Salute
La verità sul borotalco: rimedio a mille problemi o pericoloso killer per la salute? Ecco cosa c’è da sapere
Il borotalco è amato da generazioni, ma oggi al centro di accesi dibattiti. Valutiamo i pro e i contro di questo prodotto alla luce delle ultime ricerche scientifiche.

Il borotalco, da sempre presente nelle nostre case, è un prodotto dalle molteplici funzioni, apprezzato per la sua capacità di assorbire l’umidità e lenire la pelle. Tuttavia, negli ultimi anni, intorno a questa polvere bianca e profumata si è acceso un dibattito acceso, incentrato sui potenziali rischi per la salute, in particolare legati a un aumentato rischio di cancro.
Al centro di questa controversia troviamo il talco, uno dei principali componenti del borotalco. Alcuni studi scientifici hanno infatti associato l’uso prolungato di talco nelle zone intime femminili a un maggior rischio di sviluppare il cancro alle ovaie. È importante sottolineare che questi studi hanno sollevato preoccupazioni, ma non hanno ancora fornito prove definitive e inconfutabili.
Non tutti i talchi sono uguali
Tuttavia, è fondamentale chiarire che non tutti i talchi sono uguali. Esistono diverse tipologie di talco, con caratteristiche e origini differenti. Il talco utilizzato nell’industria cosmetica e farmaceutica è sottoposto a rigorosi controlli di qualità e purificazione, al fine di eliminare eventuali contaminanti e ridurre al minimo i rischi per la salute.
Cosa fare?
Di fronte a queste informazioni contrastanti, è comprensibile che i consumatori possano sentirsi confusi e preoccupati. È importante informarsi attentamente e consultare il proprio medico o farmacista per valutare i rischi e i benefici dell’utilizzo del borotalco, soprattutto in particolari categorie di persone, come le donne in gravidanza o le donne che hanno una storia familiare di cancro alle ovaie. Ma il borotalco rimane un prodotto di largo consumo, ma è importante affrontarne l’utilizzo con consapevolezza. La scelta di continuare o meno a utilizzarlo deve essere presa in base alle proprie esigenze, alle informazioni disponibili e al consiglio del proprio medico.
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Salute
Torcicollo: i rimedi della nonna per sbloccare il collo senza farmaci
Che sia colpa di una posizione sbagliata durante il sonno, dello stress o di un colpo d’aria, il torcicollo può essere una vera seccatura. Per fortuna, i rimedi della nonna vengono in soccorso con soluzioni naturali, dagli impacchi caldi al massaggio con oli essenziali, fino a esercizi mirati per sciogliere le tensioni.

Il torcicollo è una contrattura dei muscoli del collo che provoca dolore e difficoltà nei movimenti. Può essere causato da:
- Una postura scorretta (soprattutto al computer o dormendo male).
- Colpi d’aria o sbalzi di temperatura.
- Stress e tensione nervosa.
- Sforzi improvvisi o movimenti bruschi.
Se il dolore è lieve o moderato, si può provare a scioglierlo con rimedi naturali prima di ricorrere ai farmaci.
I rimedi della nonna per il torcicollo
1. Il calore rilassante 🔥
Il calore aiuta a sciogliere la contrattura e favorisce la circolazione. Puoi provare:
- Borsa dell’acqua calda: applicala sulla zona dolente per 15-20 minuti.
- Impacco di sale caldo: scalda del sale grosso in padella, avvolgilo in un panno e appoggialo sul collo.
- Asciugamano caldo: bagnalo con acqua calda, strizzalo e applicalo sul collo per un effetto decontratturante.
2. L’olio di rosmarino: il massaggio che scioglie la tensione 🌿
L’olio essenziale di rosmarino è un potente antinfiammatorio naturale. Basta scaldare qualche goccia tra le mani e massaggiarlo delicatamente sul collo con movimenti circolari. In alternativa, si può usare l’olio di arnica, perfetto per rilassare i muscoli.
3. Il rimedio della sciarpa di lana 🧣
Le nonne lo sanno bene: tenere il collo al caldo accelera la guarigione! Una sciarpa di lana avvolta intorno al collo, anche di notte, aiuta a mantenere il calore e a ridurre la rigidità muscolare.
4. L’infuso di zenzero e miele 🍵
Lo zenzero è un antidolorifico naturale. Prepara un infuso con:
- 1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato
- 1 tazza di acqua bollente
- 1 cucchiaino di miele
Bevilo due volte al giorno per ridurre l’infiammazione dall’interno.
5. Gli esercizi per sbloccare il collo 🏋️
Se il dolore lo permette, fai qualche movimento dolce per rilassare la muscolatura:
- Inclinazione laterale: inclina lentamente la testa verso una spalla e mantieni la posizione per 10 secondi, poi ripeti dall’altro lato.
- Movimenti circolari: ruota il collo lentamente, prima in senso orario e poi antiorario.
- Stretching con le mani: appoggia le mani dietro la testa e premi leggermente per allungare i muscoli.
Salute
Alla larga dal cibo ultraprocessato! Il junk food fa male e crea dipendenza
l’infettivologo Van Tulleken nel suo libro osserva che la spesa alimentare negli Stati Uniti è passata dal 43% del budget familiare all’inizio del 1900 al 10% attuale, grazie alla diffusione del cibo ultraprocessato. Questo risparmio apparente è compensato da maggiori costi sanitari e un impatto economico negativo sui contribuenti.

Il cibo ultraprocessato non solo fa male alla salute, ma crea anche dipendenza. Lo scrive nero su bianco l’infettivologo Chris van Tulleken nel suo libro denuncia Ultraprocessed People. Gli ingredienti del pollo con verdure Nestlé, ad esempio, comprendono isolato proteico di soia, amidi modificati, maltodestrina di mais, e fosfato di sodio, tra gli altri. Questo prodotto appartiene alla linea Lean Cuisine, considerata “sana” dalla multinazionale, ma secondo un’inchiesta del Financial Times, il 60% degli alimenti prodotti da Nestlé non rientra in una “definizione condivisa di cibo sano“.
Diffusione scarsa ma anche Italia a rischio
In Italia, la diffusione di cibi ultraprocessati è inferiore rispetto a paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Tuttavia è necessario fare attenzione agli ingredienti di alimenti apparentemente innocui, come la cioccolata fondente, che può contenere additivi non specificati.
Prima era junk food oggi è cibo ultraprocessato
Il termine “junk food” è stato sostituito da “cibo ultraprocessato” (UPF), che rientra nel gruppo 4 della classificazione Nova. Si tratta di un sistema di classificazione degli alimenti basato sul grado di lavorazione industriale messo a punto da un gruppo di studio brasiliano. Nova, che non è un acronimo ma un nome proprio, definisce le lavorazioni come “i processi fisici, chimici e biologici che interessano i vari alimenti una volta che siano separati dalla natura e prima che siano consumati o utilizzati nella preparazione di piatti.” Il gruppo 4 della clasificazione descrive alimenti fatti con ingredienti industriali che difficilmente si possono definire cibo. Secondo van Tulleken, il cibo ultraprocessato è progettato per creare assuefazione, simile a quella causata da sigarette e alcol.
Come si sviluppa la dipendenza
Van Tulleken sostiene che le industrie alimentari abbiano due metodi per aumentare i profitti: ridurre i costi degli ingredienti e ingegnerizzare i cibi per indurre il consumatore a mangiarne sempre di più. Partecipando a conferenze scientifiche, l’infettivologo ha osservato che il tema dell’assuefazione da cibo ultraprocessato è centrale e paragonabile alla dipendenza da sostanze.
Come riconoscere il cibo ultraprocessato
Un modo rapido per identificare il cibo ultraprocessato è verificare la lista degli ingredienti. Se contiene elementi che non esistono nella nostra cucina, è probabile che sia ultraprocessato. Alcuni additivi, come emulsionanti e dolcificanti ipocalorici, possono ingannare il nostro corpo e aumentare l’appetito.
Fare attenzione al cibo in scatola
Certo in Italia non ne consumiamo quantitativamente come si consumano negli Stati Unti, ma i cibi in scatola come dei semplici fagioli possono contenere ingredienti ultraprocessati per migliorare il sapore, come i fagioli con pomodoro. Sono reperibili molte app che aiutano orientarsi sui cibi sicuri e quelli meno. L’app Yuka può aiutare a scoprire il livello di processamento dei cibi. Sono segnalati molti cereali commerciali, ad esempio, come cibi altamente ultraprocessati.
Impatto economico e sociale
Sempre l’infettivologo Van Tulleken nel suo libro osserva che la spesa alimentare negli Stati Uniti è passata dal 43% del budget familiare all’inizio del 1900 al 10% attuale, grazie alla diffusione del cibo ultraprocessato. Questo risparmio apparente è compensato da maggiori costi sanitari e un impatto economico negativo sui contribuenti. Van Tulleken auspica che la lettura del suo libro inciti le persone a chiedere cambiamenti nel sistema alimentare.
Salute
Sospetti e pregiudizi sui farmaci equivalenti. Perché preferirli e perché sceglierli in farmacia!
Promuovere l’uso dei farmaci equivalenti è essenziale per ridurre la spesa sanitaria e garantire che i cittadini possano beneficiare di cure efficaci a un costo inferiore. Superare le barriere culturali e informative è fondamentale per raggiungere questo obiettivo.

I farmaci equivalenti, noti anche come generici, hanno lo stesso principio attivo, forma farmaceutica, dosaggio, via di somministrazione e indicazioni terapeutiche dei farmaci di marca. L’unica differenza è il nome e il packaging. Tuttavia, molti italiani diffidano ancora di questi medicinali, preferendo quelli di marca, il che comporta a una spesa privata maggiore.
Ma perchè abbiamo dei sospetti?
La scelta di non accettare i farmaci equivalenti comporta una spesa aggiuntiva di oltre un miliardo di euro all’anno per i cittadini italiani. Se si optasse per i farmaci equivalenti, si risparmierebbero notevoli somme, riducendo lo spreco economico. Inoltre, la disponibilità dei farmaci generici sul mercato porta a una conseguente riduzione dei prezzi anche dei farmaci di marca. E’ la legge del mercato.
I più diffidenti? Al Sud Italia
L’uso dei farmaci equivalenti varia significativamente tra le diverse regioni italiane. Al Nord, l’uso è più diffuso (39,8% delle confezioni vendute), mentre al Sud è molto meno comune (23,7%). Questo divario riflette una maggiore predisposizione al Nord a fidarsi dei generici rispetto al Sud. Tra informazioni scientifiche, credenze e sentito dire, molte persone hanno il sospetto che nei farmaci generici la percentuale del principio attivo sia minore rispetto a farmaco di marca. Quindi meno efficace. Secondo Fondazione Umberto Veronesi “Il principio attivo è lo stesso del prodotto di marca dal quale proviene e le concentrazioni nel sangue raggiungono livelli analoghi, con una variabilità che non deve andare sotto l’85%. Il farmaco generico, infatti, è sottoposto a studi di farmacocinetica che devono confermare il livello di concentrazione ematica“.
Come cresce la spesa privata
Gli italiani spendono oltre 1 miliardo di euro di tasca propria all’anno per acquistare farmaci di marca a volte più costosi del doppio rispetto ai farmaci generici. La spesa complessiva per i farmaci, comprendente i ticket regionali e la differenza di prezzo, dal 2021, è aumentata del 7,6% raggiungendo i 9,9 miliardi di euro.
Una strategia per convincere gli scettici
Per superare le resistenze culturali e pratiche verso i farmaci equivalenti, si sta considerando alcune campagne di comunicazione istituzionale. Una rivolta sia ai cittadini e una diretta proprio agli operatori sanitari che detengono un potere persuasivo per indurre i propri pazienti a fidarsi dei farmaci generici. L’obiettivo è informare sulla parità di efficacia tra i farmaci generici e quelli di marca e promuovere l’uso degli equivalenti come una scelta economica e sicura. dal punto di vista scientifico.
L’obbligo dei farmacisti che a volte viene disatteso
I farmacisti hanno l’obbligo legale di proporre i farmaci equivalenti quando disponibili. A questo proposito il settore è in attesa di una nuova circolare per ricordare ai farmacisti questo obbligo. E soprattutto per migliorare la comunicazione con i cittadini riguardo all’efficacia e alle caratteristiche dei farmaci generici. Ma troppi rappresentati farmaceutici circolano nelle farmacie…
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