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Percorsi di coaching

Emozioni da androide

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    Chi di voi mi segue nella mia attività di Mental Coach con atleti professionisti, sa dell’importanza di far scorrere le emozioni. L’importanza di ascoltarle e dar loro risonanza ad ogni passo svolto, di qualsiasi disciplina si parli.

    L’esasperazione dei tempi moderni

    L’alta professionalizzazione del ruolo dell’atleta ha creato negli ultimi anni una vera e propria narrazione relativa al cosiddetto “calciatore-cyborg”. La più ricorrente delle interpretazioni è quella riguardante lo sportivo che agisce in maniera asettica ed opera come un robot, capace di compiere sempre la scelta giusta in campo e di allenarsi con impegno tale da sfociare facilmente nello stakanovismo, attento a evitare passi falsi nella vita privata e, perché no, con una parlantina al cospetto della stampa da leader consolidato ed esperto. Questa figura, si tratti di calciatore, tennista, pugile, hockeista corrisponde ad un modello umano molto evoluto e per questo caratterizzato da un messaggio a dir poco distorto.Ccome fa un ragazzo a vivere la quotidianità e lavorare ogni giorno nella direzione dei propri sogni se nel fare questo non dà ascolto alle proprie emozioni?

    La sfida delle emozioni

    Non è solo la citazione dell’ultima, consigliatissima fatica libraria della collega e amica Nicoletta Romanazzi. Quello che noi coach indichiamo a gran voce, parte dall’idea che le emozioni siano il sale della vita. E che possano dare forza ed entusiasmo per realizzare grandi imprese e consentire di trasformare le difficoltà in sfide. Di fatto, parlare di “calciatore-cyborg” è qualcosa che deturpa le vibes insite nel fare sport, ad ogni livello. Tendo a consigliare agli atleti che accompagno, che il riferimento al robot deve limitarsi per lo più all’ego. In modo dunque funzionale ad eseguire i compiti che vengono assegnati dal Mister. Azzerare la cosiddetta resistenza soggettiva, facilita lo svolgimento delle cose che ci sono da fare, rendendole più lineari e azzerando lo spazio a parti interpretative. Ogni ChatGPT che si rispetti, segue in effetti una programmazione umana e si limita ad eseguire il compito richiesto. Ben diverso è l’aspetto emozionale, di cui lo stesso cyborg non è provvisto, e che può fare la differenza nella prestazione del calciatore.

    Un ruolo essenziale nelle nostre vite

    Ma in cosa consiste un’emozione? Un’emozione è la risposta psicofisica complessa che coinvolge insieme corpo e mente, scatenata da stimoli interni o esterni e che si manifesta attraverso sensazioni soggettive (ciò che si prova), reazioni fisiologiche (come il battito cardiaco accelerato o la sudorazione) e comportamenti espressivi (come sorridere, piangere o parlare in modo concitato). Essa ha un ruolo essenziale nella nostra vita: ci aiuta a comprendere il mondo che ci circonda, a prendere decisioni e a costruire relazioni, può variare in intensità e durata, e ha una funzione adattiva nel senso che ci segnala bisogni, desideri o pericoli, aiutandoci a reagire in modo appropriato alle situazioni.

    Emozioni principali ed emozioni complesse

    Possiamo etichettare come emozioni principali, o anche “emozioni di base”, la gioia (sentimento di felicità e benessere), la tristezza (sensazione di perdita o sconforto), la rabbia (percezione di ingiustizia o frustrazione), la paura (risposta a minaccia o a pericolo), il disgusto (repulsione verso qualcosa di spiacevole o offensivo) o la sorpresa (intesa come risposta ad un evento inatteso). Ed è così che, per esempio, la paura ci spinge a evitare il pericolo, mentre la gioia ci stimola a ripetere esperienze gratificanti.

    Il valore aggiunto dell’essere umano

    Oltre alle emozioni di base, ne esistono di più complesse come la colpa, la vergogna, l’orgoglio o l’empatia, che si sviluppano in risposta alle interazioni sociali e all’elaborazione cognitiva. Ai miei atleti raccomando di “scavare a fondo” e di conoscerle il più possibile, per evitare che queste possano esplodere all’improvviso o restare represse, in ogni caso, prima o dopo manifestandosi in modo incontrollato. Il valore aggiunto dell’essere umano, la sua “complessità”, deriva proprio dal fatto che le emozioni, se comprese e trasformate, ci permettono di vivere una vita ricca e soddisfacente, piena e appagante. Difficile ipotizzare qualcosa di simile nel caso di un robot…


    Childlike – Come un bimbo, Antea Edizioni (edizioniantea.it)
    fraborrelli40@gmail.com

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      “Sono nato pronto!!!”

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        Ci vediamo alle 12:00 in ufficio, aspetta però prima la mia conferma”. Quante volte è capitato di trovarti in attesa di quella decisione esterna a te che condiziona un impegno o indirizza una giornata? E quante volte la risposta dell’interlocutore segue logiche e soprattutto tempistiche diverse (diversissime!) da quelle che avresti voluto? La disdetta o la conferma di quell’appuntamento fa discendere “a cascata” tutta una serie di altri possibili incastri, nel tetris dello schedulare compulsivo quotidiano.

        Se avessi la certezza che quell’appuntamento si concretizzasse, mi sarei già attivato”.

        L’inganno della mente in cui cadono tante persone risiede proprio nel rimanere bloccate nell’attesa di un elemento di esterno a loro, sia esso una conferma o una disdetta. In queste situazioni è in agguato la reazione collegata allo scoraggiamento, comune a tutte le tipologie di persone. È umano avere dei momenti di stanchezza. Pensare al fatto che ti stai preparando per nulla o che la fatica che stai facendo sia sprecata perché quell’opportunità chissà se mai si concretizzerà. Pensa a chi pratica uno sport e vive la condizione di “riserva”: fra una partita e l’altra. L’atleta potrebbe ridurre l’impegno nell’allenamento. O proprio non avere le motivazioni per lavorare, proprio perché la certezza del momento agognato non c’è e potrebbe non esserci mai.

        Dialogo da campioni

        Ripetere a sé sessi di “farsi trovare pronti” è l’atteggiamento del fuoriclasse nella vita. Della persona extra-ordinariache riesce a centrarsi su ciò che c’è da fare. A prescindere da cosa stia accadendo nel presente e a cosa le riserverà il futuro. Non è solo metodicità o gestione del tempo (pensa a quelli dell’”ansia” da ultimo minuto o a quelli della corsa all’ultimo regalo, tema molto attuale in questo periodo), quanto piuttosto la consapevolezza di lavorare sul proprio livello di preparazione per quell’appuntamento.

        Che altrimenti potrebbe alimentare il rimpianto di aver avuto l’opportunità ma non le capacità di aver sfruttato l’occasione. Pensa soltanto alla differenza che caratterizza il dialogo interno nel caso in cui vai nel panico e cominci a vedere ciò che manca. Quando ti dici“non ho abbastanza tempo”, “non dispongo delle risorse” “e adesso come faccio”. Rispetto a quando affermi a te stesso che “il momento che aspettavo da tutta la vita finalmente è arrivato”. Oppure “adesso si va in scena”, o ancora “adesso ci divertiamo, finalmente tocca a me!”.

        Prima devi essere, poi puoi fare. Solo allora otterrai

        Lavorare sul farsi trovare pronti significa cementare la propria identità. Insieme allo scolpire il proprio sistema di credenze in maniera potenziante, affinché si materializzi come la migliore nostra versione. Questo atteggiamento aiuta a liberare il proprio potenziale, facendo venire meno ogni filtro limitante e ad approcciarci al meglio al colloquio, all’appuntamento, all’aeroporto. Il risultato sarà la naturale conseguenza, successiva all’esserti adattato a svolgere al meglio il compito per il quale saremo chiamati. E per il quale nel frattempo dobbiamo allenare la pazienza.

        Si tratti del lavoro che non speravamo più di trovare. Del partner che non pensavamo più di incontrare. Dell’evento al quale presentarsi nella migliore forma, del viaggio per il quale non avremmo più ipotizzato di imbarcarci. E ancora… del ruolo cui aspiravamo da tempo e per il quale ci viene chiesto di dimostrare le nostre capacità. O della difficoltà che avremmo evitato e che il destino ci mette sul cammino.

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          A come assertività

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            Intorno al concetto di assertività esistono tanti falsi miti e narrazioni che spesso ne distorcono caratteristiche e valore. Innanzitutto, sgombriamo il campo da tutto ciò che può richiamare autorità, arroganza, o più in generale, prevaricazione. Siamo in un altro campo e in particolare la definizione da vocabolario fa proprio riferimento a ciò che è affermativo. Potremmo dunque dire che l’asserzione (detta anche affermazione di sé), è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni senza offendere né aggredire l’interlocutore.

            Perimetro dell’assertività

            È opinione diffusa che se non esprimiamo l’assertività, è concreta la prospettiva di diventare passivo/aggressivo una sorta di cinismo per mascherare il problematico legame con noi stessi. Essere assertivi significa prima di tutto conoscere sé stessi e le proprie emozioni, sentendo cosa si sente e con chiarezza prima di tutto affermarlo a sé stessi. La conoscenza di sé comprende anche la dimestichezza e la familiarità con il potere collegato alla contezza del proprio potenziale e di come riuscire a sprigionarlo. Quando si parla di assertività si è lontani dall’idea di manipolazione propendendo piuttosto per l’esprimere alle altre persone quali sono i propri bisogni a seconda dell’interlocutore che si ha davanti.

            Alcune regole sull’assertività

            Per avere una comunicazione efficace, dovremmo dire soltanto ciò che sentiamo, evitando di menzionare ciò che non è necessario, senza per questo snaturarsi o, peggio, mentire.
            Ecco, dunque, che ritorna in maniera netta, la necessità di conoscere sé stessi e i propri bisogni reali, distinguendoli da quelli dettati da false credenze e paure. Il concetto di paura ci porta poi all’assoluta priorità di familiarizzare con ogni emozione, utilizzandole nel nostro percorso e senza che esse ci paralizzino dietro all’idea del tempo (il classico “sono sempre stato un ansioso, non posso certo cambiare adesso”).

            Quello che pensano gli altri

            Esistono tante sfumature di colore che possono evitarci di cadere nella tentazione del giudizio su di sé o sugli altri. Ancora, fondamentale è smontare la paura del giudizio degli altri circa ciò che esprimiamo: senza conoscere se stessi non si può essere assertivi e tutto ciò che non viene espresso si reprime e ci deprime poi in un secondo tempo. Quelle parole trattenute prima o poi esploderanno nelle situazioni in cui meno te l’aspetti. Per affermare se stessi e quindi essere assertivi è necessario sapersi ascoltare, gestire le proprie emozioni e i pensieri che depotenzianti. Accettarsi, accettare il problema significa andare a scannerizzare ogni possibile soluzione di esso, uscendone ed elevando sé stessi al livello successivo.


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              Il coraggio, ovvero l’estremo opposto della paura

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                È opinione diffusa che per vincere la paura ci si debba specchiare all’esterno, come se gli aspetti necessari al nostro miglioramento personale dipendessero dall’approvazione di qualcuno o dal verificarsi di qualcosa. Dopo diverse stagioni a contatto con atleti professionisti e imprenditori di successo, ho capito che la verità è ben diversa e il punto di partenza per ogni percorso di miglioramento, richiede di attingere al proprio serbatoio di “credenze”.


                Tutto ciò che mi serve è già dentro di me

                Quando da piccoli vincevamo la paura del buio, la curiosità e la voglia di andare oltre al nostro limite ci spingevano da dentro verso nuove prospettive da scoprire. Il coraggio era ed è già dentro di noi, va dunque “tirato fuori” e allenato quotidianamente in maniera progressiva e non sempre spontanea. L’errore comune è infatti credere che solo alcune persone ne siano dotate, come se fosse un dono esclusivo riservato a pochi e non fosse invece una dotazione già presente nel nostro infinito serbatoio.


                Suggerimenti per la gestione del coraggio? Sì, grazie

                Come nella preparazione di un’importante partita di campionato, è necessario studiare l’avversario in ogni sua caratteristica. Spesso non ci rendiamo conto che il primo ostacolo che ci separa dal raggiungimento di un obiettivo, siamo proprio…noi stessi. In effetti le paure vanno analizzate e riconosciute come parte di uno stato d’animo naturale e necessario all’interno della nostra vita: non si tratta di eliminarle, ma di imparare a conviverci, senza farsi paralizzare. In successione, occorre valorizzare ogni singolo minimale successo, anche se invisibile all’esterno di noi, proprio per prepararci a esperienze future maggiormente sfidanti ed aumentare di conseguenza il coraggio. Per familiarizzare con esso, può costituire uno strumento potente la visualizzazione del proprio successo: immaginate voi stessi mentre affrontate una situazione difficile, riuscendo a superarla. Di lì fatevi attraversare dall’emozione che ne emerge, sia gioia, orgoglio, gratitudine…

                Self-talk

                Gli atleti di successo, inoltre, imparano ad ascoltare il proprio dialogo interiore: si tratta di elaborare i pensieri negativi ed etichettarli con la successiva sostituzione mediante affermazioni positive e incoraggianti. La nostra mente tende a vagare e spesso è proprio questo suo girare a vuoto che offusca il focus sulla méta da raggiungere: lasciare andare il brusìo per reagire con parole di conforto per la nostra persona: d’altra parte, se non siamo noi i nostri primi tifosi chi mai lo potrà essere? La gentilezza e l’ascolto di sé stessi portano a riconoscere i propri sforzi e i miglioramenti. In questo modo, è possibile trasformare e convertire anche le emozioni più difficili e scomode, come appunto la paura. La respirazione può essere un valido alleato.

                Mission e supporto

                Un ulteriore propulsore è dato dal creare una forte connessione con il proprio perché, decisivo per sprigionare il coraggio nelle situazioni quotidiane: quando abbiamo un desiderio forte e chiaro, come proteggere una persona amata o raggiungere un obiettivo significativo, notate come sia più facile attivare la modalità Braveheart. Spesso questo avviene anche attraverso l’ispirazione derivante dall’osservazione di modelli di persone di successo, che attraverso le loro storie ci possono condizionare positivamente e infondere la fiducia utile ad affrontare difficoltà e cambiamenti. Queste stesse persone sono quelle che hanno fatto dei propri errori una modalità evolutiva nella direzione del successo di cui parliamo: il fallimento è sempre una parte del processo di crescita attraverso risultati e apprendimento. I risultati favorevoli alimentano la spirale positiva anche attraverso l’idea di sentirsi appoggiati e sostenuti da amici e familiari, attraverso a una sana condivisione di paure e preoccupazioni. La presenza di un mentore di fiducia e di un coach è spesso decisiva ad un alleggerimento del percorso, che a volta può risultare gravoso ed estenuante senza le giuste consapevolezze. Ricordiamo sempre che alla stregua di un muscolo, il coraggio può essere mentalmente guidato ed allenato tramite l’esercizio quotidiano alla forza, alla perseveranza. Alla resilienza.


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