Libri
J.K. Rowling racconta: quando scrivo mi piace mangiucchiare…
“Ho sei progetti in mente. Uno lo sto già scrivendo. Ci saranno altri due della saga di Cormoran Strike (in cui lei si firma con lo pseudonimo Robert Galbraith). Ma ho tante altre storie che dovranno uscire presto dalla mia testa”.

La saga diHarry Potter, prima coi libri e poi sul grande schermo, continua ad essere un fenomeno letterario che ha conquistato milioni di persone in tutto il mondo. Creato dalla scrittrice britannica J.K. Rowling, l’occhialuto maghetto ha ispirato una serie di libri che hanno venduto più di 500 milioni di copie e sono stati tradotti in oltre 80 lingue.
Non solo avventure ma anche temi sociali
La storia di Harry Potter segue le avventure del giovane mentre cresce e affronta le sfide della vita a Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria. Con un mix di magia, amicizia, amore e coraggio, la saga ha affascinato lettori di tutte le età e ha ispirato film, videogiochi, spettacoli teatrali e persino parchi a tema. Oltre alla trama avvincente e ai personaggi indimenticabili, Harry Potter ha anche affrontato temi universali come l’importanza dell’amicizia, la lotta contro il male e il potere della speranza. Questo fenomeno letterario ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura popolare e continuerà ad essere amato da generazioni future.
L’idea della scrittura la focalizzò all’eta di 4 anni
La 58enne scrittrice inglese si racconta attraverso una recente intervista, svelando anche alcuni dettagli divertenti. Una cosa che raramente aveva fatto in passato. Dice di aver sempre voluto essere una scrittrice, sin da quando aveva 4 anni, affascinata dal fatto che i libri sono fatti di persone e realizzando che quello sarebbe stato il suo futuro.
Lavoratrice organizzata
Il suo metodo lavorativo è molto organizzato: “Da Harry Potter ho iniziato a stilare faldoni di file e documenti per ogni personaggio. Un background necessario, perché mi aiuta a orientarmi. Sembra una cosa da impiegati, da colletti bianchi, ma non è così: si prova del divertimento anche in questo modo. E adoro pianificare perché è uno stato di grande ottimismo per uno scrittore, in cui le pagine sono bianche e tutto sembra possibile”.
Il mio laptop fa schifo, colpa dei popcorn!
“Un tempo scrivevo tutto su alcuni quaderni”, spiega la Rowling, “ora invece più spesso sul cellulare o direttamente sul computer, che porto sempre con me in camera. Nel caso, prima di andare a letto, mi venga un’idea troppo articolata da segnarmela momentaneamente sul telefonino. A volte, scrivo fino a molto tardi, anche alle 3 di notte, e sono assolutamente esausta”. La scrittrice ascolta musica classica mentre è all’opera (solo musica strumentale, le parole dei testi la distraggono) e mangia sempre popcorn: “oppure nulla”. E mangia popcorn: “ecco perché il mio laptop è sempre uno schifo”.
Progetti per il futuro
Sui progetti futuri i fan si tengano forte: “Ho sei progetti in mente. Uno lo sto già scrivendo. Ci saranno altri due della saga di Cormoran Strike (in cui lei si firma con lo pseudonimo Robert Galbraith). Ma ho tante altre storie che dovranno uscire presto dalla mia testa”.
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Libri
Daniela Piazza torna con un nuovo romanzo storico: avventura, rivalità e mistero in “Una crociata perduta”
Si intitola “Una crociata perduta” il nuovo romanzo di Daniela Piazza, ultimo atto della serie “Fieschi e Doria: saga di una rivalità”. Un intreccio di segreti, tesori leggendari, tradimenti e legami familiari che si consuma tra rovine antiche, cacce spietate e giuramenti pericolosi.

Un tesoro leggendario. Un simbolo misterioso inciso tra le rovine d’Egitto. Una rivalità che si trasforma in ossessione. Daniela Piazza, voce autorevole e raffinata del romanzo storico italiano, torna in libreria con Una crociata perduta, nuovo e ultimo capitolo della saga dedicata a Francesco Fieschi e Matelda, pubblicato da AltreVoci.
Ancora una volta la scrittrice ligure, docente di Storia dell’Arte e appassionata di viaggi, musica antica e narrazione storica, porta il lettore in un viaggio mozzafiato tra epoche, luoghi e passioni. Dopo il successo de Il bastardo e La brigante, la serie si chiude con un romanzo che miscela con sapienza suspense, ambientazioni evocative e un impianto narrativo ricco di tensione emotiva.
La trama si apre in Egitto, dove Francesco Fieschi e i suoi compagni si ritrovano braccati dai nemici, rifugiati tra rovine egizie devastate dal tempo. Ma proprio in quel luogo dimenticato, un simbolo misterioso riaccende in Francesco la convinzione che il leggendario tesoro delle Crociate possa davvero esistere.
Inizia così una caccia implacabile, dove il pericolo più grande non è nascosto tra le dune, ma si annida nel cuore stesso della rivalità: Marco Doria, l’uomo che chiama Francesco “fratello”, ma che lo odia con una ferocia viscerale, è deciso a mettergli i bastoni tra le ruote. E sarà una guerra di nervi, colpi bassi e verità inconfessabili.
Intanto, in Francia, si muove un altro tassello della vicenda: Pierre, re dei ladruncoli, insegue un bambino speciale, Martin. Non è solo un fuggiasco: è un’occasione di riscatto, un’ultima speranza. Ma a difenderlo c’è Matelda, pronta a tutto pur di proteggerlo, anche a costo della vita.
Con Una crociata perduta, Daniela Piazza firma un romanzo avvincente, capace di fondere epica medievale e tensione narrativa, amicizie tradite e famiglie scelte, in un crescendo che ha il ritmo di una fuga e il respiro di un sogno infranto. Un libro che conclude degnamente una delle saghe storiche più originali e coinvolgenti del panorama italiano contemporaneo.
Per i fan di lunga data e per chi ama la storia raccontata con passione, è l’appuntamento da non perdere.
Libri
Perché leggiamo sempre meno? E perché dovremmo preoccuparcene
In Italia un adulto su due non apre nemmeno un libro in un anno. E i dati peggiorano ogni anno. Ma leggere non è solo un passatempo: è un allenamento alla complessità, alla libertà, alla resistenza. Senza libri, perdiamo molto più che storie.

Le statistiche non mentono: nel 2024 solo il 38% degli italiani ha letto almeno un libro non scolastico nei dodici mesi precedenti. Un crollo silenzioso, che non fa rumore ma cambia tutto. Perché leggere non è solo un passatempo colto: è un atto politico, sociale, persino fisico. È una palestra per la mente e per la cittadinanza. E se i lettori calano, calano anche le possibilità di capire il mondo.
Gli editori lo sanno, e tremano. Le vendite si sono polarizzate: pochi titoli vendono tanto, tantissimi vendono pochissimo. I giovani leggono meno, ma anche i genitori. Nelle case scompaiono le librerie. Si legge sui social, certo, ma non è la stessa cosa. I libri chiedono tempo, attenzione, sforzo: tre parole sempre più rare.
“Un Paese che legge poco è un Paese che pensa poco”, dice uno scrittore. Ma è anche un Paese che rischia di farsi manipolare più facilmente, che si affida all’impressione e non alla riflessione, che perde la memoria del passato e la capacità di immaginare il futuro.
Il problema non è solo cosa si legge, ma che cosa si perde non leggendo. Empatia, vocabolario, spirito critico, capacità di concentrazione, apertura mentale. I benefici della lettura sono comprovati da decine di studi. Ma continuano a essere sottovalutati.
Ci sono, per fortuna, piccole resistenze. Librerie indipendenti che fanno animazione culturale. Festival che uniscono scrittori e lettori. Bookclub che nascono online e si trasformano in comunità vere. Ma sono isole, non arcipelaghi.
E allora la domanda è semplice: vogliamo un futuro senza storie? Senza parole? Senza pensiero complesso? Perché è quello che ci aspetta, se rinunciamo ai libri.
Leggere è un piacere. Ma oggi è anche un dovere. Verso noi stessi. E verso ciò che vorremmo restasse umano.
Libri
Le dieci suore morte in un monastero: quando Camilleri scoprì un segreto dei Gattopardi
Andrea Camilleri, nel suo romanzo storico “Le pecore e il pastore”, racconta l’inquietante sacrificio di dieci giovani monache benedettine nel monastero di Palma di Montechiaro. Una storia vera, rimasta sepolta nella clausura e svelata dallo scrittore grazie a una nota a pie’ pagina. Una vicenda che coinvolge il Vescovo Peruzzo, la mistica Suor Maria Crocifissa e l’antica famiglia Tomasi di Lampedusa.

Il 6 settembre 2025 Andrea Camilleri avrebbe compiuto cento anni. Saranno innumerevoli le iniziative che nei prossimi mesi celebreranno il genio dello scrittore siciliano: premi letterari, mostre, spettacoli, letture e convegni. Ma tra le tante opere e scoperte del maestro, ce n’è una che sfugge ai riflettori e che merita di essere ricordata: la storia delle dieci suore morte nel monastero di Palma di Montechiaro.
Camilleri amava i suoi romanzi storici più di ogni altro scritto. Li definiva il suo vero matrimonio, mentre Montalbano era l’amante ingombrante, quella che ti ruba la scena. Proprio in uno di quei romanzi, “Le pecore e il pastore”, Camilleri ha ricostruito un fatto accaduto nel 1945 e rimasto avvolto nel silenzio per decenni: dieci giovani monache benedettine si sarebbero lasciate morire di fame e di sete in clausura per ottenere la salvezza del loro vescovo, ferito in un attentato.
Tutto parte da una nota a pie’ pagina trovata in un libro di Enzo Di Natali, “L’attentato contro il Vescovo dei contadini”. Una lettera del 1956, firmata da Suor Enrichetta Fanara, abadessa del monastero del Santissimo Rosario di Palma di Montechiaro, racconta con tono quasi casuale un sacrificio che ha dell’incredibile: «Quando V.E. ricevette quella fucilata e stava in fin di vita, questa comunità offrì la vita di dieci monache per salvarlo. Il Signore accettò l’offerta e il cambio: dieci monache, le più giovani, lasciarono la vita per prolungare quella del loro beneamato pastore».
Il vescovo in questione era Giovanni Battista Peruzzo, detto il “vescovo dei contadini”, un piemontese che si era schierato apertamente contro i latifondisti e per i diritti dei più poveri. L’9 luglio 1945 subì un attentato a Santo Stefano Quisquina. Ferito da due colpi di fucile, fu operato d’urgenza e sopravvisse. Nessuno, fino alla lettera della Fanara, sapeva che dietro quella sopravvivenza poteva celarsi un sacrificio mistico.
Il monastero era stato fondato nel Seicento dal cosiddetto “Duca Santo”, Giulio Tomasi di Lampedusa, antenato dello scrittore Giuseppe. Lì visse anche Suor Maria Crocifissa, mistica celebre per i suoi scritti e le lotte col Demonio, diventata figura ispiratrice della Beata Corbera nel Gattopardo. L’ambiente era carico di spiritualità estrema, eccessi mistici, fustigazioni, visioni. Ma nulla, nemmeno la celebre “lettera del Diavolo” attribuita alla suora, regge il confronto con la vicenda delle dieci monache.
Camilleri racconta che a confermare tutto fu un anziano confessore teatino, che però si rifiutò di aggiungere dettagli: «Posso parlarne solo con chi ha grandissima fede», avrebbe detto. Nessuno, fuori dalle mura del monastero, seppe nulla. Nessun documento, nessun registro, nessun nome. Solo quella lettera tardiva dell’abadessa, scritta undici anni dopo i fatti.
Camilleri si chiede perché aspettò così tanto. E azzarda un’ipotesi: le visite di Giuseppe Tomasi di Lampedusa al monastero nel 1955 la spinsero a raccontare di più. Il principe si commosse ascoltando le storie delle suore, forse quella reazione persuase la Fanara a rivelare il sacrificio delle dieci benedettine.
«Dieci pecore per un pastore», scrive Camilleri. Una formula crudele, ma perfettamente adatta al rigore di quella spiritualità. Un mistero che ci interroga ancora oggi, perché nessuna di loro chiese di fermarsi? Nessuna implorò pietà? O le altre, semplicemente, non vollero sentire?
Domande che restano senza risposta. Ma che fanno tremare, come solo la verità sa fare.
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