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Speciale Festival di Sanremo 2025

Selvaggia Lucarelli, fuga al ristorante: la mamma di Fedez la vede e cambia tavolo

Cena movimentata per Selvaggia Lucarelli al Festival di Sanremo. La mamma di Fedez la fulmina con lo sguardo e fugge al tavolo opposto. La giornalista racconta tutto con ironia sui social: “Forse è meglio cenare a casa”.

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    Incontri inattesi e tutt’altro che piacevoli per Selvaggia Lucarelli, che a Sanremo si divide tra le prove del Dopofestival – dove affianca Alessandro Cattelan – e qualche momento di relax. Ma la cena di ieri sera in un ristorante del centro è stata tutt’altro che rilassante.

    A raccontarlo è proprio Selvaggia, che ha condiviso l’episodio con i suoi follower su Instagram. “Ero a cena con Lorenzo, tutto tranquillo, quando un gruppo di donne si è seduto al tavolo davanti a noi”, spiega la giornalista. Una delle signore, bionda e seduta di spalle, all’improvviso si è alzata e, fissandola negli occhi, ha preso la giacca e si è trasferita con tutto il gruppo a un altro tavolo, come una processione dietro il flauto magico.

    “Non capivo cosa fosse successo”, continua Selvaggia. “Non avevo mangiato nulla all’aglio, né Lorenzo indossava una t-shirt acrilica comprata a Baku”. Poi la rivelazione: “Era Tatiana, la mamma di Fedez”.

    La reazione di Tatiana non sorprende, dato che tra Fedez e Selvaggia non scorre certo buon sangue. Più che un incontro, una vera e propria fuga strategica.

    Anche la mamma di Chiara Ferragni

    Ma non è tutto. Selvaggia racconta un’altra coincidenza curiosa, avvenuta qualche giorno prima a Milano: “Ero in un ristorante giapponese vicino a casa e, a due tavoli di distanza, cenava Marina, la mamma di Chiara Ferragni, con alcuni amici”.

    A questo punto, Selvaggia si lascia andare a una battuta finale: “Forse è destino. O forse è meglio cenare a casa”.

    Coincidenze? Segni del destino? Di certo, per Selvaggia, i Ferragnez continuano a portare non solo visualizzazioni, ma anche qualche grattacapo in più.

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      Speciale Festival di Sanremo 2025

      Chi sono i genitori di Carlo Conti: la storia di Lolette e Giuseppe

      Giuseppe Conti è morto di tumore quando Carlo aveva appena un anno e mezzo. La madre, Lolette, lo ha cresciuto da sola, con forza e disciplina, diventando per lui un vero “generale tedesco”.

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        Carlo Conti, uno dei conduttori più amati della televisione italiana, ha parlato in più occasioni dei suoi genitori, Lolette e Giuseppe Conti. Dietro il suo sorriso inconfondibile e la sua carriera costellata di successi c’è una storia familiare segnata da una grande perdita.

        Carlo è nato il 13 marzo 1961 a Firenze, sotto il segno dei Pesci. Quando aveva solo 18 mesi, il padre Giuseppe è morto a causa di un tumore. Una tragedia che ha lasciato un vuoto immenso nella sua vita.

        Nonostante la giovane età, la madre Lolette ha affrontato il dolore con grande forza, prendendo in mano le redini della famiglia e crescendo Carlo da sola. «Non ho conosciuto mio padre — ha raccontato Conti durante un’intervista — infatti, quando è nato mio figlio, per me è stato tutto nuovo. Ho una mamma molto forte, che più che una mamma era un “generale tedesco”, severissima. Non mi ha fatto mai sentire la mancanza del babbo».

        La madre di Carlo, Lolette, lo ha educato con grande rigore, fissando regole precise anche nella quotidianità. «Anche se eravamo soltanto io e lei, a pranzo e a cena la tavola doveva essere sempre apparecchiata. Era il momento in cui ci incontravamo per parlare e stare insieme».

        Nel corso degli anni, Conti ha spesso ricordato la sua mamma, mostrandola con affetto sui social. In un post su Instagram l’ha definita «la mamma più forte del mondo», insieme alla moglie Francesca Vaccaro, in occasione della festa della mamma.

        Carlo Conti ha raccontato di aver preso pienamente coscienza della mancanza del padre solo a 20 anni, durante una partita a tennis con l’amico Leonardo Pieraccioni. «Il babbo di Leonardo si è messo dalla sua parte a guardare la partita e lo incitava. Mi sono reso conto che quella figura, dietro la mia parte della rete, non c’era. È stata la prima volta che ho capito davvero che non c’era mai stata».

        Un ricordo che, ancora oggi, resta vivo nel cuore del conduttore, insieme alla gratitudine infinita per quella mamma severa e amorevole che lo ha accompagnato fino al successo.

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          Speciale Festival di Sanremo 2025

          Sanremo 2025, “Si’ ‘na preta”: l’urlo a Rose Villain che diventa il primo tormentone del Festival

          Un urlo dalla platea, un’espressione dialettale e un Festival che ha già il suo primo tormentone. «Si’ ‘na preta», gridato a Rose Villain durante la sua esibizione, diventa virale: sui social impazzano i meme, mentre la cantante risponde con ironia e trasforma tutto in un fenomeno social.

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            Sanremo 2025 ha già trovato il suo primo tormentone, e a sorpresa la protagonista è Rose Villain. Durante la sua esibizione sulle note di Fuorilegge, un urlo ha attraversato l’Ariston: «Si’ ‘na preta», catturato chiaramente dai microfoni Rai e subito diventato virale sui social.
            Elegantissima in abito rosso e capelli blu raccolti, la cantante era pronta a calcare il palco con la consueta grinta, quando dalla platea qualcuno ha gridato l’espressione in dialetto napoletano. Subito, il pubblico ha cercato di decifrare il significato della frase, tra chi la prendeva come un esempio di catcalling e chi provava a coglierne il vero senso.

            Ma cosa vuol dire davvero «Si’ ‘na preta»?

            Un complimento… di pietra

            Nel dialetto napoletano, «preta» significa letteralmente pietra. Tuttavia, in senso figurato, è un complimento che esalta la forza e la bellezza di una persona, come a dire: sei solida, statuaria, quasi una roccia. Insomma, niente insulti o volgarità, ma un’uscita teatrale, verace, come spesso accade nel linguaggio partenopeo. Certo, sentirlo urlare in mondovisione ha spiazzato molti, ma chi conosce il dialetto l’ha colto per quello che era: un sincero tributo.

            Chi è l’autore dell’urlo?

            A rivelare l’identità dell’autore è stato il Corriere del Mezzogiorno: si tratta di un trentenne di Salerno, imprenditore con la passione per la musica. «È stato un gesto spontaneo, un modo per dire che Rose Villain è incredibile. Non pensavo diventasse virale», ha spiegato. Per una notte, è stato protagonista suo malgrado del Festival, anche se ha assicurato che stasera tornerà all’Ariston mantenendo un profilo più basso.

            La reazione di Rose Villain

            Nessuna polemica da parte della cantante, anzi. Rose Villain ha preso la cosa con ironia, postando il video sul suo profilo Instagram e aggiungendo l’emoji di una pietra. Un colpo di social media perfettamente riuscito, che ha trasformato l’episodio in un fenomeno virale.

            Nel giro di poche ore, «Si’ ‘na preta» è diventato un tormentone: meme ovunque, la frase tra le più cercate su Google e qualcuno ha già pensato di farne un jingle remixato. Insomma, da Sanremo 2025 ci aspettavamo una hit… ma forse non proprio questa.

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              Willie Peyote: «Il mio Grazie ma no grazie? Un modo gentile per dire di no. Adoro Brunori, Corsi e Bresh»

              Il rapper torinese torna a Sanremo con un brano ironico e tagliente, nato per caso durante un viaggio in Ecuador. Willie Peyote riflette su contraddizioni, cambiamenti e libertà di pensiero, tra riferimenti a Cyrano de Bergerac, ironia sull’Italia e una voglia di leggerezza che, dice, «in questo periodo storico ci serve più che mai».

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                Il rapper torinese torna a Sanremo con un brano diretto e tagliente, ma questa volta, racconta, lo spirito è più leggero e ironico rispetto al passato. Dopo il successo di Mai dire mai (la locura), Willie Peyote porta sul palco Grazie ma no grazie, un pezzo nato quasi per caso, dall’altra parte del mondo, in Ecuador. Un brano che riflette sull’Italia con un tono più spensierato, senza perdere però la vena critica che lo ha sempre contraddistinto.

                Sei già stato a Sanremo nel 2021 con Mai dire mai (la locura). Com’è tornare sul palco dell’Ariston?
                «La prima volta è stata un’esperienza un po’ naïf, non avevo compreso davvero quanto fosse grande Sanremo fino a quando non ci sono finito dentro. Questa volta mi sento più preparato e, soprattutto, più ben predisposto. Ho portato un brano più leggero, ma sempre con il mio solito stile ironico e tagliente.»

                Hai legato con qualcuno dei cantanti in gara?

                Tre nomi su tutti: Brunori, Bresh e Corsi. Mi sono piaciuti da matti. Con loro spero di collaborare in futuro. Ho amato le loro canzoni, i loro testi… Con Bresh abbiamo anche parlato di calcio dopo Toro-Genoa…

                Hai scritto Grazie ma no grazie mentre eri in Ecuador. Come nasce una canzone del genere così lontano dall’Italia?
                «Essere lontani aiuta a guardare il proprio paese con maggiore lucidità. In Ecuador ero andato a trovare mia sorella e il titolo mi girava in testa già da un po’. A un certo punto mi sono reso conto che aveva radici importanti: il monologo di Cyrano de Bergerac. Quando gli viene proposto di affiliarsi a qualcuno di potente per fare carriera, lui rifiuta ogni proposta con un netto “no grazie!”. Mi piaceva questa idea di libertà di pensiero.»

                Il pezzo ha un titolo gentile, ma dentro c’è parecchia critica sociale. Qual è il tema centrale?
                «In realtà il tema siamo noi, è l’Italia, presa però con uno spirito ironico. Penso che di ironia abbiamo parecchio bisogno in questo periodo. Certi discorsi vanno presi con le pinze, o rischiano di provocare risate grasse. Alla fine, il pezzo è un invito a riflettere e a farsi qualche domanda in più, anche quando non capiamo.»

                Citi persino i Jalisse nel testo. È una provocazione?
                «Diciamo che la barra sui Jalisse mi è uscita quasi per gioco. Quando l’ho scritta, ho pensato che sarebbe stato divertente portarla proprio a Sanremo. Poi le canzoni si scelgono da sole il percorso che fanno, e questa ha trovato il suo palcoscenico ideale.»

                Ironia, tradizione, inclusività: cosa racconta davvero Grazie ma no grazie?
                «Racconta un’Italia in cui ci sono tante contraddizioni, ma anche tanta voglia di cambiamento. Ci sono quelli che non sanno più come scrivere o parlare, quelli che si aggrappano alla tradizione per non confondersi. È una fotografia di un momento storico in cui ci stiamo ancora mettendo alla pari con tante tematiche globali. Bisognerebbe prendersi meno sul serio e fare una domanda in più quando qualcosa non ci torna.»

                Hai detto che non potresti mai scrivere una canzone pensando a Sanremo. Come scegli i tuoi pezzi?
                «Non potrei scrivere una canzone apposta per il Festival, perché verrebbe fuori qualcosa di finto. Però, a un certo punto, il pezzo sceglie da solo il suo destino. Grazie ma no grazie non era pensato per Sanremo, ma quando l’ho finito, ho capito che era perfetto per questo palco.»

                Nel testo parli anche di questioni linguistiche, come l’uso dell’asterisco nei plurali. È una critica?
                «Più che una critica, è una riflessione su come la lingua stia cambiando. Ci sono momenti in cui ci si sente un po’ disorientati, è vero, ma questo non significa che il cambiamento sia sbagliato. Bisogna solo imparare a convivere con il nuovo senza demonizzarlo, magari con un po’ più di leggerezza.»

                Come definiresti il tono di questa canzone rispetto a Mai dire mai (la locura)?
                «Mai dire mai era più cupa, più cinica. Grazie ma no grazie è allegra e spensierata, anche se il testo resta tagliente. È una canzone che mette in circolo cose buone, perché, in fondo, penso che l’universo prima o poi ti premi se lo fai.»

                La critica sociale resta però una tua cifra stilistica. Non temi che possa essere fraintesa?
                «Certo, il rischio c’è sempre. Ma se fai le cose con onestà, alla fine il pubblico lo capisce. A volte il cinismo può essere letto come pura lamentela, ma io cerco sempre di bilanciarlo con l’ironia. È un modo per osservare la realtà senza prendersi troppo sul serio.»

                Un desiderio per questa nuova esperienza a Sanremo?
                «Divertirmi e godermela. Ho imparato che certe cose bisogna prenderle come vengono. Se ti fai sequestrare dall’ansia di prestazione, finisci per perderti tutto. Invece, voglio uscire da questa esperienza con il sorriso, come una bella risata fatta bene.»

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