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Storie vere

Con il suo plasma ricco dell’anticorpo Anti-D ha salvato 2,5 milioni di bambini. James Harrison, l’uomo dal braccio d’oro, ci ha lasciato

Grazie alla sua generosità, milioni di famiglie hanno potuto abbracciare i propri figli sani e salvi.

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    James Harrison, noto come “l’uomo dal braccio d’oro”, ha dedicato la sua vita a donare sangue, salvando milioni di bambini in Australia. Scomparso a 88 anni, Harrison ha reso possibile la nascita sicura di oltre due milioni e mezzo di bambini grazie a un raro anticorpo presente nel suo plasma. La storia di Harrison ha avuto inizio a 14 anni, quando subì un intervento chirurgico al torace e ricevette trasfusioni di sangue che gli salvarono la vita. Profondamente grato, decise di diventare donatore non appena raggiunta la maggiore età. A 18 anni iniziò così il suo straordinario percorso di donazioni alla Croce Rossa australiana, che sarebbe durato oltre 60 anni.

    L’anticorpo Anti-D e il suo ruolo fondamentale

    Gli esami del sangue di James Harrison rivelarono una scoperta eccezionale: il suo plasma conteneva un raro anticorpo, chiamato Anti-D, essenziale per la produzione di farmaci somministrati a donne in gravidanza con incompatibilità del gruppo sanguigno Rh. Senza questo trattamento, il sistema immunitario della madre avrebbe potuto attaccare i globuli rossi del feto, portando a gravi complicazioni o alla morte del bambino.

    James Harrison un impegno mai visto prima

    Harrison donava sangue ogni due settimane, con una costanza incredibile, fino all’età di 81 anni. Durante la sua vita ha effettuato oltre 1.100 donazioni, contribuendo a proteggere circa 45.000 madri e i loro bambini ogni anno. In tutta l’Australia esistevano solo 200 donatori con lo stesso anticorpo, ma nessuno ha mai donato quanto lui. Fino al 2022, Harrison deteneva il record mondiale per la maggiore quantità di plasma donata, superato solo da un donatore più giovane negli Stati Uniti. Tuttavia, il suo impatto rimane ineguagliabile. Sua figlia Tracey ha raccontato che il padre era orgoglioso del suo contributo e ripeteva sempre: “Donare sangue non fa male, la vita che salvi potrebbe essere la tua”.

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      Storie vere

      Anna Possi, la barista centenaria che ti accoglie con il sorriso più bello del mondo

      Anna Possi, la barista più anziana d’Italia compie cento anni ma non se li sente proprio. Il suo elisir? “Mangio sempre poco, quanto basta”.

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        Anna vive a Nebbiuno, in provincia di Novara. E’ li che la barista più anziana d’Italia illumina la giornata a tutti i clienti del suo bar dove il tempo sembra essersi fermato. Anna si affaccia al bancone, con la sua solita eleganza e con un sorriso che ti strega, capace di cambiarti la giornata. E proprio nel suo bar Anna ha voluto festeggiare insieme ai suoi amici e alla clientela più affezionata i suoi 101 anni.

        Un milione di caffè e un cuore d’oro

        Sessantacinque anni dietro al bancone del suo amato Bar Centrale: un traguardo straordinario che la signora Anna ha raggiunto con la stessa leggerezza e passione di sempre. “Centun ‘anni? Ma io, davvero, non so mica come sono riuscita ad arrivare a questa età“, confessa con la sua proverbiale modestia. Eppure, la sua energia e la sua voglia di vivere sono contagiose. Si stima che Anna abbia servito oltre un milione di caffè in tutti questi anni. Un numero impressionante che testimonia la sua dedizione al lavoro e l’affetto che la lega alla sua clientela. Ma oltre ai numeri, ciò che colpisce di Anna è la sua umanità. “Mi piace il contatto con le persone“, dice con semplicità. E questa sua attitudine l’ha resa un punto di riferimento per tutta la comunità.

        Possiamo sapere qual è il segreto della sua longevità?

        Lei si schernisce e sorride. “Non ho segreti particolari. Mangio poco e di tutto, e cerco di mantenere la mente attiva. Poi, naturalmente, c’è il lavoro, che mi tiene in movimento e mi fa sentire utile“. E aggiunge, con un pizzico di ironia: “Ah, e la limonata gassata la sera, prima di andare a dormire!“. Quella di Anna è la storia di una donna forte, determinata e piena di vita, che ha affrontato le sfide con coraggio e positività. A proposito come le piace il caffè? Non ha dubbi ama il caffè espresso all’italiana, forte e aromatico. Lo prepara con una macchinetta tradizionale, seguendo una ricetta segreta tramandata dalla nonna. Dice che il segreto sta nella giusta miscela di caffè e nella quantità d’acqua.”Ma soprattutto la qualità dell’acqua che vale il 50% della bontà del caffè espresso“, quello consumato al Bar Centrale di Nebbiuno.

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          Storie vere

          Il Pantheon e la bottega delle salsicce di carne umana, il mistero che inquieta Piazza della Rotonda

          Sulla storia del Pantheon ci sono tanti dettagli ancora inesplorati. Come la bottega condotta da una coppia di norcini che produceva salsicce composta anche di carne umana.

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            Il Pantheon è uno dei monumenti simbolo di Roma, un’opera maestosa che ancora oggi incanta milioni di visitatori con la sua imponenza e il mistero che lo avvolge. Nel corso dei secoli, Piazza della Rotonda dove si affaccia il monumento, è stata teatro di numerose trasformazioni e storie macabre. Uno degli episodi più sinistri riguarda una piccola bottega di norcineria che si trovava proprio di fronte al Pantheon. Nel Settecento, l’area era popolata da taverne e ritrovi frequentati da malviventi e ubriaconi. Papa Pio VII ordinò un radicale intervento per “ripulire” la zona, facendo demolire molte delle botteghe malfamate. Tuttavia, una bottega resistette. E qual era questa bottega che riuscì a non essere demolita? Era quella di una coppia di norcini famosi per le loro salsicce di Norcia, rinomate in tutta Italia per il sapore inconfondibile. Ma che nascondevano un misterioso segreto…

            La salsiccia di “carne umana”…

            La leggenda narra che queste salsicce, tanto apprezzate, nascondessero un ingrediente terribile: carne umana. Si diceva che i due proprietari selezionassero attentamente i clienti prima di servirli, e che alcuni di loro venissero attirati nei sotterranei, dove si svolgeva una macabra operazione. Qui i coniugi li uccidevano e li macellavano, aggiungendo le loro carni a quelle di maiale in proporzioni misteriose. Le voci di questo segreto sconvolsero la città e spinsero il Papa ad intervenire. I due furono arrestati e giustiziati pubblicamente proprio davanti al Pantheon, come monito per la popolazione. La leggenda della bottega del Pantheon continua a vivere, ricordata da una targa che Papa Pio VII fece incidere, elogiandosi per aver ripulito la zona.

            Divinità, delitti e la bottega maledetta del Pantheon

            Ancora oggi, il Pantheon e la piazza che lo circonda sono simbolo di una Roma che unisce sacro e profano, antico e moderno, monumentale e macabro. Luogo di leggende, il Pantheon resta un’icona della città eterna, dove la storia si intreccia con il mistero, tra templi, taverne e antiche storie mai del tutto dimenticate.

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              Storie vere

              Chi era il bimbo del cioccolato Kinder Ferrero? Il modello Matteo Farneti dice basta: “Sono io quel bambino, non rubatemi l’immagine!”

              Non basta sorridere accanto a una scatola di cioccolato per diventare il volto Kinder. Ma chi è il bimbo di quell’immagine?

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                Ce lo ricordiamo un po’ tutti anche quelli che non consumavano le barrette della Kinder. Occhi azzurri, capelli biondi, sorriso rassicurante, era quel bimbo la cui immagine troneggiava su tutte le confezioni del cioccolato made in Ferrero. Per anni il suo volto è entrato nelle case di milioni di famiglie con le barrette della merenda. Una vera e propria icona. Dal 2004 al 2019, quello sguardo apparteneva a Matteo Farneti, oggi modello di Castel Maggiore (Bologna). Il cruccio di Farneti è il fatto che praticamente ogni giorno si trova a dover difendere la sua identità contro una schiera di usurpatori, millantatori e “pretendenti al trono” del bambino della Kinder. E tra questi troviamo anche il modello e attore Alessandro Egger, concorrente della trasmissione La Talpa.

                La conferma ufficiale della Ferrero: “Il bambino è Farneti!”

                A certificare la verità ci pensa la stessa multinazionale con sede ad Alba (Cn), che ha redatto e condiviso una nota ufficiale: “Possiamo confermare che il volto del bambino rappresentato sulle confezioni di Kinder Cioccolato dal 2004 al 2019 è stato quello di Matteo Farneti“. Eppure nonostante la dichiarazione, Farneti deve fronteggiare una situazione che definisce snervante. “Vedere persone che usano la mia immagine e si vantano di essere quel bambino è frustrante. Io devo giustificarmi per una cosa assurda: sono io il vero bambino Kinder, dovrebbero essere loro a spiegarsi!“. E incalza “Se davvero Egger ha lavorato per la Kinder, lo dimostri e usi una sua foto invece della mia! È spiacevole vedere la propria immagine in mano ad altri“.

                Il caso Egger che si vende come Kinder-boy

                La questione più spinosa riguarda Alessandro Egger, volto noto della televisione e dei social. Nel 2019, Egger ha pubblicato una foto su Instagram con una scatola di Kinder Cioccolato, lasciando intendere di essere lui il celebre bambino. Anche se non lo ha mai detto esplicitamente, i commenti sotto il post lo hanno immediatamente consacrato come l’ex bimbo Kinder, senza sapere, senza conoscere. Senza informarsi. Le dichiarazioni di Farneti del resto trovano un fondamento, considerando che Ferrero ha incluso il modello in un video ufficiale per celebrare il “ritiro” del volto dalla confezione, confermando ancora una volta la sua identità. Oggi Matteo lavora come modello e partecipa a campagne pubblicitarie, ma la confusione sull’iconico ruolo di bambino delle barrette non è senza conseguenze. Le false affermazioni lo hanno reso vulnerabile anche sul posto di lavoro. Ma come non era tutto chiarito? “Purtroppo nel mondo della moda e dello spettacolo qualcuno mi considera un bugiardo e questo mi danneggia professionalmente. È una storia che mi segue ovunque e mi costringe a giustificarmi continuamente“.

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