Percorsi di coaching

Abbracciare la propria “missione”

Nel suo spazio blof Francesco Borrelli ci parla del concetto di “missione” e di come interpretarlo al meglio, per ottenere i migliori risultati.

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Abbracciare la propria "missione"

    Nelle puntate precedenti abbiamo visto come il talento contenga in sé due sfumature riguardanti vocazione e missione d’anima: l’abbinamento contestuale di esse conduce le persone a risultati virtuosi e performanti. Avete presente quei casi nella vita in cui avete risposto a un grazie con un sincero “l’ho fatto volentieri”, o con un “non mi pesa minimamente, l’ho fatto spontaneamente”, o ancora “non è lavoro, per me è passione”?

    Un concetto applicabile ai contesti più differenti

    Bene, ricordate la sensazione che avevate in quelle occasioni? Magari si trattava di una consulenza offerta al vostro vicino di casa; o magari era il collega in difficoltà cui offrivate uno spunto di riflessione da una prospettiva a lui fino a quel momento ignoto. O ancora era il conoscente cui vi sentivate di offrire supporto, per lui in quel momento così necessario, per voi piacevole e facile da fare.

    La trasversalità della missione

    Siete il medico? L’impiegato specializzato? L’autista di pullman? Sapete ciò di cui parlo se perseguite ogni giorno con passione la vostra Missione (la maiuscola è d’obbligo qui). Chiamiamolo “valore aggiunto”, “X-factor” o ancora “talento maggiore”, quello di cui parlo è qualcosa di comune a tutti, anche se non così consapevolizzato dalle persone. E per questo, dalle stesse, sottovalutato perché tutti in realtà ne hanno disponibile uno o più.

    I sabotatori della “missione”

    Quando riceviamo complimenti per questo talento, tendiamo a credere che gli altri stiano esagerando o fingendo. Ma questo dono non va schiacciato e anzi deve essere valorizzato lavorando sulla familiarità e sulla fiducia in sé stessi, con il pensiero che questo sia importante per noi e per gli altri. Sicuramente l’ingrediente fiducia deve abbondare in un impasto gustoso: non basta ripeterselo, non è sufficiente pensare al fatto di essere già riusciti in passato a superare paure o difficoltà analoghe perché il talento va in un certo senso, “messo alla frusta” e quindi trasformato in azione. Ecco perché esso non va mai dato per “scontato” o sottovalutato, come dicevamo poco sopra: le credenze negative vengono spesso assorbite al punto di non dare la giusta importanza allo scopo che perseguiamo, visto che possiamo realmente cambiare la vita agli altri.

    Antidoti e ripartenze

    Il propulsore da collegare riguarda il focus, da orientare sulla possibilità del superamento degli ostacoli e dei limiti che separano dal raggiungimento dell’obiettivo. Occorre darsi un metodo, essere consistenti, sapere di avere dentro di noi ogni risorsa per farcela e insieme a tutto questo accettare con pazienza il maturare dei giusti tempi. Seguite lo schema del ciclo delle stagioni, con la perseveranza del contadino che se vuole sopravvivere un periodo semina grano, se vuole mantenersi dieci anni pianta alberi da frutti e se vuole spingersi oltre, investe risorse sulle persone e sui loro talenti. Compresi i propri.

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