Punti di svista
Dalla Milano da bere a quella del… non fumare
Secondo l’OMS un fumatore è in grado di produrre 5 tonnellate di anidride carbonica nell’arco della vita.
Dal 1° gennaio 2025 il divieto di fumo nella metropoli sarà esteso a tutte le aree pubbliche all’aperto, incluse vie e strade, a eccezione delle apposite aree isolate in cui è possibile rispettare la distanza di 10 metri dalle persone.
E dal primo gennaio, a Milano, accendersi una sigaretta all’aperto sarà come cercare parcheggio in centro: vietato, o comunque quasi impossibile. Colpa, o merito, della decisione del sindaco Beppe Sala di vietare il fumo in parchi, fermate dei mezzi pubblici e anche allo stadio. Se vuoi fumare, o trovi un angolino isolato o te la accendi a casa tua. E stop.
Dibattito aperto all’ombra della Madonnina
La Milano da bere si trasforma così nella Milano da non fumare. Un cambio d’immagine epocale per una città che ha fatto del glamour e della libertà chic il suo cavallo di battaglia e che or si scopre improvvisamente proibizionista. Un bene, perché non si impone ai non fumatori di respirare il fumo altrui o un male perché si limita la libertà individuale? Il dibattito in città è aperto.
Chi esulta e chi si lagna
Da una parte, si potrà finalmente respirare aria fresca, o meglio, appena meno tossica e inquinata di quella figlia di traffico e cantieri perenni. Dall’altra, gli irriducibili delle bionde sono sulle barricate. Dopo i divieti, sacrosanti, all’interno dei locali, ora anche lo stop all’aperto, che per molti è un’esagerazione del tutto inutile. E poi: chi controllerà se mancano uomini e mezzi?
Basterebbe un po’ buonsenso, perché finché c’è chi fuma accanto a un bambino o una donna incinta fregandosene bellamente, il problema esiste, al di là delle norme. In ogni caso, Milano si conferma una città laboratorio. Una ventata di aria nuova. Magari non pura e inquinata lo stesso. Ma comunque, nuova.