Percorsi di coaching

Come gestire l’attaccamento alle abitudini, cose e persone

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    Nel quotidiano percorso della vita siamo chiamati a viaggiare e a muoverci. Quanto più saremo bravi a gestire le risorse tanto più riusciremo a ottimizzare fatiche e sforzi, avanzando nella direzione che abbiamo scelto.

    Mappa e zainetto

    Riusciremmo nel 2025 ad addentrarci nel centro cittadino di una grande città, magari all’estero e con lingua a noi poco familiare, senza perdere i riferimenti? In quei casi a soccorrerci è Google maps, il nostro più fedele alleato, il cui funzionamento ricorda esattamente l’importanza di tenere chiara nella nostra mente la strada che vogliamo percorrere nella vita. Qualcuno è più autonomo, qualcun altro attraversa fasi in cui necessita di un sostegno, qualcun altro ancora sa che anche farsi accompagnare non va a compromettere la propria indipendenza. Ed è qui che noi Coach possiamo sviluppare e abbracciare la nostra missione.

    Come in una camminata nella natura, è opportuno viaggiare con scorte di acqua, di cibo e di riserve varie, così nel quotidiano ognuno di noi, cosciente o meno, è impegnato nelle propria personale sfida. In quest’ottica riveste un’importanza decisiva la scelta mirata dei pesi da portare durante la salita. Pensateci: zavorre eccesive o vincoli inadeguati non faranno che rallentare o addirittura bloccare il nostro slancio verso l’obiettivo.

    Equilibrio e cambiamento

    La consapevolezza riguardante la direzione da prendere rappresenta la visuale sul punto d’arrivo, ma ancor più consente di partire: secondo il grande Albert Einstein la vita ha meccanismi simili a quelli necessari per andare in bicicletta, visto che per stare in equilibrio devi muoverti e prima ancora accettare per qualche decimo di secondo una piccola perdita di equilibrio. Se abbiamo scelto il velocipede come strumento necessario per dare un’accelerata al percorso, esso ha delle regole fisiche diverse da quelle legate al mero cammino. Possiamo scegliere un maggiore controllo, e rimanere a piedi, ma se vogliamo prendere velocità e fare più strada occorre scegliere: vale la pena un’evoluzione come questa? Il panorama lassù in cima sarà tale da ripagare fatica, sudore e sofferenze varie?

    Radicamento

    Non è detto che la crescita si trovi attraverso il cambiamento, ma di sicuro senza di esso non c’è crescita. Ecco dunque farsi largo una vera e propria necessità, riguardante il ridimensionamento da ogni genere di attaccamento: siamo al sicuro dietro ad abitudini, anche le più insignificanti, che crediamo utili a dare concretezza ad un guscio dentro al quale ci sentiamo protetti. Nelle puntate precedenti avevo scritto a proposito del percorso routinario per andare sul luogo di lavoro, ma è sufficiente mettere l’attenzione sul primo gesto che siamo soliti compiere appena seduti in macchina o, semplicemente, pensare anche alla scelta della pizza al sabato sera. Ripetere un comportamento offre conforto, dà un riferimento e non a caso è tanto necessario con i bimbi, che tanto amano il rispetto delle abitudini.

    L’attaccamento alle proprie cose materiali è lo sviluppo di questo meccanismo al punto da sfociare anche in forme patologiche o spesso in conflitti fra persone. Ne parleremo. Con i nostri compagni di viaggio poi, l’attaccamento diventa viscerale al punto da creare vuoti enormi quando si affrontano separazioni o lutti: l’elaborazione diventa un percorso nel percorso, spesso oneroso al punto da lasciare la persona senza punti fermi. Ci si affeziona a molto meno in effetti…

    Out of comfort zone

    Al cospetto di un’espressione tanto inflazionata quanto ormai proverbiale, mi focalizzerei sulla capacità di adattamento tipica dell’essere umano, a volte costretto a cambiare sulla base di un elemento esterno imprevisto. Questo tipo di circostanza mette a nudo la nostra responsabilità di autodeterminazione a confronto con la fisiologica necessità di connessione e sicurezza accanto agli altri esseri umani – compagni di viaggio. Il concetto che più mi solletica è la “dinamicità” dell’area di agio perché l’uscita da essa, inizialmente ardua e difficoltosa, porta la persona ad adeguarsi e a trovare soluzioni alternative, salvo rimanere nel pianto e nella lamentela. La comfort zone può così allargarsi fino a ricomprendere il punto stesso in cui ci troviamo adesso e che magari poche settimane prima era nettamente all’esterno della “bolla”. E così via, in un processo di evoluzione continuativo ed affascinante.


    Childlike – Come un bimbo
    , Antea Edizioni (edizioniantea.it)
    fraborrelli40@gmail.com

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