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Punti di svista

La differenza fra legittima difesa e vendetta

Un recente caso di cronaca ci stimola ad interrogarci sulla follia della giustizia “fatta in casa”. Anche se abbiamo subito un grave torto dovremmo sempre ricordarci che viviamo in uno stato di diritto… e non nel Far West.

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    Viene derubata della borsa, sale in macchina, insegue il ladro, lo raggiunge e lo investe, passandogli sopra due, tre, quattro volte, uccidendolo. E poi va via come se nulla fosse. Il fatto di cronaca in sè è aberrante ma il problema, ahinoi, è un altro. Perché in tanti, troppi, hanno pensato e detto che in fondo “ha fatto bene”, che si tratta di “legittima difesa” ma anche che quel ladro “se l’è cercata”, fino al tanto immancabile quando idiota “uno di meno”.

    Rabbia sì, omicidio no

    Bisogna essere chiari: la rabbia e la frustrazione sono comprensibili, anche una reazione scomposta, al limite. Ma questa, nello specifico, non è autodifesa, non è legittima difesa. È vendetta. È un omicidio. E vendetta e omicidio non sono accettabili, non siamo nel far West.

    Il caos della giustizia fai-da-te

    Va bene lamentarsi che viviamo nell’insicurezza, che i processi sono lunghi e che le pene per chi delinque spesso sono troppo blande ma alimentare la visione per cui la vendetta è la risposta porta solo al caos. Ognuno diventa giudice, giuria e boia. E questo è inaccettabile. O è davvero questo il mondo in cui vogliamo vivere? Quello in cui ognuno si erge a vendicatore e si fa giustizia da solo? Non facciamo confusione o populismo da quattro soldi. Ricordiamoci che viviamo in uno stato di diritto. Sempre, non solo quando fa comodo a noi.

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      Arrivederci cara estate, in autogrill… carissima

      Un’estate, quella targata 2024, caratterizzata dall’afa ma anche dal vertiginoso aumento dei prezzi in autogrill. Dove mangiare ormai rappresenta un lusso per pochi. Eppure alle casse c’è sempre da fare la coda…

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        L’estate 2024 sarà ricordata per il caldo record ma anche per i rincari esorbitanti negli autogrill lungo le autostrade italiane. Chiunque abbia fatto un viaggio se n’è accorto. Quest’anno, fermarsi per un caffè e una brioche ha rischiato di svuotare più il portafoglio che il serbatoio dell’auto (e sorvoliamo sui prezzi della benzina).

        Il caffè a due euro

        Già, perché se una volta la sosta in autogrill era un momento di ristoro e relax, oggi è più simile a una «trappola» per turisti e pendolari. Un caffè? Anche due euro. Un panino? Non meno di otto. E guai a volersi concedere una bibita: il prezzo è arrivato a 8 euro al litro. Quasi come l’olio d’oliva…

        Il lusso di mangiare in viaggio

        Il nuovo listino prezzi autostradale sembra a misura di oligarca più che di turista. Secondo le stime di Altroconsumo, mangiare in autogrill costa in media il 70% in più che farlo lontano dalla rete autostradale. Va bene che gestire un autogrill, tra costi di gestione, affitti degli spazi e personale non è cosa facile. Ma il mistero del perché una merendina che al supermercato costa un euro lì costi il triplo è ancora irrisolto.

        Quel senso di vuoto… al portafoglio

        Passi che in estate tutto lievita: i prezzi dei voli, degli hotel, il costo del lettino in spiaggia. Ma una sosta in autostrada per un pranzo volante non dovrebbe richiedere l’accensione di un mutuo. Eppure, si esce dall’autogrill non solo con le mani piene di snack e bevande (perché alla fine tutti ci facciamo un po’ ingolosire) ma anche con un senso di vuoto. Profondo. Al portafoglio.

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          Il destino del mondo nelle mani di una popstar: benvenuti in America!

          Tantissimi giovani pendono dalle sue labbra… e non solo quando canta le sue canzoni. Taylor Swift si sta sempre più rivelando un elemento decisivo per il risultato finale delle presidenziali negli Stati Uniti. Con grande disappunto da parte dell’ex presidente Trump…

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            Se qualcuno dieci anni fa avesse detto che Taylor Swift avrebbe avuto un potere tale da essere in grado di influenzare le elezioni presidenziali americane, chiunque lo avrebbe sbeffeggiato. E invece eccoci qua: la popstar da miliardi di stream, regina indiscussa del pop mondiale, lo sta facendo davvero. Il suo endorsement alla candidata dem Kamala Harris, arrivato pochi minuti dopo il dibattito tv con Donald Trump – incredibile ma vero – può spostare gli equilibri.

            Non soltando un idolo musicale

            Ma com’è possibile che una popstar sia così influente nell’opinione pubblica? Taylor Swift orami non è soltanto un’icona musicale. Da una parte è una vera e propria macchina da guerra capace di sfornare successi in serie e spostare folle oceaniche ad ogni concerto. Dall’altra è diventata un’influencer, ma per davvero. La sua è una narrativa che va ben oltre le sue canzoni. Parla di empowerment, diritti civili, parità di genere e di importanza del voto come partecipazione attiva. Inoltre è sobria, non ci sono scandali su di lei, foto di nudo, gossip. Riesce a mantenersi «pulita» agli occhi di tutti. E milioni di persone, soprattutto giovani, pendono dalle sue labbra, pronti a sognare un futuro migliore con le cuffiette nelle orecchie.

            Fa spostare l’ago della bilancia

            E dopo la sua scelta di campo, milioni di giovani, molti dei quali magari ancora indecisi o demotivati nei confronti della politica, si sono registrati come elettori per le prossime presidenziali e potrebbero scoprirsi all’improvviso sostenitori dell’attuale vicepresidente. Che in una sfida, comunque, testa a testa non poteva chiedere di meglio. E così Taylor Swift potrebbe davvero cambiare la storia della politica americana. E quindi mondiale. Chissà che in un modo o nell’altro non dovremo a breve ringraziare (o maledire) una popstar per come siamo messi.

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              Il rigore che ci vuole per punire i vigliacchi social

              L’attaccante del Como Patrick Cutrone, cresciuto nelle giovanili del Milan, si sfoga per i messaggi vergognosi da lui ricevuti dopo un rigore fallito. Commenti non solo odiosi ma anche surreali… visto che lui è stato fra i protagonisti (14 gol e 5 assist in 32 presenze) della promozione in Serie A della sua squadra attuale…

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                «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore…», cantava De Gregori. Ma quando pubblicò una delle sue canzoni più celebri, La leva calcistica della classe ‘68, non aveva fatto i conti con i social network e su quanto possano essere utilizzati in maniera infima.

                Augurare la morte a chi fallisce un penalty: succede pure questo

                Succede che Patrick Cutrone, attaccante del Como, sbagli un calcio di rigore decisivo, nei minuti di recupero, nella gara contro l’Udinese. È successo a lui come ad altri nel passato, succederà ancora. Piccolo dramma sportivo ma, oggettivamente, nulla di irreparabile, specie alla terza giornata di campionato. Eppure, eccoli i fenomeni dei social. In questo caso molto più che odiatori. La pagina Instagram di Cutrone è stata infatti intasata di insulti, alcuni gravissimi, in cui si augura la morte a lui e ai suoi figli. Inaccettabile.

                Leoni… vigliacchi

                Il calciatore non ci sta, mostra parte di questi vergognosi messaggi (ovviamente provenienti da account anonimi, perché i cuor di leone virtuali sono profondamente vigliacchi, sempre) e scrive: «Accetto le critiche, com’è giusto che sia ma queste cose non le lascio passare». E ha ragione, da vendere. Banale esprimere solidarietà a Cutrone.

                Ci vogliono regole (e pene) precise

                L’augurio è che la polizia postale rintracci quei cretini e, oltre a metterli di fronte alla loro pochezza umana, meglio se pubblicamente, gli faccia mettere anche mano al portafoglio. Una bella e cospicua donazione a qualche associazione caritatevole sarebbe una bellissima e sacrosanta lezione. Per tutti.

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