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Punti di svista

Roccaraso, provincia di Trashlandia

L’invasione della stazione turistica dell’Alto Sangro, chiamata a fare i conti con il crescente turismo campano, scatenata dalla rete che sempre più influenza i comportamenti delle persone.

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    C’era una volta la perla dell’Appennino, tra i pochi luoghi del centro Italia dove sciare come in alta montagna. Poi, è arrivata un’epidemia cui sembra difficile trovare la giusta cura. E no, non sono genericamente «i napoletani». L’epidemia, di stagione, è quella degli influencer.

    Un bel caos generato dai social

    Dai social alla realtà il passo è stato breve. Qualche video diventato virale, due reel su Instagram, un paio di pose accattivanti e improvvisamente migliaia di turisti napoletani hanno deciso che Roccaraso sarebbe stata la loro nuova meta di pellegrinaggio. Ed è stato subito caos. Code interminabili, strade prese d’assalto, pullman parcheggiati alla bene e meglio. Tra chi, pochi, benedice, il boom turistico, la maggioranza si lamenta dell’invasione in salsa trash. Non solo per i troppi turisti e la troppa confusione. E nemmeno per l’insolito mix tra spritz e babà sulla neve. Il problema sta alla base.

    Influenzati dagli influencer

    Chi organizza questi mini esodi? Chi ci guadagna veramente? Ma soprattutto: perché se qualche influencer o presunto tale dice «andiamo a Roccaraso», migliaia di persone si muovono tipo zombie per seguirli? Eccolo il problema. Ci facciamo troppo influenzare. Perché quella degli influencer non è solo un’epidemia di stagione ma una tendenza che in tanti, troppi, sembrano seguire.

    Riappropriamoci delle nostre scelte

    Mister X dice «che buono questo piatto» e migliaia di persone lo mangiano. Miss Y dice «che bella questa borsa» e un sacco di gente la compra. E così è lo stesso per l’assalto a Roccaraso. Viva i social, viva le nuove tecnologie. Ma perché diavolo bisogna fare quello che altri ci dicono di fare anziché pensare con la testa e scegliere sulla base dei nostri gusti, resta un mistero. Una volta la colpa era dei cattivi maestri. Ora, ci sono i cattivi influencer. E l’esercito di zombie che li segue.

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      Contro logica, fatti e buonsenso: i No Vax non si rassegnano (e diventano patetici)

      Nonostante cinque anni dopo la pandemia i dati parlino chiaro – i vaccini hanno fermato la strage – orde di ottusi continuano a negare la scienza. Possibile che ne sappiano più loro?!?

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        A un certo punto bisognerebbe farsene una ragione. E invece no, loro no. I no vax continuano imperterriti nella loro insensata battaglia contro la sanità, contro i governi, ma anche contro i numeri che smentiscono ogni tesi complottista. A testa bassa, sena ascoltare ragioni o contestazioni, che se solo ti azzardi sei un servo del sistema.

        Becchini e sciacalli

        Basta farsi un giretto sui social, che non sono altro che uno specchio del Paese, per quanto parziale, e si trova di tutto. Ci sono i becchini social, che cercano ogni caso di cronaca legato alla morte di qualcuno, per instillare il dubbio che la stessa possa dipendere dai vaccini. Ci sono gli sciacalli, che festeggiano la morte di chi in passato aveva osato schierarsi a favore delle campagne vaccinali.

        La teoria del caos

        E ci sono pure quelli che, in spregio ai dati ufficiali (e incontrovertibili) che certificano come le cosiddette morti improvvise non siano assolutamente aumentate a seguito delle vaccinazioni contro il Covid, chiedono processi sommari, arresti di massa per i politici e i medici. Il tutto spinti, in maniera poco limpida, di chi da questo potenziale caos in qualche modo trae giovamento. Vedi siti di clickbaiting, azzeccagarbugli e similari…

        La mamma degli stupidi è costantemente pregna

        In barba alla scienza, ai numeri, ai fatti e al buonsenso, loro vanno avanti. Non passano oltre. Non ce la fanno. Si rendono ridicoli, diventano patetici ma non mollano la battaglia. La soluzione? Una sola, quella dantesca. «Non ti curar di loro ma guarda e passa…»

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          Chi si fa i fatto suoi non è un visionario. Ma in fondo, chi se ne frega…

          Il patron di Tesla sul palco della Capital One Arena ha alzato per due volte il braccio verso la folla. Il gesto è stato interpretato come un saluto romano, un riferimento al regime fascista e nazista, anche se i suoi collaboratori si sono affrettati a smentire i collegamenti, cercando fantasiosi riferimenti all’impero romano…

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            Da giorni non si parla d’altro e forse è inevitabile. Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco: sì, Elon Musk durante le cerimonie per l’ insediamento di Donald Trump, ha fatto il saluto fascista! Non servono moviole o var o interpretazioni più o meno faziose. L’ha fatto eccome e chi lo nega, nega l’evidenza.

            Non esattamente stabile

            Quel che conta però è altro. Siamo onesti: chi se ne frega di cosa fa Musk? Sia chiaro, finché si limita a essere “imprenditore e visionario” è inattaccabile. Ed è evidente che qualcuno si possa essere risentito. Ma teniamo presente la natura del personaggio. Geniale ma folle, non esattamente stabile, utilizzatore, per sua ammissione, di sostanze stupefacenti. Chi lo sa cosa volesse dimostrare con quel gesto ma in fondo, appunto, chi se ne frega.

            Urge un cambio di prospettiva

            Il problema semmai è quando il buon Elon si occupa con partecipazione di affari di casa nostra, come la politica e le leggi italiane o i provvedimenti europei. In quel caso dovremmo leggermente cambiare prospettiva e dire “Elon, ma che te frega”?!?!

            Elon, lasciaci perdere…

            Col tuo braccio, a casa tua, fai quel che vuoi. Dalle nostri parti, vedi di fare il bravo e stare al tuo posto. Imprenditore sì, visionario anche, influencer già meno. Prezzemolino “parlo di tutto, so tutto io, vi spiego la vita”, anche no.

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              Il lusso di non far nulla: la nuova tendenza social è (finalmente) buona

              E’ la moda del momento che impazza sui social: il “dolce far niente”. Una celebrazione dell’ozio che innalza la pigrizia a tendenza di grande stile.

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                Dopo anni passati a inseguire tendenze social che ci facevano male a corpo, mente e conto in banca, finalmente arriva una moda che possiamo abbracciare con gioia senza rimpianti: il sabato sera in pigiama. Sì, direttamente dalla Finlandia, terra di saune e minimalismo, arriva la rivoluzione definitiva.

                Il niente diventa “in”

                Altro che serate in discoteca o cene gourmet, il nuovo status symbol è restare a casa, avvolti in un pile, con una tisana, magari un buon libro o una serie tv. E nulla più. Alla faccia di chi fino a ieri era considerato un eremita o un associale se osava dire «Non esco, sto troppo bene sul divano». Ora invece può diventare un modaiolo.

                E’ la Finlandia a dettare il nuovo trendy

                Il pigiama e le pantofole al posto del tacco 12 e dell’abito lungo. Se non è una rivoluzione, poco ci manca. Per anni ci siamo torturati con il “FOMO” (Fear Of Missing Out), la paura di perdersi qualcosa di bellissimo se non si esce di casa. «Niente», è la risposta che arriva dalla Finlandia. Il mondo andrà avanti lo stesso, e tu ti risparmierai soldi e tempo per trovare parcheggio e anzi, potremmo finalmente rilassarci e riprenderci un po’ del nostro tempo. Per fare nulla.

                L’ozio del sabato sera

                La tendenza, nata come ribellione ai social, è diventata virale proprio grazie ai social. Foto di pigiami in seta, calzettoni pelosi e tazzone hanno inondato Instagram, trasformando la pigrizia in un’arte da celebrare. Probabilmente la tendenza che serviva. Viva il sabato sera casalingo. In fondo il vero lusso non è mostrarsi in giro, ma concedersi il diritto di non farlo.

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