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Punti di svista

Il divisivo Briatore stavolta ha ragione

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    Ci sono personaggi che per natura sono divisivi. Anche se dicessero che 2+2 fa quattro, ci sarebbe qualcuno che avrebbe da ridire. Uno di questi è Flavio Briatore. Amato da alcuni, odiato da altri, invidiato da molti perché nella sua vita ha ottenuto molto partendo da zero ma molto ha anche ostentato, suscitando antipatie. E inoltre, non è certo uno che si “tiene”, quando vuol dire qualcosa, lo dice, siano verità assolute, banalità o anche fesserie.

    La necessità di politiche giuste, non di polemiche…

    Succede però che il buon Flavio giorni fa si lanci in una dichiarazione socio-economica tradotta in titolo con “in una città come Milano è dura vivere con 4mila euro al mese”. E apriti cielo! insulti, commenti schifati e sdegnati e accuse di vivere distaccato dalla realtà. Ma se si va a sentire per bene cosa ha detto Briatore la realtà è differente. Il manager infatti ha spiegato che per una famiglia con figli (quindi almeno di 4 persone) avere una vita dignitosa pur avendo due stipendi per un totale anche di 4 mila euro, considerate tutte le spese e i costi alle stelle in una città come Milano, non è affatto facile e quindi servirebbero politiche destinate ad alzare gli stipendi e a ridurre le tasse di chi lavora. Cioè: una cosa piuttosto ovvia e decisamente corretta.

    La semplicità di due conti della serva

    Ha ragione in pieno questa volta Briatore, non serve un super manager per saperlo, basta fare due conti senza paraocchi. Uscire dalla logica del “lo ha detto Briatore e quindi è sbagliato”, sarebbe un bene per tutti. E in casi come questo, aiuterebbe a creare un dibattito potenzialmente costruttivo. Anche se sbraitare e criticare a prescindere è molto più facile.

      Punti di svista

      Il dramma di Sharon e lo squallido spettacolo degli onorevoli sciacalli

      Quando un drammatico fatto di cronaca nera diventa il prestesto per dichiarazioni inutili ed anche offensive. E’ accaduto purtroppo anche in occasione del delitto di Sharon Verzeni.

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        Non poteva mancare. Piacevole come la sabbia che resta tra le dita dopo una giornata al mare e utile come una forchetta in un piatto di brodo. Ma tant’è, la speculazione politica dopo un fatto di cronaca non manca mai.

        Inutili presenze

        E così, l’efferato delitto della povera Sharon Verzeni, ha permesso a politici di una parte e dell’altra di palesare tutta la loro profonda inutilità e trasmettere una volta di più un concreto fastidio. A nessuno importava davvero l’accaduto. L’importante era prendere posizione e dire qualche assurdità per avere visibilità.

        Sono solo… parole, anzi… fesserie

        «Il killer non è italiano», solo perché è di colore. Oppure «l’omicidio è figlio del patriarcato» perché i femminicidi nascono in un contesto di prevaricazione. Fesserie, dette per fare sensazionalismo e raccattare qualche voto qua e là. Fesserie, che qualificano chi le dice e che offrono un quadro preciso della desolazione della nostra realtà politica in cui, speculare su una tragedia, è più importante lavorare, per davvero, per la collettività.

        Purtroppo è la replica della replica

        Nulla di inedito, un copione già visto più volte. Speculare sulla cronaca è triste. Farlo sulla pelle di una povera ragazza è davvero squallido.

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          “Caro Putin, vengo da te!” e finisce al fronte: ah, il karma…

          La tragicomica storia del rapper danese Niklas Hoffgaard che, per evadere dall’Europa, sceglie madre Russia. Trovandosi in un baleno nel Donbass a combattere!

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            La legge del contrappasso è una cosa seria. E finisce per punire chi pensa di essere più furbo degli altri. Il rapper danese Niklas Hoffgaard, lo scorso anno ha deciso che il clima politico in Europa è troppo deteriorato per rimanere dove si trova e quindi si trasferisce alla ricerca di nuovi valori.

            Il sogno russo

            E dove va il genio? Ma certo, nella liberalissima Russia! Lì sì che potrà fare ciò che vuole e assimilarsi a valori solidi. E dopo i ritardi nella concessione del permesso di soggiorno, che fa il nostro furbissimo? Firma un contratto con il Ministero della Difesa per approfittare della norma che velocizza l’ottenimento della cittadinanza per chi lavora con l’Esercito. Cosa mai potrà accadere.

            Impacchettato al fronte

            Pensava di fare il traduttore, al massimo la guardia di frontiera. E invece, una volta firmato il documento, è stato spedito al fronte. Mimetica, stivali, fucile e via, a combattere in Ucraina. Solo allora il nostro geniale danese è stato assalito dal dubbio… Forse ma forse era meglio starsene a casetta.

            Rischia un processo

            «Non avevo capito cosa stessi firmando», sembra abbia detto. Genio vero, non c’è dubbio. Solo grazie a un processo di fronte al tribunale militare, il rapper ha ottenuto (in secondo grado) l’annullamento del contratto siglato ma dovrà ancora aspettare il terzo e ultimo per ritenersi libero, grazie al pretesto che non parla russo e non capisce gli ordini impartiti. Se tutto andrà bene, potrà tornare in patria dove, tra l’altro, lo aspetta un processo penale per mercenarismo. Forse che i valori occidentali in fondo non fanno così schifo? Parrebbe che Niklas l’abbia capito…

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              Su le mani (e la testa), giù i cellulari: la strana depressione di Bob Sinclair

              Un popolare deejay come Bob Sinclair che si trasforma, per una sera, in opportuno maestro di vita, criticando aspramente l’uso (o forse è meglio dire… l’abuso) del telefonino.

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                Non è facile far deprimere uno che per mestiere è abituato a intrattenere la folla con la sua musica e che, tra l’altro, è pure ricco, bello e famoso. Ma c’è chi, proprio nel suo pubblico, ci è riuscito. Il “depresso” è il dj e producer francese Bob Sinclair e a farlo infuriare è stata la gente, incidentalmente di Mykonos, che assisteva al suo show.

                Invece di ballare, tutti con lo smartphone in mano…

                «Sono così depresso, è stata la data peggiore della mia vita» ha detto Sinclair. Il motivo? «Tutti immobili con il cellulare in mano. Smettetela di usare i telefoni in discoteca!», ha tuonato Sinclair. E probabilmente, episodio a parte, ha toccato un tasto tanto dolente quanto interessante.

                L’illusione di fermare il momento

                Fateci caso: ovunque andiamo, sia mare, montagna o città, appena intravediamo qualcosa di bello o particolare il primo istinto non è quello di godersi il momento ma di mettere mano al cellulare e immortalare quel qualcosa. «Erano tutti anestetizzati», ha aggiunto il dj. E il rischio è proprio quello. Invece di vivere l’attimo, pensiamo a fotografarlo o filmarlo.

                La lezione del dj

                Viva la tecnologia che oltre a renderci la vita più semplice, ci permette di rivivere quei momenti una volta tornati a casa, d’accordo, ma ci sono dei limiti che dovremmo autoimporci. Prima vivere, poi, semmai, prendere il cellulare. Perché le foto rimangono ma certi momenti, non tornano più. Forse non ci voleva un dj per ricordarcelo, ma tant’è… Merci Bob.

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