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Beauty

E’ la proteina AC3-AT il regolatore della perdita di peso

Scoperta la proteina che spegne la produzione del grasso bruno si chiama AC3-AT . E può essere attivato per favorire la perdita di peso e affrontare l’obesità.

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AC3-AT

    Il grasso bruno, noto anche come tessuto adiposo bruno, aiuta a bruciare le calorie trasformandole in calore, facendo in modo che il nostro organismo mantenga una temperatura corporea stabile. Si tratta di un meccanismo appena scoperto dai ricercatori dell’Università della Danimarca Meridionale in collaborazione con l’Università di Bonn, in Germania. La proteina che spegne la produzione del grasso bruno si chiama AC3-AT . E può essere attivato per favorire la perdita di peso e affrontare l’obesità.

    Un tessuto che abbiamo tutti. Soprattutto i neonati

    Questo tessuto adiposo è definito bruno per la sua colorazione data dall’elevata presenza di ferro. E’ molto efficiente nel bruciare calorie e per questo motivo si stanno studiando sistemi per attivarlo in modo sicuro. Ma soprattutto per spegnerlo quando si vuole bloccare la sua azione. Il tessuto si trova principalmente nella zona ascellare e interscapolare, intorno ai reni, al collo e lungo la spina dorsale e svolge importanti funzioni metaboliche. A differenza del più conosciuto grasso bianco, che immagazzina energia, il grasso bruno ha una capacità diversa. Brucia calorie per produrre calore, facendo in modo che il nostro organismo mantenga una temperatura corporea stabile, soprattutto quando siamo al freddo. Per questo è noto, in particolare, per prevenire l’ipotermia post-natale.

    La ricerca italiana sull’obesità

    Molto interessante è la ricerca promossa da Saverio Cinti, professore all’Università Politecnica delle Marche e direttore del Centro interdipartimentale per lo studio dell’obesità. “Si è dimostrato che i soggetti sottoposti a una frequente esposizione al freddo che vivono nel nord Europa, per esempio, il grasso viscerale può essere composto fino al 40% da tessuto adiposo bruno. Viceversa quello di una persona che vive in Italia o in Paesi temperati o caldi, è formato quasi esclusivamente da tessuto adiposo bianco. Quindi, non solo il tessuto adiposo bruno è presente nell’adulto, ma la sua quantità è anche modificabile“.

    I benefici del grasso bruno

    In altre parole, il grasso bruno inizia a funzionare ogni volta che abbiamo bisogno di calore extra. Serve a bruciare elevate quantità di zuccheri (glucosio) e molecole di grasso (lipidi) attraverso meccanismi di attivazione che si conoscono. Dagmar Wachten dell’Università di Bonn e Jan-Wilhelm Kornfeld dell’ateneo danese hanno scoperto come spegnere il meccanismo. Un aspetto non di poco conto visto che molti ricercatori stanno cercando di stimolare la sua attività per la perdita di peso e nei casi di obesità.

    Sì ma come si spegne?

    Il grasso bruno, (BAT, dall’inglese brown adipose tissue) per l’elevata quantità di ferro, è un tipo di grasso corporeo la cui funzione primaria è la termoregolazione. Produce calore attraverso la termogenesi senza brividi, un processo nel quale le calorie dei cibi che mangiamo vengono trasformate in calore, aiutandoci a mantenere una temperatura corporea stabile. Questa strategia metabolica è utile soprattutto quando siamo esposti al freddo (il grasso bruno si attiva a basse temperature). Ma gli studiosi cercando un modo sicuro per regolare l’attività di questo tessuto e aumentare la sua capacità di bruciare calorie. Obiettivo? Avvalersi del grasso bruno come targeting terapeutico per il trattamento dell’obesità.

    Uno dei principali limiti di questo tipo di approcci risiede tuttavia in un meccanismo ancora poco conosciuto e che “spegne” il grasso bruno subito dopo la sua attivazione. Ora hanno individuato l’interruttore responsabile di questo processo di spegnimento che sarebbe la proteina AC3-AT

    Switch off

    Il grasso bruno, particolarmente abbondante nei neonati ma presente, ma metabolicamente attivo ha un meccanismo integrato che “lo spegne subito dopo l’attivazione”. Questo interruttore, spiegano i ricercatori che lo hanno scoperto, è la proteina, chiamata AC3-AT, una forma più corta (troncata) e finora sconosciuta dell’adenilato ciclasi 3 (AC3), che agisce frenando l’attività del grasso bruno, come scrive la rivista Nature Metabolism.

    Niente obesi tra i topi. Perché?

    L’azione di questa proteina è stata osservata in modelli murini, studiando topi che, geneticamente, non avevano AC3-AT, nutriti con una dieta ricca di grassi per 15 settimane. “Abbiamo scoperto che i topi erano protetti dal diventare obesi, in parte perché erano semplicemente più bravi a bruciare calorie e in grado di aumentare i loro tassi metabolici attivando grasso bruno” ha affermato il co-autore principale dello studio, il dottor Hande Topel, ricercatore senior presso l’Università della Danimarca Meridionale e il Centro Novo Nordisk per la segnalazione degli adipociti (Adiposign).

    Senza questa proteina aumenta la massa magra

    Gli studiosi hanno inoltre osservato che, oltre ad accumulare meno grasso, i topi senza proteina AC3-AT avevano aumentato la massa magra rispetto a un gruppo di controllo. “Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per questi ultimi” . Guardando al futuro, i ricercatori ritengono che trovare un modo per bloccare AC3-AT possa essere “una strategia promettente per attivare in modo sicuro il grasso bruno e affrontare l’obesità e i problemi di salute correlati”.

    Ora incrementare la ricerca

    Prima di arrivare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di attivare il grasso bruno saranno comunque necessarie ulteriori ricerche, volte a chiarire i dettagli dell’azione di AC3-AT nei confronti di questo tessuto. “La comprensione di questo tipo di meccanismi molecolari promette anche si svelare meccanismi simili in altri percorsi cellulari . Questa conoscenza può essere determinante per migliorare la nostra comprensione di varie malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti”.

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      Bellezza

      La maschera viso alle fragole: il trattamento di bellezza più dolce di aprile

      Aprile è il mese delle fragole, e non solo a tavola: scopri i benefici di questo frutto anche in versione beauty. Una maschera viso fatta in casa, semplice ed efficace, che regala luminosità e freschezza in pochi minuti.

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        Primavera fa rima con fragole. E se è vero che il loro profumo dolce e il colore acceso conquistano la tavola, pochi sanno che questo frutto può diventare anche un potente alleato per la bellezza del viso. Ricche di vitamina C, antiossidanti e acido salicilico naturale, le fragole sono perfette per rinnovare la pelle, combattere le impurità e donare luminosità.

        La maschera viso alle fragole è un rimedio semplice, veloce e low cost per prendersi cura del viso in modo naturale. Ideale per le pelli miste e grasse, grazie all’effetto purificante dell’acido salicilico, ma anche per chi cerca un boost di luce in vista della bella stagione.

        Come prepararla? Basta schiacciare 3-4 fragole mature con una forchetta fino a ottenere una purea omogenea. Aggiungi un cucchiaino di miele (lenitivo e antibatterico) e, se hai la pelle secca, qualche goccia di olio di jojoba o di mandorle dolci. Mescola bene e applica la maschera sul viso pulito, evitando il contorno occhi. Lascia agire per 10-15 minuti, poi risciacqua con acqua tiepida.

        Il risultato? Pelle visibilmente più luminosa, pori meno evidenti e una sensazione di freschezza immediata. Il profumo naturale della fragola rende l’applicazione un momento di puro piacere, da concedersi una o due volte alla settimana.

        Un beauty tip tutto naturale, che sfrutta la stagionalità e ci ricorda che a volte la miglior skincare è proprio quella che nasce in cucina. Con buona pace dei sieri da centinaia di euro.

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          Salute

          Qual è il locale più inquinato della nostra casa? La cucina. Ecco perché

          Le nostre abitudini quotidiane contribuiscano significativamente all’inquinamento atmosferico, sottolineando l’urgenza di adottare comportamenti più sostenibili.

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            Gli inquinamenti insospettabili che si generano cucinando rappresentano un’importante questione per la salute e l’ambiente, spesso trascurata. Ciò che accade in cucina può infatti contribuire significativamente all’inquinamento atmosferico domestico. Vediamo come.

            Quali sono le fonti principali di inquinamento in cucina

            Tra le principali fonti di inquinamento che possiamo trovare in cucina al primo posto ci sono i fornelli a gas e metano. L’uso di combustibili come il gas e il metano produce biossido di azoto (NO₂), un potente irritante polmonare, e benzene, una sostanza cancerogena. Questi inquinanti vengono rilasciati nell’aria durante la cottura, aumentando il rischio di problemi respiratori e altre patologie. A seguire la cottura sulla griglia e la frittura. Grigliare la carne sprigiona, infatti, composti chimici potenzialmente dannosi, come le ammine eterocicliche e gli idrocarburi policiclici aromatici. Anche la frittura, soprattutto a temperature elevate, produce sostanze tossiche come l‘acrilammide, un composto che può formarsi vicino al punto di fumo degli oli. Un ulteriore pericolo deriva anche da una ventilazione insufficiente. Una scarsa ventilazione, infatti, aggrava la concentrazione degli inquinanti, rendendo l’ambiente domestico meno salubre. Quindi che fare?

            Possibili soluzioni e semplici accorgimenti per evitare effetti inquinanti

            E’ consigliabile, quando possibile, utilizzare piani cottura a induzione una tecnologia che riduce al minimo l’emissione di inquinanti. Le cucine a induzione non generano biossido di azoto né monossido di carbonio, offrendo un’alternativa ecologica e sicura. Se dovete friggere provate a farlo con le friggitrici ad aria. Rispetto alla frittura tradizionale, le friggitrici ad aria – così tanto di moda in questi ultimi tempi – producono meno particolato fine e sono considerate un metodo di cottura più salutare per diversi alimenti. Ulteriore sufferimento è utilizzare una cottura a basse temperature. Evitare di superare il punto di fumo degli oli può limitare la formazione di sostanze nocive. E ancora, ma qui andiamo su scelte ideologiche oltre che salutistiche. Utilizzare più vegetali e meno carne è meglio! La riduzione del consumo di carne, soprattutto proveniente da allevamenti intensivi, non solo diminuisce l’impatto ambientale ma migliora anche la qualità dell’aria. Infine è lapalissiano mantenere una adeguata ventilazione dei locali. L’uso di cappe aspiranti e il ricambio regolare dell’aria sono essenziali per ridurre l’accumulo di inquinanti.

            Il peso dei comportamenti individuali

            Ogni piccolo gesto quindi conta. Scegliere metodi di cottura meno inquinanti, preferire alimenti vegetali e ridurre gli sprechi in cucina non solo tutela la salute personale, ma contribuisce anche al benessere collettivo e alla salvaguardia dell’ambiente. Non esiste una soluzione magica, ma la consapevolezza e l’azione possono fare la differenza. L’inquinamento domestico, spesso sottovalutato, secondo il dottor Roberto Boffi, pneumologo presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, rappresenta una minaccia concreta per la salute di tutti, con la cucina che si rivela uno degli ambienti più critici.

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              Salute

              Allergie di primavera, come sopravvivere alla stagione più amata (e odiata)

              inite, occhi che bruciano, mal di testa e stanchezza cronica: se anche per te la primavera è sinonimo di allergie, è il momento di scoprire come affrontarla con rimedi nuovi e soluzioni intelligenti che migliorano davvero la qualità della vita

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                Per molti è la stagione più bella dell’anno: giornate più lunghe, temperature miti, profumi nell’aria. Per altri, invece, la primavera è un incubo che inizia con uno starnuto e finisce con le occhiaie da antistaminico. Se anche tu fai parte del club degli allergici stagionali, sappi che non sei solo: secondo l’ISS, in Italia almeno una persona su cinque soffre di allergie primaverili, e il numero è in costante aumento.

                Ma perché succede? Il nemico numero uno è il polline, prodotto in grandi quantità da alberi come betulla, ontano, cipresso, ma anche da graminacee e parietaria. La risposta del sistema immunitario a questi allergeni è spesso spropositata: raffreddore, prurito, congiuntivite, asma. E se un tempo bastava chiudere le finestre, oggi non è più così semplice.

                La buona notizia è che esistono strategie, vecchie e nuove, per vivere meglio anche in mezzo ai pollini.

                La prima regola è la più banale e sottovalutata: conoscere il nemico. Tenere d’occhio i calendari pollinici (facilmente consultabili online) permette di sapere quando limitare le uscite, arieggiare la casa solo la mattina presto o la sera tardi, evitare parchi e prati nei giorni critici. Sembra poco, ma fa la differenza.

                Chi è stanco dei farmaci può valutare una immunoterapia specifica, una sorta di “vaccino” contro l’allergia: si assumono per via sublinguale (o iniezioni) dosi crescenti di allergene per desensibilizzare l’organismo. Serve tempo, ma è una delle poche cure che agiscono alla radice.

                Anche il lavaggio nasale quotidiano con soluzioni saline può aiutare: libera le vie respiratorie, rimuove gli allergeni, riduce l’uso di farmaci e migliora il sonno. Esistono ormai dispositivi semplici, pratici ed efficaci da usare a casa.

                Sul fronte tecnologico, i purificatori d’aria di nuova generazione fanno miracoli in casa: filtrano pollini, polveri e persino virus, migliorando la qualità dell’aria in modo misurabile. Un’idea da valutare anche in ufficio, dove spesso le finestre restano chiuse ma i filtri dei condizionatori non vengono mai cambiati.

                Non mancano i rimedi naturali (attenzione, non miracolosi ma utili): infusi di ortica, integratori a base di quercetina o vitamina C che agiscono come antistaminici naturali, spray a base di eufrasia per lenire la congiuntiva infiammata. Chiedi consiglio al medico o al farmacista: l’autoprescrizione fai-da-te è la peggior alleata dell’allergico.

                E infine: non sottovalutare lo stress. È scientificamente dimostrato che l’ansia può peggiorare i sintomi allergici. Dormire meglio, mangiare sano, praticare yoga o meditazione può ridurre le crisi. Anche perché vivere con l’allergia non significa solo soffrire di naso chiuso, ma anche di stanchezza cronica, difficoltà di concentrazione, irritabilità. Tutti effetti collaterali che spesso non vengono considerati.

                In sintesi? No, non è colpa tua se sei sempre esausto e gli occhi sembrano quelli di un panda. Ma con qualche accorgimento puoi evitare di passare altri tre mesi chiuso in casa con l’aspirapolvere in mano. E magari tornare ad amare la primavera, o almeno a tollerarla senza fazzoletti in ogni tasca.

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