Storie vere
Insulti e sessismo sul campo di basket: un’ingiuria che merita il daspo
L’insulto proferito all’arbitra Alice Fornasier merita il Daspo per la responsabile, come auspicato dal presidente Zaia.

Eh pensare che questo episodio è successo proprio l’8 marzo giornata dedicata alla donna. Quasi uno smacco al genere femminile. Durante un match di basket di Divisione Regionale 1 tra Pallacanestro Motta e Joint & Welding Feltre, si è verificato un episodio di sessismo che ha scosso il mondo dello sport. L’arbitra padovana Alice Fornasier è stata vittima di un insulto sessista proferito da una tifosa della Pallacanestro Motta, madre di uno dei giocatori. L’insulto, “Vai a fare la prostituta“, ha portato Fornasier a sospendere la partita per venti minuti, visibilmente scossa e in lacrime.
La partita sospesa
L’episodio è avvenuto proprio nella Giornata internazionale della donna, rendendo l’accaduto ancora più grave e simbolico. Fornasier, che già il 10 dicembre scorso era stata vittima di un episodio analogo a Cittadella, ha deciso di sospendere la partita al terzo minuto dell’ultimo periodo, con i Wildcats di casa in vantaggio di quattro punti. Dopo venti minuti, la giovane arbitra è stata convinta a tornare in campo, ma in uno stato d’animo poco sereno, tanto che ha fischiato sette falli consecutivi al Feltre, permettendo al Motta di vincere di cinque lunghezze.
La reazione di Zaia e della federazione basket
L’episodio ha suscitato immediato sdegno nella politica e nel mondo dello sport. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha condannato fermamente l’atto, auspicando il Daspo per la responsabile degli insulti. “Se un giovane arbitro donna viene fatta segno di insulti sessisti da parte di un’altra donna, significa che è tutto da rivedere. Dobbiamo prendere atto con sconcerto che ci sono situazioni nelle quali non esiste più nemmeno la vergogna“, ha dichiarato Zaia. Anche la Federazione italiana pallacanestro regionale e il Cia, l’organizzazione degli arbitri, hanno espresso la loro indignazione. Fabio Crivellaro, presidente regionale, ha sottolineato l’importanza di mantenere il rispetto e l’educazione nei palasport, invitando i genitori a tifare e non a insultare. Antonio Florian, presidente del Cia Veneto, ha condannato la mancanza di cultura sportiva e rispetto che ha portato a questo episodio.
Cosa si può fare contro gli insulti?
Ironia della sorte, il 10 febbraio scorso, proprio la Pallacanestro Motta aveva lanciato un’iniziativa contro gli insulti, con la frase “Se fossi tuo figlio mi urleresti contro?” stampata sulle magliette degli atleti e delle atlete. Il presidente del Basket Motta, Gianni Granzotto, ha ribadito la netta condanna verso qualsiasi comportamento scorretto e ha promesso di approfondire quanto accaduto, valutando eventuali provvedimenti da adottare.
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Storie vere
Cinque anni, impara ad andare in bici e urta un’anziana che muore. Il giudice: “Una fatalità”
Il padre del bambino, inizialmente indagato per omicidio, è stato prosciolto. Secondo il tribunale, si è trattato di un evento imprevedibile e inevitabile.

Una giornata come tante in un giardino pubblico di Milano si è trasformata in una tragedia. Un bambino di cinque anni stava imparando ad andare in bicicletta senza rotelle sotto lo sguardo attento del padre. In un momento di incertezza, ha urtato lievemente un’anziana di 87 anni che passeggiava con il bastone accanto a un’amica di 74 anni. L’urto è stato lieve, ma la donna ha perso l’equilibrio, è caduta e ha battuto la testa. Poche ore dopo, il tragico epilogo: il decesso.
La procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, indagando il padre del bambino con l’accusa di non aver previsto il rischio. Ma il tribunale di Milano ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla difesa, stabilendo che l’incidente rientrava nelle fatalità della vita. “Impossibile prevedere tutto”, ha sentenziato il giudice, sottolineando che, sebbene la vicenda sia dolorosa, esistono eventi casuali che non possono essere evitati.
La decisione ha sollevato inevitabili dibattiti, ma ha anche posto un punto fermo su un caso in cui il confine tra responsabilità e fatalità si è rivelato particolarmente sottile. La vicenda, seppur drammatica, ha messo in evidenza come, in certe circostanze, il diritto debba riconoscere l’imprevedibilità della vita.
Storie vere
Detiene un Bond milionario del Regno della Romania che vale 70 milioni e si becca una multa da 21 milioni
Nel 2017 un collezionista viaggiava con un ex titolo di Stato dell’ex Regno di Romania emesso nel 1929 dal valore di circa 70 milioni di euro. Alla dogana non lo ha dichiarato e ora dovrà pagare una multa salatissima.

Un tranquillo viaggio in treno da Zurigo a Milano si è trasformato in un’odissea giudiziaria. E successo a un collezionista che trasportava un ex titolo di Stato della Romania emesso nel 1929 dal valore di 70 milioni di euro. Un errore nella dichiarazione doganale gli è costato una multa salatissima: 20.923.989 euro. Multa confermata dalla Cassazione il 14 novembre 2023.
Come sono andati i fatti
Il 24 novembre 2017, l’uomo era a bordo del treno EuroCity 17 diretto a Milano, quando è stato fermato alla dogana di Chiasso dagli agenti della Guardia di Finanza. Alla domanda di routine se trasportasse contanti o titoli superiori ai 10.000 euro, la risposta è stata un secco “no”. Ma dentro la sua borsa, i finanzieri hanno trovato ben altro. Si trattava di un titolo di credito obbligazionario emesso dal Regno di Romania nel 1929, con scadenza nel 1959. Il titolo era corredato da 32 cedole semestrali e la documentazione che ne attestava l’autenticità e il valore. Questo titolo, originariamente con un valore nominale di 100 dollari, era stato certificato tramite una recente perizia come equivalente a 70 milioni di euro. Ben più di un semplice cimelio storico quindi.
In che contesto era stato emesso il titolo di Stato della Romania?
Il bond risale all’epoca in cui il Regno di Romania, monarchia costituzionale dal 1881, emetteva obbligazioni per sostenere l’economia durante la Grande Depressione. Dopo la caduta della monarchia nel 1947 e la trasformazione in una Repubblica comunista, il titolo ha perso il suo contesto di riferimento, finendo per diventare oggetto di interesse per il mercato collezionistico. Sebbene la maggior parte di questi titoli abbia oggi un valore puramente simbolico, quello trovato nella borsa dell’uomo era accompagnato da un rapporto di valutazione e autenticità, oltre a un contratto di acquisto e documenti bancari, che ne dimostravano la potenziale negoziabilità.
E quindi perché una multa così alta?
Secondo la legge italiana, chi trasporta beni o titoli di valore superiore ai 10.000 euro deve dichiararli alle autorità doganali. In caso contrario, scatta una sanzione proporzionata al valore del bene, pari al 30% del totale non dichiarato. L’uomo ha provato a sostenere che il bond avesse solo il valore “nominale” di 100 dollari, ma i giudici hanno ritenuto che i documenti in suo possesso – tra cui la perizia di autenticità e il contratto di compravendita – dimostrassero il contrario. Secondo la Corte, il titolo era “potenzialmente liquidabile” e quindi soggetto all’obbligo di dichiarazione.
L’uomo ha tentato più volte di fare ricorso contro la sanzione
Nel primo ricorso in Corte d’Appello, i giudici hanno confermato la legittimità della multa, ribadendo che l’ignoranza non è una scusa valida, soprattutto quando il possesso di documenti esplicativi dimostra la consapevolezza del valore del bene. La Cassazione ha confermato che l’uomo non ha dimostrato di aver agito con “ignoranza incolpevole” rispetto all’obbligo di dichiarazione. Anche la richiesta di ridurre l’importo della sanzione è stata rigettata. La Cassazione ha condannato così l’uomo al pagamento delle spese legali, per un ulteriore costo di 20.000 euro.
Storie vere
La superiora coinvolta in una chat erotica col prete, ma le suore negano
La religiosa a capo del Most Holy Trinity di Arlington è stata accusata di aver violato il voto di castità con telefonate sconce con un prete. Il vescovo locale vuole prendere il controllo della struttura, ma le suore si sono ribellate

La saga del monastero Most Holy Trinity di Arlington, Texas, è diventata la trama principale di una telenovela dall’andamento tanto imprevedibile quanto scandaloso. Il palcoscenico di questa storia boccaccesca è un monastero in lotta tra suore ribelli e un vescovo determinato, con tanto di violazione dei voti di castità e telefonate sconce a un prete.
Le suore carmelitane hanno alzato la voce, sfidando il Vaticano e denunciando il vescovo locale e l’Association of Christ the King. La battaglia per il controllo del monastero e dei suoi trenta ettari di terreno è diventata un vero e proprio campo di battaglia legale, con milioni di dollari in gioco e un’accusa di violazione dei voti sacri che avrebbe fatto arrossire persino il Papa.
Il Vaticano ha emesso un decreto assegnando il controllo del monastero a un’organizzazione privata cattolica, scatenando una guerra legale senza precedenti. Ma le suore non si sono arrese facilmente: hanno chiesto di bloccare il provvedimento e hanno denunciato il vescovo locale per tentativo di appropriazione indebita.
Ma la vera bomba è stata la rivelazione dei loschi affari della madre superiora, Teresa Agnes Gerlach, accusata di aver rotto il voto di castità con telefonate sconce a un prete di un altro monastero. Un’indagine interna condotta dal Vaticano ha portato alla rimozione di Gerlach, ma la madre superiora non si è data per vinta, sostenendo di essere vittima di un complotto ordito dal vescovo per prendere il controllo del monastero.
Il tribunale diventa così il palcoscenico di una battaglia epica, con suore coraggiose che lottano per difendere la loro casa e il loro onore. La richiesta di 100 mila dollari di risarcimento è solo l’ultima mossa in questa partita che sembra non avere fine.
Ma mentre il pubblico si prepara a scrutare ogni mossa sul palcoscenico del tribunale, ci si chiede: chi sarà il vincitore di questa battaglia? Le suore sono pronte a tutto pur di difendere il loro monastero, e il vescovo dovrà fare i conti con una rivolta che potrebbe mandare in fumo i suoi loschi piani.
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