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Talento e dintorni

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    Nell’ultimo episodio abbiamo citato il talento come elemento che, insieme alla salute, ci viene donato. Lo stesso che costituisce a tutti gli effetti una caratteristica non meritocratica. Da difendere, proteggere e coltivare minuziosamente sotto nostra responsabilità. In effetti molti saggi e maestri antichi orientali, sostenevano che veniamo al mondo con almeno sette talenti ma alcuni di questi rimangono nascosti o vengono bloccati dalle prime esperienze familiari e scolastiche.

    Il “cloud” del talento

    Nonostante ciò, i talenti non vengono persi. Ricadono in una sorta di archivio, come una nuvola virtuale del nostro processore cerebrale. In una sorta di database che in gergo siamo soliti definire “potenziale”. Trasformando le nostre credenze, condizionando i nostri stati d’animo, specie le nostre paure e le nostre debolezze, possiamo avere accesso a quel database. Andando a “riesumare” quei talenti nel tempo da noi “iconizzati” (se non addirittura archiviati e forse dimenticati?), costruendo conseguenti azioni tali da condurci nella direzione dei risultati che cerchiamo.

    Tradizione evangelica

    Fin dal Vangelo di Matteo, si racconta la parabola dei talenti. Un uomo, prima di partire per un lungo viaggio, affida i suoi talenti (denari) ai suoi servi: a uno ne dà cinque, a un altro due e all’ultimo uno. Chi aveva ricevuto cinque talenti li investe e ne raddoppia il valore, così come colui che ne aveva ricevuto due. Invece, il servo che ne aveva disponibile uno, spaventato di perderlo, lo nasconde. Al ritorno, il padrone è felice dei due servi che avevano raddoppiato i talenti. Arrabbiandosi con il servo pauroso, allontanandolo e donando la sua moneta al servo che ne aveva già. L’insegnamento della parabola è che le capacità di cui siamo dotati vanno condivise e messe a disposizione della famiglia, del gruppo di lavoro, della squadra, della società di cui facciamo parte. Riuscireste a immaginare la vostra vita se l’inventore del GPS non avesse messo a disposizione la sua scoperta?

    Dal potenziale al fare

    Innato dentro di noi c’è in effetti una parte di talento che rappresenta la nostra vocazione e un’altra che rappresenta la nostra missione d’anima: quando assecondiamo la prima, siamo profondamente felici e realizzati, specie in tutto ciò che è esaltazione dell’aspetto professionale. La vocazione può rimanere la stessa per tutta la vita o modificarsi nel tempo, in male ma anche in bene. La seconda parte si identifica invece con le nostre caratteristiche più spirituali, innescata da come siamo bravi a sbloccare – con le giuste credenziali e “password” – il database di cui sopra. Tradotto, da come impariamo a (alleniamo la nostra capacità di) gestire le nostre paure. Nel prossimo episodio analizzeremo come il nostro auto-sabotaggio minacci la nostra bravura a imparare dagli errori proponendo l’immobilità e la paura stessa. E cercheremo di smontarne ogni singola caratteristica.


    Per info scrivere a fraborrelli40@gmail.com

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