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Trova uno scontrino del 2019 e fa la stessa spesa nello stesso supermercato. Quanto avrà speso? Controlliamo la differenza dei prezzi

Un esperimento condotto dal content creator Alessandro Montesi ha offerto una fotografia chiara della situazione.

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    Negli ultimi anni, il costo della vita in Italia è salito in modo evidente, ma non tutti i prodotti della nostra spesa alimentare hanno subito lo stesso destino. Alcuni, sorprendentemente, hanno registrato un calo nei prezzi. Ma come è possibile? E’ possibile…

    Prendiamo, ad esempio, il pane bianco in cassetta: se nel 2019 il suo prezzo era di 1,10€, sei anni dopo, nel 2025, si nota un lievissimo ribasso a 1,09€. Un centesimo può sembrare poco, ma è comunque un’inversione di tendenza. Tutti ci saremmo aspettati un aumento. E nvece… Un caso ancor più interessante è quello della pasta, in particolare di una specifica marca di fusilli. Nel 2019 il prezzo era di 1,09€, mentre nel 2025 è sceso sensibilmente a 0,89€. Ma questo è l’effetto ribassi per alcuni prodotti molto diffusi che applicano quasi tutti i supermercati. Questo dimostra che, nonostante l’inflazione sembri la norma, esistono eccezioni, probabilmente frutto di strategie di mercato dei supermercati o dell’andamento della domanda e dell’offerta.

    Osservando il quadro generale, emerge una realtà ben diversa

    Un’analisi condotta da Montesi ha messo a confronto i costi complessivi di una spesa tipo. Con l’aiuto dell’app di un grande supermercato italiano, è stato possibile confrontare gli stessi prodotti acquistati nel 2019 e nel 2025. Il risultato parla chiaro. Se sei anni fa la spesa ammontava a 124€, nel 2025 la cifra è salita a 174€, con un incremento di 50€. Questo aumento rappresenta una discreta sfida per molte famiglie, soprattutto considerando che, a differenza dei prezzi, gli stipendi italiani non hanno tenuto il passo con l’inflazione. La conseguenza? Il potere d’acquisto si è ridotto, rendendo più complesso mantenere lo stesso stile di vita di qualche anno fa. Ma forse non avevamo bisogno di questo esperiment per capire questa realtà.

    Una spesa indicizzata…

    Una sintesi non c’è se non quella che oltre all’inflazione in realtà la situazione economica delle famiglie consigliano forniscono utili indicazioni ai commercianti. Se non ci sono soldi nelle tasche degli italiani bisogna stimolare gli acquisti con ribassi, sconti e super offerte.

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      Società

      State cercando un partner su un sito di dating? Evitate di innamorarvi dei profili che utilizzano l’AI

      L’uso dell’intelligenza artificiale nel dating solleva questioni etiche: è giusto creare profili psicologici senza consenso? Tra privacy violata e algoritmi, il romanticismo rischia di diventare un calcolo freddo.

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        L’intelligenza artificiale (IA) ha trasformato il modo in cui le persone interagiscono, anche nel mondo del dating. Se inizialmente veniva utilizzata per creare biografie più accattivanti sui siti di incontri o suggerire frasi da usare in chat, oggi la tecnologia si spinge oltre, offrendo strumenti per analizzare in profondità i potenziali partner.

        Se cerchi l’anima gemella troppe informazioni fanno male

        Un esempio emblematico riportato dal Financial Times descrive un episodio in cui un uomo ha utilizzato un’IA per creare un profilo psicologico dettagliato del proprio match prima di un appuntamento. Sfruttando informazioni pubbliche, ha elaborato una relazione di otto pagine che descriveva la giornalista coinvolta come “intellettualmente curiosa, indipendente e coraggiosa nelle sue convinzioni, dotata di autostima e integrità.” Sebbene il risultato fosse lusinghiero, l’iniziativa ha sollevato questioni etiche sull’uso dell’AI nei siti di dating.

        Uso improprio dell’AI, così non vale…

        La giornalista, sorpresa e infastidita, ha chiesto all’IA di riflettere sulla moralità di questo uso. La risposta dell’IA è stata sorprendentemente critica. L’intelligenza artificiale ha sottolineato che la profilazione psicologica senza consenso può essere invasiva e che le persone non possono essere ridotte a semplici dati. Ancora più diretta è stata IA Gemini di Google, che ha dichiarato inaccettabile l’uso dell’IA per questo scopo senza consenso esplicito, evidenziando il potenziale danno per la privacy.

        …e quindi?

        Questa vicenda evidenzia le implicazioni di un uso improprio dell’intelligenza artificiale nel contesto sociale. Da un lato, chi ha una forte presenza online può essere analizzato in modo approfondito, a causa delle troppe informazioni pubbliche sul suo conto. Chi invece è più riservato rimane inaccessibile, creando un dislivello nel mondo digitale. Alla fine, per quanto avanzata possa essere, l’IA non può e non dovrebbe sostituire il valore delle interazioni umane autentiche, basate sull’empatia e sull’osservazione diretta.

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          Società

          Tornano le cabine telefoniche (ma non servono più a telefonare)

          Quelle che un tempo erano simbolo della comunicazione d’emergenza diventano oggi oggetti di design urbano e rifugi per chi cerca connessione, solitudine o semplicemente un momento per sé. Perché se il telefono non squilla più, la città ha ancora bisogno di un posto dove mettersi in pausa.

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            Sparite, smantellate, abbandonate, ignorate. Per anni le cabine telefoniche sono state il simbolo della modernità sconfitta: residui arrugginiti di un’epoca fatta di gettoni e schede, destinate all’oblio sotto i colpi del progresso digitale. Ma come accade spesso nella moda e nell’urbanistica, il revival è dietro l’angolo. E così, complice una nuova sensibilità per l’arredo urbano e un certo gusto per la nostalgia ben confezionata, in molte città europee stanno tornando. Ma con funzioni completamente diverse.

            A Berlino, alcune sono diventate micro-librerie a cielo aperto: si entra, si lascia un libro, se ne prende un altro. Un patto non scritto tra lettori urbani, un modo elegante per dire “io c’ero” in una città che cambia. A Londra, patria delle mitiche cabine rosse, sono diventate box per selfie vintage, oppure postazioni per ricaricare cellulari con pannelli solari. In Francia alcune hanno ospitato installazioni artistiche o piccoli podcast point dove ascoltare audio-letteratura mentre si attende l’autobus.

            In Italia, che sul tema ha sempre avuto un rapporto più pratico che affettivo, qualcosa si sta muovendo. A Firenze, ad esempio, una vecchia cabina in disuso è stata trasformata in una sorta di “confessionale laico”: si entra, si registra un pensiero, un segreto, una preghiera, che viene poi elaborata da un software per diventare parte di una installazione sonora collettiva. A Milano, invece, alcune cabine hanno trovato nuova vita come mini uffici temporanei per lavoratori nomadi, con seduta, presa usb, wi-fi gratuito e (udite udite) aria condizionata.

            C’è chi le fotografa, chi ci gira videoclip, chi semplicemente si ferma a leggere la lista delle istruzioni ancora incollata all’interno. Alcuni comuni valutano persino la possibilità di usarle come micro-centri di primo soccorso, dotati di defibrillatori e istruzioni vocali in più lingue. Altri le propongono come teche per opere d’arte a rotazione o info-point turistici in miniatura. Le potenzialità sembrano infinite, almeno quanto l’immaginazione degli architetti urbani e dei progettisti del nuovo lifestyle da città.

            Il paradosso è che, in un’epoca dove tutti sono sempre connessi, ci sia un bisogno crescente di luoghi dove isolarsi. Dove raccogliere le idee, respirare, fingere una telefonata pur di non rispondere a quella vera. E in questo senso, le cabine telefoniche hanno un potenziale poetico: sono angoli di privacy in mezzo al traffico, gusci di metallo dove per un attimo si può fare silenzio. Come se avessero cambiato missione: non più mettersi in contatto con qualcuno, ma recuperare il contatto con se stessi.

            Chi le considera relitti urbani, forse non ha colto il loro valore simbolico. Non c’è niente di più contemporaneo, oggi, che ripensare un oggetto del passato per i bisogni del presente. Una cabina telefonica può diventare una capsula del tempo, un punto di scambio, un rifugio anti-ansia. Non è detto che debba squillare per farci sentire qualcosa. Basta entrarci, chiudere la porta e ascoltare il silenzio.

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              Alcolock: il dispositivo che promette di rivoluzionare la sicurezza stradale. Ce la farà?

              Obbligatorio da luglio per chi ha guidato in stato di ebbrezza, l’Alcolock divide l’opinione pubblica tra vantaggi e criticità. Ecco come funziona e cosa accade all’estero.

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                In queste ultime settimane abbiamo imparato a conoscere l’Alcolock, un dispositivo elettronico progettato per impedire l’avvio del motore in caso di tasso alcolemico elevato. Un dispositivo che potrebbe diventare obbligatorio in Italia. A partire da luglio, infatti, salvo obiezioni dell’Unione Europea, sarà installato su auto e camion di chi è già stato condannato per guida in stato di ebbrezza. Il sistema, simile a un etilometro digitale, richiede al conducente di soffiare in un boccaglio prima di accendere il veicolo. Se il tasso alcolemico supera la soglia consentita, il motore rimane bloccato.

                Vantaggi e difficoltà dell’Alcolock

                L’Alcolock rappresenta un passo avanti nella prevenzione della guida in stato di ebbrezza, riducendo la recidività e promuovendo una maggiore consapevolezza. In altri Paesi europei il dispositivo ha dimostrato di essere efficace nel rieducare i conducenti e migliorare la sicurezza stradale. Tuttavia, emergono dubbi sui costi elevati (circa 2.000 euro per singola installazione) e sull’impatto sulle famiglie, soprattutto quando il veicolo è condiviso. Inoltre, la scelta delle officine autorizzate da parte dei produttori solleva questioni sulla libera concorrenza.

                Cosa accade all’estero

                Il dispositivo è già in uso in alcuni Paesi europei e nordamericani. Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Polonia, Lituania, Svezia e Finlandia, lo hanno adottato come strumento di rieducazione per ridurre la recidività. In questi contesti, ha dimostrato di essere efficace nel promuovere una guida più responsabile. In Svezia, ad esempio, è obbligatorio per i conducenti professionali. Viene utilizzato anche nei programmi di riabilitazione per chi ha commesso reati legati alla guida in stato di ebbrezza. Studi dimostrano che il dispositivo riduce significativamente la recidività, ma l’efficacia diminuisce una volta rimosso. L’introduzione dell’Alcolock in Italia potrebbe davvero segnare un cambiamento importante nel panorama normativo. Resta da vedere come verranno affrontate le criticità emerse. La sicurezza stradale è una priorità, ma è fondamentale bilanciare prevenzione e sostenibilità economica.

                Tecnologia e sicurezza, per ridurre i recidivi

                Il decreto attuativo del Ministero dei Trasporti è in fase di notifica a Bruxelles, e l’introduzione di questo strumento punta a ridurre recidività e incidenti stradali. Funziona come un qualsiasi etilometro ma digitale. Ovvero richiede al guidatore di soffiare in un boccaglio prima di poter accendere l’auto. Se viene rilevato un tasso alcolemico oltre il limite consentito, il dispositivo impedisce l’avviamento del motore. Questo sistema sarà obbligatorio per due anni dopo la sospensione della patente per un tasso di 0,8 gr/l, che diventano tre se il livello supera 1,5 gr/l.

                …ma duemila euro sono tanti!

                L’installazione dell’Alcolock sarà a carico dell’automobilista e avrà un costo stimato di circa 2.000 euro, cui si aggiungeranno i costi per i boccagli monouso e la manutenzione. La scelta degli installatori autorizzati, che sarà demandata ai produttori, ha sollevato critiche da parte di Federcarrozzieri. La federazione infatti denuncia un possibile danno alla libera concorrenza. Inoltre, l’obbligo di utilizzo riguarda tutti i membri della famiglia che devono guidare il veicolo, influenzando anche chi non ha avuto problemi con la legge, ma condivide l’auto.

                Alcolock: sigilli e manutenzione

                Un sigillo autodistruttivo proteggerà il dispositivo da manomissioni. Ma i periti dell’Aiped hanno sollevato dubbi su situazioni come danni accidentali o derivanti da incidenti stradali. Il rischio di essere accusati ingiustamente di manomissione del dispositivo è una delle criticità più discusse.

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