 euro. La premier non ha guadagnato solo con la sua indennità parlamentare, ma soprattutto grazie ai suoi bestseller: “Io sono Giorgia” e “La versione di Giorgia”, scritto in collaborazione con Alessandro Sallusti. Entrambi i libri hanno fatto centro, con le loro tirature capaci di portare cifre da capogiro, e con Meloni che incassa a tutto spiano grazie al gruppo Mondadori, quello di proprietà berlusconiana. Ironia della sorte? Può darsi, ma di certo non dispiace a Giorgia.

        Mentre lei può brindare ai suoi successi editoriali, c’è qualcuno che invece potrebbe guardarla con un pizzico di invidia. Chi? Matteo Salvini, ovviamente. Il vicepremier leghista dichiara un reddito di lavoro di “soli” 99.699 euro, invariato rispetto all’anno scorso. Forse c’è poco da sorprendersi, dato che Salvini non ha (ancora) pubblicato nessun libro capace di generare valanghe di vendite. In più, ha deciso di liberarsi delle azioni che aveva detenuto in A2A, Acea Spa ed Enel, per evitare polemiche, lasciandosi comunque qualche soldino da parte per le spese di ristrutturazione e misure antisismiche che gli hanno fruttato 1.346 euro di detrazioni.

        Quello che manca all’appello, almeno per ora, è Antonio Tajani, il secondo vicepremier e attuale ministro degli Esteri, che non ha ancora presentato la sua dichiarazione. Ma non preoccupatevi, c’è tempo. Anche perché la pubblicazione dei redditi dei parlamentari è un evento che si rinnova ogni anno, come un rituale dove si contano i soldi più che i voti.

        Tra i grandi leader di partito, invece, c’è chi rimane immutato. Elly Schlein, la segretaria del Partito Democratico, dichiara gli stessi 98.471 euro del 2023, il che la posiziona ben lontana dalle vette di Meloni. Non va meglio a Nicola Fratoianni, il leader di Sinistra Italiana, che si ferma a circa 99 mila euro, senza variazioni rispetto all’anno precedente.

        Nel cosiddetto “campo largo” troviamo anche Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, con circa 101 mila euro. Giuseppe Conte, il leader del Movimento 5 Stelle, come anche Matteo Renzi e Carlo Calenda, non hanno ancora consegnato i loro documenti. Anche loro avranno di che fare i conti, sia con il fisco sia con i loro elettori.

        Insomma, mentre Giorgia si gode il successo editoriale e il denaro che ne deriva, molti altri colleghi restano ancorati a stipendi più “umani”. Chissà, magari la politica italiana potrebbe vedere un’ondata di nuove autobiografie, con qualche politico pronto a lanciarsi nel mondo letterario. In fin dei conti, sembra che i libri paghino più della politica.

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          Politica

          Il M5S tra rebus, flop e nostalgie: Grillo manda messaggi in codice mentre Conte si perde nella giungla elettorale

          Dopo il disastro delle Regionali, il fondatore del Movimento 5 Stelle lancia un enigmatico WhatsApp a Conte: “Oz Onoda”. Mentre gli italiani arrancano tra mille problemi, i 5 Stelle sembrano impegnati in un gioco senza fine tra metafore, liti interne e minacce di dimissioni. In attesa dell’Assemblea Costituente del 23 e del 24 novembre al Palazzo dei Congressi a Roma che potrebbe sancire la fine stessa del M5S.

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            Immaginate la scena: bollette che lievitano, stipendi che evaporano a metà mese, due guerre in atto e un ex presidente americano, Donald Trump, che minaccia dazi anche contro l’Europa. Il mondo è un posto incerto, pericoloso, pieno di problemi reali. E poi c’è l’Italia, dove un’intera forza politica – che un tempo si vantava di “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno” – si perde tra metafore giapponesi e chat di WhatsApp.

            La notizia è questa: dopo il disastro delle elezioni regionali, Beppe Grillo, garante e fondatore del Movimento 5 Stelle, ha inviato un messaggio a Giuseppe Conte con una foto criptica e la didascalia “Oz Onoda”. Sembra uno scherzo? Non lo è. Questo rebus ha un significato profondo, almeno secondo Grillo: Oz è il soprannome che il comico ha affibbiato a Conte. Oz come il famoso mago del celebre romanzo di L. Frank Baum, un “grande e potente” illusionista che si rivela un uomo comune, capace di manipolare l’apparenza per sembrare straordinario. Mentre Hiroo Onoda era un soldato giapponese che continuò a combattere nella giungla filippina fino al 1974, convinto che la Seconda Guerra Mondiale non fosse mai finita.

            Il messaggio è chiaro: Conte, sei l’ultimo giapponese a non renderti conto che la guerra è persa.

            Le elezioni regionali hanno sancito un altro colpo durissimo per il Movimento. In Emilia-Romagna il risultato è stato un umiliante 3,5%, in Umbria poco sotto il 5%. Numeri che non lasciano spazio a interpretazioni: i fasti del 2018, quando il M5S sfiorava il 33% e dominava la scena politica, sono ormai un lontano ricordo.

            Giuseppe Conte, però, non si arrende. “Le vittorie sono anche nostre”, ha dichiarato, tentando di rivendicare un ruolo cruciale nella vittoria del centrosinistra. Eppure, il calo di consensi è evidente, e anche all’interno del Movimento le critiche non mancano. Danilo Toninelli, mai incline a usare mezzi termini, ha attaccato frontalmente l’ex premier: “Conte si è già scavato la fossa. Ha deciso di schierarsi in maniera preconcetta e priva di contenuti con il PD, e ora ne paga le conseguenze”.

            Non è da meno Chiara Appendino, ex sindaca di Torino, che parla di una “mancanza di identità” e accusa il PD di “fagocitare” il Movimento. “Siamo diventati il socio minoritario, quando va bene”, ha dichiarato, aggiungendo che il 5% non può essere considerato un risultato soddisfacente.

            E mentre Conte cerca di tenere insieme i cocci, Grillo resta fedele al suo stile. Il fondatore del Movimento ha sempre preferito parlare per enigmi, lasciando agli altri il compito di interpretare i suoi messaggi. Ma questa volta, il simbolismo di Onoda – l’ultimo giapponese – è fin troppo esplicito.

            Secondo fonti vicine al comico, Grillo considera il Movimento ormai in declino irreversibile, quasi una “specie in via di estinzione”. E, come spesso accade, ha lanciato il messaggio senza mezzi termini, quasi a voler preparare il terreno per un addio definitivo.

            Ma non è tutto: Grillo potrebbe partecipare all’Assemblea costituente del Movimento, prevista per il weekend. Una possibilità che agita non poco i sostenitori di Conte. “Se viene, finirà con l’oscurare i lavori, sempre che non cerchi proprio di boicottarli”, è il timore diffuso tra i contiani. E così, mentre Grillo manda rebus e Conte medita sulle dimissioni, gli italiani arrancano tra mille problemi concreti. La guerra in Ucraina prosegue senza tregua, il Medio Oriente è sull’orlo del collasso, l’inflazione colpisce le famiglie, e l’Europa si prepara a fronteggiare nuove sfide geopolitiche.

            In questo contesto, il Movimento 5 Stelle sembra ormai lontano anni luce dalla realtà. Anziché affrontare le questioni cruciali per il Paese, si perde in giochi di potere interni e in assemblee costituenti che rischiano di trasformarsi in un mero esercizio di sopravvivenza politica.

            La domanda, allora, è una sola: ha ancora senso parlare di Movimento? Forse Grillo ha ragione, e il paragone con Onoda è più calzante di quanto sembri. Come il soldato giapponese, Conte e il M5S sembrano vivere in una giungla fatta di illusioni e nostalgie, incapaci di accettare che il mondo è andato avanti.

            Eppure, c’è una parte del Movimento che non vuole arrendersi. Gli iscritti saranno chiamati a votare sulla piattaforma Skyvote per decidere il futuro del partito, dalle alleanze con il PD alle modifiche dello statuto. Conte ha dichiarato che rispetterà il verdetto, mettendo sul tavolo le sue dimissioni se la linea progressista dovesse essere bocciata.

            Ma è difficile immaginare che un voto online possa risolvere problemi così profondi. Il Movimento 5 Stelle è nato come una rivoluzione, ma oggi sembra più una nave alla deriva. E mentre Grillo gioca ai rebus, Conte conta i cocci di un progetto politico che, a detta di molti, non ha più niente da offrire. La verità è che il mondo va avanti, con o senza il Movimento. E forse, è arrivato il momento di uscire dalla giungla.

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              Cronaca

              Allarme rosso a Windsor: ladri scatenati nella tenuta dei Principi

              Il Principe William e Kate Middleton nel mirino dei ladri. Rapina notturna alla tenuta reale: auto rubate e sicurezza violata sotto gli occhi dei Windsor.

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                Un raid notturno ha sconvolto la quiete della tenuta reale di Windsor. Nella notte tra il 13 e il 14 ottobre scorsi, ignoti malviventi hanno fatto irruzione nella Shaw Farm, una proprietà agricola all’interno del perimetro di sicurezza del castello, dove risiedono il Principe William, Kate Middleton e i loro tre figli.

                I ladri, dopo aver scavalcato una recinzione di oltre un metro e ottanta, hanno rubato un pick-up e un quad, sfondando poi il cancello di sicurezza per dileguarsi. L’episodio è avvenuto mentre i Principi di Galles erano presenti nella loro residenza, l’Adelaide Cottage, situato a poca distanza dalla fattoria.

                “È stato un vero e proprio assalto alla sicurezza reale”, ha dichiarato una fonte al tabloid The Sun. “I ladri devono aver studiato a lungo le loro mosse, considerando i sistemi di allarme presenti nel castello”.

                La polizia della Thames Valley ha confermato l’accaduto, avviando le indagini per risalire agli autori del furto. Al momento non ci sono stati arresti.

                L’episodio solleva interrogativi sulla sicurezza della tenuta reale, una delle residenze più protette del Regno Unito. Nonostante i sistemi di sorveglianza, i ladri sono riusciti a penetrare nel perimetro e a compiere il furto, mettendo a rischio la privacy e l’incolumità della famiglia reale.

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