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Musica

“Per quel brano mi minacciano ancora di morte”: A voi romani di Alberto Fortis

Una canzone del 1979 in cui il cantautore mostrava senza mezzi termini tutta la sua delusione per il mercato discografico romano che lui tanto amava e che sembrava essere, in quel momento, chiuso e poco accogliente.

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    Alberto Fortis torna ad esibirsi in concerto nella Capitale dopo 5 anni di assenza. Un appuntamento attesissimo dai fan romani dell’artista, autore di pezzi iconici e indimenticabili come La sedia di lillà, Settembre, Milano e Vincenzo. Tra questi c’è un pezzo rimasto nell’immaginario del pubblico, soprattutto quello all’ombra del Colosseo: è A voi romani, datato 1979 e tratto dal suo album d’esordio, nel quale la Premiata Forneria Marconi al completa accompagna il cantautore.

    La guerra è anche figlia dell’ignoranza

    Una canzone che non è mai stata compresa fino in fondo e che, ancora oggi – lo rivela l’artista – genera di ricevere messaggi di morte e di odio che non si placano. “Sto ricevendo a tutt’oggi messaggi di morte sotto il post di annuncio del concerto – spiega Fortis – Che dire? Abbiamo un mondo di guerre grazie a questo tipo di ignoranza, intesa come non conoscenza. Per me ormai è un test di intelligenza: questo atteggiamento dimostra la poca intelligenza di certe persone”.

    Le ragioni del cantautore

    “Ero innamorato della scuola cantautorale romana, soprattutto di Francesco De Gregori. Roma sembrava chiudermi le porte e il brano lo scrissi contro la discografia … ma non fu compreso. Era il più coraggioso ed esplicito atto d’amore nei confronti della città”, spiega Fortis. Ma quei versi, tra cui “vi odio a voi romani, io vi odio tutti quanti, brutta banda di ruffiani ed intriganti, camuffati, ben o male, siete sempre farabutti, io vi odio voi romani, vi odio tutti“, a una parte del pubblico romano – autoironico sì ma non sempre “sportivissimo” – ancora non vanno giù. Fortis però non si abbatte di certo: “Fortunatamente ho tantissimi amici romani e io aspetto e accolgo tutti al concerto”.

    Una critica del potere

    Il brano, come ribadito più volte dal suo autore, è una critica al potere, del quale la Capitale è centro nevralgico e simbolo riconosciuto. Inoltre la canzone può essere un attacco a tutte le forme di potere. Rimane comunque un testo sincero e sentito, un punto di vista personale, condivisibile o meno, inequivocabile in versi come:

    Io vi odio a voi romani
    io vi odio tutti quanti
    distruttori di finanze e nati stanchi
    siete un peso alla nazione
    siete proprio brutta gente
    io ti odio grande Roma decadente

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      Musica

      “Amadeus? Come uomo è inesistente”: parola di Adriano Aragozzini

      L’ex “patron” sanremese Aragozzini non ha avuto parole tenere nei confronti di Amadeus, direttore delle ultime edizioni di Sanremo. Che cosa penserà del ritorno di Carlo Conti?

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        Fin dalle prime edizioni, il “sale” di Sanremo non sono stati i fiori ma… le polemiche. Senza di esse sarebbe una noia mortale. Adriano Aragozzini, ex patron sanremese dal 1989 al 1993, torna a parlare della kermesse, dopo aver concluso di organizzare (e festeggiare) il matrimonio di sua figlia. Un’unione civile celebrata da Piero Chiambretti (anche lui conduttore sanremese nel 1997, «tra il comico e il commovente». Con Piero l’amicizia è salda, dal 2006 al 2008 partecipò anche come caustico critico televisivo alla trasmissione satirica Markette di Chiambretti, in onda su LA7.

        Attualmente è manager di un tenore

        Tre mogli, tre figlie, ancora tanto da fare e raccontare nonostante i suoi 86 anni, Aragozzini mantiene fede alla tempra che l’ha sempre contraddistinto «Sono manager di un tenore meraviglioso che voglio lanciare, Giuseppe Gambi». Magari potrebbe proporlo giusto a Sanremo…

        Pro Conti, critica Amadeus

        «L’arrivo di Carlo Conti il prossimo anno a Sanremo è un fatto positivo per la musica italiana. Ha stile, classe, categoria. Può fare benissimo e mi dà fiducia. Perché il signor Amadeus, tanto celebrato per questo “miracolo d’ascolti”, ha americanizzato il Festival. Se va a vedere gli ascolti della Rai, nel mio Sanremo del 1989 non c’è stata una serata che Amadeus abbia battuto, ma nessuno lo ha scritto».

        Un fatto personale

        La critica ad “Ama” è precisa e piccata: «Come artista non lo discuto, ma come uomo è inesistente». Alla domanda sul perchè di tale affermazione, lui pronto risponde: «Ho dei messaggi sul telefono che conservo. Riguardano i giorni in cui l’ho cercato per proporre il mio artista, ma Amadeus ha scartato due brani». Ma «lui ha voluto scartare Adriano Aragozzini, non le canzoni». Il contenuto preciso non viene svelato ma «sono un documento che voglio tenere con me e che tirerei fuori semmai rispondesse dopo aver letto le mie parole».

        Conduttori alternativi ne abbiamo?

        Quando il discorso verte sui possibili nuovi volti da mandare all’Ariston, Aragozzini non si contiene: «Stefano De Martino? Non mi sembra una star. Uno come Pippo Baudo nasce ogni cento anni, un nuovo Baudo non c’è. Mi piace Marco Liorni ma è sempre della generazione di Conti, eccetera. Guardi, se ci sono giovani bravi, io non ne conosco».

        Un record personale del quale va fiero

        Nel 1998 Aragozzini organizza allo stadio Olimpico di Roma, per la prima volta concesso integralmente per un evento musicale con il palco al centro del campo, il concerto di Claudio Baglioni. Lo spettacolo farà il tutto esaurito e stabilirà il record italiano di spettatori paganti in un singolo concerto in uno stadio.

        Riconoscendo un grande abbaglio del passato

        Al quotidiano Libero racconta un paio di episodi che, facendo trasparentemente autocritica, dimostra due suoi errori clamorosi. «Nella vita ho fatto due errori, chiamiamoli figuracce. Uno è questo. Gino Paoli, che mi aveva anche presentato Tenco, di cui fui il primo manager, un giorno mi disse: “Vieni alla Rca, ti presento un artista numero 1 in Italia, vedrai”. Andai. Ci siamo seduti al bar della Tiburtina. Arriva un signore basso, con il basco, vestito malissimo, con l’accento bolognese, aveva la mano sudata. Io all’epoca facevo il giornalista alla Rizzoli. Un giorno mi chiama Gino sempre per Dalla: “Ma io non posso occuparmi di Dalla, non ho tempo”, tagliai corto. Tergiversai. E la cosa tramontò. Dalla ebbe successo dieci anni dopo: feci una figuraccia, ma non grave». Quella più grave fu con Renato Zero, presentatogli da Patty Pravo. «Si siede sul divano verde appena preso piantandoci su gli stivali. “Mi vuoi?”, chiese. “Non ho tempo”, dissi. E se ne andò triste. Dopo poco vendette con il primo album un milione e mezzo di copie…».

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          Musica

          Il concertone per Los Angeles: quando la musica americana si rimbocca le maniche

          Un cast stellare al servizio della raccolta fondi per la città di Los Angeles, martoriata dal gigantesco, recente incendio. Una serata memorabile, che ha vissuto di alcuni momenti artistici di altissimo livello.

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            Billie Eilish, Jelly Roll, Katy Perry, Lady Gaga, Lil Baby, Olivia Rodrigo, Rod Stewart, Stevie Wonder, Earth, Wind & Fire. E ancora… Alanis Morissette, Green Day, Graham Nash e Stephen Stills, Joni Mitchell, No Doubt, Pink, Red Hot Chili Peppers, Stevie Nicks e John Mayer. Che cosa volere di più? Questi alcuni artisti “stellari” che hanno partecipato al Fire Aid, una lettera d’amore di cinque ore e mezza alla città di Los Angeles.

            Doppio palco per il meglio del rock e del pop

            Una trentina fra le più grandi star degli ultimi 50 anni per una catarsi musicale di cui si sentiva davvero il bisogno, dopo la devastazione di fuoco che ha colpito l’iconica città. Lo show è stato a dir poco ambizioso, con così tanti artisti concentrati in un solo evento. Gli organizzatori hanno allestito lo show contemporaneamente allo storico Kia Forum e all’Intuit Dome, una struttura più nuova ad un chilometro e mezzo di distanza. La maggior parte degli artisti classic rock ha suonato al Forum, le popstar al Dome.

            Tra una canzone e l’altra scorrono le storie della gente comune

            Nella prima ora, Joni Mitchell ha fatto sia piangere, sia venire dei gran sorrisi a buona parte del Forum, P!nk ha stupito con una cover dei Led Zeppelin, Stephen Stills e Graham Nash si sono ritrovati a suonare assieme per la prima volta dopo un decennio. Due ore dopo si sono riuniti anche i No Doubt e i Nirvana, in ricordo di Kurt Cobain. Esibizioni a parte, a stupire è stata la capacità di Fire Aid di mostrare l’aspetto umano del disastro, raccontando le storie quotidiane degli abitanti di Los Angeles tra un brano e l’altro. Cittadini che affrontano la tragedia come possono, così come l’eroismo dei soccorritori che hanno aiutato a spegnere gli incendi.

            La testimonianza toccante di Billy Crystal

            Agli occhi dei presenti sono venuti i “lucciconi” quando l’attore Billy Crystal è salito sul palco con gli stessi vestiti che indossava la notte in cui la sua casa di Palisades è andata in fumo. Ha raccontato di aver cercato fra i ruderi e di aver recuperato l’unico oggetto rimasto: una pietra con incisa la scritta “risata”. «Sono arrivato lì, sono caduto in ginocchio e ho pianto. Non piangevo così da quando, a 15 anni, mi hanno detto che mio padre era appena morto. Poi ho sentito le urla delle mie figlie, che hanno portato questa pietra che viene dal nostro giardino. In quel momento ho capito che, anche nel momento più doloroso, è giusto ed è importante ridere».

            Anche il ondinese Rod Stewart non ha voluto mancare

            C’è davvero poco da fare: quando c’è da creare eventi live di raccolta fondi, gli Usa sono i numeri 1! Dal backstage i Green Day hanno raccontato di essere californiani e di aver sempre sentito Los Angeles come una seconda casa. Sir Rod Stewart, con giacca nera e palme losangeline ricamate a pailettes, ricorda i giorni degli incendi, dicendosi fortunato: “Ero ad appena 15 miglia dalla devastazione. Ho amici che in pochi minuti hanno dovuto abbandonare le loro case”.

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              Musica

              L’AI adesso se la canta e se la suona… ma noi continuiamo a preferire la voce umana

              Le nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale fanno intravedere un mondo sempre distopico più dominato dalle macchine. Ma è davvero quello che vogliamo realmente?!?

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                Mentre i programmi basati sull’AI per generare testi – come ChatGPT o Google Gemini – hanno fino ad oggi monopolizzato l’attenzione degli utenti, sembra che i generatori di musica e video stiano gradualmente trovando il loro posto nell’affollato panorama dell’intelligenza artificiale. Nelle ultime settimane svariate start-up specializzate nella generazione di contenuti audio e video, sono “cresciute ancora più velocemente” di ChatGPT.

                Ma ne avevamo davvero bisogno?

                C’è una sostanziale differenza con gli strumenti AI dedicati alla produttività, che i professionisti ritengono ancora poco adottati al lavoro: i tool di generazione musicale – musicale – stanno guadagnando popolarità tra gli utenti. Applicazioni che creano musica orecchiabile utilizzando i prompt., che sono passate da un traffico prossimo allo zero alla fine dello scorso anno a diversi milioni di visitatori“. Questo grazie anche all’utilizzo sui social come TikTok e Instagram.

                Non è solo sciocca nostalgia, c’è chi rimpiange il passato

                Ma ve lo ricordate voi che belli quei tempi nei quali era la sensibilità e le doti umane a produrre una delle arti più sublimi come la musica? In questi tempi per certi versi “dannati” assistiamo al rilascio di una canzone firmata da autori in carne ed ossa… ma cantato dall’intelligenza artificiale. Si intitola Basta basta basta, il singolo d’esordio di Fenice Music, che racconta la storia di una donna in grado di tagliar corto con una relazione “tossica”, riprendendosi totalmente in mano con coraggio la propria vita. Un brano di atmosfera dance-pop, disponibile sulle principali piattaforme di streaming.

                L’inganno della tecnologia

                Dove sta il problema? E’ presto detto: su un panel di 50 persone a cui è stato fatto ascoltare in anteprima, il 92% non è stato in grado di riconoscere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale né nella musica né nella voce.

                Chi c’è dietro

                Fenice Music è il nome d’arte di un giornalista italiano che vive tra Roma e Milano. Una scelta, quella di non apparire direttamente, per mettere al centro il messaggio del brano. Lui dichiara: “Amo la musica e nutro un immenso rispetto per gli artisti italiani ma non avendo molti contatti in questo mondo, utilizzare l’IA era l’unico modo per trasformare i pensieri in musica”. Mah…

                Non potevamo evitare?

                Anche se, aggiunge (fortunatamente): “Resto convinto che il calore e la passione di una ‘voce umana’ non potrà mai essere sostituita dall’intelligenza artificiale”. La voce artificiale canta: “Basta, basta, basta, sto bene così / sono nostalgica di quello che ero e non di te / basta, basta, basta, sto bene così, / cado a pezzi ma riparto da qui”… e un sottile brivido di angoscia ci pervade. Era proprio necessario? Un’insulsa canzonetta che sarà preda, velocemente, del più totale oblio, ricordata solo perchè a cantarla fu un software…

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