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I centurioni del Malabar di Guido Cervo

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    Quando si parla di questo scrittore, credo che a ragion veduta si parli di uno dei più bravi scrittori storici attuali. Questa premessa per Guido Cervo era dovuta. Il libro in sé non decolla, non convince appieno. Forse più per demerito dei luoghi nei quali è ambientato che per lo stile di scrittura o personaggi o storia in sé.

    Grande ricostruzione storica

    La prima parte si fa fatica a portare a termine, ma nella seconda riprende quel ritmo tanto cari ai lettori di Roma. Una piacevole lettura anche se non di certo una delle sue migliori. Tanti però gli spunti interessanti che arricchiscono l’aspetto culturale della storia. Cervo affronta un capitolo completamente inedito della storia romana e riesce a coniugare come pochi altri scrittori una ricostruzione storica precisa e dettagliatissima e una trama avvincente di grande fascino.

    La trama

    209 d. C., dopo una lunga traversata dell’oceano, il tribuno Marco Terenzio Massimo sbarca con la sua coorte di classiari sulla banchina del porto indiano di Nelkinde, ha ormai compreso che la missione affidatagli dall’imperatore Settimio Severo, volta a dar concreta prova al maharajah del regno Pandya dell’amicizia di Roma, non sarà di pura rappresentanza. Durante uno scalo sulla costa araba, ha appreso che il regno è stato assalito dai rajah confinanti, intenzionati a trarre profitto dall’inesperienza del suo giovane sovrano, Nedunj Cheliyan.

    Appena toccato il suolo indiano, dunque, la coorte romana si trova in guerra. Ogni passo che Massimo e i suoi classiari muoveranno sulle impervie piste che dalla costa del Malabar conducono alla capitale pandya li trascinerà in una successione di furibonde battaglie, contro nemici del tutto nuovi e temibili. Nel contempo, Nedunj Cheliyan sembra sul punto di essere sopraffatto dai troppi nemici, e nel suo stesso palazzo qualcuno prepara il tradimento. Difficilmente il suo coraggio e la ferma determinazione della sua sposa, la bella e risoluta Satyavati, basterebbero per salvare il suo regno, se egli non potesse contare sul soccorso dei soldati romani e sulla fedeltà della sua guardia personale: uomini duri, avventurieri ormai senza patria, che tuttavia sapranno mettere a rischio le loro vite per tener fede al loro giuramento, nel solco di una tradizione di tenacia e onore che ancora li lega a Roma.

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