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Speciale Festival di Sanremo 2025

Elodie: “Voto Meloni? Nemmeno se mi tagliano una mano”

La cantante si scaglia contro la premier a poche ore dall’inizio del Festival. Enrico Lucci incalza, lei non si tira indietro: opinioni schiette, frecciate politiche e battute taglienti.

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    A poche ore dall’inizio del Festival di Sanremo 2025, Elodie torna a far parlare di sé, e stavolta non per un look audace o per una canzone. La cantante romana ha risposto senza mezzi termini alle domande pungenti di Enrico Lucci su Giorgia Meloni e la politica italiana.

    La scena si svolge con il consueto stile irriverente del programma: “Voteresti mai per Giorgia Meloni?” chiede Lucci, con quel tono tra il serio e il faceto che lo contraddistingue. “No”, risponde netta Elodie. Il giornalista insiste: “Manco sforzandoti un pochetto?”. La replica arriva immediata: “Neanche se mi tagliassero una mano”.

    Parole che non lasciano spazio a interpretazioni. Elodie, del resto, non ha mai nascosto la sua collocazione politica progressista e il suo impegno per i diritti civili. L’estate scorsa aveva già criticato duramente la premier, sostenendo che il governo stesse minacciando le libertà fondamentali, dal matrimonio gay all’aborto.

    La frecciata su Elly Schlein

    Ma Lucci non si ferma qui. Con il suo stile inconfondibile, alza la posta: “Come a Sanremo Amadeus è stato sostituito da Carlo Conti, con chi sostituiresti Elly Schlein alla guida del Pd?”.

    Elodie ci pensa un attimo, poi sorride: “Fammici pensare…”, risponde ironica. Alla successiva insistenza del giornalista, però, la cantante manda un bacio e si congeda con un elegante “Basta, c’ho da fa’… Enrì!”, tagliando corto ma mantenendo il tono leggero.

    Elodie e la politica: opinioni senza filtri

    La cantante non è nuova a dichiarazioni forti. Lo scorso agosto, in un’intervista, aveva criticato la premier Meloni per le sue posizioni sui diritti civili, affermando che attaccare temi come il matrimonio gay e l’aborto equivaleva ad attaccare la libertà personale.

    “Non condivido nulla di questo governo”, aveva dichiarato. “La libertà è felicità, soprattutto per le giovani generazioni. Toccare la libertà di scelta significa toccare la nostra essenza più profonda.”

    Nonostante le critiche che spesso riceve per la sua franchezza, Elodie continua a esprimere le sue opinioni senza paura. Anche stavolta, sul palco e fuori, il suo messaggio è chiaro: nessun compromesso, né in politica né nella vita. E, a quanto pare, nemmeno davanti alle domande delle Iene.

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      Speciale Festival di Sanremo 2025

      Sanremo 2025, “Si’ ‘na preta”: l’urlo a Rose Villain che diventa il primo tormentone del Festival

      Un urlo dalla platea, un’espressione dialettale e un Festival che ha già il suo primo tormentone. «Si’ ‘na preta», gridato a Rose Villain durante la sua esibizione, diventa virale: sui social impazzano i meme, mentre la cantante risponde con ironia e trasforma tutto in un fenomeno social.

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        Sanremo 2025 ha già trovato il suo primo tormentone, e a sorpresa la protagonista è Rose Villain. Durante la sua esibizione sulle note di Fuorilegge, un urlo ha attraversato l’Ariston: «Si’ ‘na preta», catturato chiaramente dai microfoni Rai e subito diventato virale sui social.
        Elegantissima in abito rosso e capelli blu raccolti, la cantante era pronta a calcare il palco con la consueta grinta, quando dalla platea qualcuno ha gridato l’espressione in dialetto napoletano. Subito, il pubblico ha cercato di decifrare il significato della frase, tra chi la prendeva come un esempio di catcalling e chi provava a coglierne il vero senso.

        Ma cosa vuol dire davvero «Si’ ‘na preta»?

        Un complimento… di pietra

        Nel dialetto napoletano, «preta» significa letteralmente pietra. Tuttavia, in senso figurato, è un complimento che esalta la forza e la bellezza di una persona, come a dire: sei solida, statuaria, quasi una roccia. Insomma, niente insulti o volgarità, ma un’uscita teatrale, verace, come spesso accade nel linguaggio partenopeo. Certo, sentirlo urlare in mondovisione ha spiazzato molti, ma chi conosce il dialetto l’ha colto per quello che era: un sincero tributo.

        Chi è l’autore dell’urlo?

        A rivelare l’identità dell’autore è stato il Corriere del Mezzogiorno: si tratta di un trentenne di Salerno, imprenditore con la passione per la musica. «È stato un gesto spontaneo, un modo per dire che Rose Villain è incredibile. Non pensavo diventasse virale», ha spiegato. Per una notte, è stato protagonista suo malgrado del Festival, anche se ha assicurato che stasera tornerà all’Ariston mantenendo un profilo più basso.

        La reazione di Rose Villain

        Nessuna polemica da parte della cantante, anzi. Rose Villain ha preso la cosa con ironia, postando il video sul suo profilo Instagram e aggiungendo l’emoji di una pietra. Un colpo di social media perfettamente riuscito, che ha trasformato l’episodio in un fenomeno virale.

        Nel giro di poche ore, «Si’ ‘na preta» è diventato un tormentone: meme ovunque, la frase tra le più cercate su Google e qualcuno ha già pensato di farne un jingle remixato. Insomma, da Sanremo 2025 ci aspettavamo una hit… ma forse non proprio questa.

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          Willie Peyote: «Il mio Grazie ma no grazie? Un modo gentile per dire di no. Adoro Brunori, Corsi e Bresh»

          Il rapper torinese torna a Sanremo con un brano ironico e tagliente, nato per caso durante un viaggio in Ecuador. Willie Peyote riflette su contraddizioni, cambiamenti e libertà di pensiero, tra riferimenti a Cyrano de Bergerac, ironia sull’Italia e una voglia di leggerezza che, dice, «in questo periodo storico ci serve più che mai».

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            Il rapper torinese torna a Sanremo con un brano diretto e tagliente, ma questa volta, racconta, lo spirito è più leggero e ironico rispetto al passato. Dopo il successo di Mai dire mai (la locura), Willie Peyote porta sul palco Grazie ma no grazie, un pezzo nato quasi per caso, dall’altra parte del mondo, in Ecuador. Un brano che riflette sull’Italia con un tono più spensierato, senza perdere però la vena critica che lo ha sempre contraddistinto.

            Sei già stato a Sanremo nel 2021 con Mai dire mai (la locura). Com’è tornare sul palco dell’Ariston?
            «La prima volta è stata un’esperienza un po’ naïf, non avevo compreso davvero quanto fosse grande Sanremo fino a quando non ci sono finito dentro. Questa volta mi sento più preparato e, soprattutto, più ben predisposto. Ho portato un brano più leggero, ma sempre con il mio solito stile ironico e tagliente.»

            Hai legato con qualcuno dei cantanti in gara?

            Tre nomi su tutti: Brunori, Bresh e Corsi. Mi sono piaciuti da matti. Con loro spero di collaborare in futuro. Ho amato le loro canzoni, i loro testi… Con Bresh abbiamo anche parlato di calcio dopo Toro-Genoa…

            Hai scritto Grazie ma no grazie mentre eri in Ecuador. Come nasce una canzone del genere così lontano dall’Italia?
            «Essere lontani aiuta a guardare il proprio paese con maggiore lucidità. In Ecuador ero andato a trovare mia sorella e il titolo mi girava in testa già da un po’. A un certo punto mi sono reso conto che aveva radici importanti: il monologo di Cyrano de Bergerac. Quando gli viene proposto di affiliarsi a qualcuno di potente per fare carriera, lui rifiuta ogni proposta con un netto “no grazie!”. Mi piaceva questa idea di libertà di pensiero.»

            Il pezzo ha un titolo gentile, ma dentro c’è parecchia critica sociale. Qual è il tema centrale?
            «In realtà il tema siamo noi, è l’Italia, presa però con uno spirito ironico. Penso che di ironia abbiamo parecchio bisogno in questo periodo. Certi discorsi vanno presi con le pinze, o rischiano di provocare risate grasse. Alla fine, il pezzo è un invito a riflettere e a farsi qualche domanda in più, anche quando non capiamo.»

            Citi persino i Jalisse nel testo. È una provocazione?
            «Diciamo che la barra sui Jalisse mi è uscita quasi per gioco. Quando l’ho scritta, ho pensato che sarebbe stato divertente portarla proprio a Sanremo. Poi le canzoni si scelgono da sole il percorso che fanno, e questa ha trovato il suo palcoscenico ideale.»

            Ironia, tradizione, inclusività: cosa racconta davvero Grazie ma no grazie?
            «Racconta un’Italia in cui ci sono tante contraddizioni, ma anche tanta voglia di cambiamento. Ci sono quelli che non sanno più come scrivere o parlare, quelli che si aggrappano alla tradizione per non confondersi. È una fotografia di un momento storico in cui ci stiamo ancora mettendo alla pari con tante tematiche globali. Bisognerebbe prendersi meno sul serio e fare una domanda in più quando qualcosa non ci torna.»

            Hai detto che non potresti mai scrivere una canzone pensando a Sanremo. Come scegli i tuoi pezzi?
            «Non potrei scrivere una canzone apposta per il Festival, perché verrebbe fuori qualcosa di finto. Però, a un certo punto, il pezzo sceglie da solo il suo destino. Grazie ma no grazie non era pensato per Sanremo, ma quando l’ho finito, ho capito che era perfetto per questo palco.»

            Nel testo parli anche di questioni linguistiche, come l’uso dell’asterisco nei plurali. È una critica?
            «Più che una critica, è una riflessione su come la lingua stia cambiando. Ci sono momenti in cui ci si sente un po’ disorientati, è vero, ma questo non significa che il cambiamento sia sbagliato. Bisogna solo imparare a convivere con il nuovo senza demonizzarlo, magari con un po’ più di leggerezza.»

            Come definiresti il tono di questa canzone rispetto a Mai dire mai (la locura)?
            «Mai dire mai era più cupa, più cinica. Grazie ma no grazie è allegra e spensierata, anche se il testo resta tagliente. È una canzone che mette in circolo cose buone, perché, in fondo, penso che l’universo prima o poi ti premi se lo fai.»

            La critica sociale resta però una tua cifra stilistica. Non temi che possa essere fraintesa?
            «Certo, il rischio c’è sempre. Ma se fai le cose con onestà, alla fine il pubblico lo capisce. A volte il cinismo può essere letto come pura lamentela, ma io cerco sempre di bilanciarlo con l’ironia. È un modo per osservare la realtà senza prendersi troppo sul serio.»

            Un desiderio per questa nuova esperienza a Sanremo?
            «Divertirmi e godermela. Ho imparato che certe cose bisogna prenderle come vengono. Se ti fai sequestrare dall’ansia di prestazione, finisci per perderti tutto. Invece, voglio uscire da questa esperienza con il sorriso, come una bella risata fatta bene.»

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              Rose Villain e il dolore per la perdita della madre: “Non sono stata vicina a lei, sarà il cruccio della mia vita”

              Il padre Franco Luini racconta il dramma vissuto da sua figlia dopo la scomparsa della madre Fernanda: «Ascoltando le sue canzoni ho capito le sofferenze che ha vissuto da sola, senza mai parlarne».
              Dietro il successo internazionale di Rose Villain c’è una storia di dolore e resilienza. La morte della madre ha segnato profondamente la cantante, che solo oggi riesce a trasformare quel trauma in musica, rivelando tutto il peso di quella perdita.

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                Rosa Luini, in arte Rose Villain, è una delle artiste più originali e apprezzate della scena musicale italiana e internazionale. Dietro i suoi testi cupi e profondi, però, si nasconde una ferita che brucia ancora: la perdita della madre Fernanda nel 2017 dopo una lunga malattia.

                «Ascoltando le canzoni di mia figlia, mi sono reso conto dei momenti difficili che ha vissuto», ha raccontato il padre Franco Luini al settimanale DiPiù. «I problemi maggiori sono arrivati quando è mancata mia moglie. Non è stato facile rincuorarla, ho cercato di starle vicino, ma forse non l’ho capita abbastanza. Avrei dovuto fare di più…».

                Una carriera costruita sul talento e sulla determinazione

                Da bambina, Rosa era «serena, tranquilla e molto seguita dalla mamma», ricorda ancora il padre. La sua creatività era evidente fin da piccola, tanto che a 17 anni ha deciso di partire per New York per studiare musica e inseguire il sogno di cantare in inglese. «Io e mia moglie l’abbiamo sempre appoggiata, dandole tanto amore», ha detto Franco Luini.

                Poi, nel 2017, la tragedia che ha cambiato per sempre la vita di Rosa. La scomparsa della madre ha lasciato un vuoto enorme nella cantante e nella sua famiglia. «È stata dura per tutti – confessa Franco – anche per il secondogenito, Alessandro, che era ancora piccolo. Ma quella perdita ci ha avvicinati ancora di più».

                «Non ho mai superato la sua morte»

                Rosa ha sempre portato dentro quel dolore, senza mai darlo a vedere, fino a quando ha iniziato a raccontarlo nelle sue canzoni. Solo allora suo padre ha compreso davvero la profondità delle sue sofferenze.

                «Non sono stata vicina a mia madre durante la sua malattia, sarà il cruccio della mia vita», ha confessato tempo fa Rose Villain. Un rimpianto che ancora oggi la accompagna e che ha trasformato in musica, rendendo ogni canzone un tributo silenzioso e struggente a quel legame spezzato troppo presto.

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