Storie vere
Da 25 anni vive in crociera ma ora non riesce più a scendere. E’ affetto da una sindrone che lo fa sentire costantemente in movimento
Ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita, ma ora soffre di una rara condizione: la sindrome di Mal de Débarquement, o ‘gambe di mare’. Ecco la storia di Mario Salcedo e la sua battaglia contro questa malattia.
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Si chiama Mario Salcedo l’uomo che ha trasformato la sua passione per le crociere in uno stile di vita unico. Da 25 anni, infatti, vive per sua scelta, a bordo di navi da crociera, lavorando da remoto per sole cinque ore al giorno e dedicando il resto del tempo a godersi i servizi offerti dalle navi. Una scelta di vita un poì speciale e che apparentemente potrebbe allettare molti ma che ha avuto un impatto sulla sua salute.
La sindrome delle “gambe di mare”
Salcedo ha sviluppato una condizione fisica conosciuta comunemente come sindrome di Mal de Débarquement (MdDS), o “malattia da sbarco“, comunemente chiamata “gambe di mare“. Questa sindrome è un disturbo neurologico che colpisce l’equilibrio e la percezione del movimento. Chi ne soffre, come Salcedo, ha la sensazione di dondolare o oscillare anche quando è sulla terraferma, come se fosse ancora a bordo di una nave.
Cause e sintomi del mal da crociera
La MdDS è causata da un adattamento del corpo al movimento costante delle navi da crociera. Il cervello si abitua a questo movimento e, una volta tornati sulla terraferma, fatica a riadattarsi all’assenza di oscillazioni. I sintomi sono diversi. Dalla sensazione di dondolio o oscillazione persistente alla difficoltà a mantenere l’equilibrio, dal costante sensazione di nausea e vertigini al perenne mal di testa, all’affaticamento cronico.
Ma lui che dice: la testimonianza di Salcedo
Come riportato da varie fonti di stampa, lo stesso Salcedo ha dichiarato: “Ho perso le gambe sulla terraferma. Barcollo così tanto che non riesco a camminare in linea retta. Sono così abituato a stare sulle navi che mi sento più a mio agio che sulla terraferma“.
Che cos’è la sindrome di Mal de Débarquement e come si può affrontare
Le cause precise della sindrome più comunemente chiamata “gambe di mare” non sono ancora completamente comprese, ma è certo che si manifesta dopo viaggi in mare (crociere o traghetti, lunghi voli aerei . Si ipotizza che il cervello mantenga la memoria del movimento dopo un’esposizione prolungata e non riesca a “riaggiustarsi” quando il movimento termina. Che fare quindi? A parte cnsultare subito uno specialista come un neurologo finora i rimedi più utilizzati consigliano una terapia vestibolare accompagnata da una terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Possono essere utili anche alcune tecniche di rilassamento, accompagnati da farmaci specifici e soprattuto una certa gradualità nel movimento.
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Storie vere
Ottanta Paesi visitati da sola: ecco i segreti di una viaggiatrice controcorrente
Ha viaggiato per oltre ottanta Paesi del mondo da sola. Latifah Al-Hazza spiega le 8 cose da fare per garantire la propria sicurezza.
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Viaggiare, si sa, è un richiamo irresistibile per molti, un’opportunità per esplorare nuovi orizzonti e arricchire la propria anima. Ma quando si decide di affrontare il mondo da soli, soprattutto per le donne, la sicurezza diventa una priorità assoluta. Latifah Al-Hazza, una vera e propria viaggiatrice nomade con oltre 80 Paesi nel suo carnet, svela i suoi preziosi consigli per viaggiare in totale autonomia senza rinunciare all’avventura.
L’itinerario della viaggiatrice solitaria? Andare sempre dove ti porta il cuore
“Dopo anni passati a vagabondare per il mondo, ho imparato che l’imprevisto è parte integrante del viaggio“, afferma sicura Latifah. Nonostante ami l’improvvisazione, questa viaggiatrice esperta sottolinea l’importanza di una buona pianificazione. Insomma del pre viaggio. Latifah studia sempre attentamente la destinazione, cerca quartieri sicuri e prenota tutte le sistemazioni trovate con molto anticipo. Ma, sottolinea, che è sempre pronta a cambiare rotta e seguire i suoi istinti. Quello che le dice il cuore.
La sicurezza prima di tutto
A tutte le donne, e non solo, che vogliono intraprendere la sua strada Latifah dispensa alcuni utili e saggi consigli che, anche se sembrano ovvi, non è mai sbagliato valutare attentamente. Per viaggiare serene e senza preoccupazioni, per prima cosa Latifah consiglia di condividere sempre il proprio itinerario. Ovvero tenere informati amici o familiari sui propri spostamenti. Un passaggio che reputa fondamentale. E anche molto facile da seguire. Oggi, infatti, grazie alle app è possibile condividere la propria posizione in tempo reale. Come secondo consiglio la viaggiatrice suggerisce di vestirsi sempre con molta discrezione. Evitare gioielli vistosi e borse ingombranti può ridurre il rischio di attirare l’attenzione di malintenzionati. “Un marsupio nascosto sotto i vestiti è un’ottima soluzione“, dice.
Pianificare bene le spese e imparare a dire di no
Per quanto riguarda l’aspetto economico e i cambi di valuta Latifah suggerisce di portare con sé contanti in valuta locale e prelevare solo piccole somme di volta in volta. Questa potrebbe essere una buona pratica, soprattutto in zone meno turistiche. È importante inoltre essere sempre cordiali, ma anche ferme e decise. Ovvero non accettare inviti da sconosciuti ed evitare situazioni che potrebbero mettere a disagio le viaggatrici. Quando ci si sente disorientati è bene cercare un luogo affollato come un caffè o un negozio e mettersi a consultare la mappa per ritrovare i punti di riferimento. Naturalmente la viaggatrice esperta consiglia di sfruttare al massimo le app per viaggiatori che risultano alleate preziose per orientarsi, trovare alloggi e prenotare trasporti.
Restare sempre una viaggiatrice consapevole
“Viaggiare da sole è un’esperienza straordinaria, ma richiede consapevolezza e buon senso“, sottolinea Latifah. “Osservate l’ambiente circostante, fidatevi del vostro istinto e non abbiate paura di chiedere aiuto se ne avete bisogno“. Con un po’ di organizzazione, un pizzico di avventura e una buona dose di cautela, dice la viaggiatrice esperta, ogni viaggio può diventare un’esperienza indimenticabile.
Storie vere
Quando l’eccellenza diventa un ostacolo: studente bocciato perché troppo dotato, è stato promosso dal Tar
L’intervento del Tar nel caso vicentino rappresenta un passo importante verso un’istruzione più inclusiva e attenta alle esigenze di tutti gli studenti.
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Essere troppo intelligenti può diventare un problema? Sembra incredibile, ma è ciò che è accaduto a uno studente di seconda media in provincia di Vicenza troppo dotato. Bocciato dalla scuola a causa delle sue elevate capacità cognitive, lo studente è stato successivamente promosso dal Tar del Veneto, che ha accolto il ricorso presentato dai genitori. Il tribunale ha stabilito che l’istituto scolastico non ha fornito il necessario supporto per gestire la “plusdotazione cognitiva” del giovane, portando alla condanna del Ministero dell’Istruzione al pagamento delle spese legali per un totale di 2.000 euro.
Il caso dello studente vicentino
Il ragazzo, caratterizzato da un’intelligenza superiore alla media, aveva sviluppato ansia da prestazione, tendenza al perfezionismo e bassa autostima. Questi elementi, secondo gli esperti, rientrano nella cosiddetta “neurodiversità della plusdotazione cognitiva” e richiedono percorsi educativi personalizzati. La scuola, però, non ha adottato strategie specifiche per sostenere il giovane nel suo percorso didattico. Nonostante fosse stato inserito nei programmi di recupero estivi, l’istituto ha comunque deciso di non ammetterlo alla classe successiva, senza coinvolgere adeguatamente il consiglio di classe. Il Tar ha ritenuto questa decisione ingiustificata, sottolineando la mancanza di un piano educativo che tenesse conto delle peculiarità del ragazzo. Di conseguenza, la bocciatura è stata annullata.
Superdotati bocciati
Il caso di Vicenza non è isolato. Altri studenti con capacità fuori dal comune si sono trovati in difficoltà a causa di un sistema scolastico incapace di adattarsi alle loro esigenze.
Il caso di Matteo, il ragazzo genovese costretto a cambiare scuola.
Un bambino genovese di 9 anni, con un quoziente intellettivo superiore alla media, ha vissuto un’esperienza simile. Considerato “difficile” per il suo approccio divergente alla risoluzione dei problemi, è stato spesso emarginato dai compagni e non supportato dagli insegnanti. I genitori hanno dovuto trasferirlo in un istituto privato, più attento alle necessità degli studenti ad alto potenziale.
Il caso di Colin, il bambino prodigio negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, il caso di Colin Carlson ha fatto scalpore. A soli 11 anni frequentava l’università, ma gli è stato negato l’accesso a un corso sul cambiamento climatico perché ritenuto troppo giovane per partecipare a una spedizione sul campo. Nonostante la sua preparazione avanzata, ha dovuto lottare per essere riconosciuto come studente a tutti gli effetti.
Il caso di Laurent Simons, il bambino belga laureato a 9 anni
Laurent Simons, un ragazzo belga con un quoziente intellettivo di 145, ha completato la scuola superiore a 8 anni e si è iscritto a ingegneria elettrica all’università di Eindhoven. Tuttavia, il suo percorso accademico è stato interrotto dalle rigide regole universitarie che non riuscivano a gestire un talento così precoce.
La necessità di un’educazione inclusiva
Questi casi dimostrano come il sistema scolastico, non solo nel nostro Paese, non sia ancora pienamente in grado di accogliere e valorizzare le menti eccezionali. La plusdotazione cognitiva è spesso trattata come un’anomalia, anziché come un’opportunità. L’assenza di programmi educativi adeguati porta a situazioni in cui studenti brillanti rischiano di essere esclusi o penalizzati, piuttosto che incentivati a esprimere il loro potenziale.
Storie vere
Un matrimonio da dimenticare. Niente acqua, antipasti saltati e piatti in ritardo. Società di catering dovrà risarcire 16mila euro
Durante il ricevimento per un matrimonio quando qualcosa va storto, come nel caso del disastroso catering di Siena, le conseguenze possono essere devastanti. Ma la legge tutela.
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Quella che doveva essere una giornata da sogno si è trasformata in una giornata da incubo per una coppia di sposi di Siena, costretti a fare i conti con un servizio di catering disastroso. Dopo il matrimonio, gli sposi hanno deciso di portare la vicenda in tribunale, ottenendo un risarcimento di 16mila euro dalla società responsabile del servizio di catering. Il matrimonio si è svolto il 10 settembre 2022 in una location suggestiva tra le colline senesi. La coppia aveva organizzato tutto nei minimi dettagli da molti mesi prima, affidandosi a una società di catering con cui aveva concordato un menù raffinato e completo. Purtroppo, la realtà si è rivelata molto diversa dalle aspettative. Un lungo elenco di dolenti note…
Il disastro del catering
Il cocktail di benvenuto? Non pervenuto. Mai arrivato, così come l’acqua, che gli sposi hanno dovuto comprare personalmente al supermercato. L’antipasto, previsto in otto portate, è stato servito solo a due tavoli su tutta la sala. Inoltre, i seggiolini richiesti per i bambini erano assenti, costringendo i piccoli ospiti a restare in braccio ai genitori per l’intero banchetto. I primi piatti sono stati serviti con un ritardo considerevole e i menù speciali per vegani e celiaci sono stati completamente ignorati. Come se non bastasse, il servizio è stato gestito da camerieri in abiti casual anziché in divisa professionale. Insomma un disastro vero e proprio. Ma come è stato possibile?
Lo stress e la battaglia legale
L’accumulo di tensione e disservizi ha avuto un impatto così negativo sulla sposa da causarle un malore durante il ricevimento. Nei giorni successivi, la coppia ha deciso di intraprendere un’azione legale contro la società di catering. Gli invitati hanno testimoniato in tribunale confermando la versione degli sposi. Dopo tre anni di attesa, la giudice Cristina Cavaciocchi ha condannato il catering a risarcire i coniugi con 9.400 euro per danni materiali e altri 6.600 euro per danni morali e spese legali, per un totale di 16mila euro. Ecco fatto!
Matrimoni da incubo
Sfortunatamente, questo non è un caso isolato. In Italia e nel mondo ci sono stati numerosi episodi simili. Per esempio nel 2019 a Napoli, una coppia ha denunciato un catering che ha servito cibo avariato, causando un’intossicazione alimentare a oltre 50 invitati. Anche in quel caso, la società è stata costretta a un risarcimento. In Gran Bretagna nel 2021, una coppia di Londra ha subito un’esperienza traumatica quando il catering non si è presentato al matrimonio, lasciando 200 invitati senza cibo. Gli sposi hanno dovuto ordinare pizze d’asporto all’ultimo momento. Negli Stati Uniti nel 2020 un matrimonio texano ha visto gli sposi dover gestire una situazione imbarazzante quando il catering ha portato un menù completamente diverso da quello concordato, servendo piatti di bassa qualità invece di quelli gourmet pattuiti.
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