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Calcio

Edoardo Bove: “Ero indemoniato in ambulanza, cercavo di mordere tutti. Eriksen mi ha chiamato subito dopo il malore”

Ospite del podcast di Gianluca Gazzoli, Edoardo Bove svela i dettagli del malore in campo, il viaggio choc in ambulanza, la vicinanza di Eriksen e la nuova vita con il defibrillatore sottocutaneo: “Mi sento fortunato, ma oggi non sono più l’Edoardo di prima”.

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    Edoardo Bove ha scelto il podcast “Passa dal BSMT” di Gianluca Gazzoli per raccontare senza filtri uno dei momenti più drammatici della sua carriera e della sua vita. Il giovane centrocampista, che oggi vive lontano dal campo in attesa di capire se potrà tornare a giocare, ha ripercorso il malore che lo ha colpito durante Fiorentina-Inter e le conseguenze che ne sono derivate, tra diagnosi incerte e un futuro ancora tutto da scrivere.

    Bove ha spiegato che, secondo la legge italiana, non potrà tornare a giocare a livello agonistico con il defibrillatore sottocutaneo, installato per proteggere la sua vita: “All’estero potrei firmare una liberatoria, ma qui non è permesso. Andrò avanti con le visite e se un giorno potrò toglierlo valuterò. La mia salute mentale però conta più di tutto. Se non mi sento sicuro senza defibrillatore, non importa. Vivo un’altalena di emozioni, tra speranza e paura”.

    Il ricordo del malore è ancora vivido, ma Bove ammette che rivedere quelle immagini oggi è più difficile: “All’inizio ero quasi distaccato, ora mi fa male. Mi chiedo perché io no e gli altri sì. Poi mi sento subito in colpa perché so di essere fortunato. Ho capito subito quanto si sono spaventati tutti, ed è stato devastante”.

    Il centrocampista ha raccontato in modo dettagliato quanto accaduto durante quella tragica partita: “Ricordo tutto fino a poco prima del malore. Avevo la testa che girava, ma pensavo fosse l’alimentazione. Mi sono chinato fingendo di allacciarmi le scarpe, poi il buio. Quando mi sono svegliato, pensavo di aver avuto un incidente. Mi hanno raccontato che in ambulanza ero fuori controllo, cercavo di mordere chiunque, ma non ricordo nulla di quel momento”.

    Bove ha voluto sottolineare l’importanza della prontezza dei soccorsi: “Siamo dipendenti da chi ci sta accanto. Se accade in strada e nessuno sa fare il primo soccorso, non c’è scampo. Io sono vivo perché ero nel posto giusto al momento giusto. In campo avevo accanto i medici, i defibrillatori, le persone giuste. Sono grato per come è andata”.

    Sulla nuova quotidianità con il defibrillatore, Bove ha raccontato anche l’impatto psicologico: “All’inizio l’ho presa alla leggera, ma ora lo sento sempre addosso. Quando dormo, quando faccio certi movimenti. Ti cambia la percezione di te stesso, anche nei controlli aeroportuali. Ti senti osservato, a volte violato”.

    Tra i momenti più toccanti, la chiamata di Christian Eriksen, che ha vissuto un’esperienza simile durante gli Europei del 2021: “Non lo conoscevo di persona, ma mi ha chiamato subito. È stato bellissimo, mi ha detto di pensare solo a stare tranquillo e a stare con la mia famiglia”.

    Infine, Bove ha parlato anche del dolore dei suoi cari: “Vedere la mia famiglia soffrire senza poter fare nulla mi ha distrutto. Nonostante le tante fake news che giravano, sono stati sempre al mio fianco, mi hanno dato tutto. Ho vissuto questa cosa forse con troppa maturità. Oggi non sono più l’Edoardo di prima, ma non smetto di lottare”.

    Bove è pronto a riprovarci, ma senza forzature: “Non mi precludo nulla. Devo rispetto a me stesso, alla mia famiglia e ai sacrifici fatti. Ma voglio fare tutto con serenità e ascoltando i medici”.

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      Calcio

      Francesco Totti, la Procura chiede l’archiviazione per l’Iva non dichiarata

      La Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del procedimento che vedeva Francesco Totti indagato per non aver dichiarato l’Iva su alcune attività pubblicitarie. Il “debito”, inizialmente di poche migliaia di euro, era lievitato fino a 900 mila euro con sanzioni e interessi. Ora l’ex calciatore ha saldato tutto.

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        Francesco Totti non dovrà affrontare un processo per omessa dichiarazione dell’Iva. La Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’indagine che coinvolgeva l’ex numero 10 della Roma, dopo che lo stesso ha provveduto a saldare il suo debito con il Fisco. Il procedimento, coordinato dai pm Stefano Pesci e Vincenzo Barba, si basava su una verifica effettuata dalla Guardia di Finanza, che aveva analizzato i movimenti economici legati ad alcune apparizioni pubblicitarie dell’ex calciatore.

        Secondo quanto emerso, Totti avrebbe svolto attività promozionali non occasionali, ma senza aprire una partita Iva dedicata. Un’irregolarità che, pur partendo da un importo iniziale piuttosto contenuto, è andata crescendo nel tempo: tra sanzioni e interessi, il debito con l’Erario è arrivato a sfiorare i 900 mila euro. Una cifra importante, maturata nel corso di circa cinque anni.

        Nonostante l’importo lievitato, la decisione della Procura di avanzare la richiesta di archiviazione è legata alla condotta dell’ex capitano giallorosso, che ha scelto di regolarizzare la propria posizione fiscale. Il pagamento del debito ha avuto un peso determinante, dimostrando la volontà di Totti di chiudere la vicenda con il Fisco.

        L’accusa era quella di omessa dichiarazione dell’Iva, un reato tributario che scatta quando un soggetto con obbligo fiscale non presenta le dichiarazioni annuali. In questo caso, però, i magistrati hanno ritenuto che l’interesse punitivo dello Stato fosse venuto meno, viste le somme integralmente versate.

        Nessuna battaglia legale, dunque, per Totti. Una vicenda che si chiude con un conto saldato, ma anche con l’ennesimo riflettore acceso sulla gestione fiscale dei personaggi pubblici. Un tema sempre delicato, soprattutto quando coinvolge volti tanto noti e amati dal grande pubblico. Anche perché, nel bene o nel male, il Pupone fa sempre notizia.

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          Calcio

          Noel, il raccattapalle eroe: “Ho battuto Donnarumma e l’Italia”. La Germania celebra il 15enne che ha beffato gli Azzurri

          Il raccattapalle della sfida tra Germania e Italia diventa protagonista con un assist a Kimmich. Nagelsmann lo ringrazia in conferenza, Kimmich gli regala la maglia. La Bild ironizza: “Anche un raccattapalle segna contro l’Italia”

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            A Dortmund si è scritto un capitolo surreale e beffardo della sfida tra Germania e Italia. A rubare la scena non è stato né un bomber da copertina né un fuoriclasse d’altri tempi, ma un ragazzo di 15 anni, alla sua prima volta come raccattapalle. Il suo nome è Noel Urbaniak e in poche ore è diventato l’idolo di un’intera nazione, ma l’incubo sportivo degli Azzurri.

            Minuto 36 del primo tempo, Nations League: l’Italia pasticcia, Donnarumma discute con l’arbitro Marciniak e i compagni, ignaro di ciò che sta accadendo alle sue spalle. E dietro la porta, c’è proprio Noel, che si coordina con un guizzo degno di un veterano e spara il pallone verso Joshua Kimmich, pronto a battere velocemente l’angolo. Da lì all’assist per Jamal Musiala il passo è breve: gol della Germania a porta praticamente sguarnita e Italia colta di sorpresa.

            “Anche un raccattapalle fa gol alla nazionale italiana”, ha titolato senza pietà la Bild, riassumendo l’umore tedesco e la valanga mediatica che si è abbattuta sul ragazzo. Noel, tesserato nelle giovanili dell’Hombrucher e tifoso sfegatato del Borussia Dortmund, da spettatore privilegiato si è ritrovato protagonista inatteso di uno degli episodi più discussi del match, terminato poi sul 3-3.

            A fine partita l’incredulità di Noel si è trasformata in festa: Kimmich lo ha raggiunto a bordo campo, gli ha regalato la maglia e il pallone della partita e si è prestato per una foto ricordo. “Non dimenticherò mai questa serata”, ha dichiarato il giovane ai media tedeschi. Poco prima, sul cellulare, i messaggi commossi dei genitori: “Sei in tv, sei un eroe!”.

            Il ct Julian Nagelsmann non ha perso l’occasione per celebrare il piccolo “alleato”: “Il nostro secondo gol è stato di livello mondiale da parte di tutti e tre: Kimmich, Musiala e il raccattapalle. Era lì, pronto sulla palla, bravissimo”. Da quel momento, selfie e applausi hanno travolto il ragazzo che, nel frattempo, ha già conquistato un posto speciale nella memoria collettiva dei tifosi tedeschi.

            E mentre l’Italia si lecca le ferite e cerca spiegazioni per l’ennesima distrazione difensiva, in Germania il nome di Noel Urbaniak è diventato sinonimo di furbizia e sangue freddo. Lui, con la spensieratezza dei suoi 15 anni, si gode la gloria: “È stato tutto così irreale, pazzesco”. E chissà se da grande non diventerà lui stesso uno di quei calciatori a cui i raccattapalle serviranno palloni decisivi.

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              Calcio

              Cassano e l’assegno “rubato”: il racconto esilarante di Totti e la confessione di Fantantonio

              L’ex capitano della Roma svela il retroscena sul famoso assegno smarrito e l’accusa (poi ritirata) che Cassano rivolse persino alla tata di casa Totti.

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                C’è chi lo ricorda per i suoi gol e chi per le sue proverbiali “cassanate”. Questa volta però è Antonio Cassano stesso a rievocare uno dei suoi momenti più folli, con l’amico Francesco Totti pronto a fare da spalla in un siparietto che ha scatenato le risate del pubblico. Durante una chiacchierata nella trasmissione “Viva el Futbol”, il Pupone ha svelato un retroscena che riguarda proprio gli anni in cui Cassano era ospite fisso nella casa dei Totti.

                “L’avrei ammazzato vi giuro. Un giorno ci perdemmo un assegno e non lo trovavamo più”, ha raccontato Totti. “Alla fine scoprimmo che era cascato in macchina sotto il sedile, quando tiravi su il freno a mano. Ma voi non potete capire cosa ha combinato: una sceneggiata degna di un film. Si era impuntato, accusava tutti, mia madre, mio padre, pure me”. La vicenda, che oggi fa sorridere, all’epoca aveva creato non pochi grattacapi, soprattutto perché l’assegno smarrito era intestato proprio a Cassano. “Era una bomba a mano – ha scherzato Totti – perché anche se lo trovavamo, era comunque suo”.

                A rincarare la dose ci ha pensato Lele Adani, presente alla trasmissione: “Ma perché fai una roba così? Ti hanno ospitato, eri a casa loro”. E qui arriva la confessione autoironica di Cassano: “Perché ero un cog…ne. Per tre mesi mi hanno trattato come un figlio, mi facevano mangiare e bere, ero il terzo figlio dei Totti. Ma allora ero un’altra persona rispetto ad oggi”. Poi il racconto si fa ancora più spassoso: “Andai pure dalla tata e le dissi: ‘Mi hai rubato l’assegno’. E quella mi rispose: ‘Ma li mortacci tua, guadagno più di te, sono più ricca di te, ti pare che devo rubare io a te?’”.

                Una storia che racconta perfettamente il carattere impulsivo e imprevedibile di Cassano e il rapporto fraterno con Totti, fatto di battibecchi, risate e amicizia vera. Alla fine, proprio Totti ha chiuso il siparietto con un sorriso: “Dai, ci può stare, era l’incoscienza di quegli anni”.

                Un episodio che aggiunge l’ennesima pagina divertente al libro di aneddoti che circonda l’incredibile coppia Totti-Cassano, e che dimostra quanto i due, nonostante le divergenze e le follie, siano rimasti legati nel tempo.

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